Documenti dell'ANED di Milano
Oscar
Luigi Scàlfaro
Presidente
emerito della Repubblica
Un
saluto a tutta l'assemblea. Desidero rivolgere un ringraziamento per essere
stato invitato dal presidente dell' Aned, il senatore, avvocato Gianfranco
Maris. Ero già stato invitato ad un'altra assemblea, che si è svolta a
Mauthausen qualche anno fa e che non dimentico. Mi avvicino sempre a questi
momenti della storia pieni di sofferenza con un enorme rispetto e come uno dei
tanti che, se oggi vive in un regime di libertà - sempre migliorabile, sempre
perfettibile, soprattutto se c'è il contributo di tutti quelli che credono
nella libertà -, è perché ci sono state persone che hanno pagato con la
vita o che hanno pagato con sacrifici, sofferenze e offese alla propria dignità
umana Vorrei anche ringraziare pubblicamente il Santo padre per il messaggio che
ha inviato per mezzo del vescovo che siamo andati a ringraziare. Infine vorrei
rivolgere un ringraziamento ai professori che si sono assunti il compito non
facile di spiegare queste vicende storiche. La storia è il racconto di vicende
che sono avvenute e il racconto storico si compone di due momenti: i fatti e il
commento dei fatti medesimi. Lo studio dei fatti è importantissimo, anche se le
interpretazioni invero possono variare molto, a seconda delle molteplici lenti
che si usano. Provo una grande riconoscenza nei confronti degli storici. Da non
molto tempo sono stato eletto - e senza alcun merito presidente dell'Istituto
nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia, al quale fanno
capo decine di professori di università, cattedratici di prima fascia o di
seconda fascia, giovani ricercatori. Così mi sono ritrovato in mezzo a loro,
io che non ho cattedre...! Ho studiato legge, mi sono laureato, ho fatto il
magistrato per qualche tempo e poi la politica mi ha assorbito del tutto: da
59 anni! Il grande merito di questo congresso dell'Aned e del convegno
conclusivo è a mio parere, quello di rivedere con serenità tutta la storia.
Nessuno presume di essere infallibile, tutti sappiamo di certi silenzi colpevoli
che spesso nel passato ci sono stati. Siamo in epoca in cui taluni hanno una
vocazione a cercare di drizzare la storia: spostare i fatti come vorremmo che
fossero avvenuti. Non lo dobbiamo e non lo possiamo fare. Vi potrei raccontare
che da Capo dello Stato ho fatto visite di Stato, in tutti i paesi che facevano
parte dell'impero sovietico, e devo dire che la richiesta che tutti avanzavano
era di entrare a far parte dell'Europa. Mi ricordo di aver detto a più di un
Capo di Stato: "Scusi se siete nati in Europa siete europei, non chieda a
noi di diventare quello che siete già". "No, ma noi vogliamo far
parte di questa Comunità Europea, di questa Unione Europea". Si trattava
di popoli che avevano conosciuto il potere totalitario e avevano paura, non si
sentivano tranquilli. Da qualche tempo questa richiesta è scemata fortemente
perché l'Europa pare sicura e non è in pericolo immediato, salvo il
terrorismo...Durante questi incontri ricordavo spesso che là dove erano giunti
i Romani vi erano arrivati con le armi. Così spesso dicevo: "Presidente,
io rappresento l'ultimo discendente di quei Romani che sono venuti a casa vostra
con le armi in pugno". Le reazioni sono state belle, commoventi e mi si
faceva notare che l'impero romano aveva portato con sé anche il diritto di
Roma e, per così dire, la civiltà classica. lo sono solito dire che la Roma
dei Cesari aveva giuristi, filosofi, pensatori, oratori, scienziati, aveva
tutto, letterati, poeti, tutto! Ma Roma non ha mai detto né scritto "noi
facciamo una guerra preventiva", mai! Abbiamo dovuto arrivare a queste
decadenze per avere chi ci parla della guerra preventiva. La guerra preventiva
è contro il diritto internazionale ed è contro l'etica umana. I calcolatori ci
sono sempre, non parlo di quelli che sanno bene la tavola pitagorica, no, parlo
dei voltagabbana! Costoro si trovano nella loro acqua quando c'è un dominio che
schiaccia, perché a un certo momento si mimetizzano, pronti a mutare ancora
se capita. Poi, ci sono i paurosi, quelli che hanno paura della stessa loro
ombra, "i don Abbondio", per usare i termini che ci insegnava la
letteratura italiana quando andavamo a scuola. C'è una frase di Manzoni quando
descrive don Abbondio che è formidabile e ognuno ci può mettere la data che
vuole. "Don Abbondio guardava due che erano in contrasto, si schierava col
più forte, però guardava il più debole con l'aria di dire 'perché non sei
più forte tu? lo mi schiererei con te". Adesso voi metteteci la data e i
nomi che volete e avrete il don
Abbondio aggiornato. Di
fronte a questa realtà, ci sono i forti, i forti che soffrono, che pagano, che
combattono, che cadono, si ribellano e non si arrendono: sono sempre una
minoranza. Occorre che noi guardiamo con una certa serenità l'umanità della
quale facciamo parte, della quale condividiamo anche i difetti, perché anche
noi non siamo immuni dai germi di certe malattie. Quindi, non sconcertiamoci,
questa è la realtà umana: è sempre solo una minoranza che ha coraggio, che
si ribella, che si ribella al sopruso, che è capace di reagire e di lottare. Un
errore che spesso si commette è quello di dire chi vince la guerra ha ragione e
diventa giudice di quello che è sconfitto. È una bestemmia giuridica
paurosa, perché il giudice deve essere almeno al di sopra e al di fuori delle
parti. Infatti possiamo forse dire che il vincitore sia infallibile? Noi siamo
qui, in questo convegno, per condannare ciò che è male da chiunque sia fatto e
comunque sia fatto, per schierarci con ciò che è buono, anche se l'ha fatto
quello che si schiera come avversario. Siamo qui per condannare il male,
anzitutto quello che è stato fatto dalla nostra parte, per impegnarci a non
ripeterlo mai più, perché questi errori diventano fonte di altri errori, di
altri mali, i mali generano altri mali, nasce una catena che non si riesce a
spezzare. lo ho fatto per quattro anni il ministro dell' Interno durante gli
anni segnati dal terrorismo. Certo, parlo del terrorismo interno che ho vissuto
direttamente e che un ministro dell'Interno ha il dovere di prevenire, ha il
dovere di punire, ma ogni volta che entravo in Consiglio dei ministri dicevo:
vogliamo studiare questa malattia? Altrimenti noi, la polizia, siamo in prima
linea, però siamo come quei medici che cercano di curare un male senza sapere
che origini ha. Avrei preferito che gli Stati Uniti dopo la caduta delle torri,
che ha causato tanti morti e tante tragedie, avessero iniziato, magari con
l'appoggio di altri a istituire delle commissioni di studio vero per trovare
le ragioni di fondo del terrorismo. Se non si avvia questo studio non si
risolverà mai nulla, perché la violenza richiama altra violenza. Noi siamo qui
per difendere la storia vera. La storia è la vita dell'umanità, è il cammino
dell'uomo e nessuno può mutarla a proprio piacere, nessuno può rileggerla per
cambiaria, la storia non tollera "emendamenti"! Dobbiamo invece
accettare la pagine bianche e nere della nostra storia perché solo se
accettiamo le radici come sono, allora siamo forti credibili. Oggi tutto ci
richiama alla pace. Voi, che siete stati nei campi di sterminio nazisti ci
parlate sempre e solo di pace. Se io mi sono alzato al Senato e ho detto
"no alla guerra", l'ho detto anche per il merito del mio amico Maris
che mi ha fatto più volte avvicinare a voi. A Mauthausen, un paio di anni fa,
al vostro congresso c'era una prima fila soltanto di donne con quel fazzoletto
al collo che rappresenta ore di tragedia e per una donna significava certamente
sofferenza maggiore, la dignità e il riserbo offesi. La pace è un diritto
della persona, come è un diritto la sicurezza. Solo la pace può generare la
sicurezza, per questo vogliamo il dialogo. Il dialogo, sempre! Vogliamo dire
un "no" senza eccezioni alla guerra. Devo dirvi che quando sono uscite
le prime note di quella che dovrebbe essere la Costituzione europea, che ha
molte cose buone senza dubbio, ho però notato che in un mondo dove i focolai di
guerra, i luoghi dove gli uomini si ammazzano ancora sono più di trenta, non
c'è stato il coraggio di scrivere qualcosa di simile alle dichiarazioni del
dicembre ‘48, fatte dalle Nazioni Unite, dove l'articolo 1 dice: "tutti
gli esseri umani nascono liberi ed eguali in diritti e in dignità".
Nascono! Sapete cosa vuol dire "nascono"? vuol dire che ciascuno di
noi nasce libero, vuol dire che non deve dire grazie a nessuno. Si sarebbe
dovuto scrivere: tutti gli esseri umani hanno diritto alla pace, la pace è un
diritto naturale. Invece non si è scritto, perché si è instillato il germe
della guerra preventiva. Allora, certamente siamo per il dialogo e per la pace.
Il primo articolo della Proclamazione dei Diritti dell'Uomo - finisce con un
termine che è formidabile: parla di fratellanza. La fratellanza non è
comunione di vita soltanto, non è un lavorare insieme, non è un camminare
insieme come un popolo, nelle gioie e nelle sofferenze, nelle sconfitte e
nelle vittorie, fratellanza è un vincolo di sangue e l'umanità, di qualunque
colore abbia la pelle, qualunque pensiero abbia in testa, purché non sia contro
un altro fratello, in qualunque religione creda o non creda in nulla, ha una
fratellanza nella carne, nella capacità di pensare, nella capacità di amare.
Per questa fratellanza c'è questo incontro, per questa fratellanza c'è
questa battaglia. Siamo impegnati in prima linea per la pace, per la libertà,
per la democrazia.
da Fascismo Foibe Esodo. Le tragedie del Confine orientale, Atti del Convegno dell'ANED, Trieste - Teatro Miela, 23 settembre 2004