Corriere
della sera
Norimberga, quegli orrori rimasti segreti
Torturati per “rendere potabile l’acqua del mare” e cercare “l’ormone dell’omosessualità”. Oltre un milione di pagine documenta il calvario delle vittime nei lager. Per la prima volta la Harvard Law School diffonde i racconti dei nazisti
dal
nostro inviato Luigi Offeddu
WASHINGTON
- «La sete diventa insopportabile. Il paziente giace con gli occhi semichiusi,
senza il minimo movimento. Chiede acqua solo quando si risveglia. Il suo aspetto
è grave, senza speranza. Respirazione, 25 per minuto. Occhi infossati. Lingua
completamente secca. Labbra incrostate...». Campo di Dachau, 12 agosto 1944, «stazione
sperimentale Rascher», rapporto compilato da Wilhelm Beigbloek,
obersturmbahnfuhrer o tenente colonnello medico della Lutwaffe, l'aviazione
militare tedesca. Il «paziente» di cui parla è uno dei 44, ebrei e zingari,
prescelti dalle SS per gli esperimenti su come rendere potabile l’acqua del
mare. E infatti viene nutrito solo con acqua di mare appositamente trattata.
Aveva ordinato il capo dei servizi medici della Lutwaffe, il 28 giugno,
riferendo un «consiglio» di Himmler: «Se possibile, devono essere usati ebrei
o prigionieri in quarantena». Così è stato fatto. I prescelti hanno dai 16 ai
40 anni. L'esperimento ha inizio. I suoi dettagli, come quelli di molti altri
atti compiuti nei campi nazisti, sono rivelati nei verbali degli interrogatori
di Norimberga, stesi dal 1945 al 1947. Testimonianze rese in
tedesco e tradotte in inglese davanti ai magistrati britannici, russi, americani
diretti dal generale Telford Taylor, procuratore capo degli Usa per i crimini di
guerra. Un milione e 35mila pagine di testo, 690 scatole di documenti. Ieri, per
la prima volta, la Harvard Law School ha cominciato a diffondere la versione integrale. Disponibili su Internet sono già
6700 pagine, altre seguiranno nei prossimi mesi per un progetto che costerà
circa 8 milioni di dollari. Dentro quei fogli, quasi in ogni
foglio, l'inferno. Ai pazienti del tenente colonnello Beigbloek viene
somministrata acqua marina con Bertatit, uno dei due preparati chimici in
sperimentazione. E basta. Le conseguenze sono previste al dettaglio: «Disidratazione,
diarrea, convulsioni, allucinazioni, morte in 12 giorni» (rapporto 177, R 479,
verbale ex 133 dell'interrogatorio reso da uno dei collaboratori di Beigbloek,
Becher-Freyseg). «Dovevano soffrire la sete per un certo periodo. Per un
problema di consegne non ricevettero neanche cibo per diversi giorni (verbale di
Beigbloek, R 8850) la
decisione se interrompere o no l'esperimento spettava a me». La decisione arrivò
quasi sempre troppo tardi. Gli zingari-cavie erano classificati come «elementi
asociali», e «Beigbloek - dice il suo interrogatore – si considera un
esperto di asociali, pensa che torturare
gli zingari non sia un
crimine poiché sono tutti asociali». Ecco infatti
la dichiarazione a verbale dello stesso medico:
«Questi soggetti erano molto primitivi, gente semplice che in gran parte veniva
da famiglie classificate come asociali dalle autorità pubbliche. Ho
trovato 17 fra questi nomi che appartengono a famiglie asociali qui in Baviera.
Non voglio dire nulla sui soggetti stessi degli esperimenti, che hanno sofferto
terribilmente». Beigbloek, ci rivelano ancora gli investigatori, aveva
aderito al partito nazista e alle SA nel 1934, e dal 1939 al 1944 era stato
docente all'università di Vienna. Uno studioso, oltre che un militare. Confessò
tutto. Come il dottor Otto Beringer (vedi box), che all'ospedale di Eichberg «curò»
i bambini ritardati mentali: «Su di loro venivano fatti esperimenti medici o
pseudoscientifici. Sistematicamente, fino a 60 ccm (millilitri, ndr) fluido
cerebro-spinale venivano estratti dai bambini con una puntura sub-occipitale, e
al posto del fluido veniva immessa aria. Questo causava ai piccoli terribili
dolori alla testa, così che per una mezza giornata gridavano e vomitavano. Dopo
che l'aria veniva immessa, i crani dei piccoli venivano esaminati ai raggi X.
Responsabile operativa era l'infermiera capo Helene Scherch, che credo abitasse
vicino a Stoccarda». Uno degli studi più «appassionati»,
così risulta dai verbali, era quello su un ormone che
avrebbe dovuto curare, reprimere oppure accrescere le tendenze omosessuali. Se
avesse avuto successo, progettavano i medici delle SS, sarebbe stato opportuno
metterlo in commercio, e possibilmente sul mercato nero di altri Paesi.
Interrogatorio reso il 23 gennaio 1947 dal dottor Werner Kirchert, nato nel 1906 ad Halle/Salle,
colonnello medico delle SS. «Granitz e Kaltenbrunner (Ernst, l'allora capo
della polizia segreta, ndr) avevano discusso delle applicazioni dell'ormone
Vaernet, e avevano suggerito a Himmler che fosse commercializzato sul mercato
nero così da ottenere valuta estera. Era stato anche proposto di consegnarlo ai
nostri agenti all'estero perché potessero usarlo come compenso per gli
informatori. Per quanto ne so, tutti questi suggerimenti furono respinti da
Himmler». Vaernet era un medico danese che aveva «lavorato» sulle ghiandole
produttrici di ormoni, usando suoi pazienti. Obiettivo: «curare l'impotenza, i
disturbi della vecchiaia, e soprattutto l'omosessualità», considerata dai
nazisti come una vera patologia organica. «Vaernet - racconta ancora Kirchert -
aveva messo a disposizione delle autorità tedesche i suoi protocolli di cura».
Seguirono gli esperimenti. Uno dei più atroci fu quello sugli effetti
dell'altitudine, richiesto dall'Aviazione. Verbale del dottor Rascher: «Gli
esprimenti avvenivano a Dachau. Ma anche a Monaco. Una volta Himmler mi portò a
vederne uno. C'era una cabina d'aereo, e dentro un detenuto. Veniva diminuita la
pressione dell'aria e io osservavo da dietro il vetro. Dopo, al prigioniero
veniva fatta qualche domanda: rispondeva solo dopo un po', era stordito».
L'esperimento poteva continuare a lungo, fino all'esito scontato. Kasher «lavorò»
anche agli studi sul congelamento, nei verbali sono citate come sue cavie delle
prostitute: «Ma solo il collo veniva congelato con l'acqua ghiacciata» («Cosa
impossibile», commenta l'investigatore di turno). Chi potesse essere scelto
come cavia, lo dice il «documento segretissimo 1007».
«Soggetto: azione 14-F13 (così si indicava in codice il progetto di eutanasia,
ndr) nei campi di concentramento», «riferimento nostro ordine DI/1/ diario
segreto numero 34/43 del 15 gennaio 1943». Data, 27 aprile 1943, da Oranienburg
(sei mesi prima della riunione segreta di Posen, in cui sarebbe stato deciso
l'Olocausto, ndr). Il documento è firmato dal generale delle Waffen SS Glucke.
E dice testualmente: «Il Reichsfuhrer SS e capo della polizia (Himmler, ndr) ha
decretato che in futuro solo i prigionieri maati di mente potranno essere
scelti per l'azione 14- F13 dalla Commissione medica. Tutti gli altri
prigionieri non abili al lavoro, tubercolotici o costretti a letto, sono esclusi
da quest'azione: a loro va assegnato lavoro da svolgere a letto. La richiesta di
benzina per questi propositi sarà pertanto interrotta». L'ordine segreto si
ferma qui, non dice a che cosa servisse la benzina: probabilmente, quella
necessaria agli autocarri che avrebbero dovuto trasportare la gran massa dei
prigionieri ammalati verso il loro destino.
La
testimonianza - Il medico: “Così eliminavamo i bambini
malati di mente”
di
Luigi Offeddu
Dichiarazione giurata resa all'Ufficio crimini di guerra,
Heinestrasse 2, Lussemburgo sugli esperimenti medico-scientifici nel campi,
documento 808. Raccoglie la deposizione il magistrato Matthias Schumacher. Parla
Otto Beringer, medico a Kolmerberg. “Ero stato assegnato all’ospedale
psichiatrico Eichberg. Vi rimasi dal 2 marzo 1942 al giugno 1943. Direttore
dell'ospedale era il dottor Fritz Mennecke, colonnello delle SS. Il mio primario
era Walter Schmidt, anche colonnello SS. L'edificio aveva posto per 600 malati,
ma ne ospitavamo 1400. Tutti sapevano che Mennecke aveva ordini da Himmler di
portare i malati mentali a Hadamar dove venivano gassati. Nell’autunno 1942 Mennecke mi dice: “È arrivato ordine da Berlino che
il paziente Kessler sparisca”. La mattina dopo, Schmidt pratica a Kessler una
iniezione da 5 cc. di Luminal. La vittima perde i sensi, poi viene denudata e
scaricata sul pavimento di un bagno. Alle 17, viene praticata una seconda
iniezione. Il giorno dopo, chiedo all’infermiera Schaaf come sta Kessler. Me
lo mostra nudo, sul pavimento. Era stata fatta un’altra iniezione di Luminal.
Il terzo giorno, Kessler morì. Nel certificato di morte: polmonite. Tutti i
bambini malati mentali che venivano portati da noi, a Eichberg, vennero uccisi.
Nessuno è morto di morte naturale”.
Dal Corriere della sera, 2 agosto 2003
Le
lettere – La burocrazia dell’orrore «Quanto gas ci
serve per farne fuori 50 mila?»
dal
nostro inviato Luigi Offeddu
WASHINGTON
- Problema numero 200: «Secondo i calcoli statistici delle fabbriche Draeger di
Lubecca, quando si avvelena con il gas vaporizzato una città, solo il 50 per
cento di questo fa effetto. Ē necessario che l'atmosfera sia avvelenata
fino a un'altezza di 20 metri, in una concentrazione di 45 milligrammi per metro
cubo. Quanto gas fosgene è necessario per asfissiare 50 mila abitanti, che
vivano in 4 chilometri quadrati? E se una persona inala 30 litri d'aria al
minuto, quanto fosgene inalerebbero in 10 minuti i cittadini non protetti da una
maschera antigas?». Manuale di matematica per il liceo, diffuso nelle scuole
del Reich tedesco: non nel 1940, quando si apre il campo di Auschwitz; e neppure
nel 1939, quando inizia la guerra in Europa; ma molto prima, nel 1935, quando
ancora - almeno in teoria regna la pace. Il testo sta fra le requisitorie dì
Norimberga, fra le carte appena diffuse su Internet dall'università di Harvard.
Ē citato l'anno di pubblicazione, non l'autore o l'editore. Non è una
delle tante liste di morti. Ma un campione scolastico, uno spicchio della vita
quotidiana in cui pian piano (chissà come, gli storici ne discutono ancora)
l'orrore riuscì a rendersi familiare, a farsi accettare anche dai «normali».
Il loro linguaggio - dalle raccomandazioni alle circolari burocratiche - riempie
le carte di Norimberga, e spesso porta la firma di noti omicidi. Non è un
linguaggio da marziani. E proprio per questo fa paura. Documento 1602-PS, Monaco
15 maggio 1941, lettera inviata a Heinrich Himmler, il capo delle SS, da Sigmund
Rascher, medico dell’aviazione che propone di sperimentare sui detenuti gli
effetti dell'altitudine: «Caro Reichsfuhrer, i miei sinceri ringraziamenti per
i suoi cordiali auguri e per i fiori inviati in occasione della nascita del mio
secondo figlio. Anche stavolta, è un bambino forte, seppure arrivato 3
settimane in anticipo. Le manderò una foto dei ragazzi...». Poi, si entra in
argomento: «Possiamo prendere 2 o 3 criminali professionali per i nostri
esperimenti? I soggetti, naturalmente, possono morire. Abbiamo già provato con
le scimmie, che ci offrono condizioni molto differenti. Ho avuto una
chiacchierata confidenziale con un collega dell'aviazione, che fa questi studi:
anche lui pensa che tutto si possa risolvere solo con esperimenti su esseri
umani (potrebbero anche essere usati soggetti deboli di mente). Spero
sinceramente, stimatissimo Reichsfuhrer, che nonostante il peso dell'immenso
lavoro che si porta sulle spalle, lei stia benissimo in salute. Con gli auguri
più cari, e un “Heil Hitler”, sono il Suo grato e devoto S. Rascher». La
risposta dal segretario personale di Himmler, Rudolf Brandt, (impiccato nel
1948, ndr) fu immediata: «Naturalmente i prigionieri saranno volentieri messi a
disposizione... Colgo l'occasione per rinnovarle cordiali auguri per il suo
secondo figlio». Gli esperimenti partirono. Nell'aprile '42, intervenne
direttamente Himmler: «Veda se è possibile risuscitare queste persone: in tal
caso, naturalmente, la condanna a morte viene commutata in ergastolo». Ma lo
zelante Rascher vuol stare tranquillo. E il 20 ottobre 1942, dopo aver inviato
«saluti obbedienti, Heil Hitler», scrive: «Finora abbiamo lavorato solo su
detenuti russi e polacchi, alcuni già condannati a morte. Non mi è ben chiaro
se anche a loro, qualora superino anni di questi severi esperimenti, possa
essere applicata la grazia». La risposta è secca: «No». Ma è il manuale di
matematica, a rivelare di più. Problema 95: «La costruzione di un manicomio è
costata 6 milioni di marchi. Quante case da 15 mila marchi l’una si sarebbe
potuto costruire con la stessa somma?». Problema 97: «Un malato di mente costa
circa 4 marchi al giorno, un handicappato 5,50 marchi, un criminale 3, 5. In
molti casi un impiegato pubblico guadagna solo 4 marchi, un operaio neppure 2
marchi per tutta la famiglia. Illustrate graficamente queste cifre. Secondo
stime prudenti ci sono in Germania 300 mila malati mentali, epilettici, ecc.,
ricoverati in strutture pubbliche. Qual è il loro costo annuale a 4 marchi al
giorno? Quanti mutui da 1.000 marchi l'uno per giovani coppie potrebbero essere
stipulati ogni anno con questi soldi?». Fu poi Himmler, ad offrire la sua
risposta.
I
NUOVI ARCHIVI
dal
nostro inviato Luigi Offeddu
Washington
– Alla voce «Italy», nei verbali di Norimberga diffusi su Internet, risponde
per adesso il silenzio. Quelle carte non sono state ancora digitalizzate e messe
in Rete dagli studiosi della Harvard Law Schoool. C’è soltanto una
classificazione generale, si trova sotto il titolo «Sistema dei campi di
concentramento (amministrazione, costruzione, lavoro forzato, abusi commessi sui
detenuti)». Ma spunta già un nome di imputato, e dice molto: August Frank,
generale di brigata delle SS, condannato all’ergastolo dal tribunale di
Norimberga e poi graziato. Era il cassiere dei lager, il vice di Oswald Pohl,
che a sua volta dirigeva – agli ordini di Himmler – l’impero economico e
amministrativo delle SS. Frank era anche colui che, secondo alcune
testimonianze, nel luglio del 1943 spedì a Berlino 127 mila del 1943 orologi da
polso, 8 mila penne stilografiche, 4 casse di preziosi francobolli: bottino
strappato ai prigionieri dei campi. L’uomo ebbe a che fare con quasi tutti i
Paesi europei. E lasciò dietro di sé biografie insanguinate. Come quella
che ricorda una delle sue circolari, in cui Frank dettava al comandante di un
lager i compensi per i beni trafugati: «Un paio si calzoni usati da uomo, 3
marchi, una coperta di lana, 6 marchi … - e si raccomandava – Bisogna
assolutamente rimuovere la stella ebraica da tutti gli oggetti che devono essere
spediti».
I
Processi - Le
pene
I
giudizi - Norimberga
Il
primo processi di Norimberga si aprì il 20 novembre 1945. Un tribunale militare
internazionale, designato dalle potenze alleate che avevano sconfitto la
Germania, giudicò i crimini contro l’umanità e contro il diritto bellico
commessi durante il periodo nazista. Si chiuse il 1 ottobre ’46 con la
condanna a morte di 12 gerarchi hitleriani, l’ergastolo per altri 3 e tre
assoluzioni. Furono celebrati altri 12 giudizi su diversi “filoni” di
atrocità commesse durante il conflitto. La facoltà di legge dell’università
di Harvard sta mettendo in Rete gli atti dei processi.
Il
dottor Klaus Karl Schilling, medico celebre per gli studi sulla malaria che si
era trasferito a Roma negli anni Trenta, fu ritenuto responsabile delle
sperimentazioni di farmaci sui deportati di Dachau tra cui 100 sacerdoti
cattolici. Disse: “Ho dato un grande contributo alla scienza, temo solo di non
poterlo concludere”. Fu condannato a morte.
Dachau – Il lager
Fu
il primo lager costruito dal nazismo nel 1933 per punire comunisti e oppositori
politici: 5 anni dopo arrivarono i primi 10 mila ebrei. Vi morirono 50 mila
persone.
In
quei campi 6 milioni di vittime
I
lager
Utilizzati dal 1933 per confinarvi gli oppositori politici a scopi “rieducativi”, i lager, campi di concentramento e sterminio nazisti (Kozentrationslager), furono poi destinati soprattutto agli ebrei.
Shoah
Controllati
dalle SS, i lager, soprattutto nel corso della Seconda guerra mondiale,
divennero il luogo dove attuare “la soluzione finale” contro gli ebrei e
dove effettuare “sperimentazioni scientifiche su esseri umani”.
Famigerati
I
lager più famigerati furono quelli di Auschwitz, Buchenwald, Dachau,
Mauthausen. In Italia funzionò il campo di concentramento di Fossoli, mentre
l’unico campo di sterminio fu la Risiera di S. Sabba.
Le vittime
Sono
state circa 6 milioni le vittime della Shoah. Per ricordare molti Paesi hanno
istituito la Giornata della Memoria, scegliendo il 27 gennaio. Nello stesso
giorno del ’45 le truppe sovietiche liberavano il campo di Auschwitz.
I documenti di Norimberga
“Noi
sacerdoti cavie del medico che uccideva con la malaria”. “Usò cento preti
per i suoi esperimenti”. La difesa: lavoravo per il bene.
dal
nostro inviato Luigi Offeddu
WASHINGTON
- Il suo ultimo desiderio sui gradini della forca all'alba del 28 maggio 1946,
lo sussurrò al prete: «Per favore, pubblicate i miei studi, i risultati dei
mie esperimenti». Furono pubblicati, infatti, ma nei verbali di Norimberga dove
Klaus Schilling, medico tedesco prima titolare di una borsa di studio
assegnatagli in Italia dalla Fondazione Rockefeller, e poi impiegato delle SS a
Dachau, racconta come fulminò con la malaria, con il tifo e con i suoi
«farmaci», centinaia di prigionieri-cavie. Molti ebrei russi o polacchi, e
«cento preti cattolici», scelti perché inadatti al lavoro, duro nel lager:
preti come quello che un giorno accompagnò il dottore alla forca. Ma anche
altri, detenuti arrivati dall'Italia: come un certo Calveroni, o Calderoni,
forse un comandante partigiano. Schilling li sottoponeva a trasfusioni di sangue
malato,o li faceva coricare in una cella piena di zanzare anofele, portatrici
della malaria. Per ore, per giorni, per settimane. Poi, a contagio avvenuto
sperimentava le sue «cure»: che molto spesso uccidevano. O reinfettava i
prigionieri più volte. Quello che ho fatto l’ho, fatto per il bene
dell'umanità», dichiarò fiero al processo. Tutto sta ora anche su Internet,
nelle carte che ha iniziato a diffondere da 48 ore l'università di Harvard.
Ē difficile trovare una sola pagina che non dia i brividi. Ma poche storie
sono come quella di Klaus Schilling, sposato, un figlio, 74 anni al momento
dell'impiccagione, aria mite, pizzetto ed occhiali, «sempre circondato da stima
unanime», come ricordarono diversi testimoni. «Sono il dottor professor Klaus
Schilling - sua dichiarazione manoscritta compilata il 30 ottobre 1945 davanti
al tenente americano Werner Conn, verbale R 157, 204 e seguenti - e studio le
malattie tropicali da 45 anni. Mi sono trasferito alla stazione sperimentale di
Dachau nel febbraio 1942». Il professore era già in pensione, allora. E con
grandi onori: laureato nel 1894, aveva lavorato a Berlino con il mitico Robert
Koch, lo scopritore del bacillo della tubercolosi; lo conoscevano in tutta
Europa, l'allora dottorino Schilling, era stato a lungo in Africa. E anche in
Italia, a Roma, dal 1911, per ricerche finanziate dai mecenati ebrei della
Fondazione Rockefeller. Nel 1933 aveva preso la malaria, era guarito, e da
allora aveva studiato soprattutto quella malattia. Pubblicava uno studio dopo
l'altro, guadagnava bene. Non era mai stato iscritto al partito nazista. Ma
nell’autunno 1941, dopo l'invasione tedesca dell'Urss, Schilling incontra a
Roma Leonardo Conti, tedesco nonostante il nome, generale SS e presidente
dell'Associazione medici del regime hitleriano (morì suicida nel 1945, ndr).
Conti gli trasmette un messaggio del Reichsfuher o capo supremo delle SS,
Heinrich Himmler: troppi soldati tedeschi si ammalano nelle paludi in Crimea o
in Africa, il professore non potrebbe offrire un suo contributo per studiare
vaccini e cure? Trovare i «soggetti» per gli esperimenti non sarà un
problema. A Himmler è difficile dire di no, ma Schilling - dicono le
testimonianze - risponde con un particolare entusiasmo. Anche perché - questo
lo dice lui - la Lega delle Nazioni, di cui è membro, gli ha comunicato che i
casi di malaria nel mondo sono ormai 17 milioni, e bisogna fare qualcosa. Come
sede del nuovo lavoro, fu proposta una fabbrica da ristrutturare per 75 mila
marchi, a Holzkirchen vicino alla stazione ferroviaria e all'autostrada. La
Werhmacht, l'esercito, era pronta a pagare i lavori. Ma Dachau, il campo di
concentramento, venne considerato un posto più adatto: «Perché ha ottime
strutture mediche, e gli esperimenti potrebbero essere molto più agevoli se
fatto sui prigionieri », scrisse Wolfram Sievers, amministratore capo
dell’Istituto Ahnenerbe che sovrintendeva agli esperimenti sulla razza ariana
(impiccato il 2 giugno 1948, come ultimo desiderio chiese di pregare «il mio
dio», ndr). Anche un entomologo, Braun, e uno zoologo, Hilt, firmarono la
richiesta di Sievers: dopotutto, c’era da lavorare con le zanzare. Schilling
accettò la scelta di Dachau anche perché, disse, era vicino a dov’era nato.
«Penso – è ancora la sua confessione – di aver inoculato con la malaria
900 – 1000 prigionieri, in massima parte per loro protezione. Non erano
comunque volontari. Mi sembra che, in tre anni, ne siano morti 49». I morti
furono invece dai 300 ai 400 e «per altre malattie conseguenti alla loro
debolezza dopo il contagio», testimoniò Franz Blaha, un medico ceco e
prigioniero politico comunista che dichiarò di essere stato obbligato ad
assistere Schilling nella sala anatomica: «Ci furono anche morti per overdose
dei farmaci (per esempio due giovani russi, ndr). Schilling assisteva alle mie
autopsie sui suoi pazienti». Usava tutto ciò che si trovava allora nei
laboratori, il professore: chinino, neopiramidone, altri preparati. Non doveva
rispondere a nessuno. Per ordine di Berlino, gli erano «assegnati» 30
prigionieri ogni mese: era il comandante del lager a selezionarli, e Himmler
aveva comunicato che ogni richiesta di Schilling avrebbe dovuto essere esaudita.
I nomi dei «pazienti» sono ancora nei verbali: padre Rupieper, Peter Bower,
Gustav Spitzick, tanti altri. E padre Koch, uno dei pochi a scamparla ma
torturato per mesi (era forse un missionario passionista nato in America da
immigrati tedeschi, e trasferitosi in Germania nel 1922, ndr). Koch - verbale
numero 356 e seguenti - venne prima sottoposto ai raggi X, poi portato in una
cella con una scatola piena di zanzare: quando si chiudeva la porta della
stanza, lui doveva aprire la scatola. Così ogni mattina, per 7 mattine. Al
pomeriggio, contrordine: il sacerdote doveva coricarsi su una branda, ma tenendo
la scatola delle zanzare fra le gambe. La «cura» si interrompeva ogni tanto,
poi riprendeva. Dopo 8 mesi, padre Koch era mangiato dalle febbri e tremava per
gli attacchi malarici, ma anche per l'effetto dei farmaci, e per la debolezza
spaventosa. Lo salvò la fine della guerra. Sembra che sia tornato in America,
poi ancora in Germania come cappellano militare delle truppe Usa. Altri, la
maggioranza, non furono così fortunati. Morivano, testimoniarono il dottor
Blaha e altri, e dalla sala delle autopsie li riportavano in corsia, dove veniva
compilata una diagnosi di «normale» malaria: «Un uomo può assumere anche 2
grammi di piramidone al giorno, ma solo se è sano e forte - parla ancora Blaha,
protocollo d’accusa 126 -. Quei prigionieri ricevevano 3 grammi, e morivano
per soffocamento fulmineo». Il 28 maggio 1946, la Corte militare degli Stati
Uniti avrebbe potuto scegliere come patibolo per il professor Schilling un
qualsiasi cortile di prigione, a Berlino o altrove: ma scelse Dachau, il luogo
dove lui aveva «lavorato per il bene dell'umanità».
Dal Corriere della sera, 3 agosto 2003