Silenzi Indecenti
Tutto tace. A tre giorni
dall'esplosiva confessione del professor Gianfranco Pasquino, politologo Ds
(«Nel 1996 aiutammo la Fiamma di Rauti a presentare i candidati per togliere
voti al Polo») dai templi della sinistra politica e dai cenacoli del pensiero
democratico nessuna reazione. Tanto meno dal Cln della Rai o di Repubblica. E
dire che Michele Santoro nel suo programma ha sempre la baionetta in pugno per
denunciare il pericolo di « rigurgiti fascisti». Vorrà denudare imbrogli e papocchi?
O stavolta il «compagno Rauti» non turba i suoi sonni? E i giullari parastatali
che sbeffeggiano (senza levità e acume, peraltro) chi è senza potere e cercano
l'applauso dei potenti caporali di oggi? Oseranno ridicolizzare questa
riedizione comica e arcitaliana del patto Ribbentrop‑Molotov in versione
« Totò e Peppino»? Non lo faranno. Eppure immaginare dei compagni «duri e puri»
che vanno a firmare per la Fiamma tricolore sarebbe esilarante. Ma anche
devastante. Ci vuole troppo coraggio. Più facile maramaldeggiare. su Craxi.
Perciò non si leggono sullo «scandalo delle firme» né editoriali degli
indignati speciali, né scomuniche e invettive dei paladini dell'antifascismo.
Forse c'è enorme imbarazzo, ma tacito. E gli intellettuali progressisti si
ritrovano ancora una volta a tacere, come quando Sartre voleva preservare gli
operai francesi dalle micidiali rivelazioni che arrivavano da oltrecortina.
Questo è uno scandalo
mette a nudo la sinistra e la dittatoriale ipocrisia del «moralmente corretto»,
per usare la formula che Tzvetan Todorov ha coniato nel suo recente libro,
Mémoire du mal. Tentation du
bien. Già nel settembre scorso Valter
Veltroni aveva varato il tormentone che doveva squalificare moralmente in
Italia e all'estero ‑ la Casa delle libertà: « Il Polo ha stretto
alleanze con Rauti...». Mentre in Commissione stragi i Ds tornavano a fare di
Rauti.«un mostro», anzi «il grande vecchio delle bombe», come ha dichiarato
ieri lo stesso Rauti al Giornale. Adesso si scopre che alle elezioni politiche
del 1996 < alcuni partiti del centrosinistra hanno aiutato la Fiamma di
Rauti a raccogliere firme per presentare candidati che sottraessero voti al
Polo».
Con successo, peraltro,
se Rauti oggi. può dichiarare trionfalmente che «nel 1996 ho fatto perdere 49
collegi al Polo». Non è un fatterello marginale. Praticamente Veltroni, D'Alema
e Prodi devono ringraziare proprio il «compagno Rautv> se hanno,potuto
prevalere pur avendo meno voti del Polo. E un po' di gratitudine in effetti
gliel' hanno dimostrata se ‑ come racconta Rauti ‑ fu poi invitato
al Congresso Ds (l'unica delegazione non di sinistra) e fu accolto
amichevolmente. «Ero un benemerito delle sinistre», ricorda oggi con
malinconia, dispiaciuto per essere poi tornato, in questi mesi, nel mirino
delle stesse sinistre timorose di un suo patto con la Casa delle libertà.
È difficile capire
l'orgoglio di Rauti per aver consegnato il Paese ai D'Alema, ai Cossutta, ai
Veltroni. Ma ancora più difficile è comprendere a quali livelli di amoralità e
di cinismo si sappia spingere questa sinistra. La conquista o la conservazione
del potere pare sia
diventato «l'imperativo
categorico» al quale sottomettere tutto: ogni coerenza e decenza. Sapevamo già
molte cose. È una sinistra che si definisce «liberale» mentre imbarca nella
coalizione i comunisti sovietici di Cossutta e arriva a rifare i patti di
desistenza con Rifondazione comunista, dopo averli definiti «un imbroglio per
il Paese». Arriva a condannare con cipiglio moralistico le cosiddette «liste
civetta» dopo che proprio l'Ulivo le ha fatte nel 1996. Scomunica Bossi come
«un pericolo» oggi che è un moderato, dopo averlo definito «un benemerito» e
«una costola della sinistra» quando ‑ essendo secessionista ‑ stava
con il Pds. Ma che la sinistra sia arrivata fino al punto di raccogliere le
firme per il partito di Rauti presentandolo oggi come quintessenza di Satana e
accusando Berlusconi di pensare ad accordi di desistenza con lui, supera
qualsiasi limite di fariseismo e di decenza.
L'antifascismo è una cosa
seria. Io non ho mai digerito la sua retorica pomposa e vacua, soprattutto se
fattá da chi fu compromesso con quel regime. Ma l'antifascismo in sé è stato un
ideale di libertà a cui in molti hanno sacrificato la vita, per il quale molti
hanno subito persecuzioni e sofferenze. È vergognoso che venga strumentalizzato
da carrieristi della politica senza scrupoli, pronti a metterlo immediatamente
in soffitta se serve a garantire loro una poltroncina, salvo subito dopo
rispolverarlo per fare un predicozzo antifascista agli avversari. Una sinistra
così è impresentabile. Non «tengono vergogna». Sono pronti, se serve alla
bottega partitica, a portare al governo comunisti come Cossutta e a sostenere
il partito di Rauti che presentano come «fascista».
Dov'è oggi Massimo
D'Alema che siamo abituati a vedere con il ditino alzato mentre impartisce
lezioni di stile? Perché non spiega agli italiani quale moralità, quale
rispetto per gli elettori, abbia indotto la sinistra a raccogliere segretamente
le firme per Rauti mentre in pubblico, ai cittadini, si lanciava l'allarme sul
pericolo del risorgente fascismo?
E Veltroni, sempre pronto a dichiarare alle
agenzie: «inaudito»? E gli inflessibili Norberto Bobbio e Alessandro Galante
Garrone, non sentono il bisogno di sconfessare questi politici che si dichiarano
loro allievi e poi si mostrano fino a tal punto senza scrupoli? Che ne pensano
Eugenio Scalfari, Mario Pirani, Giorgio Bocca, di questa sinistra che prevale
grazie a un inconfessabile papocchio rossonero per cui i «compagni» si mettono
sotto anonimato a fare i galoppini elettorali di Pino Rauti? Che ne è della
civiltà democratica e antifascista che dicevano minacciata dalla Casa delle
libertà? Ed Enzo Biagi, sempre così tagliente con gli imbrogli dei politicanti
e così ispirato nel suo antifascismo, non vorrà svergognare un tale trasformismo
senza principi? E le finne
caustiche e scintillanti
del giornalismo italiano, sempre scatenate e briose quando si trattava di
spellare vivi i politici democratici della prima Repubblica, e che ancora oggi
infieriscono su di loro che pure non contano più nulla, possibile che non
trovino irresistibile il naufragio di questa generazione di politicanti
capaci di usare di tutto, da Bertinotti a Rauti, pur di restare a galla? Altro
che l'Hannibal evocato maldestramente da Rutelli. Se persisterà la cappa di
piombo dell'imbarazzata censura «progressista» su questa storiaccia, vorrà dire
che stiamo vedendo un altro film: «Il silenzio degli indecenti».