Corriere della sera  

Olocausto: la Chiesa si autoaccusa. Entro la fine dell'anno sarà approvato un documento fondamentale per il dialogo tra le due religioni. Ma le fonti del Vaticano frenano. Ci furono responsabilità nello sterminio degli ebrei durante il nazismo

dal nostro corrispondente Lorenzo Cremonesi

GERUSALEMME - Un altro passo avanti nel dialogo tra cristianesimo ed ebraismo. Per la prima volta dalla fine della Seconda guerra mondiale, alcuni alti esponenti cattolici si dicono pronti a riconoscere ufficialmente le responsabilità della Chiesa nello sterminio ebraico perpetrato dai nazisti. “La tradizione teologica dell'anti-giudaismo nella Chiesa fu una componente importante dell'Olocausto. Esisteva il precedente del contributo della cristianità nel creare un clima che fu indifferente e a volte ostile nei confronti degli ebrei e del giudaismo e che preparò la via al moderno antisemitismo”, si legge nelle bozze di un documento che dovrebbe venire approvato entro la fine dell'anno dalla Commissione Vaticana per le Relazioni con gli ebrei. E ancora: “Se è vero che le Chiese tedesca e polacca, ricordando il destino degli ebrei durante il nazismo, hanno chiesto perdono: allora questa è già la risposta alla questione della corresponsabilità e della colpa di tutta la Chiesa nell'Olocausto. Essa confessa di doversi assumere la corresponsabilità della Shoah e di quella colpa si è fatta carico”. Il direttore della Commissione, cardinale Edward Cassidy, si trova a Gerusalemme per partecipare a un incontro con il Comitato Ebraico Internazionale per le Consultazioni Interreligiose, che raggruppa le maggiori organizzazioni ebraiche mondiali. E in questa sede è stato reso noto lo spirito del documento, che riprende in pieno il senso delle dichiarazioni fatte ultimamente dal Papa sulla necessità di facilitare il dialogo tra le due religioni senza dimenticare le difficoltà del passato. «Si tratta di una mossa importantissima, una svolta storica, che porta a compimento gli intendimenti del Concilio Vaticano Il e dimostra senza ombra di dubbio l'intenzione della Chiesa di chiarire definitivamente tutti i punti oscuri della sua difficile relazione bimillenaria con l'ebraismo. Questo è un documento fondamentale, ben costruito utilizzando anche i testi ufficiali della Chiesa dal 1965 ad oggi», ha commentato visibilmente soddisfatto il rabbino David Rosen, direttore della Commissione per gli Affari Interreligiosi a Gerusalemme. Evidenti l'ammissione di colpa sui “silenzi” di Papa Pacelli e il desiderio di revisione teologica. «Per secoli e secoli la catechesi e la teologia  (cattoliche) non considerarono mai il giudaismo come un modo di vita e di fede che potesse essere incluso nel piano della salvezza divina. Esso costituiva invece un enigma. E l'esistenza degli ebrei in quanto ebrei appariva contraddire i principi cristiani», vi si legge. Durissima quindi la condanna per quella che viene definita «la cecità cattolica» di fronte al demone della persecuzione antisemita razzista: “Molti cristiani, assieme ai loro vescovi, erano tanto carichi di pregiudizio che non seppero reagire”. “Per molti il patto tra Dio e Israele era stato rotto e da allora il persistere dell'ebraismo appariva un anacronismo.Durante il nazismo, nonostante il comportamento esemplare di alcuni individui o piccoli gruppi, la Chiesa nel suo insieme continuò a vivere e comportarsi normalmente, voltando le spalle troppo spesso alle persecuzioni”. In larghi settori della Segreteria di Stato vaticana si sottolinea però che il documento “rimane strettamente legato alla sfera religiosa e non coinvolge gli organismi politici e diplomatici delegati ai rapporti tra Stato e Chiesa”. Le stesse fonti non nascondono, anzi, un certo fastidio per l'insistenza delle organizzazioni ebraiche sulla responsabilità del mondo cattolico e di Papa Pio XII: “Un tema che ormai andrebbe riservato ai dibattiti storiografici e non alle accuse polemiche rilanciate tramite i mass media”. Il portavoce della Santa Sede Joaquim Navarro ha precisato ieri: “Questo è un documento già pubblicato dalle conferenze episcopali polacca e tedesca e non è stato redatto dal Vaticano. Non è mai stato approvato da alcuna autorità della Santa Sede”. Entro il 10 luglio è comunque previsto l'annuncio dell'avvio delle piene relazioni diplomatiche tra le due parti, come contemplato dall'accordo del 30 dicembre. Non mancano tuttavia le ultime difficoltà. “Abbiamo già consegnato al ministero degli Esteri israeliano diverse note di protesta per la chiusura di Gerusalemme ai nostri fedeli residenti nei territori occupati. Ē una grave rottura dei patti, che invece contemplano la piena libertà di culto”, osservano risentiti i rappresentanti della Santa Sede a Gerusalemme.  

Dal Corriere della sera, 26.5.1994

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