Corriere della sera 

Processo a Pio XII, nuova istruttoria per un silenzio. Notte dei cristalli, fondi americani, leggi antisemite di Vichy: ecco i punti non ancora chiariti. Anni Bui - Su “MicroMega” Bouchard, Canfora, Riccardi, Sarfatti e Scoppola analizzano il documento della commissione mista di ebrei e cattolici     

di Dario Fertilio

Anno 1963, prima rappresentazione del dramma Il Vicario di Rolf Hochhuth. Ē un momento solenne e terribile. Il pubblico in sala osserva col fiato sospeso l'attore che interpreta il Papa, Vicario di Cristo appunto, mentre ripete il gesto di Pilato: si lava le mani della questione ebraica e dell'orrore dei campi di sterminio. Scoppia agli occhi dei mondo il «caso Pio XII». E dire che, fino a quel momento, quel Pontefice da poco scomparso aveva ricevuto consensi pressoché unanimi. Ma ora tutti vogliono sapere: Hochhuth ha ragione? Pio XII era a conoscenza delle deportazioni, di Auschwitz, dell'Olocausto, e ha taciuto? Oggi, una commissione storica internazionale, composta da tre studiosi di parte cattolica e da tre di parte ebraica, presenta i risultati del suo lavoro di analisi sugli undici volumi disponibili dell'archivio Vaticano. La rivista MicroMega, da oggi in edicola, pubblica quel «rapporto preliminare», arricchendolo con una serie di commenti: spiccano quelli del pastore valdese Giorgio Bouchard, del filologo classico Luciano Canfora, degli storici Michele Sarfatti e Pietro Scoppola, del saggista Andrea Riccardi. Diciamo subito che colpiscono soprattutto, nel «rapporto», non tanto le rivelazioni, quanto i dubbi. Non che abbiano alzato bandiera bianca: la serie degli interrogativi che gli studiosi pongono è impressionante, e questo perché è stato consentito solo un accesso parziale ai documenti, frutto di una «preselezione» delle autorità vaticane. In assoluto, certo, il permesso di esaminare gli undici volumi di documenti relativi a Pio XII potrebbe essere considerato un passo in avanti verso la verità e la trasparenza. Tanto più che (lo ricorda Luciano Canfora) per ora esiste un limite invalicabile agli studiosi: le loro ricerche negli archivi vaticani si devono arrestare al 1922 (anno della morte di Benedetto XV). Tuttavia, di fronte all'importanza e alla delicatezza di un simile accertamento storico, è proprio sulle parti mancanti, sulle zone buie e coperte dalla proibizione che si accentra l'attenzione di tutti. Del resto, il numero di interrogativi irrisolti denunciati dai sei saggi nella loro relazione è impressionante: sono addirittura quarantasei. La commissione rinvia il suo giudizio definitivo al momento in cui tutti i veli saranno alzati. Ma in questa sospensione del giudizio sulla figura di Pio XII si nascondono grandi insidie. Da un lato, l'incertezza può alimentare supposizioni e sensazionalismi, autorizzando il pubblico ad aspettarsi prima o poi una «assoluzione» o una «condanna» del Papa piuttosto che una serena e critica valutazione storica del suo operato. In secondo luogo, il prolungarsi dell'incertezza non può che alimentare le polemiche (di queste si fa portatore con veemenza Luciano Canfora) sull'opportunità di mantenere in piedi il processo di beatificazione di un Papa così controverso. Ma veniamo ad alcuni dei punti più scottanti. Perché mai, si chiedono ad esempio i sei esperti, non si trovano reazioni del Vaticano, e tanto meno segni di condanna, al pogrom nazista del 1938 contro gli ebrei, noto come «Notte dei cristalli»? Altro interrogativo: l'enciclica di Pio XII sul razzismo e l'antisemitismo venne discussa dal suo successore con i cardinali tedeschi? I documenti messi a disposizione dal Vaticano tacciono in proposito. Terzo: come mai i fondi raccolti da un'organizzazione ebraica americana, lo «United Jewish Appeal», furono destinati soltanto al salvataggio degli ebrei convertiti e non usati a beneficio di tutti i perseguitati? E, ancora più grave: quale fu, se ci fu, la reazione di Pio XII quando il governo collaborazionista francese di Vichy gli fece sapere la sua intenzione di introdurre una legislazione antisemita? Fino a che punto il Papa influì sulla risposta ambigua e connivente, secondo cui la Chiesa non poneva obiezioni purché forse garantita in futuro la sua libertà d'azione? La maggior parte degli esperti chiamati da MicroMega a commentare il documento propende per la colpevolezza, ma è giusto riconoscere che proprio l'ampiezza delle zone d'ombra lascia sussistere, ancora molti dubbi. Per ora non è possibile stabilire, ad esempio, se la difesa degli ebrei battezzati fosse l'unica possibile per salvare qualche vita in più. Né si può stabilire, come ammette il documento, fino a che punto la «teologia della sofferenza» di Pio XII abbia influenzato il suo atteggiamento attendista, inducendolo a tacere e sopportare. Qualcosa di simile, potrebbe valere per il suo anticomunismo, che probabilmente lo accecò, impedendogli di cogliere sino in fondo la minaccia anticristiana insita nel nazionalsocialismo, e gli orrori che andava commettendo. Al di là, o al di sotto, delle passioni e delle polemiche, resta dunque la sfinge dell'ultimo Pontefice «diplomatico» più che «pastore». E, insieme alla sofferenza, il suo enigma.

Dal Corriere della sera,  30 novembre 2000

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