Documenti dell'ANED di Milano

GLI EBREI NELLA SPIRALE DELLA PERSECUZIONE NAZI-FASCISTA

L'antisemitismo, cioè quel complesso di pregiudizi che porta al rifiuto della pacifica convivenza con gli ebrei che, dopo la distruzione del Tempio in Gerusalemme ad opera dei romani s’erano dispersi nel mondo, affonda le sue radici in tempi remoti. Spesso fomentate da estremismi religiosi, le reazioni emotive delle popolazioni che si trovavano a misurarsi con una presenza ebraica nascevano dalle solite accuse del deicidio, dei delitti rituali, dell’attaccamento a tradizioni millenarie, all'esercizio dell'usura, senza parlare del mito del cosiddetto ebreo errante. E quando e dove questa presenza sembrava ingombrante, gli ebrei venivano rinchiusi nei ghetti oppure espulsi dal paese, salvo costringerli ad abiurare la loro fede religiosa con i metodi che tutti conosciamo. Con l'illuminismo e la formazione delle entità nazionali la situazio­ne andò lentamente sbloccandosi, ma ebbe alti e bassi e registrò talvolta esplosioni di violenza nei famigerati “pogrom” dell'Europa orientale. Nel secolo scorso l'antisemitismo assunse nuove forme con motivazioni politiche e sociali, per esempio in Francia all'epoca dell'affare Dreyfus. In Germania si sviluppò tutta una letteratura che ebbe i suoi epigoni in A. Stoecker, un famoso predicatore di corte e fondatore di un partito antisemita, nel saggista J .A. Gobineau e in quel H.S. Chamberlain, imparentato con Riccardo Wagner a sua volta antisemita emerito, che fu fra i primi a proclamare la purezza del popolo germanico a fronte della “razza inferiore” ebraica. A rincarar la dose ebbe grande diffusione in tutta l'Europa quell’immondo libello, un falso manipolato dalla polizia dello Zar, intitolato “I protocolli dei saggi di Sion”  Dati questi precedenti è facile comprendere che, quando la Germania, avendo perso la guerra nel 1918, precipitò in una profonda crisi istituzionale, sociale ed economica, quegli stessi ambienti che erano i responsabili del disastro, ne addossassero la colpa ad una ipotetica congiura dell'ebraismo internazionale in combutta con il disfattismo bolscevico. Entrambi avrebbero "pugnalato nella schiena" il paese. Su questo terreno maturò e conquistò voti il movimento nazionalsocialista. Quando Adolfo Hitler, nel carcere al quale era stato condannato dopo il fallito “putsch” di Norimberga, si accinse a scrivere il suo libro programmatico “Mein Kampf” (la mia battaglia), il disprezzo e l'esplicito incitamento ad estromettere gli ebrei dalla Germania divenne il suo argomento forte. Come mai egli abbia maturato questa convinzione, non è ben chiaro. Ma è chiaro che fu un’abile intuizione che costituì certamente una componente non marginale di quel consenso che lo portò poi al potere. Quando Hitler scoprì che alcuni esponenti dei movimenti rivoluzionari di sinistra erano ebrei, l'accoppiata ebreo uguale bolscevico fu automatica. Per gli uni e per gli altri, secondo lui, non c'era posto né in Germania né in Europa. Dunque, la loro sorte, per quanto lo riguardava, era segnata. E fu di parola. Una propaganda mistificatrice, martellante e forsennata, scatenata con mezzi nuovi ed insoliti da quel mago dell’esorcizzazione politica che è stato il dottor Goebbels, gli fece da cassa di risonanza. L'antisemitismo e l'anticomunismo furono, sin dall’inizio, i due pilastri della dottrina politica nazista. Altri ingredienti furono via via usati nel corso della scalata al potere. In Germania, al momento dell'avvento dei nazisti al governo del paese, su 65 milioni di abitanti, gli ebrei erano circa 525.000. Dunque meno dell'uno per cento della popolazione. Una minoranza nella quale emergevano, sì, alcuni personaggi di primo piano della vita artistica, accademica e culturale, nelle libere professioni, nella finanza, nel com­mercio, ma anche piccola e media borghesia, operai ed artigiani. La loro emarginazione era quindi vista con favore da quei tedeschi che speravano di ricavarne qualche beneficio. Per essi, che l’antisemitismo praticavano da tempo o al quale s'erano appena convertiti, sembrava giusto scaricare sugli ebrei le colpe di tutti i guai che affliggevano il paese. Il 30 gennaio 1933, grazie alla sua politica aggressiva e spregiudicata, approfittando dell’inerzia e l'inedia dei partiti democratici, che pur erano in maggioranza, distruggendo con la prevaricazione e il terrorismo la democrazia parlamentare, ricattando il presidente, feldmaresciallo von Hindenburg oramai completamente rintronato, Hitler divenne Cancelliere del Reich. Sotto il passo cadenzato delle squadre d'assalto in camicia bruna per le loro vittime predestinate la terra cominciò a tremare. Il 27 febbraio 1933 i nazisti inscenano l'incendio del Reichstag (il Parlamento). La polizia incastra un giovane olandese semideficiente e da lui risale ad alcuni dirigenti comunisti, procedendo ai primi indiscriminati arresti di massa. Il 20 marzo 1933, dunque 50 giorni dopo la presa del potere, si apre il primo campo di concentramento “ufficiale” a Dachau, vicino a Monaco, con 5.000 prigionieri d'ogni genere. Il 1 aprile 1933 viene organizzato il grande boicottaggio su scala nazionale delle proprietà ebraiche. Uomini delle S.A. - le formazioni paramilitari del partito - si piazzano davanti ai negozi, agli studi degli avvocati, dei medici, dei dentisti ebrei, impedendo l’accesso del pubblico e fotografando coloro che insistono per entrare. Il 10 maggio 1933 sulle piazze delle grandi città vengono bruciati i libri di autori ebrei o comunque non simpatizzanti del nazismo. Ad onta della solidarietà di pochi che, a loro volta, rischiano di trovarsi nei guai, la vita degli ebrei sotto il nazismo, diventa sempre più precaria. Il 15 settembre 1935, vengono promulgate le cosiddette “Leggi di Norimberga” con le quali gli ebrei sono privati della cittadinanza tedesca e la difesa della purezza del buon sangue tedesco si preoccupa di impedire loro perfino rapporti sessuali con coloro nelle cui vene esso scorre, minacciando nientemeno che la pena capitale. Segue uno stillicidio di ben 200 disposizioni e leggi d’ogni genere che emarginano gli ebrei progressivamente dalla vita del paese. È un crescendo di vessazioni odiose e talvolta ridicole. In breve gli ebrei non possono più appartenere alle forze armate, coprire impieghi in enti pubblici, frequentare scuole ed università, esercitare libere professioni, andare a teatro, al cinema, ai concerti, soggiornare in stazioni climatiche, sedersi su determinate panchine nei giardini pubblici, ai ragazzi è vietato accedere ai parchi giochi, tutti debbono aggiungere ai proprio nome quello di Sara o Isacco, nessuno osi fregiarsi di decorazioni seppur conseguite nell'adempimento del proprio dovere. Finalmente viene imposto l'uso di una stella gialla, da applicare su cappotti e vestiti all’altezza del cuore; ne sono esenti solo bambini sotto gli 8 anni.Tutto questo per rendere loro la vita impossibile, per indurli ad andarsene, ad emigrare. Le fabbriche, le aziende commerciali, le proprietà immobiliari vengono semplicemente confiscate ed “arianizzate” contro risarcimenti simbolici privando i proprietari dei mezzi di sostentamento. È una trappola infame. Tuttavia, dal 1933 al 1943, cioè nei dieci anni nei quali questo era ancora possibile circa 280.000 ebrei hanno potuto lasciare la Germania con un modesto bagaglio e pochi spiccioli ad onta delle “quote di immigrazione” che impedivano l'accesso a molti paesi, restii a concedere permessi di soggiorno e di lavoro. Fu un lento, brutale strangolamento morale ed economico. Il 12 marzo 1938 Hitler si annette l'Austria e il 29 settembre è la volta della Cecoslovacchia. Adesso anche gli ebrei di questi due paesi, sono colpiti dalle stesse angherie. Il 7 novembre 1938 a Parigi, un giovane polacco, Hersel Grünspan, esasperato e disperato perché la sua famiglia è stata espulsa dalla Germania, spara cinque colpi di pistola contro il consigliere d'ambasciata Erich von Rath, uccidendolo. È l'occasione che i nazisti non si lasciano sfuggire. Nella notte dal 9 al 10 novembre, in tutto il Reich si scatena una “spontanea” spietata caccia all'ebreo, manovrata, dietro le quinte, dal partito. Centinaia di sinagoghe, di negozi, di abitazioni sono incendiate e saccheggiate, migliaia di uomini, donne e bambini d'ogni età vengono malmenati, bastonati a sangue, 72 sono uccisi, i suicidi, veri o artefatti, non si contano. 20.000 ebrei “scelti fra i più abbienti”, sono arrestati e avviati ai campi di concentramento. Per giunta il maresciallo Göring, nella sua veste di responsabile del piano economico quinquennale, pur rammaricandosi per la perdita dei beni, commina un’enorme multa alla Comunità ebraica a risarcimento dei danni che essa stessa ha subito. Il 1° settembre 1939 le armate di Hitler attaccano e invadono la Polonia. Poi è la volta della Francia, del Belgio, del Lussemburgo, dell'Olanda, della Danimarca e della Norvegia. Il 22 giugno 1941 tocca all’URSS. In tutti i paesi occupati la Gestapo, l’SD - il Servizio di sicurezza – le SS rastrellano e deportano nei campi di concentramento antifascisti ed ebreI. Ma sul fronte dell'Est reparti specializzatI delle SS le “Einsatztruppen”, hanno il compito di garantire la sicurezza nelle retrovie. In effetti migliaia di inermi cittadini, uomini, donne, bambini, in gran maggioranza ebrei, vengono massacrati sul bordo delle fosse comuni che essi stessi hanno dovuto scavare. Solo a Babi Yar, vicino a Kiev, le vittime saranno 35.000, tutti ebrei. È  una carneficina di proporzioni inimmaginabili. Il 20 gennaio 1942 a Wannsee vicino a Berlino, per ordine di Göring, quattordici alti gerarchi nazisti studiano, pianificano ed organizzano la “soluzione finale del problema ebraico” cioè lo sterminio di tutti gli ebrei d'Europa. Anche di quelli, per esempio gli inglesi, la cui cattura, allo stato delle cose, è quanto mai problematica. Oramai l'Europa pullula di campi di concentramento. Ne vengono creati altri, espressamente destinati alla attuazione del programma di sterminio: Auschwitz, Treblinka, Sobibor, Chelmo, Belzec. Così, oltre ai massacri perpetrati dalle “Einsatztruppen” a quelli conseguenti alla rivolta nel ghetto di Varsavia, pur nelle alterne vicende di una guerra che oramai lascia presagire una conclusione disastrosa, la spirale della persecuzione continuerà ad avvolgere gli ebrei, fino al tragico traguardo dei 6 milioni di caduti. Ci si chiede talvolta: ma perché gli ebrei si sono lasciati catturare e mandare allo sbaraglio, senza opporre resistenza? Occorre qui fare due precisazioni: chi avrebbe avuto il coraggio di reagire, al momento dell'arresto che, nella maggioranza dei casi, coin­volgeva intere famiglie esponendo i propri cari ad una certa rappresaglia? In quali condizioni sarebbe stato possibile ribellarsi, una volta aggregati ad un gruppo più numeroso con la stessa prospettiva di una feroce ritorsione? Basta osservare le immagini dei rastrellamenti che ci sono pervenute, per sincerarsi dell’enorme disparità di forze fra i prigionieri e la scorta armata. Eppure - e questa è la seconda considerazione - quando l'occasione si presentò gli ebrei seppero ribellarsi, riscattando, con le armi in pugno, nel ghetto di Varsavia, a Treblinka, ad Auschwitz, a Sobibor, il prezzo della propria vita. Dunque essi si sono battuti. E come! Oramai non avevano più nulla da perdere e con quello che ancora avevano hanno scelto essi stessi il modo e il momento per morire. Al progetto di Wannsee sono stati chiamati a contribuire e collaborare i vari dittatori e capipolo fascisti dei governi fantoccio che imperversavano nell'Europa dominata dai nazisti. Occorre dire che non tutti si comportarono allo stesso modo. Antonescu, in Romania, decise di gestire in proprio la sorte dei suoi ebrei ed infatti li gratificò di un “pogrom” spaventoso eseguito dalle sue Guardie di Ferro. Re Boris di Bulgaria nicchiò proteggendo i suoi concittadini ebrei al punto d'essere a sua volta assassinato dai nazisti mentre sua moglie, la principessa Mafalda di Savoia, è finita a Buchenwald dove è morta a seguito di un bombardamento. L'ammiraglio Horthy, reggente d'Ungheria, lasciò deportare 300.000 ebrei solo quando non poté farne a meno e fu anche lui sospettato di tradimento ed internato, mentre il movimento ultra-fascista delle "Frecce" massacrava sul posto quelli che si erano sottratti alla deportazione. Gli ustascia di Ante Pavelic in Croazia, i fascisti olandesi di Mussert ed i belgi di Degrelle dettero man forte, con delazioni e corruzioni, alla caccia agli ebrei nei rispettivi paesi. Nella Slovacchia monsignor Tiso dimostrò altrettanta ferocia, come Pierre LavaI che nella Francia di Vichy sorprese gli stessi nazisti per il suo zelo nel mandare nelle camere a gas perfino i bambini degli ebrei apolidi rifugiatisi nel suo paese. L'Italia merita un discorso a parte. Dopo le alterne vicende del passato remoto e prossimo nell’Italia moderna - lo si può tranquillamente affermare - l'antisemitismo collettivo, salvo sporadici casi di imbecillità individuale, non esisteva. Gli ebrei italiani vivevano tranquillamente integrati nella società civile, nel pieno rispetto delle rispettive convinzioni. Un ebreo era stato capo del governo, un altro aiutante di campo del re. Occorre dire che, diversamente dalla Germania, dove una campagna d'odio contro gli ebrei servì ai nazisti per far lievitare il consenso popolare, il fascismo italiano non se l’era mai presa con gli ebrei, che finirono per accettarlo. Mussolini, che ad un certo punto aprì le università italiane ai giovani che ne erano esclusi nei loro paesi a causa “numerus clausus” in uno dei suoi discorsi stigmatizzò con ironia la barbarie teutonica per la sua fobia antiebraica. Quando il fascismo cominciò a smantellare progressivamente la democrazia parlamentare anche alcuni ebrei, eminenti personalità dell’opposizione, pagarono con la prigione e il confino di polizia il loro dissenso o furono costretti ad emigrare come altri che, dall'estero, cecavano di svolgere un'azione di protesta e di contestazione del regime. La loro origine ebraica venne menzionata solo marginalmente e senza attribuire troppa importanza al fatto. Poi, nel 1938, Mussolini cambiò idea e si decise anche lui a scatenare una campagna denigratoria e la persecuzione dei “perfidi giudei”. Perché l’ha fatto? Di sua spontanea iniziativa? Per adeguarsi alla politica del suo amico ed alleato Adolf Rider o su richiesta dello stesso che non poteva ammettere che il fascismo italiano avesse, oltre alla comune avversione verso il comunismo, un diverso atteggiamento verso gli ebrei? Fatto sta che una campagna propagandistica venne orchestrata con crescente intensità dal Ministero della Cultura popolare e dal partito attraverso la radio e la stampa. Nell'ottobre 1938 il Gran Consiglio del Fascismo decretò l'espulsione degli ebrei dal P.N.F. e la loro esclusione dalle forze armate, dalle carriere statali, dalle università, dalle scuole, da molte professioni e dalla direzione e dal possesso di grandi aziende. Fu un’iniziativa impopolare che offuscò l’immagine del regime, dopo l’ubriacatura degli entusiasmi per la conquista dell'impero. Nello stesso partito, negli organi di polizia che avrebbero dovuto applicare i provvedimenti, se non li osteggiarono apertamente, certo non si prodigarono nell'applicazione delle disposizioni vessatorie. Gli ebrei stranieri furono inviati al confino di polizia in sperduti paesi dell’Italia Meridionale. Un campo di internamento venne creato a Ferramonti di Tarzia, vicino a Cosenza, più o meno autogestito dagli stessi internati, con la tollerante supervisione dei carabinieri. Poche furono le conversioni per porsi al riparo della protezione della Chiesa cattolica, molti i modi per eludere almeno certe conseguenze dei provvedimenti. Infinite le manifestazioni di solidarietà e simpatia verso gli ebrei improvvisamente messi al bando dalla collettività. Fu una campagna assurda in un periodo nel quale l'Italia fascista stava per essere coinvolta nella guerra e doveva fronteggiare difficoltà che ben presto misero in rilievo le gravi deficienze dell'organizzazione e della capacità di gestione degli avvenimenti da parte del regime. Mussolini fu defenestrato il 25 luglio 1943 ma - succedendogli - il governo Badoglio non annullò le leggi antiebraiche. Poi con l'armistizio venne l'occupazione nazista del paese e anche per gli ebrei, ancora rimasti in Italia, si annunciarono tempi grami. Quando gli eventi precipitarono, nel settembre 1943, molti giovani ebrei aderirono alla Resistenza. Sette medaglie d'oro al valor militare alla memoria dicono quale è stato il loro generoso impegno. Appena costituita la Repubblica Sociale Italiana i nazisti, che la controllavano a tutti i livelli, si dettero da fare nella caccia agli ebrei. Funzionari ed unità di polizia specializzate, con la collaborazione dei fascisti nostrani, applicarono nei territori ad essi soggetti le tecniche di ricerca e cattura degli ebrei, già sperimentate in quattro anni di guerra nei vari paesi dell'Europa. La prima operazione clamorosa ed obbrobriosa fu la grande razzia degli ebrei nel ghetto di Roma, dopo l'infame ricatto ed imbroglio orchestrato da Kappler il 16 ottobre 1943. Poi l'azione di ricerca e deportazione degli ebrei si estese a macchia d'olio. Intanto campi di transito furono istituiti a Fossoli, Bolzano, Borgo San Dalmazzo e Trieste dove la Risiera di San Sabba funzionò come un vero e proprio campo di concentramento anche se, in un certo senso, atipico. La popolazione ebraica italiana ammontava allora a circa 45.000 persone, in maggioranza sparse nella parte centro-settentrionale del paese. Gli ebrei italiani deportati furono, stando alle cifre di Liliana Fargion, 8.565, i superstiti 1009. In questi sono compresi coloro che furono trucidati in Italia (Mejna, S.Sabba, Fosse Ardeatine). Per quanto sia repellente quantificare in cifre ed elaborare in statistiche questa tragica vicenda, quando dietro ogni numero sta una vita umana, si può tuttavia dire che le perdite della comunità ebraica italiana furono relativamente modeste, rispetto a quelle di altri paesi, vuoi perché gli ebrei italiani, nella totalità, erano abbastanza pochi, vuoi perché molti riuscirono a salvarsi in Svizzera o in case e conventi ospitali, vuoi, infine, perché il periodo dal settembre 1943 all'aprile 1945 che i nazisti e fascisti ebbero a disposizione, è stato relativamente breve, sempre rispetto agli anni di occupazione dei paesi europei. È tuttavia un bilancio agghiacciante. Il trauma della deportazione e dello sterminio colpisce ancora oggi gli ebrei di tutto il mondo perché i crimini commessi dai nazi-fascisti non hanno estinto la piaga dell’antisemitismo. Ci sono ancora in giro dei nostalgici che si rammaricano per la mancata attuazione del programma di sterminio della conferenza di Wannsee, perché essi sono sempre alle prese con la convinzione che quella congiura internazionale ebraica che esiste solo nella loro fantasia, sia responsabile del crollo dei regimi a loro cari. Mani ignote, certamente ben motivate, imbrattano spesso i muri delle nostre città con svastiche e frasi oltraggiose e si sbizzarriscono nella devastazione di cimiteri ebraici e nello sfregio dei memoriali in onore dei caduti. Mentre intere comunità ebraiche, in Italia e in Europa, sono oramai estinte perché di loro non rimangono che i cimiteri, veri reperti archeologici e le sinagoghe abbandonate alla curiosità dei turisti in alcuni paesi, che farebbero meglio a risolvere in altro modo i loro problemi, tornano all'attualità della stampa e della televisione, iniziative e manifestazioni di plateale volgarità. Ma tant’è: per la storia dell'antisemitismo e quella parallela del razzismo, dell'intolleranza verso i “diversi” che la creazione dello stato d’Israele ha ulteriormente complicato, attribuendo alla diaspora responsabilità che non le competono, non è stata ancora scritta a parola FINE.

LE LEGGI DI NORIMBERGA

Il Reichstag ha deliberato all'unanimità la seguente legge:

Art.1. Cittadino tedesco è solo colui che appartiene al Reich tedesco al quale è legato da particolari doveri.

Art.2. La cittadinanza viene ottenuta secondo le norme del Reich.

Art.3. È cittadino del Reich solo colui che è di sangue tedesco o assimilato e che col proprio comportamento dimostra  d'essere adatto e valido per servire fedelmente il popolo del Reich.

Art.4. Il cittadino del Reich è il solo titolare di tutti i diritti politici stabiliti dalla legge.

Art.5. Matrimoni fra ebrei e cittadini di sangue tedesco sono vietati. Matrimoni che ciò nonostante siano stati conclusi non sono più validi anche se contratti all'estero per aggirare la legge.

Art.7. L'annullamento avviene esclusivamente con delibera del Tribunale.

Art.8. Rapporti extraconiugali fra ebrei e cittadini del Reich o assimilati sono vietati.

Art.9. Gli ebrei non possono avere alle proprie dipendenze domestiche di sangue tedesco o assimilato di età inferiore ai 45 anni.

Art.10. Gli ebrei non possono esporre la bandiera tedesca.

Norimberga, 15 settembre 1935

EBREI CADUTI NEI CAMPI DI STERMINIO NAZISTI

Austria

70.000

Belgio

24.000

Cecoslovacchia

227.000

Danimarca

120

Estonia

1.000

Francia

83.000

Germania

134.000

Grecia

65.000

Italia

7.557

Norvegia

868

Polonia

2.500.000

Romania

264.000

URSS

2.065.000

Yugoslavia

60.000

Ungheria

300.000

 

5.850.000 circa

Queste cifre comprendono sia gli uomini, le donne e i bambini caduti nei KZ nazisti, sia coloro che furono massacrati dalle Einsatztruppen nei ghetti e nelle retrovie del fronte orientale. Sono dati approssimativi, salvo che per l'Italia e la Norvegia, dove risultano da censimenti eseguiti in base a documenti ufficiali.

STIMA DEGLI EBREI EUROPEI DA ELIMINARE  

SECONDO IL PROGETTO DELLA "SOLUZIONE FINALE DEL PROBLEMA EBRAICO"

DALLA CONFERENZA DI WANNSEE DEL 20.1.1942  

Reich

131.800

Marca Orientale

43.700

Territori dell'Est

420.000

Governatorato generale

2.284.000

Bialistock

400.000

Protettorato Boemia Moravia

74.200

Lettonia

3.500

Lituania

34.000

Belgio

43.000

Danimarca

5.600

Francia territori occupati

165.000

Francia territori liberi

700.000

Grecia

69.600

Olanda

160.800

Norvegia

1.300

Bulgaria

48.000

Inghilterra

330.000

Finlandia

2.300

Irlanda

4.000 

Italia e possedimenti

58.000

Albania

200

Croazia

40.000

Portogallo

3.000

Romania e Bessarabia

342.000

Svezia

8.000

Svizzera

18.000

Serbia

10.000

Slovacchia

88.000

Spagna

6.000

Turchia

55.500

Ungheria

742.000

Unione Sovietica 

5.000.000

Ucraina

2.994.684

Russia bianca

446.484

Totale

11.000.000

Che si tratti di cifre cervellotiche risulta chiaro. Basta pensare che vi sono quelle che si riferiscono agli ebrei inglesi, svizzeri, svedesi, spagnoli e portoghesi, cioè residenti in paesi che avrebbero dovuto conse­gnarli ai nazisti, salvo essere da questi occupati prima.

Da La libertà e i suoi costi, quaderni a cura dell'ANED di Milano e della Provincia di Milano, 1991

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