La Mano Nera sul gay pride

 

 

Lo scorso anno in chiaro oltraggio al Giubileo e i valori della tradizione cattolica, per il famigerato gay pride è stata scelta Roma, simbolo della Cristianità. In questo anno chiaramente contro i valori del nazionalismo e di chi ama ancora la propria terra è stata scelta Verona e quindi Forza Nuova che nel nord/est d’Italia ha una fortissima ed attivissima presenza.

Che nessuno pensi ora che la lobby omosessuale non stia ordendo un preciso e sistematico piano dissolutorio dei valori della tradizione e della nazione. Un preciso piano che li porterà ad avanzare poi con le loro richieste, dopo che avranno eliminato le ultime “barricate” della civiltà e della moralità e quindi potere adottare un bambino, potersi sposare ed via di seguito con altre farneticazioni.

Fortunatamente non avranno la possibilità di emulare i loro cugini maggiori, “i poteri forti”, che possono uccidere per mezzo dell’aborto, gli resta però la possibilità di farlo, chiedendo a gran voce la libera eutanasia, che presto andranno a richiedere per qualche loro fidanzato colpito dall’Aids.

Da settimane, come sempre accade prima di ogni loro spettacolo, Internet era imperversata dai loro messaggi, questa volta hanno fatto molto di più: nascondendosi sotto ragioni di sicurezza (come se non bastassero le migliaia di poliziotti), i gay si sono “fidanzati” con i centri sociali, che con un sorriso e una strizzatina d’occhio hanno accettato l’invito. Il vero motivo era cercare lo scontro, per poi sfruttarlo come cassa di risonanza per la loro iniziativa.

Poverini quei ragazzi dei centri sociali, sfruttati da tutti, anche dai gay!

Forza Nuova non è caduta nella trappola che voleva vederci organizzare una contromanifestazione con tutte le sue conseguenze fisiche e legali. Solo un comizio, in piazza San Zeno il santo patrono di questa città, che forse non tutti sanno era di colore, per riaffermare la nostra presa di posizione su certi temi e il rinnovo del nostro impegno di lotta. Presenti a questo anche alcune delegazioni di Torino, Milano, Bergamo, Lecco, Monza e di Lucca.

Mentre ascoltavamo le parole dei dirigenti locali si poteva ben immaginare di quale tono e contrapposizione potevano essere i colloqui fra le numerose coppie gay giunte nella splendida Verona:

“Cara! Ci pensi? Questa sera faremo l’amore nella città di Giulietta e Romeo! - No cara, non possiamo, ho il ciclo!- Hai mangiato di nuovo le prugne secche? Lo sai che ti fanno andare di corpo?- Sei un mostro, mi tratti sempre male!- Non fare l’isterica, se oggi riusciremo nel nostro intento, in viaggio di nozze andremo a fare un giro su un pittoresco trenino che percorre la linea Lecco-Lomazzo nella verde e rigogliosa Brianza!”.

Veniamo ai fatti…..già nell’autogrill di Desenzano, sull’autostrada che porta da Milano a Venezia si potevano incontrare “campioni” di quella variopinta fauna che avrebbe popolato il gay pride veronese: travestiti brasiliani, con capelli di un improbabile biondo platinato, minigonne vertiginose e una voce da carrettiere, senza parlare di compassionevoli quarantenni effeminati con il borsello a tracolla e la vocina stridula da eunuco. La giornata si faceva presagire divertente, incontrammo due splendide fanciulle con le quali attaccammo bottone. Estrema delusione ci colpì quando, dopo una mezzora, ci confessarono che si sarebbero recate al gay pride. Ho avuto la sensazione di trovarmi di fronte a delle persone che possedevano una Ferrari e che la usavano per tenerci la verdura in fresco…..una grande delusione. Ricevemmo molti insulti amichevoli da alcuni ragazzi Piemontesi che ci avevano riconosciuti, ma erano amici e si stava scherzando, tutto bene l’appuntamento era in piazza San Zeno, scherzammo ancora un poco con loro e poi ripartimmo per la nostra meta lasciando i Piemontesi a rifocillarsi, con la musica a “manetta”…..la radio ululava note “Oi”.

Imploravo Fulmine di mettere Nilla Pizzi ma non mi diede ascolto.

Conoscendo bene Verona, nella quale ho trascorso quasi un anno della mia vita, per servire doverosamente la mia patria, abbiamo parcheggiato la nostra autovettura in una zona vicina al luogo del comizio.

La piazza dove sorge la splendida chiesa di San Zeno.

I  giovani del gruppo di Verona stavano allestendo alcuni gazebo, destinati alla vendita di libri e gadget, poi niente di meglio per rinfrescarsi dalla calura che la splendida giornata ci offriva, di un buon gelato.

Arrivarono anche un gruppo di “fratelli” che in riva ad un lago e precisamente a Cernobbio in provincia di Como, gridarono il loro dissenso verso i nostri comuni nemici, alcuni mesi fa.

Pochi minuti dopo, sentiamo un coro e dal fondo della via vediamo arrivare centinaia di amici in corteo, alla cui testa c’erano i responsabili locali che li guidavano.

Tutto si svolse nella più assoluta tranquillità. Alla fine di tutto in compagnia di alcuni camerati di Lucca si è deciso di andare a fare un giro nel  centro per osservare le ultime tendenze che la moda primavera/estate 2001 ci riservava. Vergognosi i tentativi scherzosi di emulazione da parte di un amico, delle “tendenze” presenti in piazza Brà, la piazza principale di Verona. Fino al quel punto, nessun problema o fastidio, osservammo fra il divertito e lo schifato i personaggi che popolavano quel misero e cencioso gay pride, preannunciato con la possibile presenza di 6000 persone, accudite da 1000 “zecche rosse”, ma che in realtà non erano più di duemila in totale. Dopo gli ultimi sguardi curiosi, con delusione ci siamo diretti verso la via del ritorno.

Poteva essere, finalmente e solo per quella giornata, un semplice giro turistico?

No, alle nostre spalle udiamo delle grida, un parapiglia, della confusione…..riusciamo a stento a riconoscere dei camerati di Bergamo nella confusione. Gli sprovveduti avevano parcheggiato la loro autovettura nei pressi della piazza, presidiata dalle “zecche culicizzate”.

Subito riconosciuti per le croci che portavano, sono stati aggrediti.

Che fare?

Compagni e froci inferociti ( erano comunque la stessa cosa ) volevano aggredire i tre malcapitati, ed erano circa un centinaio. Il nostro esiguo drappello da prima turistico, si è dovuto schierare in tutta coscienza, per la difesa dei nostri Camerati minacciati, fra cui, uno di loro, minorenne.

Intervenne la polizia con scudi e manganello e si frappose ai due schieramenti. Volano, come di consueto avviene nelle manifestazioni rosse, degli oggetti contundenti. Dopo un breve periodo di alterchi ci avviamo con i ragazzi “recuperati” verso piazza san Zeno, quando all’improvviso in pieno stile “americano” ci piombano addosso auto della polizia, da cui scendono agenti armati fino ai denti, manco stessero facendo lo sbarco di Normandia. In pieno stile Stalinista ci sbattono con le mani al muro. In un primo momento avevo un poco di timore, sapendo che poco prima stavano proteggendo gli omossessuali e che ora iniziavano a perquisirci, temevo in un contagio da loro subito.

Non mi sbagliavo…il delicato poliziotto con i suoi guantini di pelle nera (fuori stagione e “demodé”) era un probabile contagiato.

Pochi minuti e fummo caricati tutti sui cellulari e tradotti in questura.Durante il tragitto intrattenei i miei camerati di viaggio con un breve discorso ove affermavo che gli agenti di polizia erano, al pari degli immigrati extracomunitari, delle vittime del sistema: gli uni perché vittime di piani di globalizzazione i secondi per eseguire ordini facilitanti questa ascesa.

La festicciola durante il tragitto finì molto presto e ci misero in uno squallido salottino dell’esatto colore della moquette della discoteca De Sade in via Valtellina a Milano, uno schifosissimo colore ramarro, sicuramente “demodé” ma che presto, quando i gay prenderanno, grazie al loro aiuto, il potere, trasformeranno in un bel rosa carne, che verrà adottato anche per i manganelli con l’aggiunta di un congegno vibratorio per usi personali.

A proposito di manganelli! Emiliano si è beccato una manganellata nello stomaco dallo zio di sua moglie e a casa, in testa dalla stessa per il mancato intervento alla cena con i suoceri.

Passarono molte ore, fra scartoffie e pratiche burocratiche, gli inflessibili agenti, molto ben preparati e organizzati ci vietavano inflessibilmente l’uso dei telefonini e mentre uno di loro pensava che stessi parlando con lui, io nel frattempo con l’ausilio di un auricolare parlavo con la mia mamma che è la persona più importante per me da rassicurare e gli amici che volevano sapere cosa fosse successo.

La noia si stava appropriando di noi, qualcuno sonnecchiava, altri leggevano riviste, di tanto in tanto un agente passava seguito da un terribile tanfo di sigaro toscano e faceva la parte del cattivo, seguito poi da quello che faceva il simpatico, come nelle comiche di Stanlio ed Olio . Venne il momento delle foto ricordo, scortato da degli agenti venivo tradotto nei meandri della Questura veronese, e “depositato” in una saletta da cui potevo notare, in una stanza attigua, un agente con un rullo intriso di inchiostro nero, preso ad impiastricciare le mani di una bambina e una ragazza, probabilmente di qualche tribù di nomadi. Ero in compagnia di un camerata di Bergamo e fra una verifica dei dati sulle nostre generalità e qualche parola fra di noi siamo stati testimoni di queste parole dette da un agente: “ma ha solo tredici anni?- la ragazza rispose: cosa vuole dire “tredici anni”, si vogliono bene!”- L’agente: lui è maggiorenne, è pedofilia questa!” All’udire di queste parole per istinto naturale ci siamo alzati molto aggressivi, constatando subito che nella stanza c’erano solo le due giovani ragazze e degli agenti, ci siamo riseduti.

Gli agenti di scorta si innervosirono molto, non aspettandosi questa nostra reazione, intervennero tardivi, inutili furono le mie richieste di essere rinchiuso in cella con il pedofilo per poterlo redimere dei suoi peccati.

Venne il nostro turno, una macchina simile a quelle per l’abbronzatura mi scattava delle belle istantanee che non avrei potuto inviare ai parenti ed amici e inesorabile l’agente con il rullo di inchiostro lordava le mie mani di inchiostro nero. Infine accompagnato nelle celle mi diedero la possibilità di lavarmi le mani, stessa sorte capitò agli altri miei camerati, come in una catena di montaggio, con la minuziosità di un collezionista filatelico, le nostre impronte e foto venivano catalogate.

Fui “accompagnato” nelle vicine celle di sicurezza, una visione indecente, un puzzo da fogna di Calcutta, su di uno sgabello vicino notavo degli effetti personali, probabilmente appartenenti al pedofilo rinchiuso. Mentre mi lavavo le mani dall’inchiostro, in quel sudicio e puzzolente lavandino nella cella, pensavo a quanto ancora dovevamo lottare e subire per liberare l’Italia e se Dio lo vuole, il mondo intero da simili situazioni. Poi, finalmente, dopo lunghe ore, la riconsegna dei documenti, la firma di alcuni moduli e la provvisoria libertà, tutti uscivamo con un foglio in mano che dichiarava ora, la presenza di due nuovi amici con noi, nella nostra vita…..il signor Scelba e il Dottor Mancino!

Al ritorno in autostrada solo le canzoni di Massimino ci ricordarono che quello che oggi, pochi camerati di Bergamo, Lucca, Lecco e Monza hanno passato e subito è solo l’aperitivo della repressione della “bestia” che altri non è che il sistema, i quali nostri nemici  hanno creato appositamente per noi.

Rincaro la dose di quella spada di Damocle che pende ormai sulla mia testa, salutando i Camerati che hanno vissuto questa esperienza con me, romanamente e a braccio teso con tutto l’onore dovuto.

 

Luca Pilli

 

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