Documenti dell'ANED di Milano
QUADERNI DELLA MEMORIA 1/99
ANCHE A VOLERLO RACCONTARE È IMPOSSIBILE
Scritti e testimonianze sul Lager di Bolzano
POL.-DURCHGANGSLAGER-BOZEN
a cura di Giorgio Mezzalira e Cinzia Villani
Circolo Culturale ANPI di Bolzano
INDICE
Premessa
Presentazione della collana dei "Quaderni della memoria"
Tra storia e memoria
Introduzione
Bibliografia
Il diario di Berto Perotti
Tullio Bettiol: Brevi appunti sul Lager di Bolzano
Giannino Revere: Abbiamo visto solo passare il feretro
Antonio Ruscelli: In quel Lager c’ero anch’io
Quintino Corradini: Lass mich schauen
Paolo Mischi: Stai molto attento a come parli, se no non te la cavi
Vito Arbore: Ho compiuto vent’anni nel Lager
Nella Lilli Mascagni: Mi dice: "Gestapo". Rispondo: "Lilli"
Ricordiamo bene quel tunnel verso la libertà
Vittore Gorza: Tutti i dettagli di quel piano
Carlo Filippa: Una vicenda già nota
Nunzio di Francesco: C’ero anch’io a scavare quel tunnel
I luoghi della memoria del Lager di Bolzano
Pubblicato con il contributo finanziario della Provincia Autonoma di Bolzano Assessorato alla Scuola e Cultura Italiana
La presente pubblicazione è dedicata alla memoria di Cesare Zilio, di recente immaturamente scomparso, educatore di riconosciuto alto valore, aderente ancor giovane e ininterrottamente partecipe per trent’anni alla nostra Associazione, della quale è stato costante animatore, sostenitore, dirigente.
I compagni dell’ANPI di Bolzano
Premessa
La necessità di certificare "come realmente sono andate le cose" nel corso della Resistenza, nel chiuso dei campi di concentramento, è affidato alla volontà di superare le difficoltà di darne un’immagine adeguata, di vincere certe tendenze a non credere compiutamente, e dunque di ulteriormente arricchire le testimonianze. A distanza ormai di oltre mezzo secolo è, per così dire, spiegabile che sorgano dubbi (quando addirittura non si ignori pressoché tutto) sulle realtà e sui valori della lotta per la libertà, sulla violenza "scientificamente" perpetrata nei Lager contro milioni di esseri umani, sacrificati o fortunosamente sopravvissuti. Posizioni di incredulità o di dubbio che affiorano anche in una marginale memorialistica. La spinta a scrivere è una delle risposte possibili, come lo sono le scelte di testimoniare in forme diverse e, per altri, quelle di parlare all’interno della famiglia, di gruppi ristretti di amici fidati. O di tacere. Ognuno ha modi propri di reagire ancor oggi, legati, oltre che a tratti di carattere, alla qualità dell’esperienza e alle forme in cui la vita ha potuto ricominciare. Forse non a tutti è toccato scontrarsi in prima persona con l’incredulità. Ma tutti hanno la sensazione che la sensibilità e la coscienza collettiva siano state deboli, e che la parola abbia potuto rimediarvi solo in parte. Il fatto che superstiti, dopo decenni, solo oggi raccontino o si esprimano, va visto anche in questa dimensione. Di fronte a masse di uomini uccisi o lacerati, al di fuori della guerra guerreggiata, istituzioni e individui si sono dimostrati incapaci di dare loro piena accoglienza: è verità difficile da affrontare. E il Lager esalta questa conscia o inconsapevole riservatezza a chiarire interamente ciò che vi accadde, accentua la reticenza che ne nasconde troppi aspetti. È una sorta di "altro mondo", quello, fatto per ingoiare gli individui e disperderne le tracce, per oscurarli oltre che nella vita, nella storia. Le riflessioni qui accennate, che hanno fortemente toccato questa stessa nostra terra nella disperata Resistenza italiana e sudtirolese, investono con particolare pesantezza il Durchgangslager di Bolzano. Ne portano responsabilità i superstiti, in maggioranza scomparsi nel corso degli anni, ma, è lecito dire, salvo meritorie eccezioni, gli stessi anziani e maturi uomini di intelletto, di ricerca qui operanti. Esiste peraltro una spiegazione che vale ad attenuare una certa ignavia: dall’immediato dopoguerra in poi, l’Alto Adige - Südtirol ha costantemente impegnato a riversare ogni energia sul destino di questa terra, uscita gravemente ferita dall’immane conflitto, dall’inesorabile occupazione, quanto profondamente segnata nel ventennio dalle dure persecuzioni subite dalla minoranza etnica. I superstiti della lotta clandestina hanno tenuto acceso nelle loro limitate possibilità il ricordo di quegli incancellabili tempi, delle persecuzioni, del Lager, si sono impegnati ad onorare i sacrifici sopportati, in una innegabile distrazione della pubblica opinione media. L’Associazione partigiani è stata costante nella sua presenza attiva, resistendo con tenacia ai subdoli richiami della contrapposizione etnica, dell’avvilente nazionalismo. L’apporto di nuove energie fresche consente oggi all’ANPI di Bolzano di riaccendere l’iniziativa, sostenuta - lo si auspica - dal risveglio delle forze politiche autenticamente democratiche. Con il presente diretto recupero di ricordi preziosi, l’Associazione intende sollecitare nuove testimonianze, attraverso le quali, pur nei limiti dei ridotti margini, si possa più adeguatamente rispondere al doveroso compito di dare ulteriore organica voce alla memoria di chi ha tanto subìto. Si ringrazia l’Assessorato alle attività culturali in lingua italiana della Provincia Autonoma di Bolzano per il sostegno finanziario, l’Assessorato alla Cultura del Comune di Bolzano - Archivio storico per la preziosa e fattiva collaborazione e la rivista dell’ANED Triangolo Rosso per averci concesso la possibilità di pubblicare alcune importanti testimonianze sul Lager di Bolzano. A quanti hanno contribuito con la loro memoria e la loro testimonianza di permettere l’uscita di questa pubblicazione va la nostra più sincera e fraterna riconoscenza. Un particolare ringraziamento ad Andrea Mascagni, Lionello Bertoldi, Carlo Romeo e Andrea Felis che, insieme ai curatori del volume, si sono impegnati per la realizzazione del presente volume.
Il Comitato provinciale dell'ANPI di Bolzano
Presentazione della collana dei QUADERNI DELLA MEMORIA
Il presente volume, dedicato al Pol.-Durchgangslager-Bozen, inaugura la nuova collana dei QUADERNI DELLA MEMORIA del Circolo Culturale dell’ANPI di Bolzano. L’operazione editoriale, a cui oggi diamo corso, si inserisce in un più ampio progetto di ricerca e documentazione sul periodo 1943-1945 in Trentino-Alto Adige, avviato nel 1997. Si tratta di un lavoro che prevede la raccolta, la conservazione, l’analisi e la pubblicazione di testimonianze (orali e scritte) e documenti sulla resistenza, la deportazione e i campi di concentramento. Un’opera tesa soprattutto a ricostruire la memoria storica, prima che escano definitivamente di scena anche gli ultimi testimoni. Il corpo delle testimonianze e dei documenti raccolti, crediamo potrà costituire un prezioso fondo, a cui interessati e studiosi potranno liberamente attingere. I QUADERNI DELLA MEMORIA, che ospiteranno materiale documentario prevalentemente inedito, sono strumenti che hanno l’ambizione di riuscire a coniugare il carattere divulgativo con l’interesse crescente per il dibattito e la ricerca storica. Corrispondono a questa impostazione dei criteri redazionali che integrano, con un apparato di note, l’autenticità delle testimonianze, secondo l’esigenza di fornire al lettore alcuni riferimenti di contesto, confronto e, dove possibile, di più puntuale ricostruzione. Nelle memorie scritte e orali raccolte, si incontreranno frequentemente alcuni comuni rimandi bibliografici e biografici che, nella cura dei quaderni, ricorreranno per facilitare la consultazione e permettere anche una lettura per singole parti. La periodicità della collana sarà scandita dall’acquisizione di nuove fonti documentarie e di nuove testimonianze, via via raccolte. Una cadenza che intende dare il segno della dimensione work in progress del nostro progetto. Concepiamo questa iniziativa anche come un messaggio lanciato a quanti ancora hanno storie e memorie da raccontare di quel periodo. Le pagine dei "quaderni" potranno così prendere la forma di un diario "aperto" e comune, nel quale raccogliere testimonianze di una storia, che deve saper diventare patrimonio condiviso, a salvaguardia dei valori democratici di pace, libertà e giustizia.
Il Circolo Culturale dell’ANPI di Bolzano
Tra storia e memoria
Solo quando è accaduto qualcosa di irrevocabile possiamo tentare di tracciarne la storia: l’evento illumina il suo passato ma non può mai essere dedotto da esso. La storia (history) appare ogni volta che si dia un evento abbastanza importante da illuminare il suo passato. Solo allora la massa caotica degli avvenimenti passati emerge come una storia (story) che può essere raccontata perché ha un inizio nel passato che fino a quel momento è stato nascosto.
Hanna Arendt
Ogni volta che ci si accosta alle testimonianze dirette di eventi che hanno segnato in modo indelebile sia la memoria dei narratori che quella collettiva - quale quello della deportazione e della detenzione nei campi di concentramento -, si assiste ad un fenomeno singolare da parte dello storico: da una parte viene compiuta e tenacemente ordinata la registrazione fedele della memoria, dall’altra accade che il ricercatore avverta suonare un campanello d’allarme, quello della consapevolezza della "unicità della fonte" e della "soggettività documentaria". Mentre la fonte d’archivio sembra rivendicare di per sé una sorta di neutralità documentaria – che non esiste naturalmente neppure in quel caso, perché solo la ricostruzione e la contestualizzazione del documento assegnano verità all’oggetto documentario – la memoria individuale, scritta oppure orale, sembra eccessivamente segnata dall’ingombrante peso tanto della rimozione quanto della enfatizzazione del proprio ruolo: parrebbe caratterizzata pertanto sia da omissioni che da "costruzioni" involontarie del ricordo: "Qualunque sia il grado di fedeltà invocato dalle intenzioni e l’archivio documentato in suo possesso, il racconto infatti, si sa, seleziona, taglia, dispone. Il biografo ha sempre una prospettiva che ne esclude altre e spesso disegna l’unità del protagonista con la costruzione di un romanzo che non osa dichiararsi tale, come direbbe Roland Barthes" (1). Fermo restando la buona fede del narratore, che lo storico comunque accerta conformemente alla collocazione della memoria individuale entro la cornice della ricostruzione storica generale, rimane invece aperta la questione della doppia verità della memoria storica: la fedeltà della fonte e la "oggettività" della ricostruzione. In effetti la memoria soggettiva rimane sempre la fonte che permette di gettare una luce spesso nuova e inaspettata su momenti della storia contemporanea, altrimenti noti solo attraverso fonti "accreditate", che spesso risultano fortemente condizionate dai contesti storico-politici in cui sono state prodotte. Allora la soggettività può essere intesa come misura della fedeltà ai fatti, nella misura dello "studio delle forme e dei processi culturali attraverso cui gli individui esprimono il senso di sé nella storia" (2): in altre parole, "(…) la narrazione, più che tradurre in parole l’unità manifesta e ‘oggettiva’ del protagonista, la presuppone e la intravede nella storia che questi si è lasciato dietro". (3) Pluralità delle fonti, differenza delle prospettive, moltiplicazione dei punti di vista: questa acquisizione di sguardi diversi permette alla consapevolezza storica di diventare memoria collettiva, di arricchirsi di valore. Il lavoro che qui pubblichiamo registra la presenza di errori nei nomi e in alcune identificazioni, da parte dei testimoni, dei carnefici e dei responsabili del campo di via Resia a Bolzano, il Pol.-Durchgangslager-Bozen, segni non di una memoria falsata ma di una memoria "parziale": è parziale nel senso di uno sguardo che è quello della vittima, che non si riflette affatto nell’occhio del carnefice ma al contrario lo vede lontano, per lo più – terribilmente – assente/presente: assente nella sua umanità ed individualità (e perciò i nomi e le cariche vengono confuse, rimangono stranamente opache), presente solo sul piano dell’incarnazione del Potere, dell’autorità del campo (i "semidei del campo"). Lo sguardo della vittima non può essere falsamente "imparziale", ma non perché la sua testimonianza necessariamente deformerà la verità conosciuta, vissuta, spesso drammaticamente pagata; ma perché è il suo ruolo stesso di vittima di fronte al carnefice che getta uno sguardo particolare, quello in cui riconosciamo il segno della umanità violata, perseguitata, offesa, che anche oggi fugge per le strade del mondo e cerca, disperatamente, che qualcuno gridi la verità: " Oblio. Se uno sta molto in basso, esposto a un’eternità di tormenti inflittagli dagli altri uomini, lo anima come un’aspirazione di salvezza l’idea che verrà qualcuno che sta nella luce, assicurandogli verità e giustizia. Non occorre nemmeno che ciò accada mentre egli è ancora in vita, e nemmeno mentre sono ancora in vita i suoi carnefici – ma un bel giorno, non importa quanto, tutto dovrà essere sistemato. Le menzogne, la falsa immagine che di lui si dà al mondo senza che egli possa in qualche modo difendersi, prima o poi dovranno svanire al cospetto della verità, e la sua vita reale, i suoi pensieri e i suoi fini, e così pure i tormenti e le ingiustizie che gli sono stati inflitti, dovranno essere chiari a tutti. E’ amaro morire misconosciuti e nelle tenebre". (4)
da www.deportati.it