FORZE NUOVE?

 

Hanno idee radicali, sono giovani, cattolici ferventi, antisionisti.Contrari alla globalizzazione, trasudano sicurezza. Viaggio nell'estrema destra italiana emergente,dai militanti di Forza Nuova agli skinhead. Più ribelli che politici.

 

Credono in Dio, nella patria, nella famiglia e nei giochi di parole.

Nelle precisazioni sottili, come quelle che fa Giuseppe Puschiavo, 37 anni, imprenditore di Montello Vicentino, niente capelli rasati come tutti gli skinhead del Fronte Veneto ma basette lunghe e Doc Marten's rinforzate ai piedi: <Se dicono che siamo razzisti non ci offendiamo, siamo impegnati a difendere la cultura europea dalle contaminazioni».

O Luca Pilli, che dalla Brianza agita la bandiera di Forza Nuova: «Non siamo antisemiti, siamo antisionisti. Perché se tutti i sionisti sono ebrei, non tutti gli ebrei sono sionisti».

E allora eccoli gli alfieri della Nuova Destra radicale e giovanile, i babau dell'Europa che si interroga su razzismo e xenofobia. Eccoli con le croci celtiche, i saluti romani, qualche svastica non autorizzata e tante birrette, ma soprattutto un miscuglio di ideologia che mette insieme tutto: Josè Antonio de Riberira, il capo delle Falangi spagnole e Codreanu, quello della Guardia di ferro rumena, Fausto Bertinotti e i centri sociali di sinistra quando si battono contro la globalizzazione.

O Yasser Arafat che fa la guerra agli israeliani, uguale sionisti, uguale mondializzazione.

Più ribelli che politici, più maudit che ideologici, per loro il cuore batte sempre a destra. Magari più vicino a Joerg Haider che a Gianfranco Fini o alla Npd tedesca che pure ogni anno santifica il genetliaco di Adolf Hitler che non a Pino Rauti.

Dicono di conoscere Ezra Pound, Julius Evola e Spengler. Ma soprattutto sanno a memoria le canzoni di area più in voga, genere rac, rock anticomunista.

Quelle del «Peggior amico», dei «Gesta bellica» o dei «Londinium SPQR». Che hanno testi apertamente xenofobi: «Crepa straniero, crepa. Puzzi d'aglio, crepa».

O razzisti: «Impiccate Nelson Mandela».

Ma sotto questa patina folkloristica fatta di magliette con il simbolo della Decima Mas, di « juden raus» come hanno gridato al vertice dei grandi dell'economia a Cernobbio lo scorso settembre, c'è il disagio di centinaia di giovani delle periferie delle grandi metropoli o dei paesini del Nord Est più ricco che si riconoscono negli skinhead, in Forza Nuova o in una delle tante micro galassie della destra radicale giovanile.

Sempre in bilico tra derive autoritarie e voglia di legalità, dopo gli sfracelli della legge Mancino che li ha messi in un angolo se non sotto processo.

Come a Verona, dove cinquanta skinhead devono rispondere di incitamento all'odio razziale. Il loro capo Piero Puschiavo, alle accuse risponde con mille distinguo: «Non ce l'abbiamo con gli ebrei ma con i sionisti che giocano un ruolo di primo piano nella finanza internazionale. Le svastiche e gli slogan contro i giudei? Solo ragazzate...» Solo quando si tratta di fare l'elenco dei valori in cui credono gli skinhead, si infiamma: «Siamo contro l'aborto e i cibi transgenici, per l'Europa dei popoli e perché gli extracomunitari non contaminino la nostra cultura».

IL culto della forza e della purezza di ideali, si mescola bene in questi ragazzi tutti rigorosamente under 30, senza Storia e senza un futuro allettante. Più o meno la stessa condizione dei tanti nati nell'ex Ddr, dove non a caso il fenomeno è più esteso. E dove partono via Internet i messaggi che incitano all'eutanasia, moderna soluzione finale per gli extracomunitari. O che inneggiano a Rudolf Hess, il gerarca nazista morto nel carcere di Spandau e peri quale nell'88 si mobilitarono anche gli skin veneti. Come rivendica ancora Puschiavo: « È il simbolo dell'uomo che non rinnega niente anche in carcere». Più o meno gli stessi temi, ripresi poi da giornalini come L'inferocito o La voce della strada, dove si può leggere il loro credo: «Neghiamo qualsiasi principio di uguaglianza tra le razze... Solo dopo che saremo riusciti a mettere al riparo ciò che rimane della razza nordica dalla peste del meticciato, sarà possibile ipotizzare un'alleanza fra l'Europa e il Terzo Mondo contro il nemico comune rappresentato dalla plutocrazia mondialista».

Più o meno gli stessi slogan di Forza Nuova, l'organizzazione cugina ‑ «Abbiamo idee comuni, qualche iniziativa la facciamo insieme, ma siamo due entità distinte», spiegano dai due schieramenti ‑ alla cui testa c'è Roberto Fiore,una vita da latitante a Londra come ex dirigente di Terza Posizione.

Più strutturati degli skin, non disdegnano Internet dove sono presenti con due siti www.forzanuova.org e www.forzanuova.net, dove si può leggere il programma in otto punti: dalla messa fuori legge dell'aborto e della massoneria, al ripristinò del Concordato. E poi 1'abrogazione della legge Mancino, lo sradicamento dell'usura e l'azzeramento del debito pubblico, la formazione di corporazioni e il blocco dell'immigrazione. Quelli di Forza nuova hanno per simbolo il tricolore. Spiega Luca Pilli, uno dei leader: «Ci battiamo contro la mondializzazione, contro la Trilateral di Rockfeller. Siamo contro il capitalismo selvaggio a cui opponiamo il corporativismo in difesa dei lavoratori. Sono questi i temi su cui vogliamo confrontarci ...». E anche lui mette bene le mani avanti dalle accuse di simpatie verso fascismo e nazismo: «Del primo fascismo e del nazionalsocialismo accettiamo solo il programma sociale. Le leggi razziali sono sicuramente becere...».

Ma sono gli extracomunitari, da sempre, il loro obiettivo.

Corrompono la razza e la religione, sostengono quelli di Fn, apertamente cattolici, tra i primi ad appoggiare la crociata del cardinal Biffi di Bologna.

Chiaro quindi che si mobilitino in questi giorni contro la costruzione di una moschea a Lodi.

O che occhieggino alla Lega di Umberto Bossi quando invoca l'uso delle armi contro gli scafisti.

In un miscuglio di parole d'ordine che sembrano affascinare non poco gli aderenti a Fn sparsi in mezza Italia, soprattutto al Sud ma forti pure nell’hinterland e a Milano.

E in città, piazza San Babila angolo corso Venezia, ogni sabato pomeriggio stendono le loro bandiere nere con il tricolore tondo come un bersaglio.

C’è quello che viene da Lecco, non ha trenta anni e porta la maglietta della decima Mas della Rsi:<< Siamo giovani, crediamo in una terza via tra marxismo e capitalismo>>

C’è quello con l’ascia bipenne e la croce celtica d’oro al collo: << Qualche ragazzino

magari fa il saluto romano o inneggia a Hitler,ma sono cose esteriori. Noi non possiamo definirci nazisti, siamo cristiani, loro erano pagani...».

Sul banchetto ci sono il «Foglio di lotta», i cd, i volantini, un libro su Sergio Ramelli, militante dell'Msi ammazzato a sprangate a Milano negli Anni Settanta, quando c'era la guerra tra destra e sinistra.

Ma pure libri sull'agricoltura biodinamica e contro la globalizzazione.

Spiega il ragazzino con la maglietta della Decima: «I centri sociali sono contro 1a globalizzazione, ma poi accettano quella culturale della società multirazziale, che alla lunga imbastardisce le nostre origini».

Magari saranno slogan, solo parole d'ordine di chi non si rico­nosce più in niente e ostenta solo simboli sorpassati dalla Storia. Ma die­tro a quelle T‑shirt che sembrano divise o a quei capelli rasati, c'è lo stesso fascino che attraeva i neri dei ghetti di Los Angeles che si avvici­navano alle Pantere Nere, prima per il basco e per i giubbotti di cuoio,poi per l'ideologia.

 

Fabio Poletti

 

Torna alla pagina precedente