Corriere della sera
Spettacoli
Germania
divisa sul film dedicato agli ultimi giorni del Führer
Il
fantasma di Hitler sugli schermi tedeschi
dal
nostro corrispondente Paolo Valentino
BERLINO - Nel fetido bunker della cancelleria, pochi giorni prima di far avvelenare i suoi sette figli e uccidersi insieme alla moglie Magda, Joseph Goebbels ebbe un lampo di lucidissima follia: «Signori - disse il capo della propaganda nazista, rivolto a un gruppo di ufficiali ormai prossimi alla disperazione - fra cento anni sarà girata una bella pellicola a colori sulle terribili ore che stiamo vivendo: non volete recitare una parte in questo film?». Era il 17 aprile 1945. Sono stati sufficienti meno di sessant’anni, perché la profezia di Goebbels si avverasse. Anche se, per fortuna, l’opera che l’ha realizzata non è la glorificazione che l’ex Gauleiter di Berlino aveva sognato. E’ uscito ieri, sugli schermi tedeschi, Der Untergang, La Caduta, il film prodotto da Bernd Eichinger e diretto da Oliver Hirschbiegels, che ricostruisce con accuratezza storica e dettagli perfino maniacali gli ultimi dodici giorni di Hitler e del nazismo, quelli wagneriani e mortiferi consumati nel ventre di Berlino, ormai soverchiata dall’Armata Rossa. È la prima volta che cineasti tedeschi portano sullo schermo la figura del Führer, mettendola a fuoco da vicino, dandogli una voce normale, cogliendone anche una dimensione intima e personale, che nella Germania del Dopoguerra era stata tabù. Scelta coraggiosa e controversa, che ha innescato discussioni e polemiche senza fine nella comunità intellettuale e nell’opinione pubblica, tormentati dal dubbio se fosse lecito o meno raccontare Hitler, l’incarnazione del male assoluto, anche nella sua banalità di essere umano, capace di gesti cortesi e attenzioni paterne. Costato quasi 14 milioni di euro, una delle cifre più alte nella storia del cinema tedesco, Der Untergang è basato sulle memorie di Traudl Junge, la segretaria del Führer che lasciò il bunker solo dopo il suo suicidio, e sulle testimonianze di alcuni protagonisti, rielaborate dallo storico Joachim Fest, in un libro dallo stesso titolo. Fest, biografo di Hitler e sicuramente il massimo esperto vivente del nazismo, ha anche preso parte come consulente al progetto di Eichinger. A prestare il suo volto e la sua infinita bravura di attore al capo del nazismo è Bruno Ganz, inarrivabile nel saper alternare tutti gli stati d’animo e la mimica di una personalità complessa e contorta, fossero gli sbotti di rabbia animalesca contro i generali, le attenzioni da gentiluomo alla segretaria, le carezze al cane Blondie o il bacio sulla bocca a Eva Braun, l’amante di una vita, sposata prima di suicidarsi insieme a lei. «Il film di Eichinger è un capolavoro» ha scritto Franz Schirrmacher, uno dei più autorevoli intellettuali tedeschi, direttore editoriale della raffinata Frankfurter Allgemeine . Entusiasmo condiviso anche dalla popolare Bild Zeitung, che lo definisce «il film dell’anno, un film tedesco sull’eterno fantasma della nostra storia: Hitler, essere umano confuso, mostro rabbioso, folle assassino». «E’ giusto fare un film con tanti dettagli sul dittatore, responsabile di milioni di crimini così efferati?» si è chiesta invece perplessa la Stuttgarter Zeitung . «Mostrarlo in situazioni intime non aiuta a capirlo meglio - ha scritto su Die Zeit il critico Jens Jessen -, Hitler rimane mostruoso e incomprensibile. Il film è un esperimento, ma a quale fine?». «Ci può aiutare a capire un po’ di più l’incomprensibile», è stata l’indiretta risposta di Achim, 66 anni, pensionato, subito dopo aver visto la prima del film, in una sala sulla berlinese Potsdamer Platz, cuore antico e nuovo di Berlino, a poche centinaia di metri dall’area in cui era scavato il bunker. «Avevo sette anni nel 1945 e anch’io salutavo con il braccio teso. Come me, credo che molti tedeschi della mia generazione non abbiano mai saputo spiegarsi la follia di ciò che è successo. Bruno Ganz è un attore meraviglioso, ma non penso che dalla sua interpretazione Hitler esca così umanizzato, come molti temono. Anzi, vederne gli aspetti più personali, perfino i momenti di gentilezza, forse serve a coglierne meglio la mostruosità». Hanno pianto in molti, ieri, durante la proiezione, di fronte alla scena in cui Magda Goebbels, impersonata con grande forza dall’attrice Corinna Harfouch, schiaccia con freddezza e metodo una fiala di veleno nella bocca di ognuno dei suoi bambini addormentati. «In alcune scene ho dovuto chiudere gli occhi, erano troppo brutali» è stato il commento di Jennifer, 14 anni, venuta da Mahlov, un villaggio nel Brandeburgo, insieme a tutta la sua classe, su consiglio dei professori. «Ma il film è molto interessante - ha aggiunto -, Hitler viene fuori come un vero criminale, voleva solo che tutti morissero insieme a lui. Penso che ci aiuterà a confrontarci meglio con la nostra Storia». «Sono positivamente sorpresa - ci ha spiegato Christina Ciszek, giornalista -, venendo al cinema ero ossessionata dal pensiero di non farmi coinvolgere dalle cose più personali. Credo che anche dittatori e tiranni abbiano aspetti umani, è terribile ma è così. Il film però non suscita alcuna compassione per Hitler». L’Olocausto rimane solo sullo sfondo degli avvenimenti, durante tutte le due ore e mezzo di proiezione. Ma corrisponde alla verità storica che lo sterminio degli ebrei, soprattutto negli ultimi giorni del bunker, fosse argomento tabù in presenza di Hitler. C’è soltanto un passaggio, nel quale il Führer, guardando indietro e ormai cosciente della fine prossima, si vanta di «aver ripulito le aree del Reich dalla presenza degli ebrei». Ma per la signora Susi Breit, pensionata quasi ottantenne, Der Untergang è lo stesso «un’opera straordinaria, dalla quale i giovani possono apprendere molto, in primo luogo a cosa possa condurre credere ciecamente in un’ideologia». Susi è ebrea, scampata allo sterminio: «Grazie a Dio abbiamo lasciato la Germania in tempo, siamo fuggiti in Australia. Dovrebbero vederlo tutti, questo film. Pensiamo a cosa sarebbe successo se la Germania nazista avesse vinto la guerra».
Dal Corriere della sera, 17 settembre 2004