La celebre opera sulle persecuzioni razziali sotto il
fascismo fu commissionata e finanziata dall’Unione delle comunità
israelitiche italiane. Lo dimostra una ricerca di Pasquale Chessa
di Dino Messina
Ancora Renzo De Felice e la sua Storia degli ebrei
italiani sotto il fascismo: pietra miliare nella storiografia del secondo
Novecento, il saggio uscito in prima edizione da Einaudi nel novembre 1961
ancora a quarant’anni di distanza costituisce una vera ossessione sia per gli
estimatori (per esempio il volume di Paolo Simoncelli uscito nel 2001 sulla
formazione dello studioso reatino scomparso nel maggio ’96) sia per i critici
(vedi le ultime pagine del recentissimo Le leggi antiebraiche spiegate agli
italiani d’oggi di Michele Sarfatti).Oggi, grazie alle ricerche di Pasquale Chessa, vicedirettore
di Panorama e autore nel 1995 del Rosso e Nero, libro-intervista con De
Felice, siamo in grado di ricostruire con precisione la genesi dell’opera.
Dopo un’attenta ricerca negli archivi Einaudi, di cui dà conto in una nota
introduttiva al volume in uscita da Baldini & Castaldi, Interpretazioni
su Renzo De Felice, ma soprattutto un aggio che sarà pubblicato sul numero
di marzo di Nuova storia contemporanea, Chessa fornisce per la prima
volta la prova incontestabile, cioè la documentazione del pagamento con un
assegno di un milione di lire, che la Storia nacque su commissione dell’Unione
delle comunità israelitiche, presiedute nel 1960 dall’avvocato Sergio
Piperno, molto soddisfatto dopo aver letto le oltre seicento pagine fresche di
stampa che lo studioso trentenne riuscì a ultimare nell’autunno del 1961.
Certo la committenza originaria non costituisce argomentazione per rispondere
agli attacchi di chi, soprattutto nella nuova prefazione del ’93, criticò De
Felice per aver ridimensionato l’antisemitismo di Mussolini e per aver operato
una distinzione tra razzismo e antisemitismo, ma è una base di partenza per
conoscere ancora una volta in maniera inedita uno studioso sul quale è stata
costruita negli anni una mitologia negativa.Il 13 novembre 1960 l’intraprendente studioso scrive dunque
a Luciano Foà, segretario editoriale della casa torinese, proponendogli di
stampare il suo volume su «ebrei e fascismo». La risposta non si fa attendere:
dopo quattro giorni all’avvocato Piperno arriva una lettera dell’Einaudi con
cui la casa editrice si impegna a rimborsare all’Unione la somma di un milione
di lire già versata a De Felice e corrispondere a questi il dieci per cento del
prezzo di copertina per ogni esemplare venduto oltre le prime cinquemila copie .
Scopo dell’Unione delle comunità israelitiche era garantire la massima
diffusione e quindi un prezzo modico, non superiore alle tremila lire, per
un’opera che doveva costituire la prima ricerca scientifica sulle persecuzioni
razziali sotto il fascismo. In realtà l’Einaudi non riuscì a mantenere un
prezzo così basso, ma la qualità del risultato contribuì ad appianare le
divergenze.L’altra questione interessante che emerge dal carteggio è
quella della prefazione al volume dello storico marxista Delio Cantimori, nome
proposto all’Einaudi dallo stesso De Felice anche per «non mettere in mezzo
alcuni tromboni» raccomandati dall’Unione. La scelta, in realtà si rivelò
da un lato dolorosa e dall’altro utilissima. Come si sa, dopo aver elogiato il
lavoro del suo allievo, Cantimori prese le distanze da alcuni aspetti del
lavoro, accusato di mettere «sullo stesso piano Herder, Kant, Novalis, Fiche,
Nietzsche e Rosenberg» oppure di ridurre il «razzismo a fenomeno di origine
tedesca». Gli apprezzamenti si alternavano alle critiche, un po’ come avvenne
quattro anni dopo nella prefazione a Mussolini il Rivoluzionario, primo
volume della monumentale (e incompiuta) biografia che De Felice ha dedicato al
Duce. Un’opera che, secondo Norberto Bobbio, intervenuto a una delle riunioni
einaudiani del mercoledì nel settembre 1965 portava «acqua al mulino del
fascismo». I dirigenti di via Biancamano, Luciano Foà, Giulio Bollati e
soprattutto Giulio Einaudi si erano subito resi conto del valore di De Felice e
far precedere le sue opere da una prefazione critica, per di più firmata dal
patriarca della storiografia marxista in Italia, significava mettere al riparo
lo spregiudicato studioso e la stessa casa editrice di sinistra dalle reazioni
dell’ala più intollerante.Reazioni che nei decenni successivi si moltiplicarono,
soprattutto a partire dall’Interista sul fascismo con Michael Ledeen del 1975,
ma di cui De Felice ebbe un assaggio già in quello scorcio finale del 1961. In
una nota della sua storia degli ebrei De Felice aveva documentato la
partecipazione del segretario del Partito radicale Leopoldo Piccardi a un
comitato italo-germanico che nel ’39 aveva approvato «una risoluzione comune
sul tema di razza e diritto». Piccardi ne ebbe la carriera stroncata ma i suoi
amici riuscirono a rallentare i primi passi accademici del candidato De Felice,
bocciato nel 1962 al concorso di libera docenza per «un’inclinazione a
valutazioni eccessive di uomini e tendenze».
GLI INEDITI
«La prefazione di Cantimori ci salverà dai tromboniLa cosa più importante è un lancio adeguato e un prezzo
accessibile a tutti»
Pubblichiamo
alcune lettere di Renzo De Felice tratte dall’Archivio Einaudi
A Luciano Foà, Roma 13 novembre 1060
Gentile dottore
Ho parlato stamane con il presidente dell’Unione Com.
Israelitiche, avv. Piperno. Ē pienamente d’accordo a far stampare alla
Einaudi il mio volume su Ebrei e Fascismo. Dice di non volerci fare una
speculazione ma di essere interessato solo a un lanci adeguato e ad un prezzo di
copertina accessibile a tutti. Sarà a Roma tutto novembre ed è ben lieto di
incontrarsi col dr. Einaudi e con lei (…). All’incontro il Piperno
gradirebbe fossi presente anch’io. Credo la cosa sia praticamente andata in
porto e che la realizzazione pratica non presenterà gravi difficoltà. Mi
permetto solo di consigliarLe una certa deferenza verso il Piperno che ci tiene
e sente molto la sua carica (…)
Renzo De Felice
A Luciano Foà, 25 aprile 1961
Gentilissimo dottore
Ho ricevuto il vs. Assegno e la sua lettera per il Milano.
D’accordo dunque su tutto; attendo le prime bozze per la data da lei
indicatami. Ho parlato giorni orsono con il prof. Cantimori, è disposto e lieto
di fare la prefazione ai miei Ebrei efascismo.
Credo sia la soluzione migliore, anzi ottima e che anche voi ne siate
soddisfatti. In caso affermativo la pregherei di un favore: potrebbe scrivere al
presidente Piperno, come se l’iniziativa fosse partita da voi o, se vuole, da
noi insieme? Le dico questo perché sarebbe opportuno far capire all’Unione
l’importanza di avere la prefazione di Cantimori e tagliare così corto a
certe loro idee di mettere in mezzo alcuni tromboni che veramente non avrei
piacere di vedere messi in mezzo e, credo, non piacciano neppure a voi (…)
Dr.
Renzo De Felice
A Giulio Bollati, Roma 23 novembre 1961
Gentile dottore,
mi sono incontrato stamane con il dr. Santoni e, come era
sicuro, ci siamo facilmente accordati per il mio compenso (…). Il dr. Santoni
mi ha pure consegnato una copia del libro: anche a questo proposito non posso
che ringraziarvi e congratularmi con voi per la cura che avete messo nella sua
stampa. Ē veramente perfetto, anche il dr. Piperno e gli altri membri
dell’Unione delle comunità ne sono entusiasti. Cordiali saluti (…).
Renzo De Felice
Il libro
Ē in uscita da Baldini & Castaldi il volume a cura
di Pasquale Chessa e Francesco Villari, «Interpretazioni su Renzo De Felice»
(pagine 151, euro 13), che raccoglie gli interventi di studiosi inglesi,
francesi e italiani alla giornata di studio svoltasi il 16 maggio 2000 al Link
Campus, sede romana dell’Università di Malta. Gli scritti di Denis Mack Smith,
Adrian Lyttelon, Giovanni Sabbatucci, Francesca Perfetti, Pierre Milza e Marc
Lazar aiutano a leggere l’opera di De Felice nel quadro delle ricerche
internazionali sul fascismo, come testimoniano le traduzioni in corso in
Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti. L’introduzione di Chessa e Villari è
dedicata alla genesi della «Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo» e
alla nascita della biografia su Mussolini.