Documenti dell'ANED di Milano 

LA RESISTENZA ANTINAZISTA TEDESCA

Chiunque abbia letto con un po’ di attenzione il libro programmatico "Mein Kampf" che Adolf Hitler scrisse durante la sua detenzione nella prigione di Landsberg, dopo il fallito putsch di Monaco, nel novembre 1923, poteva rendersi conto della sorte che il futuro Führer avrebbe riservato ai suoi avversari e agli ebrei. Purtroppo ben pochi lo hanno preso sul serio e, quando l'hanno fatto, era ormai troppo tardi.

Cominciò così

30 gennaio 1933

Il Presidente della Repubblica Maresciallo Hindenburg concedeva a Hitler l'investitura di “Reichskanzler”. Scattò immediatamente il dispositivo, meticolosamente preparato e studiato, per neutralizzare qualsiasi tentativo di opposizione.

4 febbraio 1933 

Il entrano in vigore le norme per limitare la libertà di stampa, di riunione e di associazione.           

27 febbraio 1933  

I nazisti inscenano l'incendio del Reichstag (il Parlamento) attribuendone la responsabilità ai comunisti che saranno arrestati in massa.  

28 febbraio 1933

Una legge “a difesa del popolo e dello stato” provoca, praticamente, lo scioglimento dei partiti democratici.  

5 marzo 1933

I nazisti, avendo ottenuto la maggioranza assoluta nelle elezioni, invalidano il mandato di 81 deputati comunisti.

20 marzo 1933  

Il capo della polizia, Heinrich Himmler, annuncia l'istituzione del primo campo di concentramento a Dachau dove 5.000 sindacalisti, comunisti, socialdemocratici, cattolici saranno "protetti dalle giuste rimostranze della popolazione".

26 aprile 1933

Viene istituita la polizia segreta di stato, la Gestapo.

5 maggio 1933

I sindacati democratici sono definitivamente sciolti.

10 maggio 1933  

Sulle piazze di molte città tedesche si bruciano i libri che i nazisti non considerano consoni alle loro idee.  

A questo punto, chi non intendeva adeguarsi alla situazione, subendo la tracotanza nazista, aveva due scelte: cercare nell'esilio in paesi ospitali il modo di poter creare - dall'esterno - le condizioni per rovesciare il regime nazista e ripristinare nel paese la libertà e la democrazia, oppure ritirarsi nell'ombra per salvaguardare nella clandestinità il proprio patrimonio ideologico.

Le voci dall'esilio

Man mano si aggravava l'emarginazione di chiunque non aderisse al partito nazista o alle sue organizzazioni satelliti, rendendo praticamente impossibile ogni attività professionale e problematica perfino l'incolumità personale, molti tedeschi dovettero prendere una decisione radicale e dolorosa: emigrare. Se ne andarono scrittori come Lion Feuchtwanger, Alfred Dolbin, Heinrich e Thomas Mann, Stephan e Arnold Zweig, Anna Seghers, il commediografo Bertold Brecht, il regista Max Reinhardt, il musicista Bruno Walter, lo scienziato Albert Einstein, tanto per citare solo alcuni nomi ben noti anche in Italia. Resistendo a minacce e intimidazioni, rischiando ricatti e rappresaglie a danno dei familiari e degli amici rimasti in Germania, gli uomini che avevano scelto l'esilio tentarono, prima di tutto, di illuminare e mobilitare l'opinione pubblica contro le male fatte del nazismo, in secondo luogo di incoraggiare la formazione di una coscienza critica antinazista nel loro paese d'origine. Essi tenevano conferenze, parlavano alla radio, pubblicavano libri e articoli nei quali descrivevano la drammatica realtà del Terzo Reich. Già nel 1933 si costituisce a Parigi la “Società degli scrittori tedeschi in esilio”. Nel 1934 la direzione del Partito Socialdemocratico in esilio, lancia da Praga un appello alla classe operaia di tutto il mondo incitandola al boicottaggio della Germania nazista. Nel 1935 viene fondata a Parigi la “Società Lutezio” per la costituzione di un fronte popolare antinazista. Lo stesso anno a Bruxelles, i quadri del Partito Comunista sfuggiti all'arresto elaborarono un programma analogo. Nel 1942 si forma a Città del Messico il “Movimento antinazista per una Germania libera”. Queste sono solo alcune delle iniziative più note. Sebbene i risultati fossero modesti, la Resistenza dell'emigrazione ebbe il merito di riavvicinare elementi che, in patria, si erano duramente contrastati. I messaggi che, per vie traverse, filtravano in Germania, agendo come tarli in un mobile, hanno certamente contribuito a corrodere la monolitica compattezza del consenso delle masse al nazismo. Occorre anche ricordare che, passando dalle parole ai fatti, 5.000 volontari tedeschi hanno combattuto nelle file delle Brigate Internazionali, nella guerra di Spagna, a fianco delle forze democratiche, contro Franco sostenuto da Mussolini e da Hitler.

La rivolta nel silenzio

Dichiarati fuori legge, con le sedi e i beni confiscati, i partiti che avevano tentato di impedire la scalata del potere ai nazisti, cercavano affannosamente di sopravvivere nella clandestinità. I successi iniziali dei nazisti e l'alto grado di consenso della popolazione, rendevano ancora più problematica ogni iniziativa per ristabilire la democrazia. Nacque così quella che viene definita l'emigrazione interna. La Resistenza antinazista tedesca si articolò in tre filoni principali: un filone strettamente politico, un filone religioso e uno militare.

Allo sbaraglio

Mentre, per una specie di metastasi, il cancro del nazismo corrodeva tutta la vita del paese, per reazione esso coagulava varie forme di resistenza. Si trattava, in genere, di iniziative individuali o di piccoli gruppi limitate alla stampa e alla diffusione di volantini e giornaletti clandestini, alla critica velata, alla contestazione di fatti anche marginali nei luoghi di lavoro, al sabotaggio della produzione, alla non collaborazione. Cercando di ricostruire una mappa della Resistenza antinazista tedesca, ci s'imbatte subito nel nome di Ernst Niekisch che, per anni, attraverso una sua rivista, si è strenuamente opposto al nazismo. Arrestato una prima volta alla fine del 1934, poi rilasciato, poi ancora imprigionato nel 1937 fu condannato all'ergastolo per alto tradimento. Gli alleati lo salvarono miracolosamente, nel 1945, quando si trovava ancora nella prigione di Brandenburgo. Anima della "Organizzazione leninista" è stato Walter Lowenheim che giocò la famosa beffa alla Gestapo, pubblicando una serie di libelli ferocemente critici verso il nazismo, sulla cui copertina figuravano titoli anonimi come "Schopenhauer e la religione". Nel 1935 Lowenheim e alcuni suoi amici arrestati e processati per attività illegale, furono condannati a lunghi anni di prigione. A Mannheim Georg Leichleiter pubblicava una rivista alla quale collaboravano uomini di diversa estrazione politica. Leichleiter venne arrestato e impiccato nel 1942. Nello stesso anno la Gestapo arrestò Harro Schulze-Boysen, sua moglie e i componenti di quella che è nota come la "Orchestra rossa" un gruppo eterogeneo di ufficiali, alti funzionari, aristocratici, intellettuali di sinistra infiltrati in posizioni chiave, dediti allo spionaggio in favore dell'Unione Sovietica. Finirono tutti sul patibolo. I fratelli Hans e Sophie Scholl, del movimento della "Rosa bianca" che operavano nell'Università di Monaco, furono presi e ghigliottinati nel 1943. Hans Leipert prese il loro posto e continuò l'attività clandestina finché non fu a sua volta preso e giustiziato nel 1945. Del gruppo capeggiato da Herbert Baum (arrestato e impiccato nel 1942) facevano parte soprattutto ebrei, uomini e donne, precettati al lavoro coatto nelle industrie dell'armamento della zona di Berlino. Furono tutti deportati quando le SS scoprirono i loro sabotaggi. "Pirati della stella alpina" si chiamavano i giovani di Dusseldorf distinti si in agguati a gerarchi nazisti e nell'aiuto prestato a lavoratori coatti e prigionieri di guerra russi che essi riuscivano a nascondere nella clandestinità. Da Colonia come dirigente del Comitato nazionale "per una Germania libera" Willi Tollmann riuscì a creare una delle più vaste strutture della Resistenza tedesca che cadde nella rete della Gestapo nel 1944. Tollmann fu torturato a morte nel KZ Brauweiler. Cattolici e protestanti, socialdemocratici e sindacalisti comunisti, liberali e conservatori si riunivano per discutere il futuro assetto della Germania nella tenuta del conte Helmut James von Moltke a Kreisau in Westfalia. Molti membri di quello che è noto come "circolo di Kreisau" furono coinvolti nell'attentato contro Hitler del 20 luglio 1944 e, come lo stesso von Moltke, ne subirono le terribili conseguenze. Il "Fronte popolare antinazista" è stato creato a Monaco da Hans Hutzelmann e da sua moglie, in stretta collaborazione con l'organizzazione clandestina di assistenza ai prigionieri di guerra sovietici. Scoperti, forse per una delazione, furono fucilati entrambi nel 1945, poco prima della fine della guerra. Può considerarsi emblematica la vicenda di quei due modesti proletari berlinesi che, dopo la morte del loro unico figlio sul fronte russo, si misero a distribuire bigliettini di protesta contro la guerra e il regime, infilandoli nella cassetta della posta. Scoperti, affrontarono coraggiosamente la ghigliottina. La vicenda è narrata magistralmente da Hans Fallada nel libro intitolato "Ognuno muore solo". Col passar del tempo, mentre la mano del regime diventava sempre più pesante, alcuni si resero conto che le sole parole non avrebbero mai modificato l'organizzazione politica della Germania. Occorreva togliere di mezzo Adolf Hitler. Diversi attentati furono progettati, ma nessuno andò a buon fine, perché l'imperizia e la sfortuna giocarono contro ogni tentativo. E la Gestapo riuscì a sventarli tutti. Solo Georg Elser, l’8 novembre 1939, riuscì a piazzare una bomba nella Birreria di Monaco dove, come tutti gli anni, Hitler avrebbe celebrato l'anniversario della fondazione del partito nazista. La bomba scoppiò pochi minuti dopo che il Führer, modificando il suo programma, aveva lasciato la sala. Vi furono otto morti e molti feriti. Elser fermato per puro caso mentre tentava di riparare in Svizzera, venne poi deportato a Dachau, dove fu assassinato facendo intendere che era stato vittima di un bombardamento aereo. Questi sono solo alcuni episodi dei quali sono stati protagonisti uomini e donne d'ogni estrazione sociale, di diversa cultura e convinzione politica, che non si sono adeguati perché hanno capito dove il nazismo avrebbe condotto il loro paese: alla guerra e al disastro.

Gott mit uns

In tutti i suoi discorsi Hitler chiamava sempre in causa Dio. E che quel Dio (quale Dio?) stesse dalla parte dei nazisti, stava sempre impresso sui cinturoni di chiunque vestisse una qualsiasi divisa. In una delle sue conversazioni confidenziali, registrate da Rauschning, Hitler affermò che "o si è cristiani o si è tedeschi". Dunque il nazismo doveva essere la fede sostitutiva di quella religiosa. Tuttavia, già nel luglio 1933 egli firmò un concordato con la Chiesa cattolica alla quale lasciava piena autonomia nell'esercizio del culto, in cambio della sua rinuncia a sostenere il partito cattolico "Zentrum" avverso al nazismo. Ma quando, insorgendo contro la soppressione dei minorati fisici e mentali nel programma "Eutanasia" il vescovo di Münster, conte di Clemens von Galen, osò richiamarsi ai valori morali della Chiesa, egli fu deportato a Dachau dove è morto. Eguale sorte toccò a molti sacerdoti che si erano espressi contro la brutalità della persecuzione degli ebrei e degli avversari politici. Quando la situazione divenne incandescente il Papa Pio XI intervenne con la famosa enciclica "Mit brennender Sorge" (Con cocente preoccupazione) con la quale dissociava la Chiesa cattolica dalla politica nazista e ne condannava l'attività antireligiosa. Peraltro la Chiesa cattolica condivideva l'atteggiamento anticomunista del nazismo e riuscì a non entrare mai in conflitto con lo Stato e le istituzioni gestite dal partito. Diversa fu la vicenda nella quale si trovò implicata la Chiesa protestante. Esisteva in Germania, anche prima dell'avvento del nazismo, un movimento religioso dei "Deutsche Christen" (i cristiani tedeschi) razzista, antisemita, nazionalista e, quindi, vicino ai nazisti, che tentava di imporsi come elemento dominante del protestantesimo. Nel 1933 - dopo la conclusione del concordato col Vaticano - i “Cristiani tedeschi” pretesero che uno dei loro venisse elevato alla dignità di Vescovo del Reich. Nel sinodo protestante di Barnam, nel maggio 1934, il pastore Martin Niemüller, fondatore della “Lega di emergenza dei pastori” proclamò la costituzione di un movimento dissidente che assunse la denominazione di "Chiesa confessante". Il protestantesimo si spaccò in due, le adesioni al nuovo movimento furono numerose ed immediate. Ma fu dura anche la risposta dei nazisti. Niemüller e 700 pastori protestanti, aderenti al movimento, furono arrestati per oltraggio all’ideologia nazista e deportati nei campi di concentramento. Ben pochi sopravvissero alla deportazione. Tuttavia, in quegli anni, i nazisti moderarono i loro interventi negli affari ecclesiastici, limitandosi a chiedere a sacerdoti e pastori lealtà allo stato, anche se questa entrava ogni tanto in rotta di collisione con l'etica del loro ministero. La coscienza di molti fedeli fu messa a dura prova dalle pretese dei nazisti di interferire anche nella sfera privata dei cittadini. Il dissenso si manifestava soprattutto nell'educazione dei figli che i nazisti cercavano di sottrarre all'autorità dei genitori, allontanandoli dalle famiglie, per farne dei militanti e dei militari perché essi già allora avevano in mente la guerra.

Gli ebrei

A questo punto sorge la domanda: e gli ebrei? No, gli ebrei, colpiti dalle vergognose leggi di Norimberga e da 200 editti che preludevano alla "soluzione finale" programmata dalla Conferenza di Wannsee, non sono stati in grado di opporre alcuna resistenza. 280.000 emigrarono (su una popolazione ebraica di 525.000 persone). Gli altri affrontarono rassegnati ed inermi la persecuzione. Solo nel ghetto di Varsavia, poi a Sobibor, a Treblinka, ad Auschwitz alcuni di essi, vendicarono con le armi in pugno lo sterminio delle loro famiglie.

L'ora dei generali

     Evidentemente solo le forze armate e in modo particolare l'esercito potevano dire una parola decisiva. Sennonché il 2 agosto 1934, dopo la morte del Presidente Hindenburg, nell'assumere la carica di Führer e Cancelliere del Reich, Hitler si era cautelato impegnando l'appoggio e la fedeltà delle forze armate, col seguente giuramento: "Giuro dinnanzi a Dio che presterò obbedienza incondizionata al Führer del popolo e del Reich tedesco, Adolf Hitler, capo supremo delle forze armate e voglio essere pronto in ogni momento a rischiare la mia vita per mantenere il mio giuramento". Dopo di che Hitler concesse alle forze armate tutto quello che esse reclamavano: l'infrazione del trattato di Versailles, il riarmo, la circoscrizione obbligatoria, la promessa della rivincita dalla disfatta del 1918. L'esercito ha ricevuto armi e mezzi illimitati, Goering ha creato dal nulla un’aviazione modernissima, la marina vantava corazzate e sommergibili, il meglio della tecnica cantieristica. La carriera militare offriva, oltre al prestigio sociale, sostanziosi benefici. L'aristocrazia, ignorata dal partito, si ritrovò compatta nei quadri degli ufficiali. Quando, il 5 novembre 1937, riunendo nella Cancelleria di Berlino, gli alti comandi delle tre armi, con un discorso di quattro ore Hitler espose il suo programma di guerra, indicando lo come prioritario, fu chiaro a tutti quale ruolo le forze armate avrebbero svolto nel futuro della Germania. L'innato senso del dovere, il culto della tradizione, una falsa concezione dell'onore, il vincolo del giuramento frenarono grandemente l'ambiente militare nella presa di coscienza della necessità di togliere a Hitler e ai suoi uomini le leve del comando. Dopo che Hitler aveva annesso l'Austria, il 12 marzo 1938, in un tripudio di popolo e senza che nessuno osasse muovere un dito, fu chiaro a tutti che il prossimo obiettivo sarebbe stato la Cecoslovacchia. Basandosi sulle informazioni riservatissime delle quali disponeva, il Capo di Stato Maggiore dell'Esercito, generale Ludwig Beck, maturò la convinzione che la politica aggressiva di Hitler avrebbe avuto conse­guenze disastrose. La Germania era circondata da nazioni nemiche, che sarebbero accorse in aiuto della Cecoslovacchia, dipendeva dall'estero per gran parte delle materie prime strategiche, aveva scorte insufficienti di generi alimentari e di carburante. L'alto grado di addestramento delle forze armate poteva servire per una guerra lampo, ma non sarebbe stato sufficiente nel caso di un conflitto di lunga durata. Sondando cautamente le opinioni dei comandanti delle grandi unità e trovando consenso, Beck si rese conto che nulla si potesse intraprendere senza il Comandante in capo dell'Esercito, maresciallo Walter von Brauchitsch. Quando gli fu chiaro che il maresciallo, pur riconoscendo la validità delle sue preoccupazioni, tergiversava e non avrebbe mai preso alcuna iniziativa, Beck dette le dimissioni. Gli succedette il generale Franz Holder, avversario deciso del nazismo, che dedicò tutta la sua capacità ed energia per perfezionare il piano cospirativo già abbozzato. L'alternativa era nel persuadere Hitler a desistere del suo proposito o rovesciare il regime nazista con un colpo di stato. L'operazione doveva scattare prima che venisse ordinato l'attacco alla Cecoslovacchia, che avrebbe automaticamente provocato l'intervento della Francia e dell'Inghilterra, cioè la guerra. Von Brauchitsch, questa volta, sembrava deciso ad agire ma sprecò l'occasione perché, con la mediazione di Mussolini, Chamberlain e Daladier dettero mano libera a Hitler, nel famigerato accordo di Monaco del 29 settembre 1938. Il colpo di stato non fu più possibile. E Hitler continuò per la sua strada. Il 23 agosto sbalordì il mondo concludendo un patto di non aggressione con Stalin. Il 1 settembre 1939 attaccò la Polonia, provocando la seconda guerra mondiale. Lo scoppio del conflitto, con la mobilitazione generale e gli spostamenti delle truppe, portò scompiglio nelle file della Resistenza antina­zista. Molti contatti s’interruppero, ma altri si stabilirono. Benché l'euforia dei primi successi giocasse in favore del regime, il gen. Holder riprese a tessere la trama del complotto, al quale aderirono anche personalità politiche di spicco. Quando Hitler dette all' Alto Comando l'ordine di preparare l'attacco alla Francia, violando la neutralità del Belgio, dell'Olanda e del Lussemburgo, gli ufficiali aderenti al complotto si resero conto che occorreva a tutti i costi toglierlo di mezzo. Brauchitsch e Holder erano pronti a un’azione ma ad un certo punto qualche cosa s’inceppò. Holder temendo d'essere scoperto annullò gli ordini già impartiti. A questo punto Brauchitsch, Holder e gli altri congiurati si dedicarono ai loro impegni militari, cercando di ignorare i crimini che venivano perpetrati praticamente sotto i loro occhi. Il 6 giugno 1942 in vista dell'attacco all'Unione Sovietica il Comando Supremo emanò un'ordinanza secondo la quale i commissari politici dei reparti sovietici appena catturati, dovevano essere immediatamente fucilati. L'ordine suscitò indignazione specie fra gli alti gradi dell' Armata del Centro, quella che avrebbe dovuto puntare su Mosca. Il Capo di Stato maggiore dell' Armata, gen. Hanning von Tresckov, rifiutandosi di trasformarsi da combattente in assassino, insabbiò l'ordine e quando fu il momento mandò a Berlino rapporti contraffatti. Fu quella la scintilla che riattizzò i motivi della Resistenza. L'offensiva contro l'Unione Sovietica fu scatenata il 22 giugno 1941 ma dopo due anni di folgoranti successi la situazione si capovolge. Il 2 febbraio 1943 a Stalingrado 250.000 uomini della 6° Armata si arresero al nemico. Fu l'inizio della fine. La necessità di eliminare Hitler sul quale ricadeva tutta la responsabilità della situazione, non più arrestandolo, ma uccidendolo, divenne chiara ed impellente. La congiura degli ufficiali trovò nel colonnello Claus von Stauffenberg, grande mutilato, pluridecorato, discendente da un’orgogliosa famiglia aristocratica, l'uomo giusto. Nella sua posizione di Capo di Stato maggiore delle forze armate di stanza nel territorio del Reich, con inaudita audacia e tenacia, egli riuscì a creare un’ampia organizzazione clandestina, composta soprattutto da ufficiali al comando di unità dislocate nei punti strategici, elaborando un piano insurrezionale (il “piano Walkiria”) che avrebbe permesso di inferire un colpo mortale al regime nazista, affidando ad un governo provvisorio il compito di negoziare la pace. Egli poteva contare su uomini come il Capo dei servizi segreti, ammiraglio Canaris, il notissimo Borgomastro di Lipsia Cari Goerdler, l'ex ambasciatore a Roma Ulrich von Hassel, gli ex ministri Schacht e Noske, i marescialli Rommel, Kluge e Von Witzleben, tanto per citare alcuni nomi. Il 20 luglio 1944 Stauffenberg collocò personalmente una bomba sotto il tavolo intorno al quale Hitler era riunito con i suoi più stretti collaboratori. La bomba, scoppiando, danneggiò il locale, ma Hitler se la cavò con poche escoriazioni. Quando Hitler si rese conto della vastità della cospirazione ordinò una spietata repressione. Ufficiali e civili che rispondendo solo alla voce della propria coscienza avevano tentato di salvare il salvabile furono barbaramente giustiziati. La Resistenza, decapitata, non si riprese più. Nove mesi dopo gli Alleati ammainavano la bandiera con la svastica su una Germania ridotta ad un cumulo di macerie.

Il prezzo della libertà

La Resistenza antinazista tedesca è stata sostanzialmente diversa da quella dei paesi occupati. Essa non fu mai un movimento di massa ma coinvolse tuttavia migliaia di uomini e di donne che hanno pagato con l'arresto, la tortura, la deportazione e la vita il proprio coraggio. Perfino le loro famiglie e i loro amici subirono le conseguenze del loro operato. Braccata da una polizia potentissima ed onnipotente, esposta alla delazione, privata dei suoi uomini migliori (basti pensare al pubblicista Karl von Ossiestyzky, al quale fu conferito premio Nobel per la pace mentre si trovava nel KZ Esterwegen, dove morì oppure a Ernst Thälmann, il prestigioso segretario del Partito Comunista, assassinato nel KZ Buchenwald) la Resistenza antinazista tedesca ha scritto pagine di una storia drammatica. Mettendo insieme i tasselli della documentazione che gli storici sono riusciti a reperire dopo la fine della guerra, si è accertato che 1.600.000 tedeschi dunque il 3% della popolazione, sono stati schedati dalla Gestapo. Dato che i nazisti hanno distrutto tutti gli archivi, quando la resa incondizionata reclamata dagli alleati era diventata ineluttabile, le informazioni sulla repressione dell'opposizione antinazista, sono spesso incomplete e contraddittorie. Bisognerebbe spulciare le migliaia di sentenze pronunciate dai cosiddetti Tribunali del Popolo per misurare la reale consistenza e dimensione della Resistenza antinazista tedesca. Quanti uomini, quante donne sono stati impiccati e ghigliottinati o condannati ad anni di carcere? Quanti sono finiti nei campi di concentramento e sono stati stroncati dalle fatiche, dalle punizioni, dalle insostenibili condizioni di vita? Quanti sono spariti senza lasciar traccia di sé? Quanti si sono suicidati per non parlare sotto tortura? E, dopo l'attentato del 20 luglio 1944, quando circa 200 ufficiali e civili direttamente coinvolti nel complotto sono stati selvaggiamente uccisi, come mai le vittime accertate sono state 4.680? Si possono dimenticare i 16.000 militari d'ogni arma e grado che con la motivazione dell’offesa alla bandiera sono stati fucilati per essersi rifiutati di eseguire ordini che essi ritenevano ingiusti? E quanti, ufficiali, graduati e semplici militari hanno deciso di disertare, preferendo la prigionia nelle mani del nemico o l'internamento in paesi neutrali piuttosto che continuare a combattere per una causa che essi non condividevano? Bisogna anche ricordare coloro - e non furono pochi - che, disertando, si unirono alle formazioni partigiane comportandosi valorosamente. Sono questi aspetti della storia del nazismo, spesso ignoti, che hanno il loro peso nella valutazione di uno dei periodi più oscuri del nostro tempo. Solo la loro conoscenza ci autorizza ad esprimere giudizi che non siano di parte.

Da La libertà e i suoi costi, quaderni a cura dell'ANED di Milano e della Provincia di Milano, 1991

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