Corriere della sera
Pio XII tra i giusti, lo chiede un rabbino
«Aiutò gli ebrei. Merita un posto nel sacrario della Shoah» - In America un saggio dello storico Dalin smentisce il presunto filonazismo di Pacelli
di
Gabriele Pantucci
Pio
XII debole o addirittura compiacente verso Hitler? Macché, andrebbe anzi
collocato tra i giusti nel sacrario della Shoah di Yad Vashem per la sua opera
in favore degli ebrei. A pensarla così non è un devoto cattolico, ma un
rabbino: David G. Dalin, storico dell'Ave Maria University (Florida) e autore
del saggio The Myth oJ Hitler's Pope («Il mito del Papa di Hitler») appena
pubblicato
negli Stati Uniti da Regnery Publishing. Un lavoro che si contrappone frontalmente, fin
dal titolo, al volume di John Cornwell Il Papa di Hitler, edito in Italia da
Garzanti. Nel libro Dalin riprende e amplia argomenti già esposti nel febbraio
2001 sul settimanale neoconservatore The Weekly Standard . A suo avviso, è
scandaloso dipingere Pio XII come un antisemita, in quanto sin dagli anni del
ginnasio Eugenio Pacelli aveva fatto amicizia con il coetaneo ebreo Fernando
Mendes, futuro medico, di cui frequentava abitualmente la famiglia. Perché,
chiede Dalin, Cornwell non nomina mai questa vicenda? Ancora più grave è
un'altra accusa rivolta all'autore del libro Il Papa di Hitler. Secondo Dalin,
Cornwell avrebbe tradotto in maniera scorretta e tendenziosa una lettera
scritta da Pacelli quando era nunzio apostolico in Germania, in modo da far
emergere nelle sue parole un inesistente sentimento antisemita. C'è da
aggiungere che l'anno scorso Cornwell ha rivisto il giudizio espresso nel suo
controverso saggio, ma Dalin sottolinea che la notizia è stata ignorata dagli
organi di stampa, come The Sunday Times e
Vanity Fair, che avevano reclamizzato Il Papa di
Hitler. L'arringa del rabbino in
favore di Pio XII si avvale di numerosi elementi. Nunzio apostolico in
Baviera dal 1917, Pacelli divenne amico del grande direttore d'orchestra Bruno
Walter, un ebreo che successivamente si convertì al cattolicesimo. Proprio dal
diario di Walter si apprende che il nunzio fu decisivo per la scarcerazione
del musicista ebreo Ossip Gabrilowitsch, ingiustamente imprigionato.
Inoltre Pacelli fu l'estensore di una
condanna dell'antisemitismo emessa da Benedetto XV nel 1916. Dalin nega
che il Concordato concluso con la Germania nel 1933, dopo l'avvento al potere di
Hitler si possa considerare un atto di legittimazione del nazismo, poiché esso
non implicava alcuna approvazione per la politica del
Terzo Reich. Diversi documenti depositati negli archivi britannici ed
americani dimostrano invece che Pacelli, allora segretario di Stato, deplorava
le persecuzioni ebraiche e detestava Hitler. I nazisti lo definivano «il
cardinale che ama gli ebrei» e quando fu eletto Papa, neI 1939, la stampa tedesca
reagì con disappunto. Dai diari di Goebbels risulta che Hitler, per tutta
risposta, voleva abrogare il Concordato. Quanto alla guerra, Dalin ricorda le
condanne delle atrocità naziste espresse dalla Radia Vaticana e dall'
Osservatore Romano a personalmente dal Pontefice. Nel
1941 il New York Times commentò entusiasticamente il messaggio natalizio del
Papa: «La Voce di Pio XII è una voce solitaria nel silenzio e nell' oscurità
che avvolgono l'Europa questo Natale. (...) Pio XII non ha lasciato dubbi
che gli scopi del nazismo sono inconciliabili con la sua concezione
della pace cristiana». Lo stesso fu per il messaggio del 1942, in cui Pio XII
fece un chiaro riferimento a «centinaia di migliaia di persone, le quali,
senza veruna colpa propria, talora solo per ragione di nazionalità o di stirpe,
sono destinate alla morte o ad un progressivo deperimento». Il ministero
degli Esteri tedesco scrisse: «Sta chiaramente parlando per conto degli ebrei».
Dalin nota che i critici del Papa hanno sempre evitato di riportare le
reazioni naziste ai suoi interventi. Hitler manifestò pubblicamente
l'intenzione di entrare nel Vaticano per «spazzarlo della plebaglia puttaniera».
Mussolini sapeva da Ciano che Pio XII era disposto
a farsi deportare in un campo di concentramento. Poi ci sono le testimonianze di
parte ebraica. Secondo Michael Tagliacozzo, scampato alla Shoah grazie al
Vaticano, fu «Papa Pacelli che allora salvò migliaia di noi». Albert Einstein,
riparato in America, scrisse durante la guerra: «Soltanto la Chiesa cattolica
si erse sul percorso di Hitler per sopprimere la verità. Io non avevo mai avuto
alcun particolare interesse nella Chiesa prima d'allora, ma ora provo un grande
affetto ed ammirazione perché la Chiesa sola ha avuto il coraggio e la
persistenza di difendere là verità intellettuale e la liberta morale».
Terminato il conflitto, le maggiori personalità ebraiche, da Golda Meir al
rabbino capo d'Israele Isaac Herzog, ringraziarono con calore Pio XII. Dalin
rievoca le lodi e polemizza con gli studiosi cattolici (Garry WilIs, James
Carroll, lo stesso Cornwell) ed ebrei (David Kertzer, Susan Zuccotti, Daniel J.
Goldhagen) che mettono sotto accusa Pacelli. È assurdo, a suo parere, biasimare
un uomo degno invece di essere celebrato con tutti gli onori: non solo dai
cattolici, ma anche dagli ebrei.
Dal Corriere della sera, 5 agosto 2005
La
polemica
Tutto
iniziò con il dramma «Il Vicario»
Esplosa nel 1963 con l’uscita del dramma teatrale «Il Vicario» (Wizarts editore) di Rolf Hochhuth, la polemica sui silenzi di Pio XII di fronte ai crimini nazisti si è ravvivata nel 1999 con la pubblicazione del saggio di John Cornwell «Il Papa di Hitler» (Garzanti), molto critico verso Pacelli. In seguito sono usciti diversi altri libri sull’argomento. Tra i più importanti: «I silenzi e i dilemmi di Pio XII» di Giovanni Miccoli (Rizzoli), «La Chiesa e lo sterminio degli ebrei» di Renato Moro (Il Mulino), «Hitler, la Santa Sede e gli ebrei» di Giovanni Sale (Jaca Book), «Il Papa che salvò gli ebrei» di Matteo Luigi napoletano e Andrea tornelli (Piemme).
Pio XII e la Shoah, il silenzio ci fu
Una
replica al rabbino Dalin
di
Liliana
Picciotto
È
ben vero che la maggior parte degli ebrei sopravvissuti in Italia, deve la vita
ai cattolici. Conventi e case religiose si aprirono durante la guerra con
generosità rivolta a tutti i fuggitivi e i perseguitati. Non c'era bisogno di
un ordine specifico del Papa perché i cattolici esercitassero la carità, ho
sempre pensato che fosse far torto alla Chiesa cercare un documento del genere.
Non si trova una carta scritta con l'ordine specifico di salvare gli ebrei per
il semplice fatto che non esiste. Gli ebrei furono salvati nel
quadro del soccorso prestato a migliaia di bisognosi. L’Italia del 1943-1945
era divisa in due, quella ufficiale, che lavorava, circolava, è comprava il
cibo contingentato, e quella sommersa in clandestinità, fatta di imboscati per
evitare il lavoro coatto, di renitenti alla leva, di antifascisti inseguiti
dalla polizia, di prigionieri alleati in fuga. Senza l'Italia ufficiale, quella
sommersa non avrebbe potuto resistere. La rete delle istituzioni religiose era
il rifugio ideale ed è logico che gli appartenenti all'Italia sommersa si siano
rivolti prima di tutto da quella parte. Gli ebrei, che erano quelli in maggior
pericolo di vita, sono stati aiutati più degli altri perché proporzionalmente
erano il gruppo più numeroso. A Roma dopo la retata di oltre mille persone del 16
ottobre 1943, circa 10 mila ebrei erano in pericolo e seimila si salvarono in
vario modo: presso contadini della campagna o all’interno di appartamenti di
amici e conoscenti. Circa quattromila ebrei furono accolti nelle case religiose.
E un numero enorme e per questo la Chiesa va ringraziata e ricordata nelle
generazioni future. Da qui a saltare al piano delle considerazioni sul
comportamento della diplomazia vaticana rispetto alla Shoah, ce ne passa.
Qualsiasi cosa Pio XII pensasse o dicesse nel chiuso della sua stanza, di fatto,
non disse una parola (una parola chiara, si intende) in difesa degli ebrei
bersaglio del genocidio nazista, né mosse un dito per impedirlo. Il Vaticano si
comportò come un normale Stato neutrale, preoccupato di conservare i privilegi
politici discendenti da questo status, e non considerò il massacro degli ebrei
un problema etico, ma un problema politico, ed è inutile adesso rinfacciarlo.
Ora tocca agli storici nelle
loro ricerche
tenere
distinti
i due piani e non continuare a mischiarli come spesso si fa e come ultimamente
il rabbino Dalin ha fatto (riportando un'accozzaglia di episodi distinti e
distanti tra di loro, non discernendo tra tempo della Shoah e tempo precedente).
Da una parte si sente accusare: « Voi durante la Shoah siete stati silenti e
quindi consenzienti». Dall’ altra si sente rispondere: «Sì, però abbiamo
salvato molti ebrei». Il fatto è che sono vere le due cose, ma che non vanno
messe sullo stesso piano in funzione polemica. È tempo di interrompere il
circolo vizioso e di tenere ben distinti i piani: Il Centro di documentazione
ebraica contemporanea (Cdec) sta lanciando una ricerca nazionale per arrivare a
dire, caso per caso, chi furono e quanti furono gli ebrei salvati, ma
soprattutto chi e quanti furono i loro salvatori. L'analisi potrà conferire
alla ricerca quella solidità di risultati la cui mancanza non permette facili
ma approssimativi entusiasmi come quelli di Dalin.
Dal
Corriere della sera, 10
agosto 2005