Documenti dell'ANED di Milano

GUSEN - Sottocampo di Mauthausen

di Hans Marsalek

a cura di Italo Tibaldi

Nelle pubblicazioni relative alla storia dell'Europa contemporanea compare spesso il nome del piccolo comune dell'Alta Austria: Gusen. In memorie, romanzi, racconti, articoli scritti in quasi tutte le lingue questo luogo viene rappresentato come uno fra i più terribili, nell'ambito del terrore nazista. Con lavori da schiavi in tre grandi cave, con scavi di trincee lunghe chilometri, con percosse, fame, malattie e il gas Zyklon B si doveva piegare la volontà di vivere dei prigionieri. Il lettore deve sapere che ogni descrizione o rappresentazione della macchina mortale di Gusen è insufficiente, rispetto alla realtà. È impossibile far rivivere tutto il dolore, le umiliazioni e l'orrore dei polacchi, spagnoli, russi, francesi, italiani, jugoslavi, greci e prigionieri di altre nazionalità, destinati a questa "vita provvisoria". Hans Marsalek, segretario generale della comunità Austriaca del campo di Mauthausen, autore di questa pubblicazione ha cercato di descrivere, nella forma concisa della documentazione, alcuni aspetti della storia quinquennale del campo di Gusen. A parte il ricordo di avvenimenti eccezionali, questa pubblicazione intende essere anche una lezione per il presente - se si vuole imparare dalla storia.

Presentazione

di Gianfranco Maris

Va riconosciuto a Italo Tibaldi, uno dei primi e dei più giovani deportati a Mauthausen (matricola 42307), il particolare merito di avere finalmente riempito, con Ia traduzione del libro-documento di Hans Marsalek sul Campo di concentramento di Gusen, una grave lacuna della nostra informazione. Particolarmente grave perché Mauthausen, con tutti i suoi sottocampi, e, tra essi, con Gusen, così come Ebensee e Melk ha rappresentato, soprattutto per la deportazione italiana in generale e per la deportazione degli operai che avevano partecipato agli scioperi del marzo 1944, l'ultima tappa di un tragico calvario, vissuto con forza, con dignità, con coraggio, nella piena consapevolezza che alla luce della libertà nessuno sarebbe uscito senza l'accettazione di una lotta senza quartiere contro i fascisti ed i nazisti e senza l'accettazione correlativa di poter essere chiamati a pagare il più alto prezzo, quello della vita, per la scelta di lotta operata. È a Mauthausen, infatti, che fu deportato il più alto numero di patrioti e di partigiani italiani. E questa deportazione ebbe in particolare, presenti e attive, tutte le strutture della RS.I.. Basterebbe scorrere i rapporti informativi, conservati dalla Fondazione Micheletti di Brescia, che la Polizia della R.S.I. quotidianamente inviava al "Governo" ed a Mussolini personalmente in quel di Salò, per rendersi conto come dei rastrellamenti dei patrioti e dell'arresto degli operai erano partecipi attivi la polizia, la milizia ed i militari della R.S.I., braccio gregario, nel loro insieme, di un disegno feroce di repressione, al quale collaborava in posizione subordinata; soltanto, appunto, per rastrellare ed arrestare, salvo, una volta operati questi atti, consegnare alle autorità naziste i prigionieri, nella piena consapevolezza della sorte che ad essi i nazisti avrebbero riservato, con gli interrogatori, le torture, le fucilazioni, le impiccagioni, le deportazioni. I rapporti, infatti, concludevano sempre, una volta data l'informazione dell'arresto o della cattura, con la notizia che i catturati erano stati consegnati alle autorità tedesche. I Campi di Mauthausen e di Gusen erano assegnati, nella classificazione della Polizia di sicurezza e del Servizio di Sicurezza, al gruppo III, "per prigionieri gravemente compromessi, incorreggibili e pregiudicati come asociali, cioè con scarse prospettive di miglioramento". Il 16 marzo 1942 l'amministrazione di tutti i Campi di concentramento viene trasferita dall'Ufficio di Direzione Centrale delle SS (SSFHA) all'Ufficio Centrale Economico-Amministrativo (WVHA), che, sino a quel momento, aveva avuto soltanto il compito di acquisire e potenziare le imprese economiche delle SS. Patrimonio che aveva raggiunto dimensioni cospicue, che nel 1944 comprendeva diversi settori di attività economica, 40 grandi aziende, con 150 stabilimenti e altri centri di produzione. Al patrimonio ed alle imprese, nel marzo 1942, l'Ufficio Centrale Economico Amministrativo delle SS aggiunge l'amministrazione dei Campi di Concentramento, mediante i quali razionalizza e gestisce direttamente lo sfruttamento di milioni e milioni di deportati politici. Deportati che, sino a quel momento, erano destinati soltanto o soprattutto all'immediato sterminio, appena immessi nei Campi, ma che, a seguito delle necessità belliche, della carenza di manodopera, vengono utilizzati, con l'ordinanza di Oswald Pohl Generale delle SS, capo del WVHA, per il lavoro, secondo la nota formula: "far morire con il lavoro". La durata media di un lavoratore così sfruttato, direttamente o affittato dalle SS a imprese private, era di pochi, pochissimi mesi. Nel libro-documento di Hans Marsalek leggo anch'io, con qualche stupore, che le SS, nel Campo di Gusen, avevano, in un certo momento, consentito la "posta" e la "distribuzione di pacchi", e che, ancora, vi era una "cantina" alla quale i Deportati potevano accedere per l'acquisto, mediante buoni, di non so quali generi. Personalmente - e con me i miei compagni sopravvissuti - non ricordo né la cantina né la posta né i pacchi. Ricordo soltanto che, mediante la Croce Rossa, i deportati francesi ricevettero, poco prima della fine della guerra e dell'evacuazione del Campo, qualche pacco e che qualche deportato tedesco aveva la possibilità di ricevere posta.,Per il resto, sia pure mediante il lavoro, Gusen fu un Campo di sterminio. Si dirà, e con ragione, che non aveva le camere a gas e che aveva soltanto il forno crematorio, ampio, efficiente, capace. E, tuttavia, il gas nel Campo di Gusen fu ampiamente usato. All'inizio, trasportando i deportati nel Castello di Harteim, struttura già usata per l'operazione eutanasia, dove venivano gasati; successivamente furono usati, realizzando il gasamento nel breve tratto che separa Gusen da Mauthausen, camion predisposti affinché i gas di scarico ed altri gas defluissero nel compartimento stagno dove erano stati sistemati i deportati. Cosi come ampiamente praticato fu il sistema delle iniezioni. Ma anche il gasamento di massa fu praticato: il 2 marzo 1942 furono gasati 160 prigionieri di guerra russi, ammalati, nella baracca B del blocco 16. usato come revier di quarantena, con l'immissione nella baracca, al momento della disinfezione, del Zyklon B; nella notte tra il 21 e 22 aprile 1945, a pochissimi giorni dalla fine della guerra, quando la debellatio dell'esercito tedesco avrebbe dovuto suggerire soltanto misure di giustizia e di umanità, furono gasati, nel blocco 31 del revier, 600 deportati invalidi e, questo, per ordine del Schutzhaftlagerführer Seigler; e, questo, solo per cancellare le prove dell'immane delitto contro l'umanità di cui il nazismo si era macchiato. È a Gusen, infine, che le SS in fuga mineranno gli imbocchi delle gallerie scavate nella montagna dai deportati, per realizzare la soluzione finale, non conseguita, di immettervi tutti i deportati superstiti in quel momento e di annientarli e cancellare con essi ogni testimonianza della loro infamia. 

Prefazione

di ltalo Tibaldi

La nostra esperienza di deportati politici italiani nei campi nazisti è votata alla distruzione della sua memoria? Con questa pubblicazione vorrei - almeno nelle intenzioni - cercare di temperare lo sconforto e lo scetticismo, utilizzando i documenti per bisogno di memoria, ricordando insieme caduti e superstiti e per guardare più profondamente in noi stessi anche dopo 45 anni da quell'immemore 5 maggio 1945. Ancora una volta ho "scoperto" Gusen questo campo secondario di Mauthausen, che ha svelato ulteriori dati reconditi e mi ha aiutato a comprendere la vita in quel campo di oltre 3.000 deportati italiani. Scoprendo e osservando il mondo concentrazionario che è stato intorno a loro, in quel presente e futuro, ma anche per interrogarmi sul destino di quegli uomini. Sono risalito alle fonti non per soddisfare la curiosità ma per cercare ancora di capire quella parte cosi complessa della nostra vita. "Per non dimenticare" potrebbero essere le parole scritte al di sopra dell'immaginaria porta che vi introduce nel lager; "abbiate speranza e fiducia nell'umanità" la risposta dei compagni caduti. Queste pagine vogliono essere un documento a testimonianza di queste parole. Sono poco conosciuti ancor oggi i luoghi del nostro cammino da lager a lager in maniera parziale o seguendo itinerari abusati. Permettetemi di prendervi per mano per condurvi a visitare uno di "questi nostri itinerari". A chi da sempre o da un certo giorno in poi accada di passare per un lager nazista capita di considerare con un attimo di imbarazzo la propria indifferenza, e in realtà quell'indifferenza corrisponde ad una percezione inavvertita ma profonda è la migliore forma di riflessione. La visione di quei luoghi anche se vi rimarrà sotto gli occhi per un momento potrà fissarsi nella vostra memoria come un sigillo. E fra tante sollecitazioni che passano, vi rimarrà negli occhi. Sì perché i lager nazisti sono ancora oggi stimoli visivi molto differenziati capaci di fermarvi sulla soglia stessa dell'immagine o di farvi procedere verso qualcosa che emotivamente coinvolge e che vorreste quasi conoscere più  profondamente, "dal vivo", "più familiarmente". Questa pubblicazione svilupperà, non nella forma consueta. due momenti: la storia del lager, con alcuni episodi che finiscono stampati nella mente un po' come certe poesie mandate a memoria, gli elenchi nominativi dei sopravvissuti al 15 maggio 1945 e le immagini dei compagni caduti che formano una successione aperta e non obbligata, così come sono apparsi nella ricerca, a lungo o per un attimo, e dove è naturale pensare per ognuno diversi e senza una gerarchia di valori. Visitiamo insieme il lager, svolgendo il filo di una attenzione liberamente dispersa, magari caotica, ma priva di strategie interpretative, perché le immagini sono i veri "tasselli di una realtà" che si assommano alle rivelazioni di fatti imprevisti, mai riproducibili e prevedibili. La pratica della illustrazione dei luoghi, dei fatti, delle cose, dolorosamente vissuta dal sopravvissuto, ancorché contenute ha costituito un difficile apprendistato, ma ha acquistato una consapevole dignità. Dalla primissima frammentazione delle risposte è oggi convinta l'idea del patrimonio storico che si rappresenta, con accostamenti più immediatamente decifrabili, con itinerari riconoscibili, con una informazione serrata, e su documentati percorsi tematici che non consentiranno il "rischio" di nascondere la realtà dei KZ. Pensando a questo "rischio" 60 o 70 pagine alla rinfusa evocano una realtà più accostabile perché storicamente documentata, che non consente alcuna revisionistica banalizzazione, che sarà utile strumento anche per gli ultimi superstiti.

Gli italiani a Gusen

La statistica generale agli arrivi annui e al numero dei morti registrati nello stesso periodo rileva per:

anno   Prigionieri arrivati Morti  % Morti sugli arrivati
1944 22.396  4.789 21.38%
1945 15.651 10.654 69.98%
38.047 15.743 41.37%

verosimilmente utilizzando le stesse percentuali annuali avremo per la deportazione politica italiana:

anno 

 Prigionieri arrivati Morti  % Morti sugli arrivati
1944 1.543 330  21.38%
1945 1.525 1.067 69.96%
3.068 1.397 45.53%

con una percentuale superiore alla stessa media generale.

Considerata la difficoltà di reperire i "transporliste" cioè gli elenchi nominativi dei trasporti, in particolare, da Mauthausen - ad altri campi - a Gusen l'indicazione numerica dei singoli deportati superstiti e caduti consente di evidenziare che successivamente a qualche sporadica presenza italiana (28 italiani deceduti negli anni 1941 - 1942 - 1943) nel 1944 la maggior parte dei trasporti provenienti dall'Italia e diretti al KZ di Mauthausen, successivamente alla quarantena, furono diretti a Gusen. Il primo trasporto totalmente trasferito a Gusen è quello partito da Milano il 18/2/1944, arrivato a Mauthausen il 21/2/1944 con 122 deportati; seguito da quello partito da Bergamo il 16 marzo 1944 arrivato a Mauthausen il 20/3/1944 con 563 deportati e trasferiti a Gusen il 26/3/1944; quello partito da Fossoli il 6/4/1944 arrivato a Mauthausen l'8 aprile 1944 con 263 deportati e quello partito da Genova l'8 aprile 1944 arrivato a Mauthausen il 16 aprile 1944 con 207 deportati; e parte dei trasporti partiti da Fossoli il 21 giugno 1944 e il 21 luglio 1944 rispettivamente con 474 e 307 deportati e quasi totalmente il trasporto partito da Bolzano l'8 gennaio 1945 arrivato a Mauthausen l'11 gennaio 1945 con 501 deportati trasferito a Gusen il 7/8 febbraio 1945, e quello partito da Trieste l'1 febbraio 1945 arrivato a Mauthausen il 4 febbraio 1945 con 544 deportati trasferiti a Gusen il 16 febbraio 1945 ed ancora quello partito da Bolzano il 4 febbraio 1945 arrivato a Mauthausen l'8 febbraio 1945 con 385 deportati trasferito quasi totalmente a Gusen il 20 febbraio 1945. Siamo ad un totale di circa 3.266 deportati, ed oggi con circa 250 superstiti.

La struttura del campo

Il campo di concentramento nazista di Mauthausen aveva 49 campi secondari, entro i confini dell'odierna Austria. Uno di essi era il campo di Gusen, denominato ufficialmente: Konzentrationslager Mauthausen/Unterkunft Gusen. Questo campo secondario si trovava a circa 4,5 km a ovest di Mauthausen, allo sbocco deI fiume Gusen nel Danubio, tra la cittadina di Sakt Georgen an der Gusen e il comune di Langenstein, Alta Austria, circondario di Perg (dal 1938 al maggio 1945: Alto Danubio, circondario di Perg). Il campo di Gusen faceva parte dei Gruppo III: "per prigionieri difficilmente recuperabili", come diceva l'ordinanza ufficiale (1). La costruzione del campo di Gusen iniziò nel dicembre 1939. Sotto la guida degli Oberscharführer SS Anton Streitwieser e Kurt Kirchner, ogni giorno arrivavano da Mauthausen a Gusen due gruppi di lavoro ("Baracche di Gusen" e "Cave di Kastenhof”) con circa 400 prigionieri austriaci e tedeschi. Ogni giorno c'erano morti e feriti, perché i prigionieri crollavano per congelamenti, fatica, malattia, ferite e denutrizione. I prigionieri morti e incapaci di camminare venivano trasportati alla sera da prigionieri più forti, o su slitte adibite a questo uso, o carretti a due ruote e fatti rientrare nel campo principale. Più tardi, i morti e i feriti venivano trasportati nel campo principale su camion ribaltabili. La domenica mattina, gran parte dei prigionieri di Mauthausen dovevano terminare la costruzione del campo di Gusen. Nel marzo 1940 erano terminate le prime tre baracche per prigionieri, diverse baracche per le SS e il reticolato di fIlo spinato, sotto alta tensione. Il 9 marzo 1940 furono trasferiti i primi polacchi dal campo di Buchenwald al campo principale di Mauthausen. La maggior parte di questi 480 prigionieri polacchi è stata impiegata a Gusen, insieme ad altri prigionieri. Dall’'inizio di aprile circa 800 prigionieri risiedevano stabilmente a Gusen, i malati venivano trasportati al campo principale. In base alle registrazioni ufficiali, tra il 19-4 e il 25-5-1940 morirono a Gusen 80 polacchi (2) .Venerdì 24 maggio 1940, circa duecento polacchi malati e debilitati furono rimandati a Mauthausen. I rimanenti 212 prigionieri sani rimasero. Nello stesso giorno, questi sono stati cancellati dal conteggio del campo principale, e sono stati registrati come i primi prigionieri di Gusen: 25 "politici" tedeschi (Sch.-DR), 5 Testimoni di Geova tedeschi (Bifo-DR), 122 criminali e asociali tedeschi e austriaci (BV-DR, AZR-DR) e 60 polacchi, impiegati come operai specializzati (Polen-Sch,). Il pomeriggio del 25-5-1940 arrivò a Gusen il primo trasporto di prigionieri polacchi daI campo di Dachau. Erano 1084 persone, che furono destinate alle baracche 2, 3 e 4. Il comandante del campo Chmilewski, il capo-rapporto Streitwieser e il caposervizio Kirchner nominarono il criminale tedesco Hans Kammerer come primo "anziano del campo", e il criminale austriaco Rudi Meixner come primo "scrivano del campo". Anche tutti gli altri tedeschi e austriaci divennero funzionari della cosiddetta "autogestione dei prigionieri", es.: anziano del blocco, anziano di camera, scrivano del blocco, kapò ecc.. Già il lunedì 27-5-1940 tutti i prigionieri furono impiegati nel lavoro. Tutti i polacchi, senza eccezione, furono impiegati nella squadra di lavoro "Cava di Kastenhof' e "Fornace di Lungitz". Poco prima dell'inizio del lavoro fu comunicato ai polacchi che in quel momento iniziava "il periodo di correzione, per farli diventare uomini utilizzabili nel Terzo Reich", e i capi SS diedero ai kapò letteralmente quest'ordine: "Fateli correre, questi cani pigri, questi sacchi di merda polacchi!". Nei mesi successivi arrivarono da Mauthausen e da altri campi di concentramento e dalle carceri dei carichi con circa 4.000 prigionieri, prevalentemente polacchi. Quasi tutti, erano esponenti del mondo intellettuale (3). Il primo risultato di questa "correzione" fu: dal 1° giugno 1940 al 31 dicembre 1940 furono fucilati, uccisi a percosse o indicati come "deceduti" 1.507 prigionieri polacchi, e 15 tedeschi e austriaci, prevalentemente ebrei. Inoltre, nell'ottobre e dal 12 al 15 novembre 1940 furono "giustiziati" nel campo di Mauthausen 240 studenti e ufficiali polacchi di Gusen. Il campo dei prigionieri, con una superficie di 350 per 150 metri (nella terminologia delle SS si chiamava "Schutzhaftlager", cioè "campo di detenzione preventiva") fu realizzato in modo sistematico. Alla fine del 1943 era composto da 32 baracche di legno (i "Block"). Di queste, i "blocchi" da 1 a 24 erano le baracche dei prigionieri, le baracche 25 e 26 furono attrezzate come officina o deposito, e le baracche recintate dalla 27 alla 32 ("Revier") servivano come sistemazione per i malati. Nell'autunno del 1943 furono realizzati 2 edifici in muratura, per i prigionieri adibiti al settore bellico. Nell'inverno 1943­44 si aggiunsero quattro altre baracche contrassegnate con A, B, C e D che, sistemate sulla piazza dell'appello, ospitavano prevalentemente prigionieri adibiti al settore bellico. Le baracche 15 e 16 servirono per anni da "blocchi­quarantena" o per gli invalidi, ed erano anche riservate a gruppi isolati di prigionieri, come gli ebrei, i prigionieri russi e per le punizioni. Nel 1943 c'erano prigionieri isolati solo nel blocco 16, e dall'agosto 1943 anche questa baracca fu adibita per i prigionieri comuni. Nel 1944, alcune parti dell'edificio 8 furono impiegate per gli invalidi. Su alcune baracche, l'amministrazione del campo fece apporre cartelli in legno con la scritta:

"Esiste una strada per la libertà.

Le sue pietre miliari sono:

obbedienza, laboriosità, ordine, pulizia, lealtà, altruismo

e amore per la patria !".

Lungo la parte frontale delle file delle baracche si trovavano capanne di legno, strette e allungate, che venivano usate come bagni, servizi e per la conservazione dei cadaveri. A est delle baracche si trovava la spianata per l'appello, dove i prigionieri, fino all'estate 1944 dovevano allinearsi tre volte al giorno per l'appello, due volte al giorno nei mesi successivi. Nell'autunno 1942, lungo il muro di cinta a sud, tra l'ingresso principale e il blocco l, i "funzionari del campo" allestirono una baracca-bordello. In questo bordello (4) si trovavano da 8 a 10 prostitute tedesche, provenienti dal campo di concentramento di Ravensbrück. Il campo di Gusen, agli inizi, serviva soltanto al funzionamento delle cave di Kastenhof, Gusen, Pierbauer, e della fornace di Lungitz. Le cave e la fornace erano di proprietà della DEST (Deutsche Erdund Steinwerke: Cave e Fornaci Tedesche), appartenente alle SS (5). Più tardi si formò un proprio campo-officina, chiamato “Industriehof”, in cui si trovavano officine e laboratori per falegnami, calzolai, sarti e altri lavori. I prigionieri vennero impegnati nella regolazione del corso del fiume Gusen, nella costruzione delle case per le SS e nella realizzazione della nuova linea ferroviaria. La direzione SS del campo organizzò anche un allevamento di conigli d'Angora in grande stile. Nelle cave si allestirono anche diverse baracche per gli scalpellini. Nell'estate 1941, tra le serie di baracche 17-19 e 25­27 si costruì anche un proprio crematorio (6). Il forno fu fornito dalla ditta “Topf & Söhne" di Erfurt per circa 9.000 marchi. Nelle immediate vicinanze del crematorio si trovava la spianata per le esecuzioni capitali "ufficiali". Negli anni 1942-1944 si realizzarono diversi capannoni di montaggio per le ditte di materiale bellico Steyr e Messerschmitt (Regensburg). Nei capannoni della Messerschmitt si produssero in un primo tempo parti di aerei per i caccia Me 109, più tardi si passò al montaggio di aerei interi. Ai primi del 1944 si iniziò la costruzione del caccia a reazione Me 262. La produzione di questi tipi di aerei doveva avvenire negli impianti sotterranei del campo di Gusen alla fine del 1944 o ai primi del 1945. La produzione negli stabilimenti Steyr era camuffata con la dicitura “Georgenmühle I. II. III. IV”. Nei 18 capannoni della Steyr venivano prodotti particolari per carabine, mitragliatori, armi d'assalto e motori aerei. Il 9 marzo 1944 fu aperto a Sankt Georgen il campo di Gusen II (fino a 10.000 prigionieri, negli ultimi tempi) e il 16 dicembre 1944, a nord di Sankt Georgen, a Lungitz. il campo Gusen III (262 prigionieri). Nella primavera del 1944, nelle immediate vicinanze dei campi Gusen I e II, iniziarono grandiosi lavori di trincea. Si scavarono delle gallerie lunghe complessivamente 7 chilometri, larghe da 6 a 8 metri, e alte da10 a 15 metri nel granito e nei depositi di arenaria delle colline tra le cave di Kastenbruch e Sankt Georgen. I lavori furono eseguiti in condizioni estremamente primitive, e senza alcuna misura di sicurezza. Quasi ogni giorno c'erano feriti, prigionieri coperti da frane, e spesso morti (7). Queste gallerie sarebbero dovute diventare impianti sotterranei delle ditte Steyr-Daimler-Puch, Messerschmitt e per l'Istituto di Ricerca del Politecnico di Vienna. Solo nel Tunnel l furono installate macchine della Steyr, e alla fine del 1944 si iniziò la produzione. In tutte le altre gallerie non si giunse alla produzione. In una di queste, l'Istituto di Ricerca citato installò diverse macchine aerodinamiche e modelli di missili, ma anche in questo caso non ci fu più il tempo di farli funzionare. Le trincee e gallerie avevano la dicitura "Kellerbau" ("Cantine") e "Bergkristal­l-Bau" ("Scavi per cristalli"), l'attività di produzione bellica si chiamava "Bergkristall" ("cristalli di rocca") e "Esche 2" ("Frassino 2").

[Note] 1. Il capo della Polizia di Sicurezza e del Servizio di sicurezza Reinhard Heydrich, in un'ordinanza dell'1-1-1941, suddivideva i campi di concentramento In tre gruppi. Citiamo alla lettera: "Gruppo I: per tutti i prigionieri poco compromessi, e certamente recuperabili: Dachau, Sachsenhausen ecc."; "Gruppo II: per prigionieri gravemente compromessi, ma ancora educabili e recuperabili: Buchenwald, FIossenbürg, Auschwitz ecc,", Gruppo III: per prigionieri gravemente compromessi, incorreggibili e pregiudicati come asociali, cioè con scarse prospettive di miglioramento: Mauthausen e Gusen". Archivio Museo di Mauthausen. 47/1 e 2, copia dell'ordinanza.

2. Archivio Museo di Mauthausen. E 10/1 e Y 32, 33 e 34.

3. Nella primavera 1940, per ordine del governatore generale tedesco Rans Frank, fu compiuta un'azione "di pacificazione straordinaria" che ebbe come conseguenza l'arresto e la fucilazione di migliaia di rappresentanti del mondo intellettuale e della resistenza polacchi. Alla fine di questa "azione", una parte degli arrestati fu rinchiusa In campi di concentramento. Cfr. diario di servizio del governatore tedesco in Polonia. Annotazioni del 16-5-1940 e 30-5-1940.

4. Quando nel giugno 1941 Himmler visitò il campo di Gusen, diede il permesso di organizzare il bordello del campo. In effetti, questo bordello era a disposizione soltanto dei funzionari e di alcuni detenuti adibiti all’industria bellica; erano in prevalenza tedeschi e austriaci, ma anche polacchi e spagnoli. Il cliente doveva pagare 2 marchi. 50 centesimi andavano alla prostituta, 1,50 marchi venivano versati alla cassa dell’ufficio centrale SS.

5. La DEST aveva sedi in tutte le regioni della Germania, della Polonia e dell’allora  Protettorato Boemia e Moravia; in quasi tutti gli stabilimenti DEST venivano impiegati prigionieri. La DEST fu fondata a Berlino da O. Pohl l’1-4-1938.

6. La prima cremazione avvenne probabilmente il 29-1-1941.

7. Esempio: incidenti sul lavoro, con conseguenze letali (frane) sono stati comunicati il 3, 7, 27, 28, 29 e 30 giugno 1944. Archivio Museo Mauthausen, B12/14: Comunicazioni di modifiche.

La sorveglianza

I prigionieri venivano sorvegliati dalla SS e, a Gusen II. anche da soldati della sorveglianza aerea. A capo dell'intera direzione del campo c'era il comandante, Standartenführer SS Franz Ziereis, del campo principale di Mauthausen. A Gusen, i suoi rappresentanti erano il primo capo del campo di "detenzione preventiva" e il suo sostituto. Al loro fianco c'era un aiutante, che nello stesso tempo era capo della segreteria del campo. L'amministrazione interna del campo era compito del primo e secondo capo-rapporto, la distribuzione delle mansioni dei prigionieri era compito del primo e secondo capo del servizio di lavoro. La direzione delle singole baracche dei prigionieri, dei gruppi di lavoro, degli uffici e delle officine era nelle mani dello "stato maggiore", a cui appartenevano da 60 a 300 SS. Solo questi avevano il diritto di entrare nel campo. La sorveglianza dei prigionieri spettava alle compagnie di guardia delle SS. A Gusen erano dislocate da 11 a 13 di queste compagnie, che insieme formavano due “Wachsturmbänner" e contavano da 1.650 a 1.900 uomini. Nel 1945 a Gusen, per la sorveglianza dei prigionieri, si trovavano circa 3.000 appartenenti alle SS e alla Wehrmacht. Tutte le SS e i soldati dipendevano dal comandante del campo. C'era una catena piccola e una grande di sentinelle, nelle squadre di sorveglianza. La catena piccola circondava il campo vero e proprio, mentre le sentinelle della catena più lunga sorvegliavano il complesso del campo, con le cave, gli uffici, le officine, i capannoni ecc.. Se alla sera l'appello dei prigionieri corrispondeva all'elenco, la catena "lunga" veniva ritirata, e restava quella corta. La distanza tra i singoli punti di sorveglianza all'interno della catena era di 50-100 metri. Tutti i membri dello "stato maggiore" venivano addestrati in corsi speciali per il servizio nei campi di concentramento. Facevano parte di una formazione speciale delle SS (8), e precisamente della "Totenkopfstandarte" SS (trad.: Squadra del Teschio). Sulle loro uniformi grigie o nere portavano, oltre alla raffigurazione del teschio, anche le lettere "KL". Nel campo di Gusen II, il servizio di sorveglianza veniva svolto da SS e soldati della Luftwaffe, solo il capo-rapporto era un sottufficiale SS. Fino al dicembre 1942 fu primo capo del campo il hauptsturmführer SS KarI Chmilewski, il suo vice era Dammbach, e più tardi Redwitz e Ernstberger. Dal maggio 1943 al maggio 1945 il capo del campo fu il hauptsturmführer SS Fritz Seidler, e il suo secondo fu il hauptsturmführer Jan Beck. I capi­rapporti e capi-servizio SS furono Streitwieser, Kirchner, Isenberg, Priesten­berger, Gangstädter, Damaschke, Kluge, Gross, Killermann e Füssl. Come medici SS furono a Gusen, fra gli altri, l'untersturmführer Dr. Jung, Dr. Kie­sewetter, Dr. Richter, Dr. Ramsauer, Dr. Adolph, Dr. Lindel e Dr. Vetter. I funzionari responsabili della ditta DEST erano l'obersturmbannführer SS Mummenthey, lo hauptsturmführer Walter e l'obersturmführer Wolfram. I direttori dell'industria bellica stazionata a Gusen furono gli ingegneri (civili) Rogen, Sturmberger e Ogrys. A Gusen c'era anche un settore della polizia di Stato, detto "Settore Politico", che dipendeva dal segretario della Gestapo Mayerhofer. In quasi tutti i locali dei capi SS si leggevano diversi slogan, che intendevano inneggiare alla forza e superiorità della razza germanica e dei "superuomini SS". Molto frequente era la scritta: "Non temiamo nessuno al mondo, ci basta che tutti temano noi".

[Note] 8. SS = abbreviazione per "Schutzstaffel" ("guardie di sicurezza"). Le SS erano un nucleo autonomo del partito nazista (NDSAP). Le SS furono impiegate all'inizio per proteggere i comizi, e poi prevalentemente come agenti della polizia di stato (Gestapo) o sorveglianti dei campi di concentramento, specialisti per le esecuzioni in massa nelle camere a gas, fucilazioni, e infine: inquadrate in unità militare indipendente. Ufficialmente, le SS dovevano garantire “la sicurezza del Führer e del Reich".

I prigionieri

I prigionieri trasferiti al campo di Gusen ricevevano un numero progressivo, che doveva essere portato in modo visibile sul lato sinistro della giacca e sul lato esterno del pantalone destro (cifre nere su fondo bianco). Dal 25-5-1940 al 23-1-1944, ai prigionieri furono dati numeri interni del campo, da 1 a 15.000, anche quando provenivano dal campo principale e avevano già il numero di Mauthausen. I numeri dei morti o dei prigionieri ritrasferiti venivano nuovamente distribuiti, per cui alcuni numeri furono usati tre, quattro e anche cinque volte. Così, ad esempio, il 25-5-1940 il numero 66 fu dato a Georg Janota, polacco, nato il 29-8-1910 (destino ignoto, probabilmente morto). Poi il numero 66 fu dato a Bronislaw Browski, polacco, nato il 17-12-1909, morto il 24-2­-1941, e infine a Adolfo Proper Cattnysse, belga, nato il 27-9-1909, indicato come deceduto il 26-6-1942. Il numero 146 fu dato il 25-5-1940 ad Adolf Pope, polacco, nato l'1-7-1892 (destino ignoto, probabilmente morto). Il 19-2-1942 morì il prigioniero polacco n. 146 Heinrich Czech, nato il 29-5-1902, e già il 3-7-1942 veniva segnalato come deceduto un prigioniero dal numero 146: lo spagnolo repubblicano Avidio Gonzales Garcia, nato il 21-2-1888. Poi, lo stesso numero fu dato al prigioniero jugoslavo Nevsad Draganovic, nato l’8-10-1918, segnalato come deceduto il 2-11-1943. Il 23-1-1944, i 7.312 prigionieri elencati a Gusen ricevettero numeri progressivi di Mauthausen, daI 43.001 al 50.312. Dal quel momento, tutti i nuovi arrivi dovevano avere il numero di Mauthausen. La  numerazione interna era stata soppressa. Al di sopra del numero, ogni prigioniero recava un triangolo colorato, chiamato “Winkel” ("angolo"), dal quale risultava in quale categoria e nazionalità  rientrava. I prigionieri politici avevano un triangolo rosso (eccetto gli spagnoli) con la lettera iniziale della loro nazione, per cui i polacchi avevano "P", i francesi “F”, i belgi "B", gli jugoslavi "J" ecc.. I criminali avevano un triangolo verde, gli asociali e gli zingari un triangolo nero, gli omosessuali uno rosa. Tutti i componenti del gruppo di punizione recavano inoltre sui loro vestiti un punto nero, i sospetti di evasione un punto rosso. Ogni prigioniero nuovo riceveva una piastrina di lamiera, con inciso il suo numero. La piastrina doveva essere portata al collo o al polso. I funzionari, a seconda delle loro mansioni, avevano un nastro alla manica destra (lettere bianche su fondo nero) con la scritta "Capo", "LageräItester" ("anziano") o "Blockältester" ("anziano del blocco") ecc.. All'ingresso nel campo, il prigioniero diventata un numero. Le SS lo chiamavano regolarmente con il numero, e non con il suo nome. Il prigioniero doveva anche presentarsi con il suo "numero", ad esempio: "Il prigioniero polacco numero 23.578 chiede di passare". Un'eccezione era costituita da alcuni funzionari, che venivano chiamati dalle SS con il loro "titolo", ad esempio: Anziano di blocco 6, Scrivano di blocco 15, Obercapo" (9) ecc.. A Gusen, fino al gennaio 1941, si trovavano prevalentemente prigionieri polacchi, e pochi prigionieri politici spagnoli, tedeschi e austriaci. Inoltre erano presenti 220 prigionieri in "detenzione preventiva a tempo determinato", detenuti per essere stati pregiudicati, ma senza reati giudicati, e che erano chiamati "B.V." o anche "delinquenti professionisti" ("Berufs-Verbrecher") (10), inoltre alcuni Testimoni di Geova, che rifiutavano il servizio militare e venivano accusati di rifiutare il lavoro, diversi "asociali" tedeschi e infine alcuni prigionieri tedeschi detenuti per avere riportato in passato condanne per omosessualità. La composizione nazionale cambiò nel 1941, e radicalmente negli anni 1942 e 1943, quando giunsero prigionieri da tutti i paesi d'Europa (11).

I gruppi nazionali più consistenti erano i polacchi, gli spagnoli, i russi, gli jugoslavi, gli ungheresi e i francesi. Il quadro quasi completo dei nuovi arrivi del 1941, suddiviso per nazioni e categorie di prigionieri (12), è il seguente: 

mese  polacchi  “politici” austriaci e tedeschi spagnoli   prigionieri di guerra sovietici  diversi  criminali austriaci e tedeschi totaIe
gennaio 812  25  -  - 8 116 961
febbraio 18 6 1769 - 2  3 1798
marzo 6 2 2 - 1 5  16
aprile 48 2 700 - - 32 782
maggio  1 - - - - 3 4
giugno 87 2 396 - - 15 500
luglio - - 16 - - - 16
agosto 7 7 13 - 4 11 42
settembre - 1 - - - -  1
ottobre 255 29 945 1150 6  82 2467
novembre 3 6 5  400 12 13 439
dicembre -  -  - 600 18 -  618
totale: 1237 80 3846 2150 51 280 7644

Il campo di concentramento di Gusen servì fino all'inverno 1942-43 esclusivamente a sostegno del terrore nazista, ma fu anche un luogo di sfruttamento, in condizioni da schiavi. I prigionieri venivano impiegati prevalentemente nelle aziende delle SS, nella Costruzione del campo e nelle officine interne. A partire dall'inverno 1942-43 (13) si ebbe una visibile modifica della struttura del campo. L'eliminazione di prigionieri "per puri motivi di sicurezza, di educazione e di prevenzione" non era più in primo piano. L'attenzione maggiore era ora spostata alla mobilitazione di tutti i prigionieri per l'industria bellica. Per questa ragione furono mandati nel campo di Gusen migliaia e migliaia di prigionieri elle non avevano compiuto alcun delitto politico o criminale. Spesso si trattava di persone provenienti dall'Europa occidentale e meridionale, dalla Polonia e dalle zone occupate dell'Unione Sovietica che erano stati attirati o mandati al "lavoro nel Reich", o erano state semplicemente rastrellate per le strade o in locali (cinema, teatri). Ad esempio, il 2-9-1944 giunsero 2.756 uomini, e il 5-9-1944 1.933 uomini che erano stati reclutati a Varsavia per lavorare in Germania. Inoltre, a partire dal novembre 1942, giunsero detenuti criminali tedeschi per "l'eliminazione col lavoro" e anche uomini da tutti i paesi d'Europa, che erano stati arrestati per resistenza attiva o passiva all'occupazione tedesca. Ma questa parte politicamente attiva dei prigionieri, di 29 paesi, non era che una minoranza. La maggior parte dei prigionieri arrivati dopo il 1943 furono arrestati e internati per il semplice motivo che l'industria bellica tedesca richiedeva urgentemente manodopera a basso costo. I prigionieri provenivano da tutti i ceti sociali. Così ad esempio c'erano fra i polacchi molti ex ufficiali, medici, insegnanti, ingegneri, operai, contadini, artisti e sacerdoti. Gli spagnoli erano in prevalenza operai, fra cui molti comunisti, anarchici e socialisti. In seguito alle cosiddette "azioni di notte e nebbia" furono inviati nel campo, dall'Europa occidentale, moltissimi giovani operai, impiegati e studenti.

[Note] 9. I grandi "Arbeitskommandos" avevano più Kapò. Il primo di questi era chiamato "Obercapo". Per "Blockältester 6" s'intende il capo responsabile della baracca 6 e per "Blockschreiber 15" s’intende lo scrivano della baracca 15.

10. Per ordine del capo del servizio di sicurezza Heydrich dell’1-6-1938, con riferimento a un'ordinanza del 14-12-1937, si prevedeva la reclusione preventiva per coloro che "erano stati condannati almeno tre volte a pene detentive di almeno 6 mesi...", Da: SS-Staat di Eugen Kogon, ed. Desch, Monaco, 1957, p. 76 ss.

11. V. pag. 23: Suddivisione per fasce di età nel campo di Mauthausen/Gusen, situazione al 31 gennaio 1944.

12. Alla rubrica "Polacchi" sono compresi prevalentemente prigionieri politici polacchi, con alcuni ebrei ed alcuni pregiudicati polacchi. Alla rubrica "Politici austriaci e tedeschi sono compresi prigionieri politici ed ebrei tedeschi e austriaci, ecclesiastici e Testimoni di Geova tedeschi e austriaci. Nel campo, gli austriaci sono sempre indicati come "tedeschi". Alla rubrica “Diversi” sono compresi cechi, uruguaiani, jugoslavi e olandesi (ebrei e non ebrei). La rubrica “Criminali” comprende alcuni zingari che, nonostante internati per motivi razziali, vengono indicati come "asociali"; Archivio Museo Mauthausen, B12/13. Statistica degli arrivi.

13. Negli altri lager a partire dal 30-4-1942; a Mauthausen e Gusen solo dall'inverno 1942/43. Archivio Museo Mauthausen. P16/18, copia dell'ordinanza.

14. Questa ordinanza è del 7-12-1941. È rivolta contro i membri della resistenza in Europa occidentale (Francia, Belgio, Olanda). Questa azione intende far sparire senza traccia i prigionieri. Ai prigionieri incriminati erano proibiti i contatti epistolari, postali, verbali e di informazione. Per questo motivo, i prigionieri di Gusen colpiti da questa azione non potevano scrivere, né ricevere pacchi di viveri. Negli anni 1944 e 1945 queste norme non si poterono più osservare rigorosamente. Cfr. Tribunale Militare Internazionale di Norimberga, voI. XXXVII, p. 574 ss.

Alloggio e abbigliamento

Il campo di Gusen aveva condizioni di vita estremamente complesse e diverse. In questo spazio ristretto, con migliaia di uomini, dove non c'era alcun diritto e tutto era regolato da una violenza brutale, la vita si differenziava con sfumature tragiche e cupe. C'erano "blocchi" normali, e altri che servivano a scopi particolari, come ad esempio le infermerie, i blocchi di isolamento e punizione e le baracche per i funzionari. C'erano alloggiamenti relativamente sopportabili e altri, di cui i prigionieri sapevano che la morte li attendeva lì. A Gusen I i prigionieri abili al lavoro erano alloggiati in 24, più tardi 28 baracche. Ogni baracca era divisa in due grandi sale per i prigionieri, e due camere per il personale. Prevalevano i letti a castello, a tre piani, e ogni "sala" serviva a circa 150 persone. Siccome però dall'estate 1944 il numero dei prigionieri era sempre maggiore del numero dei posti a dormire, in un unico letto dormivano due, a volte anche tre persone, e cioè in ogni "castello" dormivano da 6 a 9 prigionieri. Alcune baracche contenevano da 400 a 800 persone, e nei cosiddetti "blocchi per invalidi" c'erano fino a 1200 malati, per cui i prigionieri dovevano fare i turni per dormire. Solo dal 1941 le baracche erano dotate di letti e sacchi di paglia, prima di allora i prigionieri dormivano su paglia sparsa sul pavimento. Si coprivano con vecchie coperte militari. Un prigioniero, una coperta, e con sovraffollamento una coperta per due persone. La paglia dei sacchi non veniva mai cambiata, per cui negli ultimi anni erano quasi vuoti o non contenevano che polvere e resti di paglia. È comprensibile che alcuni prigionieri cercassero, d'inverno di dormire vestiti, anche se questo era severamente vietato. Per dormire non si poteva tenere altro che una camicia. Chi dormiva con le mutande veniva già sospettato di evasione e veniva severamente punito, spesso con la morte. L'abbigliamento consueto era per anni il noto vestito da prigionieri, a strisce bianche e blu. D'inverno, talvolta si aveva una specie di cappotto di panno a strisce, un berretto e guanti senza dita. Ebrei, prigionieri russi e membri dei gruppi di punizione non ricevevano alcun abbigliamento invernale. Per i piedi, dal giugno 1940 si usarono pantofole di legno e zoccoli "olandesi", più tardi scarpe alte di tela con suola di legno, stivaletti militari e anche scarpe "civili". Come biancheria, c'era una camicia standard e mutande lunghe, di stoffa blu. La biancheria veniva cambiata irregolarmente, spesso a intervalli di 2, 3 e anche 5 mesi. Soltanto pochi prigionieri ­ specialmente i "funzionari" - avevano la possibilità di lavare e far asciugare  la propria biancheria. Una volta al mese veniva distribuito ai prigionieri un pezzo standard di sapone. Talvolta un solo pezzo di sapone doveva servire a 2 o 3 prigionieri. Negli ultimi anni, non venivano più forniti i vestiti da reclusi, e i prigionieri ricevevano uniformi prese ad altri eserciti, specialmente del regio esercito jugoslavo. Anche uniformi belghe, francesi e russe costituivano un variopinto assortimento dei vestiti dei prigionieri. Alla fine del 1944 si ebbe, da quanto rimaneva dei prigionieri deceduti, la distribuzione di vestiti civili. Dovunque c'erano cimici, pulci e pidocchi. Nemmeno ripetute disinfestazioni radicali di tutto il campo non riuscirono a sanare la situazione.

Il vitto

I cibi caldi erano composti da barbabietole per foraggio, da settembre a maggio. Venivano spaccate, più tardi macinate, bollite, spesso senza sale o grasso, e con qualche patata. Si sarebbe dovuto cuocere anche un po' di carne. Ma accadeva di rado, perché la carne veniva regolarmente rubata già nei magazzini e nelle cucine dalle SS e da funzionari del campo. Il periodo peggiore per il vitto era da maggio a luglio-agosto, quando c'era ogni giorno "verdura" (dovevano essere spinaci). In questo cibo si trovavano lumache, con e senza guscio, rane, vermi, sabbia, pietre e altri oggetti. Era una brodaglia indefinibile, puzzolente, grigio-verde, eppure veniva mangiata. Che cosa non si faceva per avere una porzione più grande, o doppia! Quanto grande era la gioia quando l'anziano del blocco pescava con il mestolo dal fondo della marmitta un brodo un po' più spesso! Solo da settembre il vitto migliorava, perché si facevano bollire le barbabietole, e vi si aggiungeva qualche patata. Le razioni giornaliere per un prigioniero erano: fino al 1944: al mattino da 1/2 a 1 litro di surrogato di caffè, o raramente minestra di estratto (100 calorie), a pranzo 1 litro di "piatto unico" di barbabietole o spinaci (ca. 362 calorie), di sera da 330 a 400 g di pane, fatto con farina di segale e fecola di patate (ca. 791 calorie) e 25 g di salame di cavallo (ca. 39 calorie). Una volta alla settimana c'era, invece del salame, 25 g di margarina (ca, 160 calorie) e di domenica sempre un cucchiaio di ricotta con marmellata di barbabietole (insieme ca, 66 calorie). Dall'estate 1944 si distribuì al mattino soltanto più surrogato di caffè senza zucchero. L'unica salvezza, con questo cibo insufficiente, fu dal 15 novembre 1942 il permesso di ricevere pacchi di viveri dai parenti e il furto di viveri nei magazzini, cucine, ecc.. Questi furti si chiamavano "organizzazione". Grazie al permesso di ricevere pacchi di viveri, la forza-lavoro dei prigionieri fu conservata più a lungo. Nel 1945 finì il rifornimento di pane, per cui la distribuzione di pane venne diminuita radicalmente e dal marzo 1945 molte volte non ci fu più distribuzione di pane. Fino alla fine del 1944, le calorie contenute nel vitto, per ogni giorno e prigioniero, andavano da 1.200 a 1.500, scendendo poi a 1.000 e 600 calorie (15).

[Note] 15. Il comunista austriaco AIbert Kainz (Innsbruck), prigioniero a Gusen dal 1941 al 1945, dichiara riguardo al vitto: "Per molto tempo cl hanno dato a pranzo soltanto spinaci, come raccolti dal campo, cotti in acqua. Nessuna traccia di carne, patate o grasso. Nonostante la fame, non riuscivo a mangiare. Della quantità di margarina indicata (2,5 decigrammi) I prigionieri di Gusen ricevevano al massimo la metà, ma di solito solo un terzo. Il resto spariva. Le calorie indicate valevano forse solo per coloro che lavoravano nel settore bellico, ma non per la massa di prigionieri".

Gli schiavi

Sotto all'impianto del campanello che si trovava sul piazzale dell'appello si trovava la scritta:

"Sia giorno, o notte,
sempre risuona
la voce della campana:
ecco il segnale d'inizio
del tuo dovere quotidiano"
(orig. Ob Tag, ob Nacht
stets bedacht
der Glocke Ruf erklingt 
- Ein Zeichen,
deine Pllicht beginnt".)

...e questo dovere spietato iniziava, dalla primavera all'autunno, ogni giorno alle 4,45: d'inverno alle 5,45. I prigionieri venivano svegliati al suono della campana, e spesso fatti alzare dal letto a colpi di manganello. Si dovevano fare in fretta i letti (spianare i sacchi di paglia e ripiegare le coperte), lavarsi e ingoiare in fretta la "minestra" o il "caffè". Poi si formava la fila per andare all'appello. Tutto avveniva con una velocità infernale, accompagnato dalle urla del persona del blocco, con al di sopra di tutto gli ordini scanditi: "raus! Raus!" e "los! los!" oppure "schnell! bistro! rapidol". Nelle cave di pietra il lavoro cominciava d'estate alle 6,30. Dalle 12 alle 13 c'era la pausa di pranzo, poi si riprendeva il lavoro, a seconda della stagione, fino alle 18 o alle 18,30. D'inverno, a causa dell'oscurità, il lavoro iniziava solo alle 7,30 (con soltanto mezz'ora di pausa a pranzo) e, a seconda dei turni, il lavoro finiva fra le 17 e le 18. Pertanto, i prigionieri lavoravano nelle cave d'estate 11 ore al giorno. Da settembre alla primavera da 8 a 9 ore. Tutti i prigionieri che erano impiegati nelle officine e nel settore bellico lavoravano d'estate e d'inverno 11 ore. Si lavorava da lunedì al sabato sera, e alcuni prigionieri dovevano lavorare anche la domenica mattina. La domenica pomeriggio, soltanto alcuni prigionieri erano di turno. In media, un prigioniero lavorava quindi circa 64 ore nelle cave, e 66 ore la settimana nell'industria bellica. A questo si aggiungono gli appelli regolari, le snervanti attese e code alla distribuzione del cibo, nei diversi controlli, ai lavandini, ai gabinetti, e poi la pulizia degli armadietti, dei vestiti, il rifarsi il letto eccetera. Il riposo notturno vero e proprio si riduceva spesso a sole 6 ore, o ancora meno. Negli anni 1940-1942, migliaia di prigionieri lavorarono nelle tre cave di pietra, fra questi da 300 a 500 scalpellini (16) e, dal 1943, come cosiddetti "apprendisti scalpellini" fino a 700 bambini e ragazzi sovietici, in età compresa dai 12 ai 16 anni. Una piccola parte dei prigionieri era impiegata nelle officine, nella costruzione del campo, nell'amministrazione o nella costruzione della ferrovia. Dalla primavera 1943, la maggioranza fu impiegata nelle aziende belliche e più tardi nello scavo delle gallerie. I singoli gruppi di lavoro dei prigionieri erano sottoposti da un lato al controllo dei capi SS e dall'altro a quello dei sorveglianti prigionieri (i vari "kapò": Obercapo, Capo, Winkelcapo). Nella maggior parte dei casi, i "kapò" venivano reclutati fra le file dei criminali tedeschi e austriaci. I membri delle SS, non di rado civili, dirigenti dell'industria bellica e i "kapò", ben coscienti del loro potere, riuscivano a far lavorare i prigionieri incessantemente a ritmi disumani. Negli anni 1940-1942 avveniva quasi ogni giorno che prigionieri particolarmente deboli venissero uccisi a percosse sul posto di lavoro, oppure fucilati "durante la fuga". I prigionieri di guerra sovietici (alla fine del 1941 e all'inizio del 1942) furono massacrati quasi tutti in questo modo nelle cave di pietra. I cadaveri venivano trascinati al campo. Per il gran numero dei cadaveri, talvolta i morti venivano trasportati su carri. Questo carro a due ruote, trainato da prigionieri, andava e veniva due volte al giorno, poco prima della pausa di pranzo, e prima della fine della giornata. Di regola, si dovevano mettere sul fondo del carro i morenti, e sopra i morti. Quando il carro giungeva al crematorio, conteneva soltanto morti. Gran parte dei prigionieri russi morirono congelati, perché i prigionieri esausti e già mezzi morti, quando c'era neve e gelo venivano deposti per terra. Dei 2.150 prigionieri russi, elencati a partire dal 26 ottobre 1941, di età media di circa 28 anni (!), il 31 marzo 1942 erano rimasti in vita 382. Questo significa che, nel periodo indicato, ogni giorno venivano uccisi almeno 11 prigionieri oppure, secondo la versione ufficiale "decedevano in seguito al lavoro nella cava" (17). Negli anni 1940-1942, ogni domenica mattina, dalle cave si dovevano portare nel campo dei blocchi di pietra. Queste pietre venivano usate per la costruzione del muro di cinta, alto circa 3 metri, e delle torri di guardia. Per questo lavoro, non di rado venivano impiegati prigionieri malati e inabili. Venivano addirittura costretti a trasportare le pietre di corsa. In questo modo, si cercava di uccidere quanti più prigionieri inabili possibile, o almeno di accelerarne la morte. Dopo l'installazione delle aziende per la produzione bellica, le condizioni di vita e di lavoro dei prigionieri migliorarono. Specialmente perché il lavoro era regolato sul ritmo delle macchine, e i prigionieri là impiegati spesso ricevevano del vitto in più. L'amministrazione SS del campo "affittava" i prigionieri alle aziende di materiale bellico e ad altre ditte che si trovavano nelle immediate vicinanze del campo, e alle aziende delle SS. Già nel 1936 il Ministero delle Finanze del Reich aveva stabilito che tutte le ditte private, o altre, a cui venivano messi a disposizione dei prigionieri, dovevano corrispondere un certo pagamento alla cassa del Reich, attraverso l'amministrazione del campo di concentramento corrispondente. Questi pagamenti venivano usati per coprire le spese dei campi stessi. L'importo del pagamento ai prigionieri ammontava, per le aziende delle SS, fino alla fine del 1942, a marchi 0,30 a giorno e prigioniero. Anche questi minimi pagamenti non sono stati pagati, finché le strutture produttive erano in costruzione. I prigionieri non ricevettero mai un salario. In base a una norma di servizio del maggio 1943, certi prigionieri ricevevano, a partire dall'autunno 1943, a titolo di incentivo al lavoro, delle tessere del valore da 0,50 a 5 marchi. Per queste tessere era loro possibile comprare, nelle cosiddette "cantine" dei lager, determinate merci (18). Fino al 31-12-1943, le ditte destinate alla produzione bellica e le aziende private dovevano pagare ogni giorno, per ogni prigioniero manovale, 1,50 marchi, e per ogni operaio specializzato 2,50 marchi alla cassa del Reich. Dall'1-1-1944 le tariffe furono aumentate; le aziende belliche e private pagavano per ogni operaio specializzato 5 marchi, per personale non qualificato 3 marchi (a Gusen II: specializzati 6 marchi, generici 4 marchi). Alla DEST veniva conteggiato il 1-1-1944 per ogni operaio specializzato l'importo di 1,50 marchi, e per i generici 0,50 marchi al giorno, e prigioniero. Secondo i calcoli dell'ufficio amministrativo centrale delle SS (19), le spese di alimentazione per ogni prigioniero ammontavano al giorno a 0,60 marchi, l'ammortamento per il vestiario 0,10 marchi e le spese aggiuntive per alloggio, sorveglianza eccetera 0,60 marchi. In totale 1,30 marchi (20).

[Note] 16. "...Grazie alle ricche risorse di pietre e ghiaia, la cava di Mauthausen-Gusen divenne il principale centro del granito della DEST. La capacità annua prevista di circa 25.000 metri cubi di pietre e la programmazione dell'espansione sono state realizzate in gran parte. Dopo I primi anni di costruzione, vi erano impegnati da 150 a 250 Impiegati civili, e da 2.000 a 4.000 internati dei campi di Mauthausen e Gusen...". Da: Le Imprese economiche delle SS, ed. Enno Georg, serie Viertel­jahrshefte für Zeitgeschichte, n. 7, anno 1963 (Deutsche Verlagsanstalt. Stoccardal, p. 46.

17. Secondo una statistica delle SS sono morti nel "campo di prigionia" di Gusen: (1941) ottobre 37, novembre 92, dicembre 91, (1942) gennaio 571, febbraio 339, marzo 638 prigionieri sovietici. Archivio Museo Mauthausen. E le /1 e E lc/21.  

18. Nelle cantine dei Iager, di proprietà delle SS, si vendevano sigarette, tabacco da masticare, aringhe, lucido per scarpe, chiodini, pettini, spazzole, spazzolini da denti, carta vetrata e altra merce al poco valore, in gran parte prelevata con la forza. All'inizio, soltanto ai prigionieri tedeschi e austriaci veniva distribuito tabacco.

19. L'ente amministrativo centrale delle SS era l'amministrazione centrale di tutti i campi di concentramento nazisti e delle aziende delle SS, come pure di tutte le unità SS. La sede era a Oranienburg. Il capo era Oskar Pohl. Nel maggio 1938 Pohl e diversi capi SS visitarono le cave di  Mauthausen-Gusen.

20. Cfr. "Le imprese economiche delle SS", Enno Georg, Stoccarda. 1963, p. 117.

La sanità

Le condizioni di alloggio e le caratteristiche disumane del lavoro, come il vitto del tutto inadeguato ebbero come conseguenza una situazione sanitaria catastrofica dei prigionieri. Come abbiamo già detto, le baracche dalla 27 alle 32 erano usate per i malati. Il blocco 27 ospitava il reparto chirurgico. La baracca 28 l'amministrazione, le baracche 29 e 30 il reparto infezioni, la baracca 31 era riservata ai malati di dissenteria e il blocco 32 era adibito a convalescenziario. La maggioranza assoluta dei funzionari del reparto infermeria, come medici, infermieri ecc. era costituita da prigionieri polacchi. Collegato al reparto patologico era un museo. La maggior parte dei preparati medici veniva inviato al reparto medico delle SS all'università di Graz. Prigionieri con caratteristiche particolari, che cioè erano particolarmente alti, o piccoli, o che recavano modifiche significative di organi, venivano uccisi con iniezioni e i cadaveri venivano ridotti a scheletri, oppure determinati organi venivano trattati e imbalsamati. In questo museo si trovavano ultimamente 286 "preparati" e un grande album, con pelle umana tatuata. Così, alcuni prigionieri dovettero morire soltanto perché avevano dei tatuaggi particolarmente "artistici". Si dice che a Gusen sono stati realizzati alcuni oggetti d'uso comune per membri delle SS, con pelle umana tatuata. Una fra le disposizioni disumane dei  medici SS consisteva nel rifiuto di cure mediche per determinate categorie di prigionieri. Così, ad esempio, negli anni dal 1940 al febbraio 1944 per tutti i prigionieri ebrei, e negli anni 1941 e 1942 per i prigionieri russi. In casi singoli - ad eccezione dei tedeschi e degli austriaci - questa disposizione veniva applicata a Gusen anche ad appartenenti ad altre nazioni. Il reparto di infermeria era scarsamente dotato di medicinali. I medicinali più importanti erano l'aspirina e la tintura di iodio. Dal punto di vista dei medicinali, l'unico aiuto era quando il personale riusciva a rubarne dalle infermerie o dalla farmacia delle SS. Negli ultimi anni, il materiale per bendaggi era costituito unicamente da carta. Nel 1945 furono usati come bende la carta per margarina, giornali, carta da pacchi e resti di stoffa e di biancheria. Una disposizione categorica dei medici SS era l'ordine di uccidere tutti i malati che avrebbero potuto diffondere epidemie. Veniva applicata categoricamente a tutti i casi di tifo e di TBC (21). Questi malati venivano isolati in un reparto speciale della baracca 30. I prigionieri chiamavano questa sala "la fossa". Su molti prigionieri inviati alla "fossa" vennero eseguiti degli esperimenti, ad esempio per rilevare la sopportabilità di certi medicinali, poi i malati venivano uccisi con iniezioni al cuore. L'uccisione mediante iniezione avveniva generalmente spiegando al malato che doveva subire un intervento chirurgico. Veniva coricato su un tavolo operatorio e di solito addormentato con cloruro di etile. Ma gli ebrei e i prigionieri russi non venivano narcotizzati. Alla vittima veniva iniettata una soluzione velenosa, con un lungo ago nel cuore. La soluzione era composta di clorato di magnesio, di composti al cianuro e rodano, o di liquido con fenolo o benzina. La morte era quasi istantanea. Il corpo senza vita veniva sciolto dal tavolo e allontanato dalla sala operatoria. Poi seguiva la vittima successiva (22). Secondo le indicazioni di medici polacchi, tre medici SS, Dr. J. Fried, Dr. B. Adolph e Dr. K.G. Böhmiclen si rifiutarono di praticare iniezioni nel cuore. Nel campo prevalevano le malattie che erano condizionate dall'esistenza in condizioni estreme e di continua sofferenza, come gli edemi da fame, debilitazione generale, foruncolosi, molti fasi di flemmoni, congelamenti, rotture del naso, delle mandibole e delle costole e scabbia. Nella primavera del 1942, nel campo di Gusen l, su circa 6.500 prigionieri oltre 4.000 erano affetti da scabbia. Poiché anche membri delle SS erano affetti da questa malattia, si curarono tutti i malati con unguenti. In breve tempo, l'epidemia di scabbia fu superata. La sorte peggiore toccava probabilmente ai malati di dissenteria (23). Nessuno voleva curarli, né se ne occupava. Nel blocco 31, nella "Sala B" fu allestito un locale adibito unicamente ai malati di dissenteria. In questa camera, che dai prigionieri veniva chiamata “Bahnhof” ("stazione") si trovavano molti letti a tre piani, senza sacchi di paglia o altro materiale molle. Nessun infermiere o medico entrava nella camera, anche il cibo veniva deposto in terra, davanti alla porta. I malati aspettavano che fosse la morte a liberarli. La morte giungeva in forma di una agonia lenta e dolorosa, oppure nella persona dell’"anziano del blocco". che di tanto in tanto (1940-1942) entrava nella camera con un grosso bastone e uccideva i malati, con colpi precisi sulla testa. Altri candidati alla morte erano gli invalidi al lavoro, chiamati nel gergo del campo "Muselmänner" ("musulmani") oppure "Kretiner" ("cretini"). Erano uomini che, a causa delle condizioni del campo (24) non erano più in grado di svolgere alcun lavoro. In certi inverni, questi invalidi al lavoro costituivano anche il 30-40% del totale dei prigionieri. La loro razione di vitto quotidiano, già di per sé insufficiente, veniva ulteriormente ridotta. Negli anni 1941, 1942 e 1944 venivano inviati ai cosiddetti "sanatori per prigionieri" o "case di riposo" o "campi di riposo" come "Bad Ischl". "Dachau". oppure "Ybbs sul Danubio". In realtà, invece, venivano mandati nelle camere a gas dell'impianto di eutanasia del castello di Hartheim, comune di Alkoven. Eferding (25). Alcuni di essi, nel 1942 venivano caricati su speciali autocarri a gas e uccisi durante il tragitto, con il gas Zyklon B. Questo avveniva nel tragitto di circa 4 chilometri tra Gusen e Mauthausen. L'autocarro era un furgone a tenuta d'aria, nel cui interno venivano convogliati i gas di scarico o diversi. L'autocarro fu usato per il traffico pendolare tra il campo principale e Gusen (26). Altri prigionieri particolarmente deboli venivano uccisi con iniezioni al cuore oppure (questa era una "specialità" delle SS di Gusen) veniva loro "fatto il bagno". L'inventore della "campagna bagni", iniziata nel 1941, fu l'aiutante del campo Heinz Jentzsch. Venne per questo chiamato "bagnino" ("Bademeister"). Gli invalidi, in gruppi da 40 a 200 persone, venivano spinti nei bagni comuni e venivano quindi inzuppati di acqua fredda. Prima però venivano chiusi gli scarichi d'acqua, e quindi si aspettava che la morte sopraggiungesse per arresto cardiaco, dovuto ad assideramento. Chi non moriva così, veniva ucciso a percosse, annegato, o doveva ripetere il "bagno" (27). Altri malati vennero annegati in un grande serbatoio d'acqua. Nel blocco 16, nel febbraio del 1942 furono uccisi con Zyklon B 44 prigionieri di guerra russi. Questa "azione" fu eseguita da una ditta di disinfestazione di Linz. Nella notte dal 21 al 22 aprile 1945 (13 giorni prima della liberazione!) fu effettuata l'ultima "liquidazione" degli invaIidi a Gusen I. Circa 800 invalidi furono concentrati nel blocco 31, le finestre furono chiuse con assi, si gettarono dei contenitori di Zyklon B nel locale e si chiusero le porte (28). Questi "bagni" furono sospesi per interessamento del dottore SS Konrad e dei funzionari dei prigionieri. L'obersturmfürer SS Dr. Ladislaus Konrad, na­to il 28-8-1913 a Siegendorf, fu medico del campo di Mauthausen/Gusen dall'ottobre 1941 al maggio 1942. Lasciò il campo dietro richiesta del comandante Franz Ziereis. Lettera dell'Ufficio Criminale Federale del Baden­Württemberg del 7-1-1975, Gr. 831-130/61-He. I prigionieri rinchiusi morirono tutti. Nella notte successiva, nel campo di Gusen II furono uccisi con asce e martelli da cava altri 600 prigionieri invalidi. Ma questa morte brutale non toccava soltanto a prigionieri deboli e malati. Alla fine del febbraio 1945 arrivò a Gusen un trasporto di 420 bambini ebrei completamente deperiti, in età dai 4 ai 7 anni. Furono uccisi quella stessa sera da medici e graduati delle SS con iniezioni al cuore. Quasi tutti i medici SS abusarono di prigionieri malati e sani per esperimenti pseudo-medici. Così, ad esempio, il dott. Hermann Kiesewetter operò infinite volte i prigionieri, senza che ce ne fosse necessità. Eseguì anche trapanazioni, per vedere come funziona il cervello umano. Il dott. Hermann Richter eseguì su centinaia di prigionieri operazioni inutili e il dott. Helmuth Vetter eseguì esperimenti, dietro incarico della ditta IG FARBEN AG, su malati di tifo e TBC. Tutte queste cavie umane, se superavano gli "esperimenti" e le operazioni, venivano uccise con iniezioni al cuore. La durata media della vita dei prigionieri di Gusen, negli anni 1940-1942, era di 6 mesi al massimo, e in determinati gruppi di prigionieri o di lavoro la durata era molto inferiore. Tre esempi: il 2-8-1940 giunsero a Gusen, provenienti da Dachau, 1500 polacchi. Fra questi c'erano 28 sacerdoti, dall'età media di circa 41 anni. Tutti sono stati elencati come "deceduti" in quello stesso anno. I sacerdoti vissero in media quindi 92 giorni, e quindi non 6 mesi, ma soltanto 3 (29). Dei 3.846 spagnoli, arrivati nel corso del 1941, con età media di 32 anni (!), meno di mille sopravvissero all'inverno del 1941-42. Tutti gli altri sono "deceduti" (30). Nel 1941 giunsero a Gusen 7.644 prigionieri. Di questi, circa 1.200 furono inviati ad altri campi, circa 80 tedeschi e austriaci furono rilasciati e arruolati nella Wehrmacht. Nello stesso anno "morirono" a Gusen 5.790 prigionieri. Nel 1942 si ebbero circa 6.000 arrivi (31), ci furono pochissimi trasferimenti, e le morti dichiarate furono in quell'anno 7.205. Nel 1943 la durata media di un prigioniero era di 8-9 mesi, nel 1944 di circa 12 mesi, mentre nel 1945 la durata si riabbassò notevolmente. Da questo elenco risulta che le condizioni di vita meno peggiori si ebbero nel 1944, soprattutto nei mesi da maggio a settembre (32). Ma i fatti sono i seguenti: dei 384 prigionieri "deceduti" nei mesi giugno e luglio, 15 furono sepolti da frane, 20 fucilati "durante la fuga", 13 fucilati regolarmente o impiccati, 6 morirono suicidi per impiccagione o contro i fili dell'alta tensione, 62 vennero uccisi con iniezioni al cuore e 263 morirono ufficialmente per le consuete malattie del campo: infezione, idrofobia, arresto cardiaco ecc.. Negli stessi mesi vennero uccisi altri prigionieri nella "casa di riposo" di Hartheim. Quando parenti tedeschi o austriaci dei prigionieri morti venivano per caso nel campo, per informarsi sulle ultime ore di vita dei deceduti, venivano condotti regolarmente dal primo capo del campo (dal suo vice, in caso di assenza), e là veniva loro detto che "il defunto era un bravo lavoratore, che sarebbe stato liberato entro breve tempo, ma che era deceduto in seguito a grave malattia, nonostante la migliore cura e assistenza medica". I capi del campo non tralasciavano neppure l'espressione della loro “più sincera condoglianza”!

[Note] 21. Tutti i malati di TBC del campo di Mauthausen vengono concentrati a Gusen.

22. A Gusen nel gennaio 1942 732 prigionieri (prevalentemente spagnoli) e 571 prigionieri di guerra sovietici (complessivamente 1.303) vengono dichiarati "morti". ln effetti, diverse centinaia di essi furono uccisi con iniezioni nel cuore, perché risulta la somministrazione di tali iniezioni nei giorni 1, 2, 4, 6, 12, 14, 15, 16, 17, 18, 20, 21, 24 e 30 gennaio 1942. A Gusen, fino all'aprile 1945 (!) furono somministrate iniezioni al cuore almeno due volte la settimana.

23. La dissenteria era un fenomeno di massa, causato dalla fame, dal freddo e dalla qualità del cibo.

24. IL peso del prigionieri di Gusen, negli anni 1940-1942, e nel 1945 era in media di 45 chilogrammi. C'erano però centinaia di uomini di 30 e 40 anni che pesavano da 28 a 36 chili. I funzionari del prigionieri avevano un'alimentazione migliore.

25. Vedi p. 31: Comunicazioni di modifiche del 25-7-1944.

26 Dalle motivazioni dell'assoluzione nel processo contro l'ex anziano del campo di Mauthausen Josef Schöps (NationaIsozialistiche Massentötung durch Giftgas, Eugen Kogon, Herrnann Lan­gbein, Adalbert Rükkerl e.a., p. 251 ss).

27. AIbert Kainz dichiara: "Nei mesi di ottobre e novembre 1941 si è "fatto il bagno" 4 volte a 150 malati di TBC. Gli ultimi undici di questi 150 sono stati uccisi con iniezioni alla fine di novembre.

28. Archivio Museo Mauthausen, B 12/3, elenco decessi, p. 409 ss., B12/35, 37, 59. Dichiarazioni di prigionieri di Gusen.

29. Storia del campo di Mauthausen. Hans Marsalek, p. 266 e 267. Elenco dei sacerdoti, con data di nascita e di morte.

30. Op. cit. p. 156 e 221 ss.

31. Cifre calcolate dall'autore, in base a documenti incompleti.

32. Secondo l’elenco dei decessi, in questi mesi morirono 869 prigionieri (maggio 86, giugno 197, agosto 238, settembre 161). La media mensile è di 174 morti, mentre da gennaio ad aprile, e da ottobre a dicembre 1944 si ha una media mensile di 460 morti. Queste cifre non comprendono 698 vittime di Harteim. Archivio Museo Mauthausen, B 12/3/5, Elenco decessi di Gusen, Originale

Prigionieri ebrei

I prigionieri ebrei - contrassegnati in modo speciale dal vestiario e da due stelle di Davide arancione trovarono, come i prigionieri di guerra russi (1941-1942) le condizioni più tremende. Fino all'inverno 1943-44 il numero di prigionieri ebrei a Gusen fu molto piccolo. La loro vita durava soltanto poche settimane, talvolta pochi giorni. Venivano impiegati di regola soltanto nei gruppi di punizione. Fra le loro mansioni rientravano, d'estate e d'inverno, a seconda dell'umore delle SS, la pulizia delle fosse degli escrementi, e il trasporto delle feci in grandi contenitori. Dovevano compiere questi lavori completamente nudi. Per il resto dovevano trasportare pietre. Non potevano scrivere (33) né ricevere pacchi, né avere cure mediche. Come alloggio, era riservato loro il blocco isolato n. 16. Dal 1940 all'inverno 1943-44 (34) non ci fu nessun prigioniero ebreo che sopravvisse al campo. Non ci fu alcun tipo di violenza o uccisione che non sia stato compiuto sugli ebrei. Furono gassati, strozzati, annegati, congelati, uccisi a percosse e a colpi di pietra, spinti contro i fili dell'alta tensione e fucilati "durante la fuga". Dall'estate 1944 giunsero trasporti di ebrei dalla Polonia e dall'Ungheria. Questi prigionieri ebrei ricevettero cure mediche e furono impiegati nello scavo delle gallerie a Gusen II.

[Note] 33. In teoria i prigionieri ebrei potevano spedire dopo tre mesi di prigionia 1 cartolina postale. Siccome però fino al febbraio 1944 i prigionieri ebrei raramente sopravvivevano per tre mesi, questo permesso sembra una presa in giro.

34. Dall’autunno 1942 all’inverno 1943-44 probabilmente non ci furono prigionieri ebrei a Gusen.

Punizioni

Le punizioni disciplinari potevano essere comminate soltanto dal primo capo del campo, o dal suo vice. In realtà, ogni membro della direzione distribuiva pene e punizioni. Le punizioni dovevano anche essere confermate dall'Ufficio di Sicurezza del Reich di Berlino, ma questo avveniva raramente, per lo più nel caso di esecuzioni capitali. Esistevano le punizioni seguenti:

1. Stare sull'attenti accanto all'ingresso principale, con le mani incrociate dietro alla nuca. Durata minima 3 ore, talvolta fino a 12 ore.

2. "Sport": correre, saltare, fare capriole, ruotare eccetera.

3. Stare appesi a pali o alberi. Si legavano le mani del prigioniero ai polsi, dietro la schiena, quindi si sollevava il corpo tirandolo dalle mani legate.

4. Percosse. Venivano applicate sul sedere, con nervo di bue. La "dose" media era di 25 colpi.

5. Invio alla compagnia di punizione, per almeno un mese. Raramente i prigionieri (ad eccezione dei tedeschi e degli austriaci) sopravvissero a questo tipo di punizione.

6. Bunker o cella di isolamento. Di regola, questa punizione finiva con la morte.

7. Esecuzione mediante impiccagione.

Quasi tutti i "colpevoli" venivano interrogati prima della punizione. Nell'interrogatorio, venivano usati diversi strumenti di tortura, ad esempio il cosiddetto "rosario tibetano", comporto da bastoncini di legno o di acciaio. I bastoncini venivano conficcati fra le dita, e poi stretti. Negli interrogatori, erano frequenti brutali maltrattamenti, e anche uccisioni. Ad esempio, il venerdì santo 7-4-1944, nel bunker di Gusen, il direttore dell’Istituto per i Ciechi di Linz-Urfahr, Dr. Johannes Gruber, fu ucciso dal capo del campo Seidler, durante l'interrogatorio, con percosse e coltellate (35). Quali erano le infrazioni al regolamento del campo? In primo luogo la fuga. Ogni tentativo, preparativo o partecipazione alla fuga veniva punito bestialmente. Rientravano in questa infrazione il possesso di abiti civili, di denaro, di coltelli o oggetti simili ad armi, o anche semplicemente la biancheria di ricambio. Tutti i prigionieri fuggiti e ripresi (36) venivano fucilati al momento dell'arresto, o uccisi a botte, oppure percossi dopo l'interrogatorio, davanti agli altri prigionieri schierati, e quindi impiccati. Per le fughe esistevano drastiche punizioni collettive per determinati gruppi nazionali, o gruppi di lavoro o baracche. Il 28-7-1940 tutti i prigionieri polacchi, in seguito alla fuga del loro connazionale Wladimir Nowak, dopo il lavoro e senza cibo, dovettero restare in piedi per due notti davanti alle loro baracche e gridare, a brevi intervalli: "Nowak torna a casal". Chi si muoveva o non gridava forte veniva picchiato (37). Un altro esempio: il 13-8-1940 fuggirono i polacchi Franz Lukowski e Wiktor Kapacki. Per punizione, lo stesso giorno furono uccisi nelle cave 14 polacchi; i due fuggiaschi ripresi furono poi uccisi a botte davanti agli altri prigionieri il 15-8-1940. Già i preparativi di fuga comportavano punizioni terribili. Il 18-6-1941 il prigioniero tedesco Karl Neubauer fu dapprima crocifisso davanti alla cucina, sul piazzale dell'appello, e poi strangolato. Motivo: preparativo di fuga (38). Il pericolo era già presente alla sveglia mattutina: l’alzarsi adagio, il non far bene il letto, il non piegare bene la coperta, il non togliersi la camicia nei lavandini, il lavarsi troppo poco o troppo. Il non far bene la fila alla distribuzione del "caffè", o il non tener bene la scodella, il non tenere bene ordinati gli oggetti nell'armadietto (ogni oggetto aveva un suo posto preciso), il restare troppo a lungo nel gabinetto. Il non stare come dovuto nella fila davanti al blocco, il non stare bene in fila durante l'appello, il ritardo nella formazione del gruppo di lavoro, l'inciampare camminando, il non camminare in fila, o con fa faccia non dalla direzione giusta. Nel lavoro: non lavorare abbastanza in fretta, riposarsi, non eseguire gli ordini del kapò, o non eseguirli bene. Date le difficoltà della lingua - le SS e i kapò parlavano quasi esclusivamente tedesco - tutto questo era facile. Il non poter fare certi lavori, per le proprie caratteristiche fisiche, uno strappo al vestito durante il lavoro, o lo smarrimento di un capo di vestiario. Tutto questo poteva essere interpretato come un preparativo di fuga. A pranzo: non stare in fila, o fare la fila per la seconda volta, o parlare troppo forte. Durante il lavoro non si poteva parlare. L'assentarsi per fare i propri bisogni era permesso solo in tempi determinati, e solo con l'autorizzazione delle SS. Il fermarsi troppo a lungo nel gabinetto poteva essere punito. Un ritardo nella formazione del gruppo di lavoro poteva essere interpretato come un tentativo di fuga. Era vietato portare dal posto di lavoro qualunque oggetto o cibo nel campo (di tanto in tanto, interi gruppi di lavoro venivano fermati all'ingresso e perquisiti). Il non eseguire come dovuto, all'appello serale, il comando "giù il berretto" e "su il berretto". Ovviamente, era proibito fumare sul posto ai lavoro e nelle baracche, o avvicinarsi di notte a compagni di altre baracche, scambiare viveri, barattare oggetti. Ogni furto in baracca - specialmente di pane - veniva punito con la morte del colpevole. Qualsiasi resistenza agli ordini del personale, o aggressione contro di esso, veniva punita immediatamente con la morte (linciaggio). Era severamente vietato possedere pubblicazioni (giornali, libri, ecc.), far arrivare o partire lettere, discutere di politica, formare gruppi politici illegali, ricevere notizie radio o diffondere notizie riguardanti la Wehrmacht. Il 21-4-1945 (!) due giovani polacchi, Wladimir Wozniak e Piotr Grzelak furono sorpresi da una SS mentre stavano disegnando la linea del fronte su una minuscola carta geografica. Il giorno seguente, furono uccisi con diverse centinaia di prigionieri malati nella baracca 31 con il Zyldon B (39). Era severamente vietato avere contatti con le SS o con civili che lavoravano nell'industria bellica. Venivano punite tutte le manifestazioni di solidarietà verso i prigionieri russi, gli ebrei o i condannati a morte. Il possesso di denaro, preziosi o bevande alcoliche veniva generalmente punito con la morte. Ma si sapeva che qualche kapò più importante e i funzionari del campo possedevano tutto questo. I membri del comando si procuravano denaro, preziosi e alcolici presso di loro. Questo elenco è assolutamente incompleto, perché già il semplice toccare un kapò o una SS, talvolta anche soltanto uno sguardo poteva causare una punizione, se non addirittura la morte.

[Note] 35. Il sacerdote Johannes Gruber organizzò nel campo un'azione di solidarietà per bambini e giovani. Poiché in una lettera descrisse le condizioni di Gusen, venne ucciso. Ufficialmente: "In Data 8-4-1944 suicidio per impiccagione". Archivio Museo Mauthausen, E la/16, 20 e 31.

36. Solo nel febbraio 1945 un prigioniero polacco riuscì a fuggire. Dal maggio 1940 all'inverno 1944/45 furono ripresi tutti i prigionieri che avevano tentato la fuga. "Storia del campo di Mauthausen", "La fuga' p. 247 ss.

37. "Gusen, l'anticamera dell'inferno", Jerzy Osuchowski. p. 54, 57 e "Kalendarium Gusen" p. 28 e 32.  

38. "La storia del campo di Mauthausen". p. 251.

39."La storia del campo di Mauthausen". p. 310.

Chi riusciva a sopravvivere?

Furono soprattutto quei prigionieri tedeschi e austriaci che ebbero la fortuna di sopravvivere ai primi mesi della loro prigionia e che ricevettero poi determinate funzioni all'interno del campo, o un posto di lavoro. Ma anche quei prigionieri che, nell'ambito della cosiddetta "autogestione" era disposti a lavorare come "longa manus" delle SS. E poi i prigionieri che possedevano nozioni particolari, necessarie alle SS per l'amministrazione del campo,ad es. i prigionieri che sapevano le lingue, dattilografi, disegnatori tecnici, medici, personale sanitario, pittori e anche falegnami, saldatori, meccanici, fabbri. muratori, scalpellini, più tardi tecnici del settore bellico ecc.. Fra i prigionieri non tedeschi, negli anni 1940-1942 solo pochi ebbero la possibilità di sopravvivere: solo se erano operai veramente specializzati. o molto giovani, e veniva loro affidato un lavoro al coperto. Più tardi, vi si aggiunsero tutti quei prigionieri che avevano conoscenze specifiche, o erano protetti nel gruppo dei prigionieri spagnoli o polacchi, nell'ambito della solidarietà nazionale. Infine sopravvisse una parte dei prigionieri arrivati al campo negli ultimi mesi, e che la liberazione salvò dalla morte.

Scavi archeologici

Nell'autunno del 1940, alle pendici meridionali del Kogelberg. durante gli scavi per la ferrovia di St. Georgen sul Gusen - cava di Kasterihof - furono trovate delle tombe preistoriche. Si trattava di resti di animali, di oggetti del neolitico, della civiltà di Hallstatt e dell'epoca romana. Per ordine del capo delle SS, Himmler, fu costituito un gruppo di scavo, composto prevalentemente da polacchi, che mise allo scoperto le tombe, sotto la guida di funzionari dell'Istituto per la Cura dei Monumenti (40). Furono estratti oltre 50 corpi e tombe. Tutti gli oggetti rinvenuti, come vasi, ornamenti, armi e altri oggetti d'uso vennero conservati ed esposti in un museo installato nel campo. Il museo serviva da "vetrina" per i diversi capi SS e del partito nazista che visitavano il campo e che in questo modo si convincevano... "con quanta utilità i prigionieri venivano impiegati". Il Natale del 1942 vide un lungo catalogo dei reperti archeologici, redatto dai prigionieri, con 85 disegni con testo. Il primo capo-Iager, Chmilewski, semianalfabeta, vi compariva in una prefazione, nella quale veniva presentato, fra l'altro, come cultore della scienza tedesca, in particolare dell'archeologia. Ovviamente, questa prefazione non fu opera dello Chmilewski, ma di un prigioniero polacco, da lui incaricato. Nel 1943 Himmler fece trasportare il museo in Germania. Una parte dei reperti archeologici ritornò nel 1945 al Museo di Storia Naturale di Vienna.

[Note] 40. Dal 16-11-1940 il gruppo di scavo Spielberg era formato da 27 giovani sacerdoti polacchi. Quando in seguito a un intervento del Vaticano del 7-12-1940 furono trasferiti da Mathausen e Gusen 152 sacerdoti a Dachau, furono impiegati nel gruppo di gruppo di scavo prevalentemente professori universitari polacchi “Storia del campo di Mauthausen”, p.268.

Il numero dei prigionieri

Una documentazione precisa riguardo al numero dei prigionieri, arrivi, trasferimenti ad altri campi e rilasci esiste soltanto all'inizio, cioè negli anni 1940-41, e poi dal marzo 1943 al 4 maggio 1945. Esiste la documentazione del numero complessivo dei morti ufficiali, che compaiono negli elenchi con il nome e i dati relativi. Il movimento prigionieri (41) del campo di concentramento di Gusen:

Data

numero complessivo 

annotazioni

25-5-1940  212
31-12-1940

    ca. 3800

31-12-1941

    ca. 6500

dal 25-5-1940 al 31-12-1942 furono trasferiti a Gusen circa 20.500 prigionieri
31-12-1942

    ca. 6000  

31-3-1943  6840
30-4-1943  8563
31-5-1943  9095
30-6-1943 9017
31-7-1943 8889
31-8-1943 7353
30-9-1943 7083
31-10-1943 7906
30-11-1943 8461
31-12-1943 7925
31-1-1944 7357
29-2-1944 7558    
31-3-1944 10494 il 9-3-1944 si aprì Gusen Il
30-4-1944 10433
31-5-1944 13745
30-6-1944 16221
31-7-1944 16671
31-8-1944 19441
30-9-1944 22068
31-10-1944 23338
30-11-1944 23887
31-12-1944 24266 il 16-12-1944 si apri Gusen III
31-1-1945 23730
28-2-1945 26311
30-3-1945 23951
29-4-1945 18646
4-5-1945 20487 l'ultimo dato numerico

Esistono alcune suddivisioni, redatte dall'amministrazione delle SS, dei prigionieri secondo l'età (42), che danno il seguente quadro dei prigionieri di Gusen:

data bambini e ragazzi inferiori a 20 anni 20-30 30-40 40-50 50-60 oltre 60 totale
31-3-1943 771 2464 2313 1020 253 19 6840
31-7-1943 1268 3412 2779 1102 289 39 8889
31-1-1944 956 2904 2214 1071 200 12 7357

Degli anni 1944 e 1945 si hanno soltanto dati riassuntivi dei gruppi di età: campo principale di Mauthausen e 49 campi secondari. È indicativo il fatto che in tutti i campi secondari e nel campo principale, dal 30-4-1943 al 31-3­1945 il numero complessivo dei prigionieri sia aumentato di 4,2 volte (da 18.655 a 78.547) e il gruppo dei bambini e ragazzi inferiori a 20 anni di 6,2 volte (da 2.404 a 15.048). Negli anni 1943-1945 a Gusen, la maggior parte dei ragazzi russi (oltre 12 anni) e degli adolescenti (fino a 16 anni) fu impiegata nell'addestramento a scalpellini. A questi quasi 700 apprendisti si prospettava la liberazione "dopo la fine vittoriosa della guerra"e l'insediamento nelle vicinanze delle cave di Gusen, per poi lavorare agli "edifici voluti dal Führer" (43).

[Note] 41. Archivio Museo Mauthausen, B12/9a, B12/32, B/13 e B/14, E6/6 e 7, Comunicazioni quotidiane, modifiche.  

42. Archivio Museo Mauthausen, E 6/5, comunicazioni mensili sull’età e le condizioni dei prigionieri.

43. “Le imprese economiche delle SS”, Enno Georg, p. 112, “La storia di KLM, p. 111 e 113.

I vivi e i morti

Il numero complessivo dei prigionieri trasferiti a Gusen (campi I, II e III) dal 25-5-1940 al 4-5-1945, in base alla documentazione disponibile, non può essere fissato con precisione. Questa cifra può essere ottenuta soltanto in base ai numeri attribuiti ai prigionieri, alla documentazione esistente e agli elenchi che non sono andati perduti. Pertanto, sarebbero stati mandati al campo di concentramento di Gusen:         

dal 25-5-1940 al 31-12-1942

circa 20.500 prigionieri

nel 1943

circa   9.120 prigionieri

nel 1944

circa 22.396 prigionieri

nel 1945, fino al 4-5-1945

circa 15.651 prigionieri

complessivamente

circa 67.667

Per i morti registrati ufficialmente si hanno cifre precise. Il numero preciso delle vittime dei gas, cioè di quei prigionieri di Gusen che nel 1941 furono uccisi nell'ambito delle azioni "14f13" camuffate come "sanatorio di Dachau" o "sanatorio di Ybbs sul Danubio" o ancora "sanatorio Bad lschl" e nel 1944 con la dicitura "casa di riposo", e precisamente negli impianti di gasaggio del castello di Hartheim, e nella primavera del 1942 nell'autocarro a gas, non si è potuto ricostruire. La statistica di Gusen relativa ai deceduti è la seguente:

anno

comunicati come ufficialmente deceduti secondo gli elenchi (44) 

vittime di Hartheim

totale vittime

1940 (dal 25-5)

1.522 

0

1.522

1941

5.790

?

5.790

1942

6.073

1.132 (45)

7.205 ca

1943

5.225

0

5.225

1944

4.091

698

4.789

1945     (fino al 4-5)

 8.834

0

8.834

       31.535

1.830 

      33.365

Alla cifra di 33.365 morti si devono ancora aggiungere: 240 polacchi trasferiti da Gusen al campo principale di Mauthausen e vi furono fucilati come ostaggi nel 1940; 420 bambini ebrei, uccisi alla fine di febbraio del 1945. Una parte di quei 2.937 malati gravi che furono trasferiti fra il 28-2-1945 e il 30-3-1945 dalle infermerie di Gusen al lazzaretto di Mauthausen, e vi giunsero cadaveri, o morirono nei giorni immediatamente successivi. Come risulta da una statistica di Mauthausen, 1.700 malati provenienti da Gusen morirono già nei primi giorni di marzo. Si tratta quindi di altri circa 2.360 morti, che sommati ai precedenti danno un totale approssimativo di almeno 35.725. Ma anche questa cifra è incompleta, perché mancano al conteggio i morti dell'azione di gasagio su camion del 1942 e tutti quei prigionieri che, nei trasporti in massa degli anni 1944 e 1945, dopo viaggi durati settimane giunsero moribondi, e morirono prima di essere catalogati. Sono certamente diverse centinaia di morti. Poiché il numero di questi prigionieri non può essere valutato nemmeno approssimativamente, non se ne è tenuto alcun conto in questo elenco (46). Si dovrebbero ancora aggiungere: 102 prigionieri che morirono il 5-5-1945, 1.042 prigionieri liberati che morirono fra il 6-5-1945 e il 4-6-1945 nell'ospedale americano del campo di Gusen, e anche circa 800 ex prigionieri morti dopo il 6-5-1945 in diversi ospedali civili e americani in Alta Austria. Poiché queste persone (circa 1.944) morirono il giorno della liberazione o dopo di questa data, non sono comprese nel conteggio indicato. Se si vuole tentare un confronto fra i vivi e i morti, si devono sottrarre dal conteggio dei vivi quei prigionieri che furono trasferiti nel campo principale o in altri campi secondari, o in altri lager (Sachsenhausen, Dachau, Auschwitz, ecc.). Il numero di questi prigionieri è relativamente alto per gli anni 1943, 1944 e 1945, perché il campo di Gusen fu spesso usato come campo di appoggio, a causa del sovraffollamento del campo principale. I nuovi arrivati restavano a Gusen soltanto pochi giorni e venivano quindi inoltrati o ritrasferiti in altri campi. Per mancanza di documentazione completa, si è potuta calcolare la cifra dei trasferimenti soltanto approssimativamente, giungendo a un totale di circa  8.500 prigionieri. Se ora si confrontano le singole cifre, abbiamo il seguente quadro:

Dal 25-5-1940 al 4-5-1945

furono trasferiti a Gusen circa 67.667 prigionieri
furono ritrasferiti al campo principale o in altri campi secondari, o altri lager circa 8.500 prigionieri
restarono circa 59.167 prigionieri

Di questi furono

a) dimessi (alcuni "politici", o pregiudicati criminali reclutati nell'esercito: anni 1940, 1941 e 1945 circa 500 prigionieri
b) liberati secondo la statistica ufficiale del 4-5-1945 circa 20.487 prigionieri (47)
c) dichiarati deceduti, o uccisi  circa 35.725 prigionieri
d) destino sconosciuto circa 1.655 prigionieri

La percentuale dei morti rispetto alla totalità dei vivi (59.167 prigionieri = 100%) è quindi del 60,3%! I 20.487 prigionieri contati il 4-5-1945 erano composti da:

1. circa 15.000 prigionieri arrivati ai campi di Gusen negli ultimi mesi del 1944 e nel 1945, e  
2. circa 5.400 prigionieri che erano da tempo internati a Gusen. Questo gruppo di prigionieri era composto da:
a. personale del campo, dei blocchi, kapò
b. personale amministrativo delle SS, personale di cucina ecc
c. il personale adibito alle diverse officine e alle cave
d. il personale adibito all'industria bellica
e. medici e personale sanitario.

Suddivisi per nazionalità, erano: 1.188 tedeschi e austriaci, 22 albanesi, 42 belgi, 4 bulgari, 3 inglesi, 5 estoni, 1 finlandese, 163 francesi, 119 greci, 21 olandesi, 175 italiani, 854 jugoslavi, 10 croati, 21 lituani, 186 lettoni, 28 lussemburghesi, 2 norvegesi, 8.271 polacchi, 15 rumeni, 8.046 russi, 72 slovacchi, 821 spagnoli, 2 svizzeri, 27 apolidi, 214 cechi, 2 turchi e 173 unghe­resi (48).

La seguente statistica. relativa agli arrivi annui, e al numero dei morti registrati nello stesso periodo; è più che eloquente nel descrivere le conseguenze della "correzione" nazista che veniva praticata a Gusen:

anno numero dei prigionieri arrivati al campo (100%) morti (nello stesso periodo) percentuale dei morti rispetto agli arrivi (49)
1940 e 1941 14.500   7.552   52.08  (59.00%)
1942   6.000   7.205 120,08  (167,55%)
1943   9.120   5.225   57,29  (74,41 %)
1944 22.396   4.789   21,38  (23.13%)
1945 (fino al 4-5) 15.651 10.954   69.98  (78.80%)

Note] 44. Fra questi anche casi di morte "innaturale" come fucilazioni "durante la fuga", suicidio, incidenti sul lavoro. Archivio Museo Mauthausen, B12/3, elenchi decessi, originali.

45. 1.132 prigionieri furono uccisi con il gas nel 1942 a Hartheim. Non si conosce il numero esatto del prigionieri uccisi con il gas. Generalmente, durante un tragitto da Gusen a Mauthausen venivano gassati fino a 30 prigionieri. Archivio Museo Mauthausen, B15/6 e B15/14. Comunicazioni di modifica.

46. Il prigioniero politico austriaco Josef Nischelwitzer: “In un solo giorno, nel febbraio 1945, sono stati portati su autocarri al crematorio da 500 a 600 cadaveri non identificati. Ho dovuto portare con altri prigionieri i cadaveri nel frigorifero del crematorio”. Lettera all’autore del 24-8-1966.

47.  L’ultima comunicazione ufficiale relativa al numero dei prigionieri è del 4-5-1945. Nel giorno della liberazione, il 5 maggio 1945, morirono 102 prigionieri. Il numero totale al 5-5-1945 non è stato più indicato. Pertanto, sono stati liberati meno di 20.487 prigionieri.

48. Nei giorni dal 14-4 al 28-4-1945 sono state evacuate centinaia di prigionieri francesi, belgi e olandesi da parte della Croce Rossa, alla volta della Svizzera. “La storia del campo di Mauthausen”, p. 322 e 323.

49. Se si detraessero dalle cinque somme degli arrivi annuali gli 8.500 prigionieri trasferiti al campo principale o ad altri campi (media 1.700), si avrebbe una percentuale ancora maggiore. Questa percentuale viene indicata fra parentesi.

La libertà

Dal 29-4 al 2-5-1945 le SS cercarono di cancellare le tracce dei loro delitti. Tutti i documenti, schedari, elenchi di morti, corrispondenza, liste ecc., dovevano essere bruciati. I prigionieri del gruppo del crematorio furono trasferiti il 2-5-1945 a Mauthausen e furono fucilati. Il 3 maggio 1945 i padroni della vita e della morte abbandonarono il campo, la sorveglianza fu assunta da una unità dei pompieri di Vienna. Il giorno seguente lavorarono solo pochi prigionieri e il sabato 5 maggio 1945 fu chiaro a tutti i prigionieri che la libertà era ormai vicina. Lo stesso giorno, verso mezzogiorno - i prigionieri erano in fila per l'appello - comparve nel campo un solo carro armato americano. Ne saltò fuori un soldato americano, gridando "Siete liberi!". Un indescrivibile "Urrà!" di gioia fece eco a questo annuncio di libertà. Quasi contemporaneamente alle note dell'inno nazionale polacco "Jeszcze Polska nie zginela" sventolarono bandiere bianco-rosse della Polonia. Poi i prigionieri allineati cantarono la "marcia di Gusen", che era stata composta da un prigioniero polacco, e i francesi e alcuni altri prigionieri cantarono la Marsigliese. Prima che finisse il canto dell'ultima strofa dell'inno francese, iniziò la rappresaglia, guidata da gruppi di ragazzi polacchi e russi. Le umiliazioni durate per anni, i continui maltrattamenti, la vita da schiavi e il sistematico disprezzo di qualsiasi dignità umana da parte dei rappresentanti tedeschi, SS, funzionari esplosero come un vulcano. Ci fu un'ondata di terribili linciaggi contro il personale del campo, prevalentemente tedesco e austriaco, contro i kapò e gli "anziani", anche al di fuori del campo. Furono snidati dai loro nascondigli e massacrati senza pietà. Furono uccisi anche prigionieri tedeschi, del tutto innocenti. Il 7 maggio 1945 arrivarono unità regolari americane. La vittoria degli Alleati sull'esercito tedesco aveva masso fine agli orrori del campo di concentramento di Gusen. Dall'ombra mortale delle SS, circa 20.000 prigionieri tornarono alla vita e alla libertà. Da numeri senza nome che erano, ritornarono uomini con nome e cognome.

Cronologia

1938

29 aprile È fondata a Berlino la ditta delle SS "DEST" (Deutsche Erd - und Steinwerk.e GmbH)
maggio Alti funzionari SS visitano le cave di Gusen e Mauthausen
8 agosto Viene aperto il campo di concentramento di Mauthausen

1939

dicembre Prigionieri di Mauthausen iniziano la costruzione delle baracche di Gusen

1940

8 marzo I primi polacchi (448) vengono mandati a Mauthausen e destinati alla costruzione delle baracche di Gusen. A Gusen vengono allestite le prime baracche e il reticolato.
primi di aprile 800 prigionieri, quasi tutti polacchi, restano a Gusen.
16 maggio Nel Governatorato di Polonia, inizia, con la "Abaktion" la sistematica liquidazione degli intellettuali polacchi
24 maggio I primi 212 prigionieri di Gusen vengono registrati con nome e numero.
25 maggio Arrivano 1.084 polacchi.
2 agosto Arrivano 1.500 polacchi, fra cui 150 sacerdoti.
8 agosto Il medico SS Dr. Krieger inizia la somministrazione di iniezioni al cuore.
12-25 novembre Vengono uccisi studenti polacchi.
16 novembre 27 giovani sacerdoti polacchi formano il gruppo di scavi archeologici.
7 dicembre Quasi tutti i sacerdoti vengono trasferiti a Dachau. Termina la costruzione del campo, dei reparti lavorazione pietre e ghiaia. In 3 cave vengono impiegati 2.800 prigionieri.

1941

29 gennaio Entra in funzione il crematorio di Gusen
febbraio Arrivano i primi repubblicani spagnoli
17 marzo Inizia il concentramento dei malati di TBC.
5 luglio Scoppia un'epidemia di tifo
primi di luglio La commissione medica seleziona i prigionieri per i  trasporti a Hartheim. Motivazioni: "polacco nazionalista, spagnolo comunista, antitedesco, comunista".
16 luglio Vengono trasferiti i primi 45 prigionieri nel "sanatorio di Dachau", più precisamente a Hartheim. 7 trasporti: 510 prigionieri uccisi.
17 o 29 settembre Inizio delle azioni del "bagno freddo". Fino alla fine di gennaio vengono uccisi in questo modo più di 3.000 prigionieri.
24 ottobre Viene aperto il campo di concentramento per i prigionieri russi.
3 dicembre  Seconda fase dei trasporti a Hartheim: 423 prigionieri uccisi.

1942

1° gennaio  Somministrate iniezioni al cuore. Fino all'aprile 1945 (spesso più volte la settimana) vengono uccisi prigionieri in questo modo.
3 febbraio  Inizia la terza fase dei trasporti a Hartheim: 1.132 prigionieri uccisi.
2 marzo Almeno 44 prigionieri russi vengono asfissiati nella baracca 16, con l'aiuto di un tecnico della "disinfestazione" di Linz. Ogni giorno vengono uccisi a percosse prigionieri russi nelle cave.
marzo-maggio Camion a gas. In un furgone chiuso i prigionieri vengono uccisi mediante il gas, durante il tragitto Mauthausen-Gusen-Mauthausen.
15 giugno Arrivano i primi jugoslavi. 
autunno Inizio dell'attività di produzione bellica della Steyr­Daimler-Puch AG. Il capo lager Chmilewski riceve la croce di guerra e viene trasferito in Olanda (Hertogenbosch). Il nuovo capo è Fritz Seidler.

1943

marzo Arrivano i primi francesi.
29 marzo Il ministro degli armamenti Speer visita Mauthausen e Gusen.
5 aprile Il ministro degli armamenti Speer richiede in una lettera l'impiego dei prigionieri nella produzione bellica.
20 aprile Disposizione centrale: selezionare per l'azione 14f13 (Hartheim) "soltanto i malati psichici".
maggio Inizio dell'attività di produzione bellica della Messerschmitt.
8 giugno Uccisione di 46 polacchi e di 2 russi.
12 agosto Arrivano i primi italiani.
ago/sett. Viene ampliata la produzione bellica della Steyr­Daimler-Puch.
29 novembre  L'amministrazione centrale delle SS ordina la giornata lavorativa di 11 ore.

1944

23 gennaio 7.312 prigionieri di Gusen vengono inseriti nel conteggio del campo di Mauthausen.
9 marzo Viene aperto Gusen Il (St. Georgen). Inizia la costruzione di 14 gallerie per la Messerschmitt, Steyr-Daimler-Puch e il Politecnico di Vienna.
11 aprile In base a una nuova ordinanza centrale, i medici SS sono autorizzati a selezionare malati per l"'azione 14f13". Ricominciano i  trasporti alle camere a gas del castello di Hartheim: 698 prigionieri uccisi.  
2 maggio Arrivano i primi greci e albanesi.
28 maggio Arrivano i primi ebrei ungheresi.
Autunno Iniziano gli "pseudo-esperimenti" del dott. H. Vetter per la IG Farben AG.
16 dicembre Viene aperto Gusen III (Lungitz).
inverno '44/45 Nel gruppo di lavoro Steyr-Daimler-Puch sono impiegati circa 6.000 prigionieri.

 

1945

20 gennaio 53 prigionieri muoiono durante un bombardamento.
primi di febbraio Arrivano i primi prigionieri evacuati da Auschwitz.  
27 febbraio

1.047 malati gravi vengono trasferiti a Mauthausen.

31 marzo

142 prigionieri tedeschi e austriaci lasciano il campo di Gusen, in uniformi SS.

13 aprile

Arrivano unità sfollate dei Pompieri di Vienna. Assumono insieme a SS e soldati della Luftwaffe il servizio di sorveglianza.

22 aprile

682 (o 892) prigionieri vengono uccisi nella baracca 31 con il Zyklon B.

23 aprile

600 malati gravi vengono uccisi a percosse a Gusen II.

2 maggio

8 prigionieri del gruppo-crematorio di Mauthausen vengono fucilati.

3 maggio

Le SS e i soldati della Luftwaffe lasciano Gusen. Per la sorveglianza restano soltanto i pompieri di Vienna.

4 maggio Numero complessivo 21.207 prigionieri.  
5 maggio  Liberazione con l'arrivo degli americani. Linciaggi.
8 maggio

Tutti i tedeschi lasciano in gruppo compatto Gusen, per una sistemazione più sicura a Mauthausen.

6 maggio Inizia il rimpatrio.

Supplemento di Triangolo Rosso, n. 1-2, gennaio-febbraio 1990

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