IL PESTO ALLA GENOVESE
dal libro dell'apocalisse.
Testimone di Genova.
Siamo partiti con un camper alla volta di Genova, era il
19 mattina.
Lungo la strada mi accorgo di essere l'unico a non aver
mai partecipato ad una manifestazione e subito mi sommergono di consigli su
cosa fare e non fare mai.
Mi scopro ingenuo. Tutte le testimonianze lette sulle
manifestazioni di Seattle e Napoli mi sembrano estremamente lontane, estranee
al mio essere, al mio quotidiano.
"Non fuggire mai da solo, altrimenti e' la
fine"...
"Se ti fai male non farti caricare su di
un'autoambulanza, altrimenti sei finito"
"Il limone sotto gli occhi e intorno la bocca,
diminuisce gli effetti dei lacrimogeni, per gli urticanti invece non c'e' nulla
da fare".
Più tardi capirò leggere e ricevere consigli e' molto
differente dal trovarsi effettivamente nel panico più completo e dalla
difficoltà di dovere gestire emozioni e la realtà percepita in una manciata di
secondi. La differenza e' enorme e spiegarla a parole e' impossibile.
Questi e molti altri consigli mi ronzano in testa e non
nascondo che la paura sale; il mio pensiero va' alla mia allergia: che faccio
se mi prende nel bel mezzo di una carica?
Arriviamo a Genova la sera e mi confortano le notizie che
la manifestazione degli immigrati svolta durante il giorno e' andata bene, nessuna
carica, nessun tipo di violenza. Mi rilasso e penso che forse non sarà poi così
terribile e che probabilmente i media hanno esagerato e enfatizzato la
situazione per scoraggiare la partecipazione dei manifestanti.
Ci sistemiamo nella scuola dove si e' stabilito già da
giorni, il GSF, l'Indymedia Center e tutte le altre testate e associazioni che
si dedicheranno attivamente ai giorni di Genova.
Mi faccio fare il pass che mi darà l'accesso all'edificio
del GSF come volontario dell'IMC.
La mattina di venerdì venti si parte alla volta dello
stadio Carlini per "accodarci" alla manifestazione che partirà da li.
Mi danno un limone: "Non si sa mai". Mi trovo nuovamente a scontrarmi
con una realtà che non mi appartiene e che violentemente e velocemente entra a
far parte del mio essere.
Dal Carlini esce una moltitudine di gente di tutti i tipi,
con ogni sorta di protezione. RIPETO: protezione, cartone, bottiglie
rigorosamente di plastica fermate con lo scotch per proteggere spalle, braccia
e gambe. Scudi di plexiglas per proteggere i manifestanti, maschere anti-gas e
caschetti per proteggere la testa. Non ho visto spranghe o oggetti offensivi.
C'erano anche le telecamere della Rai (credo) e spero che possano confermare
tutto questo.
Prima che questa colorata sfilata partisse e mentre la
gente era ancora all'interno dello stadio, ho sentito ripetere per almeno tre
volte al microfono (non so se fosse la voce di Casarini) la volontà di
manifestare in maniera pacifica e non violenta e l'invito a non portare con sé
nessun tipo di oggetto che potesse essere considerato un'arma (bastoni di
bandiere, spranghe ecc...) altrimenti la manifestazione non sarebbe partita.
Saranno state le undici o giù di li e siamo (parlo al
plurale per includere i ragazzi con cui ho viaggiato ma soprattutto perché
quando ero li mi sentivo parte di un unico grande "organismo") già in
mezzo ad un fiume di gente colorata che intona canti popolari e di sinistra
(personalmente la cosa mi e' piaciuta molto, ma voglio mantenere la politica al
di fuori del racconto, almeno per ora!).
Subito dopo la prima curva si vedono le prime camionette
della polizia che osservano impassibili il corteo sfilare. Sembra tutto
tranquillo.
Il corteo procede a singhiozzo, cercando di rispettare
l'invito di rimanere il più compatti possibile per renderci meno vulnerabili.
E' di nuovo la mia ingenuità a bussarmi: vulnerabili? Il definirci vulnerabili
sottintende che qualcuno sta per attaccarci, o per lo meno si ha paura di
questo.
La mia confusione aumenta e io temo quello che non
capisco.
Siamo sotto il sole e sotto tensione nervosa, anche per
tutto quello che i media ci hanno "sparato" nei giorni precedenti al
G8.
Le bare portate a Genova, lo spazio fatto nelle carceri e
negli ospedali, i servizi segreti, migliaia di forze dell'ordine, i cecchini
negli appartamenti civili e tutto quello che i media ufficiali hanno largamente
diffuso nei giorni precedenti al G-8; Questo e' stato un vero e' proprio
attacco terroristico-informativo/mediatico contro la volontà e la libertà di
manifestare sancita dalla costituzione italiana.
Più il tempo passa e più la tensione cresce, capisco di
essere molto nervoso, impaurito. 300/400 metri di fronte a noi (eravamo lungo
la ferrovia, per chi c'era, ndr) leggermente spostato sulla destra si vedono
due colonne di fumo nero. "I soliti cassonetti", sento dire.
Telefonicamente ci facciamo dire cosa sta succedendo. Sembra che in giro stiano
succedendo i primi disordini, ma che la nostra manifestazione sia ancora
tranquilla. Continuo a ripetermi di non aver paura e che di certo la stampa e
la televisione ha solo voluto metterci paura. Si procede. Gli elicotteri
continuano a seguirci passandoci sopra più e più volte. Ad un certo momento
vedo distintamente una scia di fumo che parte dalla cima di un palazzo per
finire in mezzo alle persone che sono alla testa del corteo. Essendo la strada
leggermente in discesa ho visto chiaramente la scena.
La mia paura sono proprio quei lacrimogeni che mi hanno
detto essere pericolosi per chi e' allergico (in seguito scopriro' che non
erano i lacrimogeni quello di cui dovevo aver paura). Io e un mio amico (con lo
stesso problema allergico) decidiamo di tornare all'IMC sia per questo motivo
che per dare una mano. Ci separiamo dal resto del gruppo tra mille
raccomandazioni.
Giriamo in direzione dell'IMC e lo spettacolo a cui
assistiamo e' terrificante.
Macchine bruciate e girate sottosopra per le strade.
Cassonetti dati alle fiamme e la gente che scappa in ogni direzione. Sento gli
spari dei lacrimogeni e in fondo ad un carruggio ne vedo anche il fumo. Sono
confuso e impaurito, la mia mente non riesce ad elaborare tutte le informazioni
che riceve, si chiede solamente il perché di tutto questo. Mi torna in mente
l'avvertimento di non rimanere isolati e in piccoli gruppi (noi eravamo in
due), panico. Ci guardiamo in giro con mille paranoie, ognuno che faceva due
passi dietro di noi era un nemico; in quei pochi minuti ho capito cosa e' la
paura.
Mi ferma un ragazzo con uno scooter e mi chiede come vanno
le cose indicandomi la direzione della manifestazione: "male, la tensione
e' alta e ci sono già dei casini". Il mio amico mi tira per un braccio
rimproverandomi. "Non dare confidenza a nessuno, quello era uno della
Digos". Un brivido mi percorre la schiena, maledetto ingenuo, quando
crescerai? (solo oggi mi rendo conto della violenza psicologica subita). Venti
metri più avanti la scena si ripete: "Come va?", rimango impietrito. "Non
lo sappiamo", risponde il mio compagno trascinandomi via violentemente. In
strada oltre la gente che scappava, era pieno di questi scooter che fermano la
gente. A cento metri c'e' la guerra civile (si sentivano anche delle
esplosioni) e tu vai in giro beatamente senza casco?
Arriviamo su di una scalinata con in cima una balconata
che affaccia sul percorso della manifestazione. Vediamo un numero inaudito di
carabinieri che presidiano i due lati di una piazza, la manifestazione e'
diretta in quella direzione. Mi tornano in mente le letture di quanto successo
a Napoli in contemporanea sento gridare "Li stanno chiudendo, stanno
facendo come a Napoli".
Chiamiamo i nostri compagni che sono rimasti nel corteo
per avvisarli ma hanno già deciso di continuare.
Giungiamo stremati alla scuola dove le notizie arrivano in
tempo reale.
Il corteo e' chiuso e li stanno "bombardando" di
lacrimogeni. Siamo impotenti.
Non ci rispondono più al telefono. Lo sconforto e la paura
ci assale.
Entra nella mia vita, devastante come un pugno nello
stomaco il termine Black Block.
Tenete bene in mente che io non sapevo ne' chi fossero ne'
cosa facessero.
Era la prima volta che vivevo una situazione del genere e
la mia memoria storica e' molto limitata. Mentre scrivo mi rendo conto di non
aver capito molto di quello che stava succedendo.
MOLTE DELLE COSE CHE HO VISTO E VISSUTO A GENOVA RIESCO A
CAPIRLE SOLTANTO ORA CHE STO METTENDO IN ORDINE I PEZZI DEL MOSAICO, E CHE STO
RIACQUISTANDO LUCIDITA'. QUELLO CHE VI RACCONTO E' IN ORDINE DI COME LO HO
VISSUTO, LE CONCLUSIONI SARANNO STILATE ALLA FINE.
SOLTANTO ORA CHE ASCOLTO CON RABBIA E DISPREZZO LE FALSE E
RIDICOLE DICHIARAZIONI DI QUESTO GOVERNO CAPISCO COSA E' SUCCESSO E QUELLO CHE
POTREBBE SUCCEDERE.
I Black Block stanno mettendo a ferro e fuoco la città e
ci sono diverse testimonianze (e filmati che ho personalmente visionato) che la
polizia li ha lasciati fare. In compenso le forze dell'ordine stanno caricando
i manifestanti. Tutti. Indistintamente. I lacrimogeni piovono come una
tempesta. Cominciano ad arrivare i primi filmati dei coraggiosi ragazzi/e che
hanno voluto contribuire alla memoria di quanto sta succedendo, trovandosi
spesso nelle zone più "pericolose", rischiando anche la propria
pelle. Alcuni di loro sono stati menati proprio per le telecamere. Se non fosse
stato per loro adesso non potremmo testimoniare l'orrore che abbiamo vissuto a
Genova. Dai primi filmati che arrivano vediamo i pestaggi dei manifestanti.
Lacrimogeni sparati ad altezza uomo, senza nessun ritegno. Un vero e proprio
massacro.
Naturalmente di tutto questo non si vede niente in
televisione e sui giornali.
Ci sentiamo soli, isolati dal mondo intero, abbandonati al
nostro destino di essere etichettati come "eco-terroristi"
rivoluzionari. "Basta guardarli in faccia per vedere che sono tutti dei
drogati", dichiara Fede al tg4.
Uno sconforto unito a rabbia indescrivibile mi assale,
comincio a farmi un quadro della situazione.
Arrivano le prime voci di infiltrati tra i BB e che le FdO
li hanno lasciati agire indisturbati per poi caricare e sparare lacrimogeni sui
manifestanti.
Si, ci saranno anche i violenti, ma quello che ci e' chiaro
e' che non c'e' nessuna intenzione di fermarli, di isolarli.
Personalmente non condivido la violenza, ma dopo quello
che ho visto non la criminalizzo: non tutti abbiamo la stessa testa e la stessa
lettura di quello che viviamo, del mondo intero. Non tutti abbiamo le stesse
esperienze di vita, la stessa sensibilità ed emotività. Se la violenza non
fosse altro che la risposta di chi si sente impotente ai soprusi, si sente
impotente e schiacciato da questo sistema capitalista alienante e alienato che ci
vorrebbe tutti sottomessi e abituati alla ormai totale mancanza di libertà? Non
tutti godiamo delle stesse pari opportunità tanto decantate e delle inutili
"comodità" di questo sistema. Spesso veniamo isolati, etichettati per
un taglio di capelli o per una maglietta sdrucita e sporca. Beh, di questa
gente bistrattata dal mondo e dalla società benpensante e perbenista ne erano
piene le strade. Tutti in piazza a difendere i diritti e le libertà che ci
vengono quotidianamente negate, NASCOSTE.
Tutti gli altri, i "fighetti" erano in poltrona
a puntare il dito contro "i violenti", senza neanche sapere quello
che e' realmente successo.
Questo sistema ci insegna che il "diverso" e'
cattivo, da isolare. Che chi non ha la camicia firmata non e' rispettabile. Ci
hanno messo gli uni contro gli altri. E QUESTO E' IL RISULTATO DI GENOVA.
A GENOVA, SIAMO STATI _TUTTI_ ATTORI NON PROTAGONISTI,
COMPARSE.
CI HANNO TESTATO, HANNO VOLUTO VEDERE FINO A CHE PUNTO
POSSONO SPINGERSI.
HANNO VOLUTO TESTARE IL NOSTRO GRADO DI CONSAPEVOLEZZA DI
MASSA, IL GRADO DI CONSAPEVOLEZZA DI QUELLO CHE STANNO COMMETTENDO ALLE NOSTRE
SPALLE.
Arrivano le notizie di veri e propri massacri, arresti e
moltissimi feriti. Vedo le immagini e inorridito continuo a non capire cosa
succede. Povero ingenuo, credevi in qualcosa che ormai non esiste più la pace e
la libertà.
Vi assicuro che chi non ha mai vissuto certe cose non
potrà mai lontanamente capire cosa vuol dire trovarsi in certe situazioni. Non
riesco a farmene una ragione, provo rabbia infinita, sconforto, sono tutt'ora
terrorizzato e la vista di una divisa o l'udire un elicottero mi spaventa. Ma
per capire cosa e' successo bisognava essere li, anche se neanche questo
garantisce la giusta lettura dell'accaduto, cosa di cui sono giorno dopo giorno
sempre più consapevole. Tutto e' stato studiato a tavolino, compreso il mio
stato d'animo.
Arriva la voce che un'infermiere del GSF e' stato ferito,
abbiamo le immagini.
Dal filmato si vede chiaramente il volontario fermo ai
lati di una strada che guarda la manifestazione; da dietro arriva un poliziotto
e lo colpisce in testa.
Perché?
Vado davanti all'infermiera a chiedere, inutile, il caos
regna sovrano.
Gli infermieri volontari del Gsf hanno delle magliette
bianche con sopra disegnata a mano una grossa croce rossa, sono inoltre muniti
di tesserino di riconoscimento. Arriva un ragazzo di Roma, anche lui infermiere
volontario, che racconta. Ce l' hanno con loro, li stanno prendendo di mira.
Arriva il filmato di un'altro infermiere picchiato brutalmente dentro una
cabina telefonica. Il "romano" ci racconta che la polizia, "gli
sbirri" stanno malmenando anche loro, soprattutto loro e chiunque si
avvicini per soccorrere i compagni feriti. L'infermiere ad ogni arrivo in
ospedale (alcuni hanno dovuto portarli li' per le condizioni disperate) veniva
fermato ed identificato. Molti dei ragazzi che vengono caricati dalle
"autoambulanze ufficiali" vengono direttamente portati in questura,
altri vengono prelevati direttamente dall'ospedale o piantonati.
Forse per questo ce l' hanno con loro, i
"nostri" ragazzi non chiedono i documenti a nessuno, ti curano (se
possono) e basta.
In questi giorni apprendo dai giornali un'altra orrenda
pratica attuata in quei giorni negli ospedali di Genova. Il T.S.O. (trattamento
sanitario obbligatorio) c'e' un'ordinanza di riempire di psicofarmaci tutte
quelle persone che si lamentano troppo delle botte che hanno preso.
INCREDIBILE.
L'ASSASSINIO.
A metà pomeriggio, la tragedia. Arriva la notizia di un
morto, anzi due. Le notizie sono confuse. Ormai la situazione e' degenerata. Un
manifestante ucciso da un sasso da un'altro manifestante. Piango. Man mano che
il tempo passa la situazione si fa sempre più chiara fino ad arrivare alla
triste verità che oggi tutti conosciamo: un giovane manifestante e' stato
UCCISO da un giovane carabiniere di leva. Il G8 ha le sue prime vittime, se
prime si possono definire. Coraggiose e apprezzabili le parole del padre che
difende il giovane militare come vittima anch'egli del 'sistema'. Le condivido.
Ma la sofferenza che mi porto dentro non mi farà mai giustificare l'utilizzo di
un'arma da fuoco. Nonostante la giovane età credo che a 20 anni si sia
consapevoli che sparare e' uguale ad uccidere. Era terrorizzato per quello che
stava succedendo?
Beh, forse anche Carlo lo era, forse lo era molto di più
di un carabiniere che indossa la divisa. Questo non toglie il fatto che anche
lui sia una vittima, come lo siamo tutti del resto, solo che molti non ne sono
consapevoli, anzi si sentono ben protetti da questo sistema sempre più
repressivo e poliziesco.
Riporto con piacere, dei pezzi di un messaggio apparso in
questi giorni in giro per la rete, riguardante l'assassinio:
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Un gruppo, un bloc di giovani scaricava la rabbia
accumulata per altri pestaggi, per vigliacche aggressioni, per una
violenza cieca che loro stessi o loro amici avevano poco
prima o poco più in là subìto da una qualche carica della polizia o dei
carabinieri: anche questo è rimasto evidente nelle immagini.
Il bloc èl'unica salvezza che hai nella guerra di strada,
come allo stadio: se sei isolato sei perduto, se rimani vicino ai tuoi amici
non sarai preda dei tuoi nemici, della polizia, delle "guardie". E'
una legge della natura, non della politica. La camionetta era rimasta isolata:
dovevano pagare. E' una legge della natura, non della politica. Ma il livello
di quella violenza non può spiegarsi nella natura di Carlo, nella natura dei
suoi compagni del bloc, nella natura del comportamento del branco, nella natura
della guerra di strada: il livello di quella violenza può spiegarsi solo con
l'efferata ferocia dimostrata dalle forze dell'ordine, con la gratuita
disponibilità al massacro, con la predeterminata volontà a intimidire, a
spaventare, a impaurire, con la sensazione di impunità che da troppo tempo
caratterizza le forze di polizia.
Non c'è nulla da questo punto di vista che possa
avvicinare i due giovani, e che ci ricordino la loro stessa età è solo
maldestra retorica: l'uno, il carabiniere è l'arroganza del potere: persino nel
panico può ricorrere ad essa e in maniera micidiale; l'altro è solo la furia di
chi non ha mai alcun potere, di chi per una volta vorrebbe fargliela pagare,
vorrebbe vederli scappare.
Non c'è nulla da compiacere in questo, in quello scontro
così ravvicinato, così crudo, così essenziale, così esemplare, anzi: c'è da
averne paura, orrore.
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Ormai e' notte e io ho completamente perso la cognizione
del tempo (che oggi, dopo 5 gg, non ho ancora riacquistato). Non riesco a
spegnere il computer, sto ancora visionando le foto dell'assassinio all'interno
della scuola in Via Cesare Battisti. Infine crollo e mi infilo nel mio sacco a
pelo distrutto da una giornata al limite dell'immaginabile. Mi addormento
sapendo che il giorno seguente sarà qualcosa di terribile.
Mi sveglia il rumore degli elicotteri mai così numerosi e
vicini al nostro HQ. La manifestazione passa in Piazzale Kennedy che e' a pochi
metri in linea d'aria da dove ci troviamo. Mi vesto e andiamo subito in strada,
c'e' odore di bruciato, mi avvio con la macchinetta fotografica verso la
balconata che da' sul lungomare (da dove si vede piazzale Kennedy. e i tendoni
del centro accoglienza del GSF).
La manifestazione procede e subito dopo la piazza si
intravede un massiccio schieramento delle forze del (dis)ordine. Vedo
agitazione all'inizio del corteo che e' quasi vicino a svoltare sulla sinistra
per proseguire nel suo cammino. Comincia il lancio dei lacrimogeni, alcuni sono
multipli. Ho visto gente con le ustioni sulle braccia causate dai gas
urticanti. Il corteo e' chiuso, davanti e dietro e la gente e' impazzita, molti
cominciano a salire la scalinata che porta sulla balconata dove mi trovo. Scappo,
torno all'Imc e racconto ciò che ho visto.
Un ragazzo inglese, mi chiede di salire in terrazzo per
dare l'allarme in caso di arrivo dei BB o la polizia. Dalla terrazza vedo molta
gente di ritorno, sfinita. Molti dei ragazzi che vedo arrivare sono quelli che
dormiranno nella Diaz. Sono stato li per un paio d'ore, fino a quando l'aria
era talmente rarefatta da essere irrespirabile. Me ne accorgo dal bruciore agli
occhi. Torno all'interno dell'edificio avvertendo di chiudere le finestre. Con
me sulla terrazza c'era anche una ragazza che presidiava l'angolo opposto
dell'edificio. Anche lei scappa insieme a me coprendosi gli occhi e la bocca.
L'effetto dura fortunatamente solo un paio di minuti. La gente che ho visto di
ritorno dalle manifestazioni fino al momento che sono stato affacciato non
portava con se nessun tipo di oggetti che potevano essere usati come armi.
Nessuno. Tengo a precisare che la gente che era all'interno dell'Imc avrebbe
comunque reagito o segnalato se avesse visto gente 'strana' con 'strani'
oggetti. Per lo meno sarebbe girata la voce all'interno del centro. Ne sono
sicuro.
Continuo a fare avanti indietro tra la sala dei montaggi
video e quella dei computer per leggere gli aggiornamenti via Internet. Ho
anche dato una pulita al bagno del piano dove abitualmente soggiornavo. Le
immagini e le notizie che leggo sono drammatiche, i feriti e gli arresti si
moltiplicano, insieme alle notizie delle barbarie che subisce la gente che
viene arrestata.
Allucinante, siamo in guerra.
Penso:
Verrà fuori tutto questo?
Saremo i soli a pagarne le conseguenze?
Il nostro sacrificio fisico, mentale e psicologico servirà
a far risvegliare la gente?
Verranno denunciati e resi pubblici tutti questi soprusi,
barbarie e raggiri degni del miglior complotto mai disegnato?
Siamo caduti in una trappola, ci siamo dentro tutti.
Manifestanti, black block, la gente che assiste alle scene
in televisione e legge i giornali, forse le stesse forze del (dis)ordine.
Credo che in alcuni momenti ho rischiato il collasso, una
crisi di nervi, la pazzia. Sono due giorni che non faccio un pasto, non dico
decente ma sufficiente, eppure non ho fame. Sono tre giorni che non faccio una
doccia.
La sera io e un'altro ragazzo di Roma decidiamo di averne
abbastanza di questa esperienza, siamo esausti, distrutti. Ci comunicano gli
orari dei treni.
Prepariamo gli zaini, arrotolo per l'ultima volta il mio
sacco a pelo nuovo di zecca, comprato giust'appunto per questa 'fantastica'
esperienza.
Tutto e' pronto, il treno, se non ricordo male parte alle
01:15.
Vado in bagno per lavarmi i denti e cambiarmi i panni
sudati e sporchi.
Apro l'acqua e sento gridare: "Sono qui, chiudete il
cancello".
Sono qui?
Chi?
Corro nell'aula dove dormivamo che affaccia su Via Cesare
Battisti.
Dei poliziotti stanno letteralmente massacrando un ragazzo
per strada. Lo lasciano in terra e si avviano a forzare il cancello della Diaz.
Sono tantissimi, la strada e' bloccata su entrambi i fronti da camionette e
jeep.
"Chiudiamo le porte", do una mano a spostare le
scrivanie, sedie e tutto quello che troviamo per barricare la porta del nostro
piano. E la gente degli altri piani? E la gente nella scuola di fronte?
Ci infiliamo tutti (quelli presenti in quel piano), nella
stanza dove Radio Gap era ancora in onda. Dalla scuola di fronte arrivano urla
disumane. Urlano, come mai avevo sentito urlare. Li stanno massacrando.
Io sono pietrificato. Prendo un sacco a pelo e me lo metto
sulle spalle. Che credevo di fare? L' ho tolto subito.
"Stanno entrando, sono qui."
Cosa passa per la testa di una persona che sente urla di
orrore e dolore a 10 metri di distanza e sente la polizia che sta sfondando la
porta del tuo piano?
Non lo so, non me lo ricordo. So solo che ancora sono
spaventato, spesso piango, ho il fiato corto, non riesco a mangiare e che ogni
qualvolta sento il rumore di un elicottero o vedo una divisa mi sento male per
il turbine di emozioni e ricordi che mi travolgono.
Ancora non riesco a capire.
"Stiamo calmi, alziamo le braccia, non stiamo facendo
niente."
Entrano dopo i primi attimi di paura e di studio reciproco
qualcuno va a parlare con loro. Siamo al telefono con Agnoletto, dice che sta
arrivando.
La polizia, con i manganelli in mano e le bandane sotto il
casco dice che non ci toccherà. Dopo poco se ne vanno. Di quei minuti ho i
ricordi un po' confusi.
Siamo tutti terrorizzati ma siamo tutti illesi.
Le urla provenienti dalla scuole di fronte continuano. Ci
affacciamo tutti alla finestra dove assistiamo a delle scene terrificanti:
cominciano a sfilare sotto i nostri occhi le barelle con gente massacrata. Ne
abbiamo contate piu' di una cinquantina. Alcuni erano in condizioni disastrose,
con gli occhi girati, completamente inermi. Escono i primi arrestati. Vediamo
anche due sacchi neri trasportati fuori dalla scuola. Gli gridiamo che sono dei
"fascisti assassini" fino a che la voce ci regge.
Quello che i miei occhi hanno visto in quella notte non ha
nessuna altra connotazione. E' la storia che ce lo insegna. E' stata un'azione
vergognosa, squadrista, messa in atto da delle forze del (dis)ordine fasciste e
senza scrupoli. Era chiaramente visibile, la loro sicurezza, la loro
determinazione e la loro carica violenta. Si sentivano sicuri, protetti, in
grado di poter fare quello che volevano. Molti di loro ridacchiavano
malignamente come a prendersi gioco di noi.
Finito il massacro e mentre le barelle ci passavano
davanti, "gli sbirri" erano schierati di fronte al cancello per non
permettere a nessuno di entrare.
Ci hanno provato in molti inutilmente: avvocati, deputati,
giornalisti, lo stesso Agnoletto che nel frattempo era arrivato. Venivano
derisi.
Un elicottero era fermo a pochi metri d'altezza dalla
scuola. Ci puntava un faro accecante addosso, soprattutto alla gente che era in
strada. Forse per disturbare le riprese delle telecamere. Io ho assistito a
tutto dalle finestre del secondo piano. Impietrito.
Sottolineo: era chiaro che si sentivano tutelati.
Saranno state le 2:30 o le 3 quando sono andati via. Molti
di noi sono entrati nella scuola per vedere, cercare, soccorrere. Io non ce l'
ho fatta.
Sono riuscito ad entrare nella 'scuola dell'orrore' solo
la mattina successiva. Mi sono fatto coraggio, dovevo vedere.
Le immagini del sangue e della distruzione attuata in
quella scuola forse le avete viste, io le ho vissute. C'era sangue per tutti e
tre i piani dell'edificio. Sono arrivati fino all'ultimo piano, non hanno
risparmiato nessuno. C'era sangue ovunque. Facce stampate sui termosifoni,
sugli angoli dei muri, sugli armadietti della scuola. Ho visto bossoli di
lacrimogeni.
Ma quali armi, quale resistenza. Sono entrati con la
chiara intenzione di fare una spedizione punitiva. Un'esecuzione.
Sono entrati mentre dormivano e hanno massacrato tutti i
presenti.
Per chi non lo sapesse o non lo avesse ancora percepito
dalle immagini quella scuola era in ristrutturazione, era un cantiere. Molto
del materiale "pericoloso" sequestrato era li perché c'erano, e ci
sono ancora, dei lavori in corso. Un'altra cosa ridicola e' che il materiale
sequestrato aumenta ogni giorno che passa.
In quei giorni di Genova ho sentito molte testimonianze,
visto filmati e vissuto sulla mia pelle l'orrore. Chi non c'era e spara
sentenze almeno rispetti la gente che era li' per manifestare i soprusi che
TUTTI stiamo subendo.
La globalizzazione non ha colori politici, anche se tra i
manifestanti c'era poca gente facente parte dell'elettorato di questo governo,
anzi sono quelli che in questi giorni continuano a difenderne l'operato. Le
azioni di polizia e questo governo hanno avuto un comportamento che
storicamente può essere associato solo ai fascisti o all'operato di Pinochet in
Cile. Hanno dimostrato chi sono.
Stanno cercando un colpevole, stanno criminalizzando le
tute nere.
Destra e sinistra ce l' hanno con loro. Noi dobbiamo
denunciare quanto successo a Genova e i diritti costituzionali che sono stati e
vengono tutt'oggi violati. Le FdO stanno compiendo vere e proprie persecuzioni
alla gente che era li.
Dobbiamo denunciare questo processo di globalizzazione che
oggi e' in mano ad un governo fascista che ne amplifica a dismisura il suo
effetto devastante.
Questo movimento non dovrebbe avere un solo colore
politico, non dobbiamo dare ai veri burattinai del sistema un nemico da
combattere.
GLOBALIZZIAMO LA PROTESTA.
Ora dobbiamo lottare perché tutto questo venga alla luce
del giorno.
Ora dobbiamo lottare perché le ingiustizie e le violenze
di Genova vengano denunciate.
Chi difende e accetta quello che e' successo a Genova e'
colpevole nella stessa maniera di chi ha compiuto degli atti fascisti.
Questo governo e questa situazione mi spaventa, ma mi
spaventa ancora di più la massa ignorante che legittima quanto avvenuto. Questo
e' inaccettabile e ingiusto.
Non cadiamo nel qualunquismo e nella criminalizzazione dei
BB.
Se non fossero stati loro il motivo per attuare la
REPRESSIONE lo avrebbero trovato ugualmente.
A GENOVA E' STATO ATTUATO UN VERO PIANO DI TERRORE E DI
VIOLENZA. TUTTI SIAMO VITTIME.
Chi crede che la globalizzazione non lo riguardi e'
ignorante e colpevole.
Chi crede che la globalizzazione non lo riguardi oramai e'
uno zombie, un parassita di questa società, contento di avere il telefonino e
la macchina lucida e un pasto caldo tutte le sere. Questo gli basta. Questo lo
ha ucciso, lentamente, senza spargimento di sangue.
NOI ERAVAMO IN PIAZZA ANCHE PER TE, MA FORSE SEI SENZA
SPERANZA.
MA NOI CREDIAMO anche NEI MIRACOLI.
W LA LIBERTA'.
ArKymedeZ
LA LEVA DI ARCHIMEDE
Associazione di consumatori per la libertà di scelta