AIA FALCHETTA
(2000)
di Gerardo VITTORIA

Il bellissimo lavoro letterario di Gerardo VITTORIA, in cui tutti noi abbiamo potuto scoprire una valentissima penna che ben ha saputo renderci le storie di vita e le vicissitudini del tempo della giovinezza che animavano il rione in cui è nato, l'Aia Falchetta. Anticamente una contrada di Palena in essa nel passato si poteva trovare quell'irripetibile orgogliosa amalgama sociale e umana quasi da farne una una visione competitiva e alternativa con il paese "della piazza" come si amava un tempo dire. Gerardo, con tratti delicati ma intensi ha saputo ridarci quelle "piccole" ma "grandi" emozioni che caratterizzavano la vita di tutti i giorni intorno all'Aia Falchetta descrivendo un affresco che va ben al di là della classica novellistica dandoci anche tratti poetici.

Il libro è regolarmente distribuito ed in vendita.

Gerardo Vittoria, è nato nel 1942 a Palena in Abruzzo, figlio di un impiegato comunale ha vissuto anni duri nel paese durante i quali però è stato attento a cogliere echi e sensazioni legati ad esperienze individuali.
Trasferitosi nel 1956 a Chieti è riuscito con grande volontà a diplomarsi geometra: per molti anni è stato dipendente dell'Enel; la sua vocazione è sempre stata però la letteratura.
Le contingenze di vita hanno fatto desistere Vittoria dall'idea di laurearsi; si è dedicato molto allo studio delle lettere e del latino, maturando una propria visione della civiltà classica al di fuori degli schemi scolastici. 1 racconti raccolti nel volume Aia Falchetta sono ispirati ai ricordi della infanzia dello scrittore, la cui fantasia è sempre carica di una forte partecipazione .umana rivolta particolarmente al mondo
del paese nativo.
Egli immette nelle sue storie, quasi sempre prese dalla realtà, una strenua volontà di chiarezza, di partecipazione, sì che il lettore, entro i suoi libri, non si sente mai un escluso.
Circola nelle pagine di questo sensibile scrittore una pulita grazia, una fresca ventata di poesia entro moduli narrativi che oscillano in amabile rigore verista.
Le sue opere rivelano problematiche meramente letterarie e sono occasione di profonde riflessioni umane.

Uno stralcio dal libro...

......Vincenzo era un contadino dal fisico robusto e muscoloso, la pelle un po' rossiccia, coperta di peli biondastri, mangiata dal sole della montagna e dal lungo lavoro dei campi. Proprio accanto alla sua abitazione, due porte più a valle, c'era una ragazza bellissima, senz'altro fra le più belle dell'Aia Falchetta: Rosina, detta Rosinella, era fra le più desiderate da quasi tutti i giovanotti della contrada. Lei li guardava in modo benevolo, ma non aveva alcuna intenzione di sposare un contadino. Non conosceva il lavoro dei campi, ne la mamma le aveva mai permesso di andare in campagna, nel piccolo fazzoletto di terra, poco distante da casa sua, breccioso, con una piccola vigna, poche patate, qualche spiga di granturco e qualche cespo di fagioli. Poca cosa per una famiglia che, tuttavia, viveva bene perché il nonno, dalla lontana America, inviava pacchi, ravvolti in un telo bianco, pieni di ogni ben di Dio.
L'avviso di arrivo del pacco avveniva in maniera discreta: Mingo, il postino, lo consegnava a Luisetta, la nonna di Rosina, sotto forma di lettera, evitando di mostrare il cartoncino giallastro che lui stesso provvedeva a chiudere in una busta via aerea.
La cadenza della chiamata era sempre la stessa: le ultime vocali venivano allungate da una sorta di cantilena il cui ritmo era proprio musicale: Aaaaa Mariiiiii, Aaaaa Luisetttt! Anche se stavano vicino, Mingo non rinunciava mai alla sua breve cantilena; vero è che 1' Aia Falchetta era la sua ultima tappa giornaliera e qui, specie d'estate, si asciugava il sudore con un fazzoletto e "lo faceva scomparire", come diceva lui in queste occasioni, con un buon bicchiere di vino che sempre gli veniva offerto dagli abitanti della contrada.
Il ritiro del pacco di Luisetta era sempre un mistero: non si sa per quali vie segrete usciva dallo ufficio postale per essere messo dentro un bigoncio vecchio che Guerrino, padre di Rosinella, doveva restaurare. Posto su una carriola, il bigoncio veniva portato a casa e qui, la sera aveva luogo il rituale dell'apertura del pacco fra gli ohhhhh! di meraviglia di tutta la famiglia. Guerrino faceva il tinaio: un mestiere poco diffuso che all' epoca costituiva una specializzazione del ramo della falegnameria: riparava e costruiva tini, botti, secchie, bigonci, "sciovratore " e tutti i recipienti di legno impiegati in agricoltura. Era un artigiano e non avrebbe mai fatto sposare
la figlia ad un contadino.
Rosinella mia deve sposare una persona per bene, perché è bella, ha la dote e non le manca niente! Ripeteva a qualche comare che gli chiedeva se la figlia era già promessa o se era fidanzata segretamente. Queste cose erano ben note a Vincenzo che però non intendeva rinunciare a Rosinella e quando andava a zappare la grande distesa di vigna di sua proprietà, sopra S. Giovanni, vicino all'Aia Falchetta, qualcuno giurava di averlo sentito parlare da solo, paragonando le grandi estensioni dei suoi terreni al fazzoletto di terra di Guerrino. Fra una bidentata e l' altra diceva: Certo che quelle quattro viti di Guerino sono ben poca cosa rispetto a questa mia grande vigna.
Sollevava la schiena, poggiava il mento sul manico del bidente, guardava la sua vigna, guardava le lontane quattro viti di Guerrino e in cuor suo si rallegrava.
Il suo sguardo andava poi alla lontana finestra di Rosinella, posta poco dopo la sua e all'improvviso lo assaliva il dubbio: Lui è un artigiano, io sono un contadino, chissà?
Così decise di fare il grande passo. Una sera indossò l'abito della festa; i suoi amici avevano intuito cosa voleva fare e lo prendevano in giro. Che vuoi fare Vincenzino ? Vai a casa della fidanzata stasera? Devi sposare oggi?
No, ripeteva lui, senza scomporsi e con fare altezzoso, no...no... ho una cosa importante da fare!
Dai vieni con noi all'osteria di Pasqualino, anche se sei vestito così, stasera Pasqualino ci prepara gli involtini al forno...sì...quelli fatti con le budelle di capretto, accompagnati dal suo vino di casa, non di quello comprato verso la pianura. Vincenzo non li ascoltava. Si può sapere dove vai? All'ultimo insistente interrogativo, Vincenzo rispose:
Bene, se proprio volete saperlo, vado abball a Palain (giù a Palena) per parlare con un amico
.
Quello di andare "abball a Palain" era un antico modo di dire di tutta la contrada Aia Falchetta, come se i suoi abitanti facessero parte di un altro paese: sì, era proprio così Dal resto del paese li divideva il Ponte Spacarello, la Pineta, le Paiare, il Ponte sul fiume Aventino ed infine la strada del Ponte. Il resto del paese era altra cosa. Il loro mondo era rappresentato dalle tre stecche di case dove in ogni portone entravano due o tre famiglie organizzate in maniera patriarcale; in paese ci si andava per comprare le poche cose indispensabili per mandare avanti la casa, la domenica per recarsi a Messa e negli altri giorni per partecipare alla vira religiosa......

........ Chiacchieravano raccontandosi fatti di ogni genere, quando all'improvviso furono attratte da grida gioiose di bambini: erano i ragazzi della vicina colonia montana che festosamente tornavano dalla lunga passeggiata verso il fabbricato, vicino alla pineta. In testa a tutti c'era un uomo sempre sorridente e pronto alle battute spiritose, in dialetto o in italiano, che oltre ad essere il custode dello stabile, era anche il banditore comunale, da tutti soprannominato Pantano.
Sandro era bravo, dolce con i giovani e vecchi, con donne e uomini, ma soprattutto era il re di tutti i bambini: con loro si intratteneva affabilmente raccontando vecchie storie realmente accadute e non, condite di ogni fesseria, accompagnate da una risata che solo lui sapeva fare. Spesso si faceva sostituire nell'arte del banditore da questo o quel ragazzo scegliendolo fra lo stuolo di quelli presenti: per il prescelto era un onore! Ne rettificava la cadenza nello scandire le notizie e dirigeva come un maestro di musica la durata della suonata della sua tipica tromba: naturalmente il messaggio era a voce alta e in puro dialetto palenese:

(in ricordo dell'indimenticabile "PANTAN'E" ...! ):

Ammond' alla Basulat,
alla p'tueic d'Sabbett
d'Rmuèit s venn la baccal'

Altro tu - tuuu con la tromba ed altro avviso:

Sott all'ammazzataur
s'venn la carr della v'tell
d' M'liott' a priezz
d' bassa macellaziaun.

Poi a bassa voce:

La venn Ming i muciellar
eff' n' truattament special un
a tutt i client siè!
Abball' alla piazz'
e arrvèt Ceruccie d' Casul:
venn la frutt
tutt priezz buon.
Però ci st' la cuncurrènz
d' Capoccie, pecchè pur di Capoccia,
iss teJe i priezz buon.

Per evitare di perdere il pagamento da tutti e due:

Chi ha arr'truat'
n' luaccett d'uor
i p'rtuèss aiu accieprèeit
cà l's' iss di chi è.
V'cièin' ai luavatèur
errvèt l'pesce', ma avvèue
n'vvntèress pecchè t'n 'it
i pr'sutt buon.


Poi l'imprevista battuta finale:

Sott aiuarloggie, ci st'
i Uascie ch' venn' i ciffieje ".
Emmò, s'ccom'so f'nèit
iggiuèir m' n'arrvaje.

Sopra alla Basolata
alla bottega di Elisabetta
a metà prezzo.

Altro tu - tuuu con la tromba ed altro avviso:

Sotto al mattatoio
si vende la carne della vitella
di Miliotto a prezzo
di bassa macellazione.

Poi a bassa voce:

La vende Mingo il macellaio
e fa trattamento speciale
a tuti i clienti suoi.
Sotto alla piazza
è arrivato Ciruccio di Casoli
vende la frutta
tutta a prezzo buono.
Però ci sta la concorrenza
Di Capoccia, perché anche di Capoccie
lui ha i prezzi buoni.

Per evitare di perdere il pagamento da tutti e due:

Chi ha trovato
un laccetto d'oro
lo deve portare all'arciprete
perché lui sa di chi è.
Vicino al lavatoio
è arrivato il pesce, ma a voi
non interessa perché tenete
il prosciutto buono.


Poi l'imprevista battuta finale:


Sotto l'orologio ci sta
lo Uascio che vende i fischietti.
E adesso, siccome ho finito
il giro, me ne torno.

© 2000 MAYEL Editore, Aprile 2000
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