Patria indipendente
testi - Il museo Cervi
CERVI: SIMBOLO DELLA NOSTRA STORIA DEMOCRATICA
di Ugo Benassi*
Il Novecento è un secolo che ha segnato, con le sue tragedie ma anche le sue conquiste di progresso e di civiltà, un pezzo importante della nostra storia: esso rimarrà a lungo vivo nella memoria di tante generazioni. È un secolo, il ’900, che come Istituto A. Cervi stiamo ripercorrendo attraverso i ricordi di lavoro, di lotta e di sacrificio di una eroica famiglia contadina reggiana, quella di Alcide e di Genoeffa Cervi e dei loro sette figli, una famiglia con cui l’Italia – come ha detto il Presidente della Camera Casini festeggiando il 25 aprile, con noi, nelle sale del Museo di Gattatico – «ha contratto un debito perenne per i valori di libertà e di democrazia che essa ha saputo esprimere». Rivivere il 60° delle vicende eroiche della famiglia Cervi ci ha consentito di compiere un necessario e sempre prezioso ripasso della nostra storia, tanto più in un momento politico complicato e difficile come quello che stiamo attraversando, poco rispettoso, a volte, di una verità storica che deve continuare ad essere invece il DNA della nostra Repubblica. II nostro 60° della Resistenza, che stiamo celebrando insieme a migliaia di cittadini e di studenti, lo abbiamo voluto aperto ad una riflessione culturale e critica ampia e libera, capace di leggere e di scrivere con sempre maggiore obiettività le pagine importanti della nostra storia recente. Certo, noi abbiamo contestato le tante disinformazioni che stanno circolando, abbiamo riconfermato – con la necessaria modestia ma anche con convinta fermezza – la nostra ferma adesione ai valori permanenti dell’antifascismo e della Resistenza, non solo come esperienza e ricchezza di una storia passata ma soprattutto come strada sicura sulla quale costruire, anche oggi – direi soprattutto oggi – i percorsi democratici che guardano e conducono al futuro della nostra Repubblica. Ricordando i sette fratelli Cervi e con loro tutti i nostri martiri abbiamo cercato di costruire un chiaro spartiacque tra coloro che hanno scelto negli anni tragici della guerra fascista campi opposti di lotta (l’uno per la libertà, l’altro per la dittatura e la servitù allo straniero nazista), ma soprattutto tra chi il fascismo e la sua guerra lo avevano subìto e sentito come un disastro per la Patria e che avevano favorito il risveglio della coscienza democratica dei lavoratori e dei cittadini e li avevano poi guidati alla necessaria lotta armata e patriottica. Certo, la seconda metà del 1943 segnò momenti di grande travaglio. All’entusiasmo dei molti e allo smarrimento di tanti altri, i Cervi dimostrarono la nitida consapevolezza che dopo il 25 luglio e l’8 settembre ’43 la battaglia per la libertà del Paese doveva iniziare subito, senza indugio. Essi erano da tempo preparati a queste prospettive di lotta aperte contro il fascismo e ciò grazie alla lunga preparazione ideale e politica che la famiglia Cervi aveva sperimentato nel corso del decennio precedente. Per loro la battaglia per l’affrancamento sociale dei contadini era sempre stata tutt’uno con la lotta contro le violenze, le vessazioni e le ingiustizie del fascismo. Senza ulteriori indugi, infatti, i Cervi costituiscono un proprio distaccamento armato, che parte per la montagna il 10 ottobre. Ne fanno parte non solo i fratelli, ma anche alcuni partigiani e diversi soldati stranieri che si uniscono prontamente all’iniziativa dei Cervi, andando a formare di fatto il primo distaccamento partigiano attivo della resistenza reggiana. Poi la storia gloriosa dei giorni e delle settimane seguenti; le azioni partigiane compiute un po’ ovunque e poi, poco dopo, il ritorno in questa loro casa trasformata in una vera e propria trincea di lotta e di iniziativa patriottica. Ed è in questa casa contadina dei Campi Rossi che i Cervi e i loro compagni di lotta, a poche settimane dall’8 settembre, vengono catturati il 25 novembre di sessanta anni fa ad opera dei fascisti. L’abitazione viene data alle fiamme e vengono trascinati in carcere tutti gli uomini della famiglia, compreso il vecchio padre che non volle abbandonare i figli nel momento più tragico della loro esistenza. Poi la loro fucilazione e il loro martirio, un mese dopo, il 28 dicembre ’43. Grandi patrioti italiani, i Cervi, davanti ai quali tutti coloro che amano la democrazia e la libertà della Patria devono sempre portare rispetto. Per noi dell’Istituto Cervi il 25 luglio, l’8 settembre e il 28 dicembre (il giorno della fucilazione dei sette fratelli) ci fanno rivivere, con l’emozione di sempre, le più drammatiche vicende di sessanta anni fa: una grande storia, una grande memoria, che il nostro Museo restaurato ed arricchito nel suo patrimonio racconta con i suoi documenti e le sue testimonianze. Proprio per questo, e per rivivere con i giovani la nostra storia democratica, abbiamo lavorato come Istituto in modo da rendere moderno e accogliente il nostro Museo Cervi, che è così diventato oggi un punto di riferimento e un simbolo morale e civile per l’Italia e per l’intera Europa. Abbiamo lavorato perché Casa Cervi diventasse un Museo che sapesse tenere ben viva nella coscienza delle nuove generazioni la memoria storica di una delle stagioni più gloriose del Novecento italiano: quella dell’antifascismo e della Resistenza. Siamo convinti che la memoria dei sette fratelli Cervi e dei loro genitori Alcide e Genoeffa rappresenti per l’oggi e per il domani l’esempio patriottico di una generosa famiglia contadina, che ha saputo esprimere valori ideali e civili che restano come timbri di nascita incancellabili della nostra Repubblica e della sua Costituzione.
*Presidente dell’Istituto Alcide Cervi
da Patria indipendente, 21 dicembre 2003