Documenti dell'ANED di Milano
LA RISIERA DI SAN SABBA - TRIESTE 1943 - 1945
Nell'estate 1943 l'Italia fascista, dopo tre anni di guerra a fianco
della Germania nazista, in base agli obblighi del micidiale "patto
d'acciaio",
ha ormai collezionato una serie di disfatte militari in Grecia, in Libia, in
Russia dovute alla carenza degli armamenti, all'incapacità dei comandi,
all'impreparazione dei quadri e alla mancanza dell'addestramento degli uomini.
Il paese è stremato. Il regime sta toccando il suo punto più basso del
consenso popolare. Gli Alleati sono oramai sul territorio nazionale. Hitler,
che conosceva la situazione, non s'era lasciato prendere contropiede quando il
suo amico Benito Mussolini fu defenestrato dagli stessi suoi camerati del Gran
Consiglio del Fascismo e gli succedette, come capo del governo, il maresciallo
Badoglio, mentre il re riassumeva il comando supremo delle forze armate.
Quando il nuovo governo italiano, non più fascista, dopo aver protestato la
sua fedeltà all'alleanza, mentre avviava segretamente trattative di pace
separata con gli Alleati, l'8 settembre 1943 firmava un armistizio scatenando
il caos, 22 divisioni naziste erano già dislocate in Italia per poter tenere in
pugno la situazione. Costretto a rimettere in sella Mussolini, se voleva
continuare la guerra sul fronte italiano, all'atto della costituzione della
Repubblica Sociale Italiana a Salò, strettamente controllata dai suoi uomini di
fiducia, Hitler pretese l’accorpamento al Terzo Reich dei territori italiani
che a suo tempo avevano fatto parte del disciolto impero austroungarico. Si
trattava delle province di Bolzano e Belluno unificate sotto la denominazione
"Voralpenland" (Paese Prealpino) che vennero affidate alla competenza
del Gauleiter Franz Hofer, mentre le province di Udine, Gorizia, Trieste, Fiume
e Pola, denominate "Adriatisches Küstenland" cioè Litorale
adriatico, vennero a trovarsi sotto l'autorità del Gauleiter della Carinzia,
Friedrich Rainer. La zona di Lubiana fu affidata al suo collega Erwin Rösser.
I tre Alti commissari, godendo di larga
autonomia, furono investiti di pieni poteri su tutte le strutture
amministrative, politiche, giurisdizionali delle rispettive aree di competenza
e rispondevano del loro operato solo, esclusivamente e direttamente a Berlino,
la sovranità italiana essendo "momentaneamente sospesa". Per quanto
riguarda l'Adriatisches Küstenland,
Rainer fissava la propria sede a Trieste e con due ordinanze, il 22 ottobre e il
12 novembre, faceva sapere alla popolazione che le leggi italiane erano
abrogate, vigeva da quel momento solo la legge nazista, con tutte le aggravanti
dello stato di occupazione e di guerra. A capo dei vari uffici delle
amministrazioni degli enti locali vennero chiamati uomini del ricostituito
partito fascista, peraltro affiancati da "consiglieri" nazisti. Mentre
il generale Kübler assumeva il comando di
tutte le forze armate di stanza nel territorio, Himmler nominava Odilio
Lotario Globocnick capo supremo delle varie polizie, col grado di
Generalleutnand e SS Gruppenführer. Costui, nativo di Trieste
(madre ungherese e padre sloveno) conosceva i luoghi, le usanze, le lingue
locali. Nel suo foglio matricolare era registrato come comandante dell'Einsatzgruppe
Reinhard, una delle quattro formazioni speciali delle SS, create col compito
specifico di garantire la sicurezza alle spalle dei reparti combattenti sul
fronte dell'Est, "ripulendo" città e villaggi della Polonia e
dell'Ucraina dalla popolazione civile, soprattutto ebraica. In altre parole,
massacrando uomini, donne e bambini inermi col falso scopo delle esigenze
militari delle operazioni in corso. Da Dublino, dove l'Einsatzgruppe Reinhard
aveva a suo tempo stabilito il proprio quartiere generale, Globocnick si portò
dietro 92 uomini particolarmente selezionati ed alcuni ufficiali delle SS che
s'erano conquistata una triste fama nelle "operazioni" dell'Est e come
comandanti di alcuni campi di sterminio, oramai smobilitati, come Treblinka,
Sobibor e Belzec. Facevano parte del gruppo anche i principali esecutori
dell’Aktion T4, cioè quell’azione "Eutanasia" consistente
nell'eliminazione fisica degli ammalati mentali, dei minorati e handicappati
fisici, in altre parole di "bocche inutili" nel castello di
Hartheim. A Trieste Globocnick prese possesso del Palazzo di Giustizia, per
trasferire poi la sua base operativa in un complesso di edifici in disuso che
era stato, a suo tempo, sede della “Premiata pilatura di riso triestina”
della ditta Ziffer, nel rione di San Sabba, alla periferia della città. Qui
egli istituì un "Polizeilager" che in effetti era un vero e proprio
campo di concentramento, come tale qualificato ufficiale e riconosciuto come
"Konzentrazionslager" e designato con la solita sigla KZ. Nella
Risiera furono sistemati gli uffici, gli alloggi per gli ufficiali e la truppa,
la mensa, i magazzini, un garage. L'isolamento verso l'esterno era assicurato
praticamente dalla stessa struttura degli edifici. Al pianoterra del corpo di
fabbrica principale furono create 17 piccolissime celle, nelle quali vennero poi
stipate le vittime dei rastrellamenti e degli arresti individuali. Erwin
Lambert, uno specialista in materia, trasformò l'essiccatoio, che
originariamente serviva per la brillatura del riso, in un forno crematorio il
cui tiraggio era assicurato da un'alta ciminiera di 40 metri. Il forno, la cui
capienza era di 40/50 corpi entrò in funzione nel febbraio 1944. I compiti di
Globocnick e dei suoi uomini erano chiari: dare la caccia ai partigiani
italiani e sloveni che operavano con particolare vivacità nella zona,
individuare ed arrestare antifascisti e comunque persone contrarie
all'occupazione nazista, obbligare a rispondere alla precettazione gli operai
destinati al lavoro coatto in Germania e, naturalmente, scovare, ovunque essi
fossero, gli ebrei. L'Einsatzgruppe Reinhard, per mantenere alta la propria fama
di efficienza, ha svolto anche nel Litorale Adriatico il proprio compito con
particolare zelo, avvalendosi della volenterosa collaborazione di alcuni
fanatici fascisti locali che talvolta li superavano nell'impegno. La città
sapeva, subiva e taceva. Ma questo non accadde solo a Trieste. L'intimidazione,
la paura, se non l'acquiescenza e talvolta perfino il consenso permisero
ovunque, in tutti i paesi occupati dai nazisti, lo scatenarsi delle loro
vendette contro avversari, ebrei e popolazioni inermi. Il reparto si articolò
in tre sezioni distaccate rispettivamente a Trieste, Udine e Fiume. A
prescindere dalle rappresaglie e dai massacri eseguiti sul posto, in Friuli,
nei villaggi del Carso, dalle esecuzioni decise spesso di propria iniziativa da
semplici gregari nelle carceri di via Coroneo, dalle fucilazioni nel poligono di
Bassovizza, la banda di Globocnick ha alimentato la Risiera di San Sabba con
un numero imprecisato di vittime. La Risiera di San Sabba, questa strana
struttura concentrazionaria nazista, atipica sotto ogni aspetto, situata ai
limiti di una città popolosa, contrariamente agli altri campi di transito o
sterminio, isolati in zone inaccessibili, questo agglomerato che non è un KZ
nel senso classico della parola ma ne assolve le funzioni essenziali, dove non
si lavora (salvo il piccolo laboratorio di calzoleria e sartoria ad uso della
guarnigione) ma dove si impicca, si fucila, si soffoca con i gas di scarico
dei furgoni espressamente attrezzati, si uccide per strangolamento, con un colpo
di pistola o di mazza di ferro alla nuca, dove si cremano i cadaveri, dove la
gente entra ed esce senza lasciar traccia di sé, questa officina della violenza
dove è successo di tutto: ricatti, ruberie, delazioni, furti, torture, atti di
incredibile incoscienza e di grande coraggio, questa Risiera che di santo non
ha che il nome, rimane lì, oggi, a testimoniare una pagina oscura della storia
del nostro Paese. Fra le sue tristi mura si sono svolte tragedie disumane e
vicende incredibili. Citiamo a caso quella del cosiddetto Battaglione David, dal
nome del suo comandante: nato come formazione partigiana nelle Langhe, catturato
al completo dei suoi quadri e costretto all'arruolamento nelle forze armate
nazi-fasciste, trasferito ad Udine dove, sospettato di collusione con i
partigiani viene nuovamente disarmato e tradotto nella Risiera. Quando due suoi
componenti, per aver insultato un sottoufficiale, vengono condannati a morte, il
plotone di esecuzione, sorteggiato fra gli stessi loro compagni, viene
costretto ad eseguire la sentenza. Ma a sua volta è guardato a vista dalle SS
col mitra spianato che si accertano che la fucilazione abbia effettivamente
luogo. E ancora, una signora veneziana, arrestata assieme al marito ed ai figli
ebrei, viene riconosciuta come "ariana" e liberata. Avendo essa
reclamato imprudentemente la restituzione di una somma di denaro che le era
stata confiscata al momento dell'arresto, viene brutalmente malmenata ed
assassinata. E infine: lo scrittore Gianni Stuparich, medaglia d'oro della prima
guerra mondiale (come il fratello caduto sul Carso) personaggio osannato ed
esaltato dal patriottismo fascista, la cui madre ebrea viene arrestata e
tradotta nella Risiera, si presenta a Globocnick ed esige di essere a sua volta
incarcerato. Quando la sua decisione diviene di dominio pubblico, la città è
costernata. Fascisti e nazisti si trovano in grande imbarazzo. Stuparich e la
madre vengono rilasciati per intervento del vescovo Santin che in quella e in
altre occasioni ha coraggiosamente difeso i suoi concittadini. Questa è stata
la Risiera di San Sabba, con i suoi misteri, le sue incongruenze, circondata e
protetta dall'omertà dei fascisti, uno dei tanti tasselli nell’immenso
mosaico della storia dei KZ nazisti. Ancora oggi, sinistra necropoli in una città
di frontiera, dove la memoria storica è scomoda e il tempo stenta a sanare le
piaghe dell’offesa subita. Sui muri delle celle e dei cameroni restano i
graffiti con i nomi delle vittime, le loro invocazioni ed imprecazioni,
testimonianza inconfutabile di una vicenda agghiacciante nella quale italiani
e sloveni, partigiani e gente comune rastrellata per caso, che con
l'occupazione nazista e la guerra non aveva nulla a che fare, cattolici ed ebrei
hanno sofferto e perso la vita. Quanti erano? Di preciso non si sa né si è
potuto sapere nulla. Mettendo insieme i mille brandelli delle testimonianze,
degli indizi, delle ipotesi, si ritiene che nella Risiera siano state soppresse
circa 5.000 persone. Solo dai documenti delle ferrovie si è appreso che dalla
Risiera sono partiti 22 convogli, diretti ad Auschwitz, Buchenwald e altri
campi.
Dunque circa 25.000 persone. Quando nell’aprile 1945 i partigiani di Tito,
inquadrati nel XXXIII Corpus da un lato e gli Alleati dall'altro stavano per
investire la città, Globocnick fece distruggere gli archivi, minare e saltare
il crematorio e lasciò liberi i prigionieri. La sua banda si disperse, cercando
di camuffarsi nella clandestinità, favorita dalla confusione generale che seguì
l'immediato dopo-guerra. Poi Globocnick, presumendo quello che gli sarebbe
capitato, si è suicidato. Wirth, il suo feroce braccio destro, è stato
abbattuto dai partigiani, Franz Stangl ha avuto un infarto al termine di una
allucinante intervista con Gitta Sereny nel carcere di Düsseldorf.
Allers dopo una breve detenzione è morto nel suo letto. Solo Oberhauser è
riuscito a mimetizzarsi e farla franca, continuando a fare il birraio a Monaco.
Contro questi loschi personaggi, dopo alterne vicende, l'ANED e la Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane, sono riusciti ad avviare un procedimento
giudiziario, che, se non è servito a colpire i responsabili dei crimini
commessi nella Risiera, è servito certamente a ricostruire, almeno entro certi
limiti, una storia poco nota. La Corte d'Assise di Trieste, davanti alla quale
il processo è stato finalmente celebrato, nel 1967, ha ammesso la
costituzione di parte civile solo di 22 familiari delle vittime, oltre ai due
promotori del procedimento. Sono state così onorati i partigiani Luigi
Frausin e Vincenzo Gigante, Giovanni Battista Berghinz, Virginia Torelli e
Cecilia Deganutti, tutti insigniti di medaglia d'oro al valor militare alla
memoria e tutti quelli, uomini, donne e bambini, che per la loro convinzione
politica o fede religiosa, sono stati perseguitati e “fatti sparire dalla
faccia della terra”. Questo è stato l'ordine che Globocnick ed i suoi hanno
fedelmente eseguito, plagiati da una concezione aberrante della competizione
politica, in dispregio della dignità e dell'integrità della vita umana e dei
valori irrinunciabili della libertà e della democrazia.
Da La libertà e i suoi costi, quaderni a cura dell'ANED di Milano e della Provincia di Milano, 1991