Documenti dell'ANED di Milano
GLI EBREI NELLA SPIRALE DELLA PERSECUZIONE NAZI-FASCISTA
L'antisemitismo, cioè
quel complesso di pregiudizi che porta al rifiuto della pacifica convivenza con
gli ebrei che, dopo la distruzione del Tempio in Gerusalemme ad opera dei romani
s’erano dispersi nel mondo, affonda le sue radici in tempi remoti. Spesso
fomentate da estremismi religiosi, le reazioni emotive delle popolazioni che si
trovavano a misurarsi con una presenza ebraica nascevano dalle solite accuse del
deicidio, dei delitti rituali, dell’attaccamento a tradizioni millenarie,
all'esercizio dell'usura, senza parlare del mito del cosiddetto ebreo errante. E
quando e dove questa presenza sembrava ingombrante, gli ebrei venivano rinchiusi
nei ghetti oppure espulsi dal paese, salvo costringerli ad abiurare la loro fede
religiosa con i metodi che tutti conosciamo. Con l'illuminismo e la formazione
delle entità nazionali la situazione andò lentamente sbloccandosi, ma ebbe
alti e bassi e registrò talvolta esplosioni di violenza nei famigerati
“pogrom” dell'Europa orientale. Nel secolo scorso l'antisemitismo assunse
nuove forme con motivazioni politiche e sociali, per esempio in Francia
all'epoca dell'affare Dreyfus. In Germania si sviluppò tutta una letteratura
che ebbe i suoi epigoni in A. Stoecker, un famoso predicatore di corte e
fondatore di un partito antisemita, nel saggista J .A. Gobineau e in quel H.S.
Chamberlain, imparentato con Riccardo Wagner a sua volta antisemita emerito, che
fu fra i primi a proclamare la purezza del popolo germanico a fronte della
“razza inferiore” ebraica. A rincarar la dose ebbe grande diffusione in
tutta l'Europa quell’immondo libello, un falso manipolato dalla polizia dello
Zar, intitolato “I protocolli dei saggi di Sion”
Dati questi precedenti è facile comprendere che, quando la Germania,
avendo perso la guerra nel 1918, precipitò in una profonda crisi istituzionale,
sociale ed economica, quegli stessi ambienti che erano i responsabili del
disastro, ne addossassero la colpa ad una ipotetica congiura dell'ebraismo
internazionale in combutta con il disfattismo bolscevico. Entrambi avrebbero
"pugnalato nella schiena" il paese. Su questo terreno maturò e
conquistò voti il movimento nazionalsocialista. Quando Adolfo Hitler, nel
carcere al quale era stato condannato dopo il fallito “putsch” di
Norimberga, si accinse a scrivere il suo libro programmatico “Mein Kampf”
(la mia battaglia), il disprezzo e l'esplicito incitamento ad estromettere gli
ebrei dalla Germania divenne il suo argomento forte. Come mai egli abbia
maturato questa convinzione, non è ben chiaro. Ma è chiaro che fu un’abile
intuizione che costituì certamente una componente non marginale di quel
consenso che lo portò poi al potere. Quando Hitler scoprì che alcuni esponenti
dei movimenti rivoluzionari di sinistra erano ebrei, l'accoppiata ebreo uguale
bolscevico fu automatica. Per gli uni e per gli altri, secondo lui, non c'era
posto né in Germania né in Europa. Dunque, la loro sorte, per quanto lo
riguardava, era segnata. E fu di parola. Una propaganda mistificatrice,
martellante e forsennata, scatenata con mezzi nuovi ed insoliti da quel mago
dell’esorcizzazione politica che è stato il dottor Goebbels, gli fece da
cassa di risonanza. L'antisemitismo e l'anticomunismo furono, sin dall’inizio,
i due pilastri della dottrina politica nazista. Altri ingredienti furono via via
usati nel corso della scalata al potere. In Germania, al momento dell'avvento
dei nazisti al governo del paese, su 65 milioni di abitanti, gli ebrei erano
circa 525.000. Dunque meno dell'uno per cento della popolazione. Una minoranza
nella quale emergevano, sì, alcuni personaggi di primo piano della vita
artistica, accademica e culturale, nelle libere professioni, nella finanza, nel
commercio, ma anche piccola e media borghesia, operai ed artigiani. La loro
emarginazione era quindi vista con favore da quei tedeschi che speravano di
ricavarne qualche beneficio. Per essi, che l’antisemitismo praticavano da
tempo o al quale s'erano appena convertiti, sembrava giusto scaricare sugli
ebrei le colpe di tutti i guai che affliggevano il paese. Il 30 gennaio 1933,
grazie alla sua politica aggressiva e spregiudicata, approfittando
dell’inerzia e l'inedia dei partiti democratici, che pur erano in maggioranza,
distruggendo con la prevaricazione e il terrorismo la democrazia parlamentare,
ricattando il presidente, feldmaresciallo von Hindenburg oramai completamente
rintronato, Hitler divenne Cancelliere del Reich. Sotto il passo cadenzato delle
squadre d'assalto in camicia bruna per le loro vittime predestinate la terra
cominciò a tremare. Il 27 febbraio 1933 i nazisti inscenano l'incendio del
Reichstag (il Parlamento). La polizia incastra un giovane olandese
semideficiente e da lui risale ad alcuni dirigenti comunisti, procedendo ai
primi indiscriminati arresti di massa. Il 20 marzo 1933, dunque 50 giorni dopo
la presa del potere, si apre il primo campo di concentramento “ufficiale” a
Dachau, vicino a Monaco, con 5.000 prigionieri d'ogni genere. Il 1 aprile 1933
viene organizzato il grande boicottaggio su scala nazionale delle proprietà
ebraiche. Uomini delle S.A. - le formazioni paramilitari del partito -
si piazzano davanti ai negozi, agli studi degli avvocati, dei medici, dei
dentisti ebrei, impedendo l’accesso del pubblico e fotografando coloro che
insistono per entrare. Il 10 maggio 1933 sulle piazze delle grandi città
vengono bruciati i libri di autori ebrei o comunque non simpatizzanti del
nazismo. Ad onta della solidarietà di pochi che, a loro volta, rischiano di
trovarsi
nei guai, la vita degli ebrei sotto il nazismo, diventa sempre più precaria. Il
15 settembre 1935, vengono promulgate le cosiddette “Leggi di Norimberga”
con le quali gli ebrei sono privati della cittadinanza tedesca e la difesa
della purezza del buon sangue tedesco si preoccupa di impedire loro perfino
rapporti sessuali con coloro nelle cui vene esso scorre, minacciando nientemeno
che la pena capitale. Segue uno stillicidio di ben 200 disposizioni e leggi
d’ogni genere che emarginano gli ebrei progressivamente dalla vita del paese.
È un crescendo di vessazioni odiose e talvolta ridicole. In breve gli ebrei non
possono più appartenere alle forze armate, coprire impieghi in enti pubblici,
frequentare scuole ed università, esercitare libere professioni, andare a
teatro, al cinema, ai concerti, soggiornare in stazioni climatiche, sedersi su
determinate panchine nei giardini pubblici, ai ragazzi è vietato accedere ai
parchi giochi, tutti debbono aggiungere ai proprio nome quello di Sara o Isacco,
nessuno osi fregiarsi di decorazioni seppur conseguite nell'adempimento del
proprio dovere. Finalmente viene imposto l'uso di una stella gialla, da
applicare su cappotti e vestiti all’altezza del cuore; ne sono esenti solo
bambini sotto gli 8 anni.Tutto questo per rendere loro la vita impossibile, per
indurli ad andarsene, ad emigrare. Le fabbriche, le aziende commerciali, le
proprietà immobiliari vengono semplicemente confiscate ed “arianizzate”
contro risarcimenti simbolici privando i proprietari dei mezzi di sostentamento.
È una trappola infame. Tuttavia, dal 1933 al 1943, cioè nei dieci anni nei
quali questo era ancora possibile circa 280.000 ebrei hanno potuto lasciare la
Germania con un modesto bagaglio e pochi spiccioli ad onta delle “quote di
immigrazione” che impedivano l'accesso a molti paesi, restii a concedere
permessi
di soggiorno e di lavoro. Fu un lento, brutale strangolamento morale ed
economico. Il 12 marzo 1938 Hitler si annette l'Austria e il 29 settembre è la
volta della Cecoslovacchia. Adesso anche gli ebrei di questi due paesi, sono
colpiti dalle stesse angherie. Il 7
novembre 1938 a Parigi, un giovane polacco, Hersel Grünspan, esasperato
e disperato perché la sua famiglia è stata espulsa dalla Germania, spara
cinque colpi di pistola contro il consigliere d'ambasciata Erich von Rath,
uccidendolo. È l'occasione che i nazisti non si lasciano sfuggire. Nella notte
dal 9 al 10 novembre, in tutto il Reich si scatena una “spontanea” spietata
caccia all'ebreo, manovrata, dietro le quinte, dal partito. Centinaia di
sinagoghe, di negozi, di abitazioni sono incendiate e saccheggiate, migliaia di
uomini, donne e bambini d'ogni età vengono malmenati, bastonati a sangue, 72
sono uccisi, i suicidi, veri o artefatti, non si contano. 20.000 ebrei
“scelti fra i più abbienti”, sono arrestati e avviati ai campi di
concentramento. Per giunta il maresciallo Göring, nella sua veste di
responsabile del piano economico quinquennale, pur rammaricandosi per la perdita
dei beni, commina un’enorme multa alla Comunità ebraica a risarcimento dei
danni che essa stessa ha subito. Il 1° settembre 1939 le armate di Hitler
attaccano e invadono la Polonia. Poi è la volta della Francia, del Belgio, del
Lussemburgo, dell'Olanda, della Danimarca e della Norvegia. Il 22 giugno 1941
tocca all’URSS. In tutti i paesi occupati la Gestapo, l’SD -
il Servizio di sicurezza – le SS rastrellano e deportano nei campi di
concentramento antifascisti ed ebreI. Ma sul fronte dell'Est reparti
specializzatI delle SS le “Einsatztruppen”, hanno il compito di garantire la
sicurezza nelle retrovie. In effetti migliaia di inermi cittadini, uomini,
donne, bambini, in gran maggioranza ebrei, vengono massacrati sul bordo delle
fosse comuni che essi stessi hanno dovuto scavare. Solo a Babi Yar, vicino a
Kiev, le vittime saranno 35.000, tutti ebrei. È
una carneficina di proporzioni inimmaginabili. Il 20 gennaio 1942 a
Wannsee vicino a Berlino, per ordine di Göring, quattordici alti gerarchi
nazisti studiano, pianificano ed organizzano la “soluzione finale del problema
ebraico” cioè lo sterminio di tutti gli ebrei d'Europa. Anche di quelli, per
esempio gli inglesi, la cui cattura, allo stato delle cose, è quanto mai
problematica. Oramai l'Europa pullula di campi di concentramento. Ne vengono
creati altri, espressamente destinati alla attuazione del programma di
sterminio: Auschwitz, Treblinka, Sobibor, Chelmo, Belzec. Così, oltre ai
massacri perpetrati dalle “Einsatztruppen” a quelli conseguenti alla rivolta
nel ghetto di Varsavia, pur nelle alterne vicende di una guerra che oramai
lascia presagire una conclusione disastrosa, la spirale della persecuzione
continuerà ad avvolgere gli ebrei, fino al tragico traguardo dei 6 milioni di
caduti. Ci si chiede talvolta: ma perché gli ebrei si sono lasciati catturare e
mandare allo sbaraglio, senza opporre resistenza? Occorre qui fare due
precisazioni: chi avrebbe avuto il coraggio di reagire, al momento dell'arresto
che, nella maggioranza dei casi, coinvolgeva intere famiglie esponendo i
propri cari ad una certa rappresaglia? In quali condizioni sarebbe stato
possibile ribellarsi, una volta aggregati ad un gruppo più numeroso con la
stessa prospettiva di una feroce ritorsione? Basta osservare le immagini dei
rastrellamenti che ci sono pervenute, per sincerarsi dell’enorme disparità di
forze fra i prigionieri e la scorta armata. Eppure -
e questa è la seconda considerazione -
quando l'occasione si presentò gli ebrei seppero ribellarsi,
riscattando, con le armi in pugno, nel ghetto di Varsavia, a Treblinka, ad
Auschwitz, a Sobibor, il prezzo della propria vita. Dunque essi si sono battuti.
E come! Oramai non avevano più nulla da perdere e con quello che ancora avevano
hanno scelto essi stessi il modo e il momento per morire. Al progetto di Wannsee
sono stati chiamati a contribuire e collaborare i vari dittatori e capipolo
fascisti dei governi fantoccio che imperversavano nell'Europa dominata dai
nazisti. Occorre dire che non tutti si comportarono allo stesso modo. Antonescu,
in Romania, decise di gestire in proprio la sorte dei suoi ebrei ed infatti li
gratificò di un “pogrom” spaventoso eseguito dalle sue Guardie di Ferro. Re
Boris di Bulgaria nicchiò proteggendo i suoi concittadini ebrei al punto
d'essere a sua volta assassinato dai nazisti mentre sua moglie, la principessa
Mafalda di Savoia, è finita a Buchenwald dove è morta a seguito di un
bombardamento. L'ammiraglio Horthy, reggente d'Ungheria, lasciò deportare
300.000 ebrei solo quando non poté farne a meno e fu anche lui sospettato di
tradimento ed internato, mentre il movimento ultra-fascista delle
"Frecce" massacrava sul posto quelli che si erano sottratti alla
deportazione. Gli ustascia di Ante Pavelic in Croazia, i fascisti olandesi di
Mussert ed i belgi di Degrelle dettero man forte, con delazioni e corruzioni,
alla caccia agli ebrei nei rispettivi paesi. Nella Slovacchia monsignor Tiso
dimostrò altrettanta ferocia, come Pierre LavaI che nella Francia di Vichy
sorprese gli stessi nazisti per il suo zelo nel mandare nelle camere a gas
perfino i bambini degli ebrei apolidi rifugiatisi nel suo paese. L'Italia merita
un discorso a parte. Dopo le alterne vicende del passato remoto e prossimo
nell’Italia moderna - lo si può tranquillamente affermare - l'antisemitismo
collettivo, salvo sporadici casi di imbecillità individuale, non esisteva.
Gli ebrei italiani vivevano tranquillamente integrati nella società civile, nel
pieno rispetto delle rispettive convinzioni. Un ebreo era stato capo del
governo, un altro aiutante di campo del re. Occorre dire che, diversamente dalla
Germania, dove una campagna d'odio contro gli ebrei servì ai nazisti per far
lievitare il consenso popolare, il fascismo italiano non se l’era mai presa
con gli ebrei, che finirono per accettarlo. Mussolini, che ad un certo punto aprì
le università italiane ai giovani che ne erano esclusi nei loro paesi a causa
“numerus clausus” in uno dei suoi discorsi stigmatizzò con ironia la
barbarie teutonica per la sua fobia antiebraica. Quando il fascismo cominciò a
smantellare progressivamente la democrazia parlamentare anche alcuni ebrei,
eminenti personalità dell’opposizione, pagarono con la prigione e il confino
di polizia il loro dissenso o furono costretti ad emigrare come altri che,
dall'estero, cecavano di svolgere un'azione di protesta e di contestazione
del regime. La loro origine ebraica venne menzionata solo marginalmente e senza
attribuire troppa importanza al fatto. Poi, nel 1938, Mussolini cambiò idea e
si decise anche lui a scatenare una campagna denigratoria e la persecuzione
dei “perfidi giudei”. Perché
l’ha fatto? Di sua spontanea iniziativa? Per adeguarsi alla politica del suo
amico ed alleato Adolf Rider o su richiesta dello stesso che non poteva
ammettere che il fascismo italiano avesse, oltre alla comune avversione verso il
comunismo, un diverso atteggiamento verso gli ebrei? Fatto sta che una campagna
propagandistica venne orchestrata con crescente intensità dal Ministero della
Cultura popolare e dal partito attraverso la radio e la stampa. Nell'ottobre
1938 il Gran Consiglio del Fascismo decretò l'espulsione degli ebrei dal P.N.F.
e la loro esclusione dalle forze armate, dalle carriere statali, dalle università,
dalle scuole, da molte professioni e dalla direzione e dal possesso di grandi
aziende. Fu un’iniziativa impopolare che offuscò l’immagine del regime,
dopo
l’ubriacatura degli entusiasmi per la conquista dell'impero. Nello stesso
partito, negli organi di polizia che avrebbero dovuto applicare i provvedimenti,
se non li osteggiarono apertamente, certo non si prodigarono nell'applicazione
delle disposizioni vessatorie. Gli ebrei stranieri furono inviati al confino di
polizia in sperduti paesi dell’Italia Meridionale. Un campo di internamento
venne creato a Ferramonti di Tarzia, vicino a Cosenza, più o meno autogestito
dagli stessi internati, con la tollerante supervisione dei carabinieri. Poche
furono le conversioni per porsi al riparo della protezione della Chiesa
cattolica, molti i modi per eludere almeno certe conseguenze dei provvedimenti.
Infinite le manifestazioni di solidarietà e simpatia verso gli ebrei
improvvisamente messi al bando dalla collettività. Fu una campagna assurda in
un periodo nel quale l'Italia fascista stava per essere coinvolta nella guerra e
doveva fronteggiare difficoltà che ben presto misero in rilievo le gravi
deficienze dell'organizzazione e della capacità di gestione degli avvenimenti
da parte del regime. Mussolini fu defenestrato il 25 luglio 1943 ma -
succedendogli - il
governo Badoglio non annullò le leggi antiebraiche. Poi con l'armistizio venne
l'occupazione nazista del paese e anche per gli ebrei, ancora rimasti in Italia,
si annunciarono tempi grami. Quando gli eventi precipitarono, nel settembre
1943, molti giovani ebrei aderirono alla Resistenza. Sette medaglie d'oro al
valor militare alla memoria dicono quale è stato il loro generoso impegno.
Appena costituita la Repubblica Sociale Italiana i nazisti, che la controllavano
a tutti i livelli, si dettero da fare nella caccia agli ebrei. Funzionari ed
unità di polizia specializzate, con la collaborazione dei fascisti nostrani,
applicarono nei territori ad essi soggetti le tecniche di ricerca e cattura
degli ebrei, già sperimentate in quattro anni di guerra nei vari paesi
dell'Europa. La prima operazione clamorosa ed obbrobriosa fu la grande razzia
degli ebrei nel ghetto di Roma, dopo l'infame ricatto ed imbroglio orchestrato
da Kappler il 16 ottobre 1943. Poi l'azione di ricerca e deportazione degli
ebrei si estese a macchia d'olio. Intanto campi di transito furono istituiti a
Fossoli, Bolzano, Borgo San Dalmazzo e Trieste dove la Risiera di San Sabba
funzionò come un vero e proprio campo di concentramento anche se, in un certo
senso, atipico. La popolazione ebraica italiana ammontava allora a circa 45.000
persone, in maggioranza sparse nella parte centro-settentrionale del paese. Gli
ebrei italiani deportati furono, stando alle cifre di Liliana Fargion, 8.565, i
superstiti 1009. In questi sono compresi coloro che furono trucidati in Italia
(Mejna, S.Sabba, Fosse Ardeatine). Per quanto sia repellente quantificare in
cifre ed elaborare in statistiche questa tragica vicenda, quando dietro ogni
numero sta una vita umana, si può tuttavia dire che le perdite della comunità
ebraica italiana furono relativamente modeste, rispetto a quelle di altri paesi,
vuoi perché gli ebrei italiani, nella totalità, erano abbastanza pochi, vuoi
perché molti riuscirono a salvarsi in Svizzera o in case e conventi ospitali,
vuoi, infine, perché il periodo dal settembre 1943 all'aprile 1945 che i
nazisti e fascisti ebbero a disposizione, è stato relativamente breve, sempre
rispetto agli anni di occupazione dei paesi europei. È tuttavia un bilancio
agghiacciante. Il trauma della deportazione e dello sterminio colpisce ancora
oggi gli ebrei di tutto il mondo perché i crimini commessi dai nazi-fascisti
non hanno estinto la piaga dell’antisemitismo. Ci sono ancora in giro dei
nostalgici che si rammaricano per la mancata attuazione del programma di
sterminio della conferenza di Wannsee, perché essi sono sempre alle prese con
la convinzione che quella congiura internazionale ebraica che esiste solo nella
loro fantasia, sia responsabile del crollo dei regimi a loro cari. Mani ignote,
certamente ben motivate, imbrattano spesso i muri delle nostre città con
svastiche e frasi oltraggiose e si sbizzarriscono nella devastazione di cimiteri
ebraici e nello sfregio dei memoriali in onore dei caduti. Mentre intere comunità
ebraiche, in Italia e in Europa, sono oramai estinte perché di loro non
rimangono che i cimiteri, veri reperti archeologici e le sinagoghe abbandonate
alla curiosità dei turisti in alcuni paesi, che farebbero meglio a risolvere in
altro modo i loro problemi, tornano all'attualità della stampa e della
televisione, iniziative e manifestazioni di plateale volgarità. Ma tant’è:
per la storia dell'antisemitismo e quella parallela del razzismo,
dell'intolleranza verso i “diversi” che la creazione dello stato d’Israele
ha ulteriormente complicato, attribuendo alla diaspora responsabilità che non
le competono, non è stata ancora scritta a parola FINE.
LE
LEGGI DI NORIMBERGA |
Il
Reichstag ha deliberato all'unanimità la seguente legge: |
Art.1.
Cittadino tedesco è solo colui che appartiene al Reich tedesco al quale
è legato da particolari doveri. |
Art.2.
La cittadinanza viene ottenuta secondo le norme del Reich. |
Art.3. È cittadino del Reich solo colui che è di sangue tedesco o assimilato e che col proprio comportamento dimostra d'essere adatto e valido per servire fedelmente il popolo del Reich. |
Art.4. Il cittadino del Reich è il solo titolare di tutti i diritti politici stabiliti dalla legge. |
Art.5.
Matrimoni fra ebrei e cittadini di sangue tedesco sono vietati.
Matrimoni che ciò nonostante siano stati conclusi non sono più validi
anche se contratti all'estero per aggirare la legge. |
Art.7.
L'annullamento avviene esclusivamente con delibera del Tribunale. |
Art.8. Rapporti
extraconiugali fra ebrei e cittadini del Reich o assimilati sono
vietati. |
Art.9. Gli ebrei non possono avere alle proprie dipendenze domestiche di sangue tedesco o assimilato di età inferiore ai 45 anni. |
Art.10.
Gli ebrei non possono esporre la bandiera tedesca. |
Norimberga,
15 settembre 1935 |
EBREI
CADUTI NEI CAMPI DI STERMINIO NAZISTI
Austria |
70.000 |
Belgio |
24.000 |
Cecoslovacchia |
227.000 |
Danimarca |
120 |
Estonia |
1.000 |
Francia |
83.000 |
Germania |
134.000 |
Grecia |
65.000 |
Italia |
7.557 |
Norvegia |
868 |
Polonia |
2.500.000 |
Romania |
264.000 |
URSS |
2.065.000 |
Yugoslavia |
60.000 |
Ungheria |
300.000 |
|
5.850.000
circa |
Queste
cifre comprendono sia gli uomini, le donne e i bambini caduti nei KZ nazisti,
sia coloro che furono massacrati dalle Einsatztruppen nei ghetti e nelle
retrovie del fronte orientale.
STIMA
DEGLI EBREI EUROPEI DA ELIMINARE |
SECONDO
IL PROGETTO DELLA |
DALLA
CONFERENZA DI WANNSEE DEL 20.1.1942 |
Reich |
131.800 |
Marca Orientale |
43.700 |
Territori dell'Est |
420.000 |
Governatorato generale |
2.284.000 |
Bialistock |
400.000 |
Protettorato Boemia Moravia |
74.200 |
Lettonia |
3.500 |
Lituania |
34.000 |
Belgio |
43.000 |
Danimarca |
5.600 |
Francia territori occupati |
165.000 |
Francia territori liberi |
700.000 |
Grecia |
69.600 |
Olanda |
160.800 |
Norvegia |
1.300 |
Bulgaria |
48.000 |
Inghilterra |
330.000 |
Finlandia |
2.300 |
Irlanda |
4.000 |
Italia e possedimenti |
58.000 |
Albania |
200 |
Croazia |
40.000 |
Portogallo |
3.000 |
Romania e Bessarabia |
342.000 |
Svezia |
8.000 |
Svizzera |
18.000 |
Serbia |
10.000 |
Slovacchia |
88.000 |
Spagna |
6.000 |
Turchia |
55.500 |
Ungheria |
742.000 |
Unione Sovietica
|
5.000.000 |
Ucraina |
2.994.684 |
Russia bianca |
446.484 |
Totale |
11.000.000 |
Che
si tratti di cifre cervellotiche risulta chiaro. Basta pensare che vi sono
quelle che si riferiscono agli ebrei inglesi, svizzeri, svedesi, spagnoli e
portoghesi, cioè residenti in paesi che avrebbero dovuto consegnarli ai
nazisti, salvo essere da questi occupati prima.
Da La libertà e i suoi costi, quaderni a cura dell'ANED di Milano e della Provincia di Milano, 1991