lettera

QUELLO   CHE  NON   HO

(è il nonno che ti scrive)

Aversa 09/07/2012

Caro Francesco,

dopo la lettera su papà che ti ho inviato il 20/04 in occasione del suo compleanno (a proposito non ha ricevuto nessuna tua telefonata, ma sicuramente ci sarà stato qualche disguido), ho deciso di parlarti un po’ di me. Finalmente la scuola è terminata e quindi adesso sono più libero. Il nonno tuo insegna Matematica al Liceo Scientifico “G. Siani” di Aversa (Siani è quel giornalista de IL MATTINO ucciso a 28 anni  dalla camorra qui in Campania, recentemente su di lui è stato realizzato e trasmesso per TV anche un film FORTAPASH, lo hai visto?). Oltre ad insegnare mi interesso anche degli aspetti organizzativi della stessa scuola anche se man mano sto gradualmente limitando questi impegni perché probabilmente tra un anno andrò in pensione. Ho grandi idee per il nostro futuro, credo che staremo molto più vicini di quanto tu possa immaginare!! Aspettiamo ancora che passi questo ultimo anno, poi si vedrà.

Il 13 giugno è stato il mio onomastico, infatti Fernando è il nome di battesimo di S. Antonio  (Fernando Martim de Bulhões e Taveira Azevedo  nato a Lisbona, 15 agosto 1195 – deceduto a Padova, 13 giugno 1231 all’età di 36 anni), ed il 13 luglio sarà il mio compleanno. Se vorrai farmi un telefonata mi renderai veramente felice. Se poi desideri vedere me e la nonna puoi farci contattare dalla mamma per un appuntamento. Siamo sempre disponibili e non aspettiamo altro.

Adesso ti racconto qualcosa di me e del mio carattere in modo che tu possa iniziare a conoscermi. Non potendo avere un contatto diretto e continuo, cercheremo di sfruttare il più possibile questo canale in modo da scambiarci pareri idee e conoscerci meglio. Questa volta prendo spunto da una recente trasmissione televisiva andata in onda a maggio “Quello che (non) ho” di Fabio Fazio e Roberto Saviano e come loro, metto al centro, non della scena, ma della nostra conversazione, la responsabilità della parola. Quindi, come hanno fatto loro, discuteremo di alcune parole dalle più semplici alle più complesse, analizzeremo i diversi risvolti  e i significati nascosti racchiusi al loro interno. Oggi ho voglia di raccontarti due parole, una prettamente italiana, di difficile interpretazione, l’altra napoletana, molto colorita, forse anche un tantino trash, ma comunque molto diffusa anche nel linguaggio comune e ripetuta in vari film.  

 

Iniziamo dalla prima: IPOCRISIA

In qualche biglietto augurale che ti ho inviato, ho più volte ripetuto che l’ipocrisia deve  essere lontana da te ed ultimamente in occasione del tuo ultimo onomastico  (4/10/2011), ho augurato che il tuo Santo, come ha fatto per se stesso, voglia allontanare (tenere lontano) da te l’ipocrisia. Non so se qualcuno ti ha spiegato questa frase e, conseguentemente, il vero significato di ipocrisia. Comunque ci sono qui io, tuo nonno Fernando, sempre pronto a darti tutti i chiarimenti possibili.  

L'ipocrisia è la qualità della persona che volontariamente pretende di possedere credenze, opinioni, virtù, ideali, sentimenti, emozioni che in pratica non ha. Essa si manifesta quando la persona tenta di ingannare con tali affermazioni altre persone. Tale persona simula di avere buone qualità, buoni sentimenti, buone intenzioni, per apparire diverso da ciò che in effetti è, al fine di trarre in inganno o per ottenere simpatia o favori. Ovviamente tale qualità è estremamente negativa perché la persona ipocrita si nasconde dietro questa parvenza di falsa umanità, falso perbenismo, spesso falso sentimento religioso,  non facendo trasparire la sua vera identità (prendi ad esempio alcuni noti camorristi o mafiosi che ammazzano e fanno del male alla gente e poi in casa venerano le immagini di Santi e fanno anche opera di beneficenza). Ipocrita è chi finge, con delle affermazioni di essere in un modo (far credere di avere certi ideali, di seguire una certa dirittura morale, di avere un sentimento religioso) e poi nella realtà fa esattamente il contrario di quello che dice. Mi riferisco anche a certi cattolici che nascondono dietro le linde e marmoree facciate delle loro case-chiesa il loro marciume interno ed interiore. Quante persone si professano cattolici, assumendo atteggiamenti di facciata (seguire tutte le funzioni religiose, avere un atteggiamento da credente-osservante, fingere di fare del bene distribuendo solo il superfluo economico) e poi perseguono il loro egoismo personale calpestando, ad ogni occasione, i diritti altrui, infischiandosene del loro professato credo religioso. Non ho detto una novità o qualcosa di scandaloso, già nel Nuovo Testamento si parla spesso di “ipocriti”, come in questo passo del capitolo XXIII del Vangelo di Matteo: “Guai a voi, scribi e farisei ipocriti che siete simili a sepolcri imbiancati, belli di fuori, ma pieni dentro di ossa di morti e di ogni sporcizia”. Una definizione cruda ma calzante a pennello degli ipocriti.

Una molto efficace immagine dell’ipocrita viene data dallo scrittore PIER PAOLO PASOLINI, artista ed intellettuale italiano del XX secolo che ti riporto qui di seguito e che meglio ti farà comprendere il significato:

Sei così ipocrita
che come l'ipocrisia ti avrà ucciso
sarai all'inferno
e ti crederai in paradiso.

Pier Paolo Pasolini

A chi la vogliamo indirizzare questa affermazione così efficace e calzante? Osserva le persone, gli atteggiamenti, i comportamenti, i discorsi e ti renderai conto di quanta ipocrisia c’è in giro. Ma il solo rendersi conto della realtà non basta, anzi serve a poco, in quanto devi imparare a difenderti, a non cadere nelle trappole di cui è disseminata la tua strada, a saper fare distinzioni. Ed è importante, per la crescita della tua personalità, comprendere il significato di ipocrisia per evitare di essere tali, per  non ripeter gli altrui errori, per rimanere coerenti con se stessi (non è facile).  Ecco perché mi sono soffermato su questa parola: cerca di rimanere “pulito” dentro, e  sii consapevole che l’umanità è piena di ipocrisie.

 Ti elenco una serie di massime sull’ipocrisia, trovate su Internet, espresse da grandi pensatori del passato che ti serviranno a capire più a fondo la questione.

 Geniale è la definizione che dà in una delle sue celebri “Massime” il moralista francese del Seicento François de la Rochefoucauld: “L’ipocrisia è un omaggio che il vizio rende alla virtù”.

Un secolo dopo Voltaire scriverà che “Dissimulare è virtù di re e di cameriera”, quindi non è questione di casta.

Non sempre l’ipocrisia rende un servizio ai cattivi, talvolta vale anche il contrario, come rilevava Giovanni Guareschi in uno dei racconti di “Don Camillo e i giovani d’oggi”: “Nuovissima ipocrisia: mentre un tempo il cattivo si studiava di sembrare buono, oggi il buono spesso si arrabatta per dare l'idea di non esserlo. E - pecora - ulula come il lupo, mentre i lupi veri, - i quali, però sono travestiti da pecorelle – belano”. E ancora (ibidem): “È la nuova ipocrisia: un tempo i disonesti tentavano disperatamente di essere considerati onesti. Oggi gli onesti tentano disperatamente d'essere considerati disonesti”. Di un simile rovesciamento parla nella “Virtù sospettosa” il commediografo spagnolo del Novecento Jacinto Benavente y Martinez: “Talvolta si cerca di apparire migliori di quello che si è. Altre volte si procura di sembrare peggiori. Ipocrisia per ipocrisia, preferisco la seconda”.

Allora l’ipocrisia alla fine non è che una maschera che indossiamo: Johann Wolfgang Goethe nelle “Massime e riflessioni” sottolinea che “Ognuno nasconde qualche cosa nella propria natura che, se la ostentasse in pubblico, susciterebbe riprovazione”.

E a proposito di maschere:

Un birbante non ride nello stesso modo di un galantuomo, un ipocrita non piange nello stesso modo di un uomo di buona fede. Ogni falsità è una maschera, e, per quanto la maschera sia ben fatta, si giunge sempre, con un po' d'attenzione, a distinguerla.
ALEXANDRE DUMAS PADRE, I tre moschettieri

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Descrizione: http://shahrzaad.files.wordpress.com/2007/08/honest-hypocrite.jpg

Togli la maschera.

Caro nipote, abituati a togliere la maschera alle persone e vedi realmente chi c’è dietro!!!!

 

La seconda parola su cui discutere è CAZZIMMA.

In una sua gag, il comico napoletano Alessandro Siani (quello del film  “BENVENUTI al SUD” lo hai visto?),  così ne spiega il significato: un milanese chiede ad un napoletano : ma scusa che l'e' la cazzimma??? ed il napoletano gli risponde : nun to voglio dicere!!! kesta è 'a cazzimma!!!  (non te lo voglio dire, questa è la cazzimma)

Cazzimma: Espressione molto colorita e caratteristica della lingua napoletana, assolutamente intraducibile e priva di qualsiasi corrispondente in italiano o in altre lingue. Sostantivo femminile astratto, anche se spesso, noi napoletani, tentiamo di concretizzarlo facendolo apparire come una sostanza. Con l’espressione “tené ‘a cazzimma” si indica l’asprezza comportamentale, la proditoria gratuita cattiveria, la malevola furbizia (che non è indice di intelligenza, come taluno vorrebbe far credere, ma di innata cattiveria…) sempre prevaricante di colui  che vessa  il prossimo al fine di sopravanzarlo e godere dei frutti conquistati, facendosene anche un vanto. Sottolineo l’azione prevaricante e l’asprezza, indici di cattiveria innata e/o gratuita non determinata da cause o motivi scatenanti, da far risalire invece esclusivamente al bagaglio caratteriale dell’individuo cazzemmuso (cioè aduso alla cazzimma).

Come dicevo all’inizio, si tenta di materializzarla come una sostanza che riempie la persona, come appare nei detti seguenti per caratterizzare una persona perfida e subdola per eccellenza:

"Chillo sta chino 'e cazzimma" – quello è pieno di “cazzimma”

“Tien’a’ cazzimma fino dint all’ossa” – La cazzimma pervade il tuo fisico fino a penetrare nelle tue ossa.

“Tien’a’ cazzimma fino a n'capa” – sei completamente pieno di cazzimma dai piedi alla testa

Alcuni sinonimi in lingua italiana che più si avvicinano al significato sono: cattiveria, avarizia, furbizia, malvagità, ma il termine “cazzimma” li comprende tutti.

Caro nipote, troppo spesso capita di trovare dei “cazzemmusi” nel corso della propria vita. Quotidianamente si subiscono piccoli o grandi torti talvolta immotivatamente ed immeritatamente. L’importante è riconoscere chi vuole il tuo male, cercare di evitare nei limiti del possibile tali persone, parlare con esse per capire le cause del loro atteggiamento (se ce ne sono!!)  ed imparare a reagire non,  ovviamente, allo stesso modo, ma facendo loro capire che esiste un’altra realtà, un altro modo di comportarsi,  un altro stile di vita, una purezza d’animo e di sentimenti in grado di spiazzare ed annullare  l’altrui cattiveria.

RICORDA CHE PER QUALSIASI TUA NECESSITÀ, c’è sempre tuo nonno Fernando che è sempre pronto a sorreggerti, incoraggiarti e a darti tutte le spiegazioni di cui hai bisogno.

Di questa lunga lettera forse non capirai, vista la tua tenera età, completamente il significato, ma sicuramente, tra qualche anno, rileggendola, avrai modo di comprendere meglio taluni aspetti. Proprio per questo la pubblicherò, con le altre, sul nostro sito in modo che tu la possa trovare con faciltà sempre.

Dal momento che ora sono più libero andrò ad arricchirlo di immagini e di documenti.

A conclusione ritorno alla trasmissione “Quello che (non) ho”. Il titolo della trasmissione è quello di una canzone di Fabrizio De Andrè (al nonno piace molto) cantata in quella trasmissione tante volte.

Ti riporto il testo che ritengo molto bello e significativo. Alla fine ho inserito alcune mie personali strofe.

 

Quello che non ho è una camicia bianca
quello che non ho è un segreto in banca
quello che non ho sono le tue pistole
per conquistarmi il cielo per guadagnarmi il sole.

Quello che non ho è di farla franca
quello che non ho è quel che non mi manca
quello che non ho sono le tue parole
per guadagnarmi il cielo per conquistarmi il sole.

Quello che non ho è un orologio avanti
per correre più in fretta e avervi più distanti
quello che non ho è un treno arrugginito
che mi riporti indietro da dove sono partito.

Quello che non ho sono i tuoi denti d'oro
quello che non ho è un pranzo di lavoro
quello che non ho è questa prateria
per correre più forte della malinconia.

Quello che non ho sono le mani in pasta
quello che non ho è un indirizzo in tasca
quello che non ho sei tu dalla mia parte
quello che non ho è di fregarti a carte.

Quello che non ho è una camicia bianca
quello che non ho è di farla franca
quello che non ho sono le sue pistole
per conquistarmi il cielo per guadagnarmi il sole.

Quello che non ho...

 

E adesso le mie tre strofe  (la prima l’ho, in parte, presa .......in prestito da  Fabrizio)


 Quello che non ho sei tu dalla mia parte
quello che non ho è giocare con te anche a carte
quello che non ho sono le tue parole
per guadagnarmi il cielo per conquistarmi il sole

 Quello che non ho è una maschera di carnevale
quello che non ho è la voglia di far del male
quello che non ho è la gioia di un tuo sorriso
che mi trascini in cielo, fino a toccare il Paradiso.

 Quello che non ho è il perbenismo di facciata
quello che non ho è una preghiera che non si è mai alzata
quello che invece ho sono le mie parole
per volare in alto fino a raggiungere il tuo cuore.

 

quello che più desidero per te però è che raggiungi il sole giorno dopo giorno nelle cose che fai con le persone che ti amano, che non avranno nei tuoi confronti nè cazzimma e nè ipocrisia e che non ti abbandoneranno mai.

 

Ti voglio bene

 

Nonno Fernando

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Francesco MONTERA B******** Chioggia