Corriere della sera
Polonia divisa nel ricordi di Auschwitz. Cinquant'anni dopo. Le celebrazioni per la liberazione dai nazisti riaprono la frattura fra ebrei e cattolici. I sopravvissuti all'Olocausto lanciano l'accusa di antisemitismo
di
Sandro Scabello
Varsavia.
Ricordale il bambino che nella "Lista di Schindler",
il film di Spielberg sull'Olocausto fa il gesto di tagliare la gola agli ebrei
ammassati su un treno per Auschwitz? E la scena dell'ingresso degli ebrei nel
ghetto di Cracovia sotto gli insulti della popolazione? Quelle immagini
l'anno scorso hanno turbato le coscienze dei polacchi, seminato il
disagio fra gli intellettuali, diviso la Polonia. Perché rievocavano vecchi fantasmi, riaprivano ferite mai completamente
rimarginate, riaccendendo il dibattito sulle relazioni fra polacchi ed ebrei
durante l'ultima guerra e, più in generale, sui fremiti antisemiti che scuotono
ciclicamente il Paese. Lo stesso sta accadendo in
questi giorni con le polemiche divampate attorno alle celebrazioni
per il cinquantenario della
liberazione dei campi di sterminio nazista di Auschwitz e la comunità ebraica
che accusa Walesa di aver "polonizzato" la ricorrenza sopprimendo ogni
traccia di memoria ebraica. Segno che l'epoca della spietata concorrenza,
imposta per decreto dal regime comunista con l'elevazione di Auschwitz a
"simbolo del martirologio polacco", con cui i Polacchi contendevano
agli ebrei il "primato della sofferenza", non è ancora tramontata e
che le incomprensioni, nonostante i timidi segnali di riconciliazione fra
cattolici ed ebrei, rimangono pesanti. Per molti polacchi Auschwitz (prima che le camere a gas
entrassero in funzione a pieno regime, nelle vicinanze di Auschwitz i nazisti avevano allestito fin campo di concentramento in cui vennero massacrali almeno settantamila polacchi)
rimane il luogo dove furono decimate l'intellighenzia e la resistenza polacca. I
polacchi - dice lo storico Andrzej Zakrzewski, coordinatore delle celebrazioni,
respingendo le accuse - guardano ad Auschwitz in modo diverso dagli ebrei per i quali il campo di sterminio
incarna il simbolo dell'Olocausto, il cimitero dei loro cari i e il luogo di
martirio dei sopravvissuti. Diverso è l'approccio dei resto dei del mondo. Cinquant'anni dopo bisogna fare in modo che
Auschwitz, simbolo di barbarie e vergogna, unisca e non divida la comunità
internazionale". Prima della guerra la Polonia ospitava la comunità
ebraica più numerosa d'Europa, tre milioni di persone, la maggior parte delle
quali venne sterminata dai nazisti. Oggi - dopo il pogrom bianco scatenato nel
1968 dal potere comunista che espulse dalle università e dai posti di
responsabilità i pochi ebrei rimasti - è
ridotta ad alcune migliaia. Terna proibito per decenni (ad Auschwitz, recitava
la propaganda comunista, hanno trovato la morte "quattro milioni di
patrioti polacchi, di cui la maggior parte ebrei") la questione ebraica è
risorta con l'avvento di Solidarnonc. Ma i rigurgiti antisemiti, i pregiudizi,
l'odio per il diverso continuano a rimanere radicati, specie nelle campagne.
L'antisemitismo senza ebrei che lo scrittore Andrzej Szczypiorski, ex senatore
di Solidarnosc, considera una "componente chiassosa della schizofrenia
polacca", si è trasformato in arma di offesa e denigrazione politica,
alimentata dall'inestinguibile risentimento contro lo "zhido-komuna",
il nemico numero uno, ovvero il giudeo comunista ritornato in Polonia al seguito
dell'Armata Rossa e infiltratosi nei servizi di sicurezza polacchi per consumare
vendette e ritorsione. Dell'inquinamento e del clima politico è testimone la storia più recente di
Solidarnosc. Durante la campagna presidenziale l'ex premier Tadeusz Mazowiecki
venne bollato dagli avversari come "giudeo" e lo stesso Walesa,
travolto dalle passioni elettorali, si vide costretto e proclamare pubblicamente
la purezza dei proprio sangue polacco. Senza contare la "mafia ebraica" che, nel giudizio degli antisemiti più
irriducibili, continua a dettar legge al governo e in parlamento. Osserva
Szczypioski: "In Polonia funziona un'immagine strana, mitica e mistica allo
stesso tempo, dell'ebreo. Il cittadino israeliano che arriva in visita in
Polonia nel modo più ortodosso viene trattato come straniero e con grande
simpatia. Nell'ebreo polacco si cela invece un personaggio misterioso che opera
sempre contro i miei interessi e deve farsi perdonare il peccato comunista.
Polacchi ed ebrei ritengono di essere Popoli eletti, ma il popolo eletto è uno
solo e se c'è confusione in proposito la colpa è della Chiesa cattolica".
Una Chiesa che, con un insegnamento religioso superficiale, ha favorito
l'attecchire delle tendenze antisemite. "Provi
a dire a un contadino che la Madonna era ebrea, gli verrà un infarto
incalza lo scrittore - qui c'è ancora gente che crede che Gesù Cristo era
polacco e la Madonna di Cracovia".
E la Chiesa tedesca ammette le sue colpe
I cattolici tedeschi ammettono corresponsabilità nei crimini
contro gli ebrei. Lo ha fatto ieri con un documento pubblico la Conferenza
episcopale tedesca in vista del cinquantesimo anniversario (venerdì 27) della
liberazione di Auschwitz. "Fra i cattolici - si legge - ci sono state colpe
e manchevolezze". I vescovi parlano espressamente di un "atteggiamento
antisemita negli ambienti cattolici" che ha fatto sì che "negli anni
del Terzo Reich i cristiani non abbiano opposto resistenza al razzismo
antisemita". E ancora: " Con l'eccezione della condotta esemplare di
alcune persone o gruppi, siamo stati una comunità ecclesiale che ha voltato le
spalle alla sorte del popolo ebraico". Un documento simile era stato
diffuso il giorno prima dai vescovi polacchi alla presenza del rabbino
di Polonia Menachem Joskowicz e del primate di Polonia Josef Glemp. Vi si
legge una condanna senza appello per quei cattolici che contribuirono allo
sterminio o ne approfittarono economicamente.
Dal Corriere della sera, 25 gennaio 1995