Corriere della sera

Gli ebrei francesi protetti dagli invasori italiani

Dalla zona d’occupazione delle nostre truppe non partirono convogli per Auschwitz. Gli sforzi di Mussolini per distinguersi dalla politica genocida di Hitler in un saggio su «Mondo Contemporaneo»

di Enrico Mannucci

Quando stende il rapporto, il maggiore Fougère è francamente allibito. Si capisce neanche troppo fra le righe. È il 7 aprile del 1943, siamo a Saint Martin Vésubie, un paesino dell’entroterra nizzardo, zona occupata, al tempo, dalle truppe italiane. Il gendarme francese, eseguendo ordini superiori, è andato a controllare tre ebrei austriaci sistemati lì in residenza coatta. Nei territori francesi occupati dai tedeschi, in quei mesi, le retate degli ebrei sono in pieno svolgimento: chi porta la J di «juif» sui documenti d'identità finisce quasi sempre nei vagoni piombati diretti ai campi di sterminio. Sulle Alpi marittime, invece, le cose vanno altrimenti. La signora Erna Koch quasi si ribella al controllo, non parla coi gendarmi francesi, annuncia, anzi, che protesterà con i carabinieri italiani. Con questi, al gendarme, va anche peggio. Il comandante gli dà una ripassata. Gli ricorda che la Francia è un Paese occupato, gli dice che non ha alcuna autorità sugli stranieri tenuti in residenza coatta, dipendenti solo dagli italiani, e gli intima di starne lontano: «Malgrado la libertà di cui godono - così il rapporto di Fougère riporta testualmente le parole dell'ufficiale italiano - li dovete considerare come persone sistemate in un campo di concentramento circondato dal filo spinato, sorvegliato militarmente e a cui voi non potete avvicinarvi». Compare in un documento scoperto di recente presso l'Archivio dipartimentale amministrativo di Nizza, questa paradossale versione del campo di concentramento come struttura virtuale, immaginaria, funzionale, inoltre, quasi più alla protezione che alla persecuzione. Lo presenta in appendice una nota di Alberto Cavaglion - «Gli ebrei e l'occupazione italiana nella Francia meridionale (1940-1943). A proposito di un libro recente» ­ pubblicata sul primo numero di una nuova rivista di storia, Mondo Contemporaneo. Il libro discusso è Il nuovo ordine mediterraneo: le politiche di occupazione dell'Italia fascista in Europa di Davide Rodogno (Bollati Boringhieri). Cavaglion introduce alcuni elementi problematici che non riportano all'edulcorato e fasullo cliché «italiani brava gente», ma invitano ad approfondire un comportamento non ricalcabile su quello dell'alleato germanico. L'episodio di Saint Martin Vésubie non è un'anomalia isolata. Via via che i destini del conflitto si delineavano, «uno dei punti di distacco fra italiani e tedeschi divenne proprio la politica razziale - scrive Cavaglion - e questo fu possibile, in prima istanza, non per una improvvisa rinascita di un sentimento umanitario, ma per diverse e anche divergenti ragioni»: prestigio, autonomia nei confronti dei tedeschi e anche delle autorità francesi, in fondo pure una certa «germanofobia». Si creano situazioni imprevedibili, documentate da altri studiosi, con «ebrei francesi che si rivolgevano a italiani per avere protezione di fronte alle angherie dei loro connazionali». Nota Cavaglion: «Gli italiani istituir­no "residenze coatte" in piccoli centri dell'entroterra come Saint Martino E già in questa visione politica di decentrare i profughi verso l'entroterra, allontanandoli dalla costa dove si erano concentrati, situandoli in una posizione molto meno pericolosa, non si può non osservare la parvenza di un progetto protettivo. (...) Gli ebrei sotto occupazione italiana nel Sud della Francia vissero una parentesi di surreale tranquillità». L'articolo bada a precisare che questo non significa alimentare una visione «buonista», piuttosto inserire ulteriori elementi di valutazione nel dibattito sull'atteggiamento italiano (e sugli ordini di Mussolini) davanti alle deportazioni di ebrei operate dal nazismo: ovvero consegne di elenchi, «respingimenti» alle frontiere, arresti e formazioni di convogli verso i veri campi di concentramento. Tutti aspetti su cui, ancora, gli studi e gli approfondimenti non hanno detto una parola definitiva. Cavaglion inclina verso la lettura di una studiosa americana, Susan Zuccotti («il governo di Mussolini non consegnò nessun ebreo ai nazisti per la deportazione»): «Fino ad oggi, non vi sono prove di ebrei rispediti indietro alla Gestapo, nemmeno di ebrei tedeschi, la cui consegna "per reciprocità" poche ore prima del 25 luglio pare essere stata autorizzata, ma non attuata. Fra le due cose vi è una differenza, piccola, ma che lo storico non può trascurare». La valorizzazione della ricerca, del resto, è uno dei tratti che caratterizzano la nuova rivista. Anche per bilanciare un rischio tipico di questi tempi col primato alla testimonianza diretta. Mondo Contemporaneo è diretto da quattro studiosi che sono stati allievi di Renzo De Felice: Re­nato Moro, Giuseppe Conti, Luigi Goglia e Mario Toscano (del comitato scientifico, poi, fanno parte, fra gli altri, Elena Aga Rossi, Simona Colarizi, Anna Foa, Lutz KIinkhammer e Giovanni Sabbatucci). «Ma De Felice non ha mai inteso fondare una setta - spiega Renato Moro, il direttore - nel consiglio scientifico ci sono altri studiosi provenienti da esperienze diverse. De Felice ha insegnato che la storia deve sempre rivedere e demistificare, questo non deve però approdare a una specie di revisionismo programmatico. Il nostro obiettivo, piuttosto, è superare steccati e etichette, senza pregiudizi. Proprio in nome di quella centralità della ricerca che era un altro dei principi cari al nostro maestro. Un principio predicato da tante riviste che lo mettono poco in pratica». È la strada seguita da Cavaglion. Con un approfondimento della ricerca (stavolta in Francia) oltre la documentazione ufficiale di parte fascista, segnata spesso da un'intenzione propagandistica (soprattutto nei confronti dell'alleato nazista) che può approdare alla doppiezza e alla menzogna. Assolutamente condannabili, certo, ma in qualche caso meno nefaste per i destini individuali.

Dal Corriere della sera24 febbraio 2005

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