Serata alternativa

 

 

“Dio c*** fermi tutti e mani sui cassonetti!”.

“Muovetevi ciglioni…fermi, perdio!”.

“Svuota le tasche!Ho detto svuota le tasche pezzo di merda!”.

“Siete in arresto!Squadra mobile, un cordone fino al cellulare e caricate ‘sti porci!”.

Questa è stata la sorte di quindici camerati Forzanuovisti ieri a Verona.

Come noto ieri si celebrava quel rito cistercense e libertario noto come gay pride, dove pseudo donne e pseudo uomini festeggiano il loro essere malati sodomiti, presentandolo come scelta di vita giusta e normale.

La loro cultura si mostra subito negli slogan contro gli eterosessuali e contro tutti quelli che seguono veramente una via, l’unica via, nel gestire un rapporto d’amore.

Indecente più di quello stesso porcile politicamente corretto è stata la magra indignazione per lo più seguita da un mutismo incredibile della cittadinanza e dell’autorità che invece di proteggere chi si costruisce una famiglia e chi contribuisce al benessere di una città preferisce festeggiare con la massa variopinta e colorata la perversione più totale.

La perversione non è una scelta di vita e non lo potrà mai essere.

Per questo circa trecento camerati tra Forza Nuova e Veneto Fronte Skinheads oltre che numerose famiglie, con i loro figli, si sono riuniti in piazza S.Zeno.

Per urlare che la gioventù italiana non è disposta a vedere questo scempio, tanto meno è disposta a veder riconosciuti diritti come l’unione delle coppie homosex o l’adozione da parte di questi individui di poveri bambini, che sarebbero costretti a vivere e crescere in costante contatto con malattia e perversione.

Cosa sarà di questi pargoli?

Non è importante.

Ma è fondamentale che ognuno sia libero di scegliere se stare con una persona del sesso opposto e dello stesso, è importante che ognuno sia libero di scegliere se seguire la via naturale o andare per vie secondarie (il doppio senso, ve lo assicuro, non è voluto), è importante che ognuno faccia di se ciò che meglio crede.

Sull’ultimo punto, si potrebbe anche essere d’accordo: ognuno nella sua camera da letto è libero di fare ciò che più gli piace, ma il motivo per cui ci si debba sorbire certe manifestazioni scabrose, allucinanti e vomitevoli, resta ignoto e incomprensibile a tutti.

E ancor meno comprensibile è il comportamento di certi politici e militanti della sinistra che sebbene siano i primi a dire “frocio di merda”, per un pugno di voti darebbero via anche il..... ma lasciamo stare.

Dopo il comizio, durato circa un’ora di Yari Chiavenato (leader veronese di FN), del coordinatore regionale veneto Paolo Caratossidis e del dirigente nazionale Avv. Roberto Bussinello, incentrati sul tema “famiglia, principio di ricostruzione nazionale” molti camerati se ne vanno alla spicciolata verso le loro vetture o verso le loro case e altri si fermano in qualche bar per una birra ghiacciata.

C’è anche chi invece decide di andare a vedere i pagliacci che stanno ridicolizzando la città veneta, ma non con l’intento di provocare, solo per rendersi conto del punto a cui può giungere la follia umana, e perché no, facendo quattro risate sul transgender e travestito di turno.

Così, tolti e coperti i simboli politici e gli orpelli vari che ci avrebbero fatto riconoscere facilmente dalle zeccucce da guardia che presidiavano il gay pride (che orgoglio c’è nell’essere omosessuale devo ancora capirlo) e indossati abiti “civili” io, Luca Pilli e altri 10 camerati di Lucca ci siamo incamminati verso la nostra meta: piazza Bra.

Sulla strada iniziamo a notare le prime avvisaglie della discarica che si trovava poche centinaia di metri più avanti.

C’è chi scherzando prende sottobraccio Luca e tenta di sbaciucchiarlo per entrare in tema con la manifestazione (se lo scoprisse sua moglie suppongo che lo prenderebbe a scarpate, sempre che non lo abbia già fatto), c’è chi tenta di ridicolizzare l’atteggiamento effeminato delle checche e ultimo ma non meno importante (per fortuna) c’è chi tenta di convertire qualche lesbica o insegue qualche ragazza applicando la famosa tattica del takkinamento Forzanuovista.

Poi il silenzio, tutti zitti e fermi, basta scherzare, siamo a pochi metri dal reparto celere e dalla nostra meta.

La stessa piazza che aveva ospitato milleduecento Forzanuovisti un mese fa che inquadrati avevano cantato e applaudito per tutto il pomeriggio senza sporcare, senza insozzare, senza ridicolizzare la piazza e la città e anzi, portandole onore e rendendole gloria, ora era affollata da un paio di migliaia di gay, lesbiche, zecche, transgender, transex e politici affetti da sindrome da “prima donna”, seduti per terra in mezzo a sporcizia di ogni tipo e in mezzo a malattie di ogni tipo.

Dopo un rapido giro all’interno del perimetro della piazza, indisturbati ci avviamo a gruppetti per non dare nelll’occhio verso piazza S.Zeno dove avevamo le macchine.

Un grido.

Sarebbe stato troppo facile, lo sapevo che non poteva finire così.

Ma cazzo.

Ci giriamo tutti insieme e corriamo verso un manipolo di zecche che stava affrontando tre ragazzi dall’aspetto familiare.

I tre ragazzi non erano parte del gruppo di spedizione partito con noi, ma erano dei camerati bergamaschi che avevano parcheggiato, pensate un po’,  la loro vettura in piazza Bra.

Mossa davvero intelligente oserei dire, ma forse è meglio non infierire più di quanto si è già fatto nelle ore di attesa successive...

Corriamo da loro per sottrarli al manipolo di anarchici che appena visti, si defila, lasciandoci  (non so se sia stata una fortuna) nelle accoglienti braccia della Polizia Stradale, che ovviamente ci da un ottimo benvenuto (oh, yeah baby) a base di spinte, insulti, manganelli e scudi.

Cominciano gli attimi di tensione , attimi di frenesia in cui qualcuno toglie la cinghia,  qualcuno si prepara allo scontro che sicuramente non sarà facile e qualcuno si prende una bottigliata da una zecca solitaria, uno spintone da un agente, una manganellata sfuggita “per sbaglio” o uno scudo in mezzo al petto.

Attimi in cui gli anarchici ci insultano, la polizia ci insulta e qualcuno dalla bocca troppo larga replica agli agenti, aggravando la nostra situazione.

Ci viene intimato l’alt, e subito dopo ci viene ordinato di andarcene.

Non sapendo cosa fare, visti i due comandi opposti, ci fermiamo per avere delucidazioni.

Tentiamo di spiegare l’accaduto al dirigente DIGOS lì presente ma non ci viene prestata attenzione e dopo qualche sceneggiata napoletana che non fa altro che inasprire il rapporto con la celere di un camerata a cui la birra fa uno strano effetto, ce ne andiamo raccogliendo i pezzi e i camerati che inciampavano cadendo a terra.

Ci incamminiamo ancora una volta verso le macchine stavolta, in apparenza, riuscendoci.

A cinque minuti di distanza, ecco le sirene, le grida e le perquisizioni.

Veniamo amorevolmente filmati da un agente (un virtuoso degli 8mm) e insultati quel tanto che basta per sentirci ben accolti nella democrazia italiana e ancor più affettuosamente spinti sui cellulari e condotti per un giro turistico della città scaligera.

Direzione?
Questura...sempre meglio che le patrie galere...

Dopo venti minuti di viaggio soffocante arriviamo in un modernissimo edificio e scaricati a mo’ di pacchi.

Ci conducono in  una sala d’attesa dove ci prendono i documenti e ci chiedono i dati per i verbali.

Sono le 18.30.

Alle 22 siamo ancora lì fermi senza che nessuno ci abbia detto che cosa sarà di noi, quando ci lasceranno andare.

Nessuna notizia, nessun permesso di telefonare alle mogli, alle famiglie, all’avvocato.

Poi, qualche concessione inizia ad arrivare con l’abbassamento della tensione.

Qualche battuta con qualche agente e le risposte non sempre cordiali.

Qualcuno che fa un po’ troppa confusione viene fatto tacere.

Qualche sigaretta, una telefonata, un sms.

Bagno, acqua e perché no, qualche risata liberatoria dopo la tensione dei primi momenti.

Da una porta di un dirigente una voce risuona, agghiacciante e penetrante: violazione della legge mancino.

Iniziamo a domandarci a chi è stata affibbiata la denuncia per la violazione della 122,  tentando di sollevare un camerata minorenne che per quello che sapevano i suoi genitori era uscito con dei compagni di classe e non frequentava nemmeno Forza Nuova.

“Due alla volta seguitemi e non fate casino”.

Impronte digitali.

Foto.

E poi il ritorno in mezzo agli altri.

Uno ad uno veniamo convocati, dopo una ripulita alle mani dall’inchiostro, negli uffici del dirigente di turno.

Ci vengono ancora una volta richiesti i dati, ci viene dato il nostro fascicolo in duplice copia, da firmare entrambe: una è un ricordino per noi, l’altra, come le foto, solo per ricordo di 15 “neonazi” che hanno trattenuto gli agenti 6 ore in ufficio a fare straordinari.

A mezzanotte io e Luca finalmente usciamo dagli uffici, e fuori dalla questura aspettiamo l’arrivo dei camerati veronesi che si erano offerti di darci un passaggio fino alla macchina, visto che quando lo abbiamo chiesto in questura di riportarci alle macchine, ci hanno preso per matti...

Una chiacchierata coi compagni di denuncia e poi via, verso casa.

Le conclusioni?

Chi c’era quella sera non dimenticherà le sensazioni, e le emozioni provate.

Chi c’era quella sera ora è  unito da un legame maggiore.

Chi c’era quella sera è più motivato e qualora lasciasse la Lotta, sapremmo subito che non è adatto alla vita di militante, di camerata, di italiano degno di questo nome.

Chi non c’era quella sera...si è perso uno spettacolo.

Le accuse sono di violazione delle Leggi Mancino e Scelba, non siamo stati i primi e non saremo gli ultimi.

Si vede chiaramente che la repressione aumenta ogni giorno in modo esponenziale e forse ci servirà anche per eliminare una parte di quei militanti che nel Movimento ci stanno per motivi che non sono decisamente “nobili”.

Ora possiamo dirlo anche noi, con maggiore partecipazione e sapendo che quello slogan che spesso urliamo ha un senso effettivo: BOIA CHI MOLLA!

 

Virescit Vulnere Virtus

 

Fulmine

 

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