Anticipazioni. Un saggio accusa la multinazionale di aver
fornito i macchinari per l’organizzazione dei campi di concentramento. E già
si annunciano richieste collettive di indennizzo.
Selezionatrici,
tabulatrici e stampanti stavano dentro i Lager. Quei numeri di codice, tatuati
sui prigionieri, si diffusero ad Auschwitz
di Edwin Black
L'Ibm, che assunse vari nomi prima di quello definitivo, fu
inventata da un tedesco: Herman Hollerith, nato nel 1860 e ben presto emigrato
nello stato di New York. Ē lui a ideare una scheda con fori standardizzati,
ciascuno dei quali rappresenta un tratto diverso: sesso, nazionalità, ecc.
Ē ancora lui nel 1910 a conferire i suoi brevetti per la Germania a Willy
Heidinger, un commerciante di macchine addizionatrici che fonda la Deutsche
Hollerith Maschinen Gesellschaft, in breve Dehomag, collegata strettamente con
l'America. Poi Hollerith vende l'intera attività a Charles Flint e questi passa
il testimone a Thomas J. Watson,
che trasformerà il vecchio nome dell'azienda americana in Ibm. Rimarranno però
«sistema Hollerith» e la tedesca Dehomag, che importerà le continue
innovazioni tecnologiche dagli Usa. Rimarrà anche la medaglia che Watson riceve
nel 1937 da Hitler. Ora, tutto ciò entra in una storia terribile: quella della
Shoah ebraica. Edwin Black (figlio di ebrei polacchi che vive a Washington) in
un saggio in uscita, intitolato «L'Ibm e l'Olocausto» (Rizzoli, pp. 606, lire
36.000), la racconta. Noi, in anteprima per Italia, offriamo due estratti della
ricerca dal libro: dal capitolo sull'incontro tra l'Ibm e Hitler e da quello
sull'uso della tecnologia ideata da Hollerith nei campi di concentramento. Già
si annunciano richieste miliardarie di indennizzo con denuncie collettive al
tribunale di New York di ex lavoratori forzati. Ciascun sistema Hollerith doveva essere personalizzato dagli
ingegneri della Dehomag. Questi ultimi progettavano i sistemi per inventariare i
pezzi di ricambio degli aerei della Luftwaffe, controllare gli orari ferroviari
per la Reichsbahn e registrare gli ebrei all'interno della popolazione per
l'Ufficio di statistica del Reich in modo che fossero dei tutto diversi tra
loro. Naturalmente, le punzonature non potevano essere eseguite a caso. Ciascuna
scheda doveva essere personalizzata con colonne e campi di dati studiati
appositamente per i lettori. I dipendenti del Reich dovevano essere addestrati a
utilizzarle. La Dehomag doveva conoscere i dettagli più segreti della
destinazione d'uso, progettare le schede e quindi creare i codici. Per via
dell'esigenza quasi illimitata di tabulatrici che caratterizzava le guerre
razziali e geopolitiche di Hitler, l’Ibm New York reagì con entusiasmo
alle promesse del nazismo. Mentre altri uomini d'affari americani, spaventati o
umiliati, riducevano o annullavano i rapporti con la Germania, Watson diede il
via a un'espansione storica della Dehomag. Solo qualche settimana dopo la salita
al potere di Hitler, l'Ibm New York investì oltre sette milioni di Reichsmark
(più di un milione di dollari) per incrementare drasticamente la capacità
della filiale tedesca di fabbricare macchine. I dirigenti della Dehomag erano devoti al movimento nazista
quanto i soldati scientifici di Hitler. L’Ibm New York lo comprese sin
dall'inizio. Hedigner, un fanatico dei nazismo, considerava quasi una vocazione
divina la capacità unica della Dehomag di saturare il Reich di informazioni
demografiche. Il suo trasporto rapito per il nuovo ruolo che la Dehomag avrebbe
svolto si manifestò durante l'inaugurazione di uno stabilimento dell’Ibm a
Berlino. «La considero quasi una missione sacra - dichiarò enfatico - e prego
affinché la benedizione del cielo scenda su questo luogo». Quel giorno, mentre
stava accanto al rappresentante personale di Watson e dell’Ibm, in presenza di
numerosi funzionari del partito nazista, Heidinger annunciò pubblicamente
quanto lui e la Dehomag si trovassero d'accordo con gli scienziati nazisti della
razza, che consideravano le statistiche demografiche come lo strumento
fondamentale per sradicare i segmenti contaminati e inferiori della società: «Il
medico esamina il corpo e verifica che tutti gli organi funzionino in modo da
garantire il benessere dell'intero organismo. Noi (della Dehomag, ndr) siamo
molto simili a medici perché sezioniamo, cellula dopo cellula, il corpo della
cultura tedesca. Indichiamo ogni singola caratteristica su una piccola scheda.
Non si tratta di schede morte. Al contrario, si risvegliano alla vita più
tardi, quando vengono selezionate alla velocità di 25.000 l'ora in base a
determinate caratteristiche. Siamo orgogliosi di poter contribuire a tale
compito, un compito che fornisce, al Medico della nostra nazione (Hitler, ndr) il materiale necessario ai
suoi accertamenti. Egli potrà allora stabilire se i valori calcolati sono tali
da garantire la salute dei nostro popolo. In caso contrario, potrà prendere
misure correttive per guarire il male». Il discorso di Heidinger e la lista dei
funzionari nazisti invitati furono trasmessi in tutta fretta a Manhattan e
tradotti immediatamente per Watson. Il leader dell'Ibm telegrafò a Heidinger un
sollecito messaggio di congratulazioni per la qualità del suo lavoro e la
chiarezza con cui aveva espresso i propri sentimenti [...]. In quasi tutti i campi di concentramento nazisti operava un dipartimento
Hollerith noto come Hollerith Abteilung. In certi campi,
come Dachau e Storkow, erano installate non meno di due dozzine di
selezionatrici, tabulatrici e stampanti Ibm. Altri campi effettuavano solo la
perforazione e mandavano le schede in centri come Mauthausen o Berlino. Il
macchinario Ibm era quasi sempre sistemato all'interno dello stesso campo,
affidato a un ufficio speciale addetto all'assegnazione del lavoro, in tedesco Arbeitseinsaz.
Dall'Arbeitseinsatz uscivano
quotidianamente le importantissime assegnazioni ai posti di lavoro e l'ufficio
era anche incaricato dell'elaborazione delle schede di tutti i prigionieri e dei
ruolini dei turni di trasferimento. Necessitava quindi di un continuo traffico
di elenchi, schede perforate e documenti codificabili dal momento che ogni gesto
dei prigionieri era controllato e seguito con cura maniacale. Il Reich creò campi in tutta Europa, ma non erano tutti
uguali. Alcuni, come Flossenbürg in Germania, erano campi di lavoro in cui i
prigionieri dovevano lavorare fino alla morte per spossatezza. Altri, come
Westerbork in Olanda, erano campi di transito, cioè tappe sulla strada della
destinazione finale. Un certo numero, come per esempio Treblinka in Polonia,
erano stati creati unicamente allo scopo di eliminare immediatamente i
prigionieri nelle camere a gas. Infine campi come quello di Auschwitz univano
tutti e tre gli elementi. Senza i macchinari dell’Ibm la manutenzione continua
e il rifornimento di schede perforate, i campi di Hitler non avrebbero mai potuto
eseguire i loro terrificanti compiti come invece fecero. Ai campi più grandi
era stato assegnato un numero in codice Hollerith per il lavoro d'ufficio:
Auschwitz 001, Buchenwald 002, Dachau, 003, Flossenbürg
004, Gross-Rosen 005, Herzogenbusch 006, Mauthausen 007, Natzweiler 008,
Neuengamme 009, Ravensbrück 010, Sachsenhausen 011, Stutthof 012. Auschwitz, codice 001, non era solo un campo, ma un immenso
complesso comprendente posti di transito, fabbriche e fattorie, in cui
lavoravano schiavi, camere a gas e crematori. Nella maggior parte dei campi l’Arbeitseinatz
non si limitava a classificare i posti di lavoro, ma anche gli elenchi
dell'ospedale del campo e le statistiche delle morti e dei reclusi da consegnare
alla Sezione politica. Ē però possibile che ad Auschwitz le attrezzature
Hollerith fossero utilizzate, e pertanto collocate, in altri uffici. Nell'agosto 1943 un
commerciante di legname di Bendzin
in Polonia arrivò con un gruppo di quattrocento reclusi, per la maggior parte
ebrei. Un medico polacco lo visitò rapidamente per stabilire se fosse adatto al
lavoro. Il suo stato fisico fu annotato su un registro medico
per l'«indice dell'ospedale del campo». Poi la sua registrazione di
prigioniero fu completata con lutti i particolari personali. Il suo nome
fu.controllato sugli indici della Sezione politica per vedere se fosse stato
sottoposto a particolari efferatezze. Infine fu registrato su
un'attrezzatura Hollerith nell’indice della manodopera per l'Arbeitseinsatz e gli fu assegnato un tipico numero Hollerith a cinque cifre, il 44673.
Questo numero lo avrebbe seguito in assegnazione mentre il sistema Hollerith
reperiva la sua disponibilità ai vari lavori e la riportava nell'archivio
centrale dei reclusi conservato dal dipartimento DII. Il Dipartimento DII
dell'ufficio di economia delle SS di Oranienburg dirigeva tutte le assegnazioni
di lavori per gli schiavi. Più tardi lo stesso numero Hollerith a cinque cifre
del commerciante di legname gli fu tatuato sull’avambraccio. Alla
fine, quella, stessa estate, tutti i non tedeschi di Auschwitz furono tatuati
con i numeri Hollerith. Ma i numeri tatuati si svilupparono rapidamente ad Auschwitz.
Ben presto non ebbero più alcuna relazione con la compatibilità Hollerith per
un semplice motivo: il numero Hollerith era destinato a individuare un recluso
che lavorasse, non un recluso morto. Quando il tasso di mortalità ad Auschwitz aumentò, i numeri
basati sulle Hollerith, semplicemente non servirono più. Ai cadaveri venivano
subito tolti gli abiti, rendendo difficile l'identificazione per gli elenchi dei
decessi basati sulle Hollerith. Perciò i numeri furono scritti con l'inchiostro
sul torace dei reclusi. Ma siccome era difficile scorgerli tra i mucchi sempre
più grandi di cadaveri, si decise
che gli avambracci fossero più visibili. Furono subito inaugurati sistemi di
numerazione ad hoc. Diverse serie di numeri, spesso anche con lettere, furono assegnate ai reclusi in ordine crescente. Il dottor Josef
Mengele, che eseguiva orribili esperimenti, tatuava il suo personale numero di serie sui suoi pazienti. La
numerazione con i tatuaggi continuò con una sua caotica incongruenza come
sistema d'identificazione specifico
di Auschwitz. Ma i numeri Hollerith rimasero il metodo principale per identificare e
rintracciare i prigionieri ad Auschwitz, in particolare quando il campo doveva
rispondere agli ordini di Berlino. Per esempio, alla fine del 1943, le SS
ordinarono di gassare circa seimilacinquecento ebrei in salute e in grado
di lavorare. Ma l'uccisione fu rimandata di due giorni quando la Sezione
politica controllò meticolosamente ogni numero con il suo stesso indice delle schede. La Sezione aveva ricevuto l'ordine di risparmiare
momentaneamente gli ebrei che avessero tracce di discendenza ariana.
Dal
Corriere della sera, 11 febbraio 2001
Ibm, il segreto di mister Watson
Ritratti.
Il figlio di un taglialegna che diede un nuovo nome al gruppo si oppose al
boicottaggio del Terzo Reich. Chi era il magnate che fornì ad Hitler le
macchine per la schedatura»
di Cesare
Medail
Il 28 giugno 1937, in un angolo tranquillo della Cancelleria
di Berlino, Adolf Hitler ebbe un fitto colloquio con Thomas J. Watson
presidente dell’Ibm, che aveva decorato con la «Croce al merito dell'aquila
tedesca». Poco dopo, il magnate americano dichiarava: «Non vi sarà alcuna
guerra. Nessun Paese vuole la guerra». Come poteva un grande capitalista,
cinico e navigato come Watson, entusiasmarsi di fronte al pacifismo di Hitler,
se non per ragioni di business? Quali fossero quegli affari è stato denunciato
da Edwin Black nel volume L'Ibm e l'olocausto (editore Rizzoli,
pp. 606, lire 36.000), presentato sul «Corriere» di domenica: Watson, aveva
fornito ai nazisti, in forma di tabulatrici a schede perforate, la tecnologia
necessaria per censire gli ebrei e programmare lo sterminio.
Ma chi era Watson? La sua biografia è la classica dei sel fmade man del mito americano. Nato nel 1874 a Campbell (New York) da un taglialegna
protestante, entrò nel commercio girando le fattorie su di un carro
giallo con pianoforti e macchine da cucire. Dopo aver conosciuto il direttore
della sede di Buffalo della National Cash Register, divenne il miglior venditore
di registratori di cassa della East Coast; e, quando gli fu affidato il compito
di sgominare la Hallwood, società concorrente, la liquidò usando «squadre
d'intimidazione dei clienti». Dopo vent'anni di ascesa senza scrupoli,
l'ambizioso venditore cadde in disgrazia e bussò alla porta di Charles Flint,
leader della Ctr (Computing Tabulaling Recordarting). Flint aveva
rilevato l'attività di Hermann Hollering, un tedesco nato nel 1860 ed emigrato
nello Stato di New York, inventore dei sistema a schede perforate e creatore in
Germania della società Dehomag, ormai associata all'America. Watson rivoltò
come un guanto l'azienda che l'avrebbe visto in pochi anni leader incontrastato.
Esigeva da tutti devozione incessante e fedeltà assoluta: in cambio i venditori
migliori erano premiati secondo punteggio. Il figlio del taglialegna creò un
clima di patriottismo aziendale, con i guerrieri delle vendite che intonavano
inni del tipo «Il signor Watson è l'uomo per cui lavoriamo/ ci ha insegnato a
condurre il gioco/ e a fare soldi».Watson mondializzò la Ctr, cambiandole nome
(Internalional Business Machines), e su tutte le superfici
disponibili fece stampare la parola think, «pensare» («Non
pensare costa al mondo milioni di dollari», spiegò), futuro motto dei prodotti
Ibm, che stavano conquistando via Germania il mercato europeo. La crisi
valutaria della Germania di Weimar, infatti, aveva impedito alla Dehomag di
pagare i diritti di brevetto controllati da Watson, che ricattò i partner
tedeschi: la bancarotta o la cessione di quote decisive.
Così, la futura «croce al merito» mise piede in Germania e moltiplicò il
business perché, nei piani dei Terzo Reich, quelle macchine erano necessarie a
censire gli uomini da sterminare. Ma lui, Watson, grande ammiratore di
Mussolini, fece affari durante tutta l'ascesa hitleriana, né si peritò di
nascondere l'ammirazione verso i tiranni. «Non era fascista», scrive Edwin
Black, ma «l'idea di arricchimento tramite e per lo Stato, sotto la guida di un
forte leader autocratico sostenuto dal nazionalismo e dalla venerazione di una
figura eroica, era per lui allettante ... ». Dopo tutto, anche i suoi seguaci
di azienda indossavano divise, cantavano inni e dovevano mostrare
dedizione assoluta. Il feeling, quindi, non deve stupire.
I carteggi fra il leader dell’Ibm e i gerarchi nazisti provano vincoli
stretti. Mentre il razzismo tedesco provocava cortei per le strade di New York,
Watson rifiutava ogni boicottaggio economico contro la Germania. «L'ingiusta
critica al commercio è di per sé una barriera commerciale», disse nel 1938,
coniando anche lo slogan: «Pace mondiale attraverso il commercio mondiale». «Gli
affari úber alls», insomma, era il vangelo di Watson; e
quando, nel 1940, l'Fbi di Edgar Hoover indagò sui suoi affari, rispose: «Sono
cittadino americano, ma come Ibm sono cittadino del mondo». Con la guerra,
Watson restituì al Führer la croce con l'aquila
e perse il controllo diretto sulle filiali europee. Ma gli aguzzini avevano
bisogno delle sue macchine e i rapporti continuarono in segreto: «Il flusso di
informazioni, istruzioni, richieste e approvazioni da parte di Watson», scrive
Edwin Black, «rimase continuo e particolareggiato fino al 1944». Un mese prima
che, nel 1956, portasse nella tomba i suoi segreti, il magnate lasciò le redini
dell'Ibm al figlio Thomas J. Watson jr., che ne disapprovò l'operato dicendo:
«L'ottimismo rese mio padre cieco di fronte a ciò che accadeva in Germania».
Ma chi può aver visto rosa nel buco nero del ’900?