Necessità

 

 

Era un’atmosfera strana quella che si respirava in quel periodo...

Tanti, forse troppi volti nuovi stavano comparendo in quella grande famiglia che era il Partito.

Uomini strani, forse anche un po’ ambigui che non si sapeva bene per quale motivo erano comparsi solo in periodo elettorale.

Gente senza esperienza che tentava (e spesso ci riusciva) di appropriarsi del controllo di alcune attività delle sedi per poter figurare come i soli responsabili di un eventuale successo politico o, viceversa, in caso di disfatta, pronti a dileguarsi senza troppi problemi, tanto nessuno li aveva insigniti di alcuna carica (almeno a livello ufficiale).

Ed è qui che cominciarono a comparire gli amici, i camerati di un tempo (chissà dov’erano stati fino a quel momento) e i soliti “veterani” della Rivoluzione.

Come un magnete il Partito stava assorbendo la peggiore feccia della Nazionalismo, spesso senza che i dirigenti se ne accorgessero.

Era il momento in cui ogni critica sul metodo di lavoro portata a fini costruttivi veniva trasformata in un Luciliano attacco ad personam, in cui qualsiasi evento veniva trasformato in un fiume fangoso di ingiurie e falsità, che in altri tempi venivano purificati dal labor limae del buon senso dei camerati.

Era il momento in cui, grazie a queste voci da salottino in tipico e anacronistico stile Madame Bovary, molti pur sorridendo in apparenza, prendevano la mira per colpire alle spalle qualsiasi persona si potesse interporre tra loro e gli obiettivi che si erano preposti.

Ogni occasione diventava quella giusta per infamare, per colpire a tradimento, per sradicare quel sentimento di fratellanza che da sempre lo aveva contraddistinto.

Vecchi dissapori che sembravano sepolti tornavano ad affiorare ingigantiti ed elevati all’ennesima potenza.

Situazioni che culminarono nel ridicolizzare l’intero Partito davanti agli avversari di sempre e davanti agli occhi di chi era intenzionato a militare ed impegnarsi per la Causa tornavano alla ribalta.

Sempre di più si avvertiva il livello crescente di insoddisfazione, di astio e di schifo che sempre più numerosi militanti percepivano nella lotta quotidiana.

I valori che avevano guidato quel movimento si stavano evolvendo (sarebbe meglio dire involvendo) verso quelli richiesti dal Sistema.

Dio?

Rampantismo!

Patria?

Arrivismo!
Famiglia?

Egoismo e caccia alla poltrona!

Questo stava diventando, un partito imborghesito, vuoto di ogni vero valore e pieno di concetti presi in prestito in puro stile liberal.

No, così non andava, finché il grido di rivolta dei militanti stessi non venne udito dalle alte dirigenze che furono costrette a vedere la realtà così com’era e non più con gli occhi di un padre che subodora che il proprio pargolo stia diventando qualcosa di diverso da quello che si era immaginato ma non riesce ad accettare la realtà e allora la copre istintivamente con una visione irreale quanto idilliaca.

La realtà appariva ancora più cruda e aberrante di quanto non si potesse immaginare.

Quella triste condizione convinse chi di dovere a mettere le cose in chiaro con i vari sottoposti, al fine di poter recuperare il recuperabile.

Numerose voci assicurarono che la situazione non era così tragica, che erano solo dicerie di invidiosi quelle messe sotto accusa, che non era necessaria nessuna presa di posizione da parte del Capo.

Tutto sembrò sistemarsi per un breve periodo e l’aria pesante di corsa alla carica si era trasformata nell’aria fresca e pura di un paesaggio bucolico.

Per un breve periodo.

Era come essere in un campo appena concimato: quando cambia il vento il puzzo degli escrementi degli animali sembra svanire, ma quando il vento torna a cessare, l’odore acre invade le narici e riempie i polmoni in modo violento e ripugnante.

E infatti, appena passata la bufera tutto ritornò esattamente come pochi giorni prima, con una sfacciataggine, stavolta, decuplicata.

Era il momento di un intervento diretto del Capo.

A malincuore, ma l’ordine partì: piazza pulita di tutti quelli che si erano macchiati di meschinità e che tentavano l’imborghesimento del Partito.

Tutto si sarebbe svolto la notte seguente, e seppur con un nodo in gola quelli che erano ancora rimasti fedeli si apprestarono a svolgere il loro compito: la salvezza dell’Idea valeva sicuramente più di qualche cane da salotto.

Fu una notte fredda, e le stelle nel cielo, così come la terra, si tinsero di rosso, poveri testimoni di quella che era una purificazione necessaria seppur dolorosa.

La Lotta e l’Ideale era chiaro a tutti ormai che fossero superiori a qualsiasi altra volontà umana: si erano evoluti trasformandosi in un vero e proprio sentimento, al pari di Amore e Odio.

La manifestazione di quella voglia di purezza aveva ormai superato ogni limite creando unità di intenti e di animi.

Anche se ad un caro prezzo ora la Rivoluzione poteva ricominciare a marciare e con quella nuova e antica al tempo stesso veste di purezza, di candore, molti furono i nuovi accoliti e negli animi di chi già aveva sacrificato i propri interessi e il proprio “privato” la fiamma si riaccese, più calda, più impetuosa di prima.

Questo ormai successe settanta anni fa, ad altri combattenti, in un paese straniero, in un altro momento storico...ciò non significa che il torto ora vada subito senza ribellione.

I mezzi sono cambiati, le Idee sono sostanzialmente diverse, il motivo che spinge alla Lotta...lo stesso.

Accantoniamo screzi e personali vicissitudini in nome di un qualcosa di più grande e che trascende la carica, il semplice e squallido guadagno, l’antipatia e la simpatia.

L’Italia ci chiama.

L’Europa ci invoca...

E’ora di rispondere a gran voce che noi ci siamo e sempre ci saremo.

 

Chi ha orecchi per intender....

 

 

Fulmine

 

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