Avalon
Riprendi conoscenza come dopo un
sonno profondo, interminabile, imperituro, immortale sonno profondo ... quasi
Endimione, cullato sul monte Latmo dal sogno di una morte eterna. Tasti il
terreno, umidiccio, fangoso, le tue dita affondano in esso. Soppesi il tuo
corpo, lo percepisci, lo riconosci. Il respiro è regolare, i battiti un po'
accelerati. Ti guardi intorno ma una densa foschia t'impedisce di vedere molto
oltre la tua persona. Ti alzi in piedi e fai un passo, ma è come se, arrancando,
procedessi al buio; urti qualcosa e ricadi. Accanto a te, come svenuto, il
corpo immobile di una ragazza. Ti avvicini ulteriormente, trascinandoti per non destarla. La osservi.
La veste soffice - organza - di un colore che sembrerebbe blu, forse viola, il corpetto ambrato,
rigido e stretto - a soffocare i
palpitanti seni di giglio - con qualche
pietra intarsiata, la testa reclinata, abbandonata su di un fianco, tutti
i capelli scompigliati a nasconderle il volto. Vedi che respira, ma debolmente.
Il corpo pallido e gelido ricorda una marmorea scultura dell'arte classica,
una divinità latina o forse una fanciulla che aveva rapito il cuore di qualche
eroe mitico. Le membra armoniose adagiate sul terriccio freddo.
D'un tratto rinviene sussultando.
Non si muove, ti scruta. Le sue pupille fisse su di te quasi a voler tuffarsi
nei tuoi occhi, per penetrare la tua anima. Sei a disagio, ancora sconvolto
per quell'esperienza d'alienazione, ed ora disperso in chissà quale remoto
angolo della terra. Con fare impacciato ti rivolgi a lei: “Dove siamo?”
- “Tu chi sei? Sei un servo!?”
- “Cos... un servo?” rifletti su
quest'affermazione ma non trovi come rispondere, non capisci; lei insiste:
“Sei un servo o cosa? ... bhe, poco importa cosa sei, io ho freddo e sono
ferita, questi rovi mi hanno tagliato le vesti e rovinato i capelli ... e
non mi guardare così! Non voglio che mi si veda in queste condizioni di sconvenienza
... allora?! Che aspetti? Aiutami, no?! ... il tuo padrone ti ricompenserà
per il servigio reso al tuo sovrano."
Sempre più incredulo cominci a
pensare ‘servo’?, ‘padrone’?, ‘sovrano’?; poi ritieni il caso di spiegarti,
la voce flebile: “Io mi chiamo D...” però
- afono - non riesci a completare
la presentazione e prontamente la giovane interviene interrompendoti: “Che
strano nome hai ... comunque! ...” ed altezzosa continua “... piacere Dyg
... io sono Cynfyn , Sua Maestà, per te!”.
Le cose non sono sempre come appaiono,
e tu lo sai bene, ma questa volta è tutto troppo, troppo, troppo assurdo.
Riprendi, più deciso ad ottenere risposta:
- “Dove siamo?”
- “Maleducato che
altro non sei, ti
par questo il modo di condurti
di fronte a me?! Le domande
le rivolgo io sola e anzi, cerca di aiutarmi ... mi sento debole ... hm ...
per ... per favore."
- “D'accordo ...” comprendi che
non esiste altro modo per arrivare ad una risposta soddisfacente: “Maestà
... copritevi con questo e fatemi vedere dove avvertite dolore". Guardandola
ora sembrerebbe più serena e da così vicino noti il suo dolce viso, poi ritenti:
“Dove siamo?”
- “Sei un pellegrino che ha smarrito
la via? Qui ci troviamo a Llanmelin, presso Caerwent. Ma tu, dal momento che
mi stai parlando il latino, la conoscerai come Venta Silurum!”
- “Cosa cosa cos...? Venta Silur...?!”
- “Tu ... da dove provieni? Sei
abbigliato in un modo tanto insolito!”
- “Vengo da Milano, cioè ... ecco
... è più probabile che tu ... Voi Maestà, la conosciate come Mediolanum ...
ecco, credo ... cioè ... ecco sì! ... davvero qui siamo a Venta Silurum?”.
Parli pensando che la fortuna non ti ha del tutto abbandonato; infatti avevi
studiato quell'antica regione del Galles del sud: la Siluria. Sapevi che la
Camelot leggendaria era invece Llanmelin, l’antica roccaforte dei Siluri,
posta presso Caerwent e con il tuo latino scolastico riesci anche a comunicare
con la ragazza.
- “Osi forse dubitare della parola
di un Reale? Villano!” e poi, inchinandosi cerimoniosamente “... comunque
... ti do il benvenuto nella terra dei siluri, straniero. Spero tu possa avere
tutti gli agi qui, nel mio Paese."
- “Lo spero, Maestà."
- “Puoi ... ecco ... ti concedo
il privilegio di chiamarmi Cynfyn...” e con voce dimessa aggiunge “... non
sembri pericoloso, Dyg."
In quel momento realizzi di aver
ottenuto il suo favore, ma sei solo ancor più confuso, ora. Valuti se sia
il caso di travolgerla con mille ansiose domande o lasciare che sia lei a
parlare, ad indicarti, inconsapevolmente,
come trarti da quest'incredibile situazione. “A cosa stai pensando?”
irrompe nelle tue riflessioni.
- “Come? A nulla, davvero ... sarebbe
troppo complicato spiegarti."
- “Provaci! ... io sono un reale,
posso pretendere una risposta ... posso ... posso disporre della tua vita!”
- “Sono in pericolo di morte?”
ma ti rendi presto conto che forse hai azzardato un po' troppo con una persona
che si è dimostrata tanto volubile. Non devi certo attendere a lungo la sua
reazione, che ti si rivela del tutto inaspettata: “No, non temere. Sai ...
nessuno mai si era rivolto a me senza una riverenza quasi irritante. Chi sei
tu che ti permetto tutto questo?”. In quel momento sei davvero incapace a
gestire la circostanza, niente viene in tuo aiuto e lei prosegue: “Non vorrai,
ora, cominciare anche tu con codesto comportamento cavalleresco ... Sir Dyg d'Ausonia." Già, ancora non le hai precisato
il tuo nome, ma forse è meglio che ti continui a chiamare così, scelto
- in un certo senso - da lei, il nome non dovrebbe crearti problemi:
“Mi sono già conquistato il titolo di Sir, oppure ti stai prendendo gioco
di me?”
- “Rider di te? Io? Non dubitare
mai della sincerità di una timorata di Dio, come lo è una fanciulla educata
in un convento da suorine rumorose."
- “Suorine rumorose?!”
- “Sì! ...” e divertita, prosegue
“... prova ad immaginare come possano reagire gli umori repressi di giovani
donne costrette alla vita monacale dalle loro famiglie, alla vista dei fisici
possenti di rozzi contadini, che si recano al monastero mensilmente per portarvi
gli approvvigionamenti ... ah ah ... se ci rifletti bene, capirai se non son
rumorose!”. Adesso il tuo stupore raggiunge l'apice assoluto, non puoi credere
a quanto ascolti, tuttavia ti abbandoni ad una spontanea e genuina risata,
liberandoti, così, di tutta la tensione fino a quel momento accumulata.
Di lì a poco lei comincia a vacillare
e cade a terra, le escoriazioni che si era procurata non erano affatto preoccupanti,
ma davvero respirare all'interno di quel corpetto non doveva essere impresa
tanto semplice. Finalmente capisci perché le donne di quell'epoca sono dipinte
come creature svenevoli e tanto fragili. Ti chini per prestarle aiuto e le
suggerisci di allentare il laccio del bustino: “Sfacciato! Come osi formulare
una richiesta tanto oscena ad una persona che, per di più, ti è superiore
per lignaggio? Non posso nemmeno immaginare che tu abbia avuto l'ardire di
esprimere un pensiero tanto vergognoso!”
- “Non era mia intenzione offenderti"
poi continui con molta fermezza “... e comunque se avessi avuto in mente qualcosa
di ‘osceno’, come lo definisci tu, non lo avrei certo proposto ad una ragazzina
come te! ... la mia era solo una considerazione per la tua, diciamo così,
salute! Da dove provengo io le donne non sono costrette in quelle specie di
... di armature."
- “Uhm ...”. Probabilmente nessuno
mai si era permesso di rivolgersi a lei in quel modo ed ora si sentiva disorientata.
Per qualche istante ti sei quasi
dimenticato di quello che ti sta accadendo, ma subito alla tua mente riaffiora
il nome 'Siluria'. A questo punto, per evitare di pensare a tali eventi angosciosi,
per tornare sereno, azzardi: “... allentati quel bustino, io procederò avanti
a te, se ti può tranquillizzare, e ... prometto di non guardarti!”
- “Va ben..., va bene! ...” e dicendo così, pudica e tremante, si slaccia in un brillare e cioccare di pietruzze.
Il niveo volto pare imporporarsi, avvampa in quella gelida giornata. Inizialmente
ridevi di questo suo modo d'imbarazzarsi per un nulla, ma ora nutri un profondo
rispetto per la sua innocenza mista ad un'innata compostezza regale; di tanto
in tanto palesa anche le sue debolezze: “... ho paura! Se tu procedi standomi
innanzi, non ti potrai accorgere se dovesse accadermi qualcosa."
- “CCChe cosa? Una ragazza che
si ritrova a scappare dalla sua casa ... perché se tu ti trovi qui tutta sola
non puoi che esser fuggita, giusto? ... ha paura di camminare a mezzo metro
di distanza da un compagno di viaggio!?”
- “E' questo che sei? Un mio compagno
di viaggio?”
- “Così pare...” ed eseguendo un
profondo, ma poco reverenziale, inchino: “... Maestà! ... Cosa devo fare?
Prenderti per mano ... standoti sempre davanti?”
- “Cooome? Vorresti prendermi per
mano? Ma con chi credi di parlare?!”
- “La sola cosa che credo è che
tu mi farai diventare pazzo!” e a
questo punto un energico schiaffo colpisce la tua guancia come anestetizzata.
Tu, impudente la provochi: “... per ora, chi si è permesso di toccare l'altro
, sei tu!”.
- “Scusa ... ma tu mi fai uno strano
effetto! Non so come comportarmi con chi non mi è ne pari, ne servo. Le uniche
persone con cui conferisco sono i miei famigliari, la mia nutrice e le mie
serve. Non so come comportarmi con le altre genti."
- “Non è proprio bello dividere
le persone in ‘pari’ e ‘servi’ ...”
- “Non capisco ... cosa intendi
dire? E' per nascita che le persone sono ‘libere’ o ...”
- “Scusa ma il re, adesso, non
è, per caso, Artù?”
- “Ma certo! ... Athrwys, Sommo
Re di Britannia ... ma che domande mi rivolgi?!”
- “Ma allora ... la Tavola Rotonda
... simbolo di uguaglianza, di parità ...”
- “Certo! I cavalieri sono tutti
uguali ...!”
- “... i cavalieri???” La tua riflessione
s'interrompe alle parole di Cynfyn: “Fra poco sarà buio e le nubi scenderanno
sopra al bosco oscurandolo completamente ... è allora che si riuniscono per
celebrare il Culto. E' meglio allontanarsi, questa zona ora è pericolosa!”
- “Il culto? Che culto? Chi si
riunisce ... e perché è pericoloso?”
- “Essi si riuniscono ... gli adepti,
ma è pericoloso nominarli. Dobbiamo fuggire!”
- “Tu sei ferita, io sono ... lascia
perdere ... scende la notte e questo posto diventa pericoloso ... hm ... non
hai un cavallo?”
- “Viviane si è spaventata ed è
fuggita disarcionandomi ... ho sempre detto che per me sarebbe stato meglio
un pony, ma mia Madre ha insistito affinché avessi un cavallo adulto: sperava
che così io avrei sempre cavalcato all'amazzone, ma si sbagliava ... io cavalco
come un uomo, sai? ... una gamba su ogni lato!” e dicendo questo la sua espressione
si fa fiera, piena d'orgoglio.
Adesso tu vuoi avere tutte quelle
informazioni che prima non ti sentivi abbastanza in confidenza per osare chiedere:
“Cynfyn ... tu, tu di chi sei figlia, per essere definita un reale?”
- “Non lo indovini?! Mio padre
è Athrwys detto anche l'Orso Esaltato, Sommo Re di Britannia e mia madre è
Gwenhwyfar la Regina ...”
- “Cavoli! ...” esclami, poi, come
istupidito, pensi ‘Artù’ e ‘Ginevra’.
- “Che significa quest'espressione
stupita!?”
- “Eh?! Ma ti rendi conto? Sto
parlando con la figlia di Artù!!! Non mi sembra possibile! ... e quanti anni
hai?”
- “Ne ho venti... e t...”
- “Alla tua età le ragazze non
dovrebbero essere già sposate?” le dici con aria di scherno, ma lei si fa
seria: “Entro la primavera prossima mi mariterò ...”
- “Davvero? E ...”
- “Domanda pure, vuoi sapere con
chi? Con Myrddin ... per la gente Merlino, il druido, il mago, il veggente,
il saggio. Per noi il bardo battesimale custode dei totem, il Signore della
Ruota, l'eccelso consigliere di mio Padre, che presiede la Tavola Rotonda.
- “Ma quanti anni avete di differenza?
... e tu lo ... ecco lo ...”
- “Il mio futuro Signore è molto
vecchio ed è innamorato di un'altra ... è conosciuta come la Dama del Lago: Nimue. Per salvarlo dalla rovina verso la quale lo
condurrà questa passione, vogliono darmi a lui in sposa ... è per una profezia."
- “E tu lo ... lo ami?”
- “Io provo un sincero e verecondo
affetto per lui e lo venero come mio Signore, come si conviene che
una sposa si
conduca nei confronti del suo sposo e ...”
- “Lo ami o no?”
- “Questa conversazione sta divenendo
inopportuna ... certo che lo amo! Lo amo ... come amo mio Padre e come mio
Padre lo ama."
Ora andarsene è divenuta la necessità
più pressante. Il buio è effettivamente calato e quelle tenebre non prospettano
nulla di buono. Non riesci a ricordare se la storia di Artù contenesse la
narrazione di un simile evento, ma è abbastanza improbabile, non ti risulta
nemmeno che il Re e la Regina avessero avuto una figlia; e poi ti sforzi di
capire se in quel periodo Ginevra abbia già tradito Artù e di conseguenza
il regno di Britannia versi in condizioni precarie, che per te significherebbe
essere davvero in pericolo, viaggiando con la figlia del Re. Sei tentato di
compiere un atto da vero codardo e andartene, in fondo tu non sei un cavaliere
dell'epoca e nel tuo mondo i pericoli si cercano di evitare, però sei ancora
esitante; tu non sei mai stato un vigliacco: non hai, però, certo nemmeno
costretto la principessina a lasciare il suo castello sicuro. Continui a riflettere
per capire - il tempo non è più
molto - che cosa sia più saggio fare e, ad un certo
punto, la tua mente comincia ad affollarsi di egoistici pensieri "nemmeno
la conosco", "non le devo nulla", "è stata lei a cacciarsi
nei guai", "io ho già i miei problemi cui pensare" in una confusione
turbinante.
- “... che espressione cupa...”
- “Cos... ?”
- “Hai i lineamenti del volto molto tesi ... la tua aurea è tremula
e ... stai considerando l'ipotesi di andartene, lasciandomi qui."
- "Cos'è? Merlino ti ha trasmesso i suoi poteri divinatori?!”
- “Non è necessario essere un indovino, un veggente o un mago per
intuire i tuoi propositi! Vattene pure ... non mi verrà fatto alcun male ...
ho chi veglia su di me!”
- “Il tuo fidanzato?”
- “...”'
- “Si tratta di lui, non è così?”
- “Lui ama Nimue ... solo lei esiste!”
- “Mi dispiace ...”
- "Non temere, io non soffro
per questo ... mio compito è salvarlo, non amarlo."
- “Ti sacrificheresti per qualcuno
che non ami?”
- “Tu non lo faresti nemmeno per chi, invece, ami ...nevvero?”
- “E' questo che credi di me?”
- “E' quello che dimostri ... non si conosce il vero significato
dell'amore se si crede che questo possa esistere solo in una forma esclusiva."
- “Che cosa vuoi tu da me? Che
cosa pretendi? Tu non puoi nemmeno immaginare in che situazione mi trovo ...”
- “Vieni con me ... nella Casa di Vetro: lì convocherò Nimue ...
la Dama del Lago ti riporterà alla tua realtà!”
- “Ma allora tu sai ... ?”
- “Cosa? Che tu sei stato
condotto a me da lei, appositamente per disorientarmi e permetterle, così,
di distruggere Merlino?”
No, decisamente lei non sa ...
puoi tu, senza averne memoria, aver avuto, in qualche modo, a che fare con
Nimue? E poi in che modo potresti confondere Cynfyn? Qualcosa doveva esser
accaduto, ma allora perché tu non ricordi nulla? Se tu avessi allontanato
Cynfyn da Merlino, Nimue avrebbe potuto annientarlo: cosa significa? ... e
poi, la magia non esiste! Allora cosa ci fai tu nel VI secolo d.C.? Stai vivendo
un incubo e vuoi svegliarti. Poi lei continua: “Nimue non è malvagia ma non
sopporta più gli slanci del mio Signore nei suoi confronti ... forse se io
provassi a parlarle la persuaderei a ricondurti alla tua terra, a Mediolanum,
se è lì che si trova ...”
- "Davvero?! Puoi farlo? Puoi?”
- “Non lo so, ma certo non ne sarò in grado se tu mi celerai la verità
che ti riguarda...”
- “... cosa vuoi sapere?”
- “Chi sei veramente? Perché ti esprimi, ragioni, sei abbigliato
in un modo tanto diverso dal nostro? Da dove vieni e chi ti ha condotto fino
a qui? E poi, sai spiegarmi come mai mi sento tanto vicina a te, quasi ci
fossimo già incontrati e ci conoscessimo intimamente?”
Non sai rispondere a tutte le domande
che ti vengono formulate, non ne sei in grado; e come potresti farle comprendere
che tu sei giunto lì dal XXI secolo? Molti pensieri ti popolano la mente stordita,
poi proponi: “Perché non cominciamo con l'andare da Nimue?!”
- “Da lei? E' lei la tua Signora? E' lei che servi? Ti ha mandato
per offuscare i miei sensi?! ... d'accordo, rechiamoci da Nimue, rechiamoci
da lei se è questo che desideri!!”
E dicendo ciò ti oltrepassa e procede,
muta, assorta in pensieri gravi, a giudicare dall'espressione contratta che
assume il suo volto. Avverti la rottura che si è verificata tra di voi, nel
momento in cui hai perso parte di quell'inspiegabile totale fiducia e confidenza
rimessa in te; ma tu sei spaventato. Inizialmente non eri stato capace di
renderti pienamente conto di quanto ti stava succedendo, ma ora che la consapevolezza
è sopraggiunta, lo sgomento condiziona irrimediabilmente le tue scelte. Preferiresti
parlargliene e riconquistare la sua stima, che forse non hai davvero perso,
ma è chiaro che complicheresti solo
tutto disorientando, probabilmente, Cynfyn al punto da renderla diffidente
verso qualunque cosa.
Arrivati presso una collina - gli abitanti del luogo la considerano una
montagna, la "Montagna del Mago" -
cominci a percepire un'atmosfera particolare, come sacra, ma ti sembra
che tutto ciò non abbia a che fare con la religione, quanto, piuttosto, con
la magia. E' qui, dunque, che risiede il mago di Cynfyn: Merlino.
L'ambiente è piuttosto modesto,
certo non pare il luogo ammaliante sul quale avevi numerose volte fantasticato,
in passato, nell'anno 2001; tuttavia quell'aria ebbra d'incanto e mistero
è innegabilmente intimidatoria e, se non fossi in compagnia della promessa
sposa di quello stregone, volentieri eviteresti di visitare la zona. Taciturna
e visibilmente turbata, Cynfyn ti conduce al luogo che avrebbe potuto ridarti
la speranza. Solo giunti presso l'ingresso di una grotta umida e buia, oltre
che spoglia e immersa nel più profondo e reverenziale silenzio, la ragazza
alza lo sguardo ad incontrare il tuo e, senza bisogno di proferir parola,
t'invita ad imitarla mentre rivolge un saluto, molto simile ad una preghiera,
alla statua, levigata da pioggia e chissà quale alta forza della natura, del
dio Myrddin, che recita: “Nel tuo nome ... o mirabilissimo dio delle alture
che noi adoriamo, permettimi di recarmi alla tua propria dimora, ove t'incontrerò
per mezzo del tuo servo.". In un primo momento credendo che davvero loro
adorassero il dio, mugugni qualche frase sconnessa, in segno di protesta,
essendo tu cristiano - tuttavia non
osi astenerti dal seguire, e perseguire, l'unica via, che ti sembra condurre
alla soluzione della faccenda - poi
comprendi che tutta questa ritualità non ha nulla in comune con la superstizione
- almeno non da parte di persone colte come
il saggio Merlino e la sua diletta - ma
si mantiene, in segno di rispetto, del grande rispetto che tutti in Britannia,
nutrono per quest'uomo eccellente in tutte le arti. La voce di Cynfyn, diventata
ora di una tonalità molto bassa, in contrasto con la sua genuinamente acuta,
rompe l'atmosfera misteriosa che caratterizza l'ambiente: “Entriamo”.
- “Ma come? Così? Senza essere
accolti da nessuno?! E ... Nimue?”
- “Lui ci sta attendendo."
- “Aspetta ... lui chi? Qui non
c'è anima viva! Dove mi hai portato?”'. Poi senza più prestare attenzione
alle tue parole, Cynfyn s'indirizza a qualcun altro, ancora invisibile ai
vostri occhi o, perlomeno, ai tuoi: “Buongiorno a te, mio Signore". Tu
scruti l'antro, improvvisamente il fuoco divampa e compare la sagoma di un
vecchio, Merlino, regale come non avevi creduto. Di alta statura, corporatura
robusta, forte ma aggraziato, occhi vividi ed ipnotizzanti, capelli bianchi
lunghi fino alle spalle, portamento distinto, da principe, avvenente e soprattutto:
niente barba! Cynfyn gli si fa incontro, gli raccoglie le mani e, portandosele
al petto, le bacia dolcemente, lui le carezza delicatamente il volto, in un
atteggiamento più paterno che passionale. Poi ti rivolge lo sguardo, scostandolo
da lei: “Buongiorno Signore, ti do il benvenuto nella mia umile dimora".
- “A te, Merlino". Cynfyn
subito interviene indispettita: “Mio Signore, lui è un servo, irriverente,
sarebbe da frustare! Cynfyn, stai parlando con il consigliere del re, con
uno dei due uomini più potenti della Britannia, non conosci un modo più cortese
di salutare?”.
Ovviamente tu sei a disagio, ora.
Capisci che lui è un uomo virtuoso, meritevole di ammirazione, e più ancora,
di stima assoluta, ma non ti riesce
di essere amabile nei suoi confronti, inconsapevolmente cerchi lo scontro.
Il fatto poi che stia intervenendo in tua difesa, t'infastidisce ancor più:
“Cynfyn cara, non devi essere così aggressiva con un ospite, egli mi ha salutato
come si conviene. Non è servo e non vive in Britannia ... ed è stato cortese:
lo stesso non si può riferire di te, mia piccola Diana.". Sembra domata,
tutta quell'irruenza dissoltasi per effetto di poche, banalissime, parole.
Nella mezz'ora che segue parlate,
cercando di studiare un modo per risolvere la situazione, nonostante tu non
abbia esplicitato la verità; non ce n'era affatto bisogno: Merlino la conosce.
Nessuno di voi, però, si era premurato di esprimerla a Cynfyn. Tu temendo,
a questo punto, la sua collera. Lui per rispetto della tua scelta. Le parole
che restano taciute contengono più forza espressiva rispetto alle altre e
colui dotato di sensibilità pari a quella di Merlino non può non comprendere
chiaramente la circostanza, come se tu, in confidenza, gliela avessi preventivamente
palesata per come la conoscevi, arricchendola anche di qualche
supposizione.
Arrivate, dopo le necessarie delucidazioni,
alla conclusione di lasciar meditare Merlino, affinché ti possa aiutare nell'impresa
di - questo avevate raccontato a
Cynfyn - rientrare in patria comodamente.
Da lui congedati, vi dirigete verso il castello: “Sarà meglio che io rientri,
prima che qualcuno noti la mia assenza ... tu puoi nasconderti nel ricovero
per i cavalli, in attesa della soluzione del mio Signore."
- “Vuoi che io stia nella stalla,
da solo, con il rischio di essere scoperto e ... ucciso?”
- “Non temere, disporrò affinché
nessuno ti faccia del male. Poi, elusa la sorveglianza, delle guardie, verrò
ad incontrarti."
- “Va bene ... “
- “Allora ... a dopo!”
- “Cynfyn ... aspetta! Mi sento
in dovere di fare qualcosa per riavvicinarmi a te!”
- “Non è necessario."
- "Non è vero! Se non t'importa
di recuperare l'armonia della nostra conoscenza, allora non è necessario,
ma se anche tu, come me, avverti di aver perso qualcosa, ti prego: ascoltami!”.
La vedi ancora austera, ma più serena e, forse, quasi compiaciuta: “Non ti
preoccupare, non c'è bisogno di spiegazioni: non ti dar pena!”
- “Lo dici come se prima non avessi
modificato atteggiamento nei miei ...”
- “Apprezzo che te ne sia accorto
e che te ne sia rammaricato, ma non necessito di ulteriori chiarimenti. Davvero."
- “Se è così, allora va bene. Conto
che ora tu tornerai ad essere espansiva e vivacemente spontanea con me."
- “Così sarà!”
- “Perfetto ... allora a presto!”
- “Farò prima che posso ... e conto
di cambiarmi d'abito: non potrei recarmi in una stalla, in codeste vesti."
Hai molti pensieri che ti affollano
la mente, un turbinio di pensieri, ma, nella mezz'ora o più che precede il
ritorno di Cynfyn, riposi. Certo il luogo non si può definire confortevole,
non sicuramente per un individuo nato e cresciuto millecinquecento anni dopo.
La stalla reale di quei tempi non è neanche affine ai ricoveri per cavalli
che conosci tu. Ma, stremato, ti adagi su un piccolo covo di paglia e cadi
addormentato. Il sonno agitato, la mente pesante, ti risvegli d'improvviso
per un rumore che proviene dall'esterno: qualcuno tenta di entrare nella stalla
attraverso un'apertura posta in alto, sotto la tettoia. In un istante rifletti
su quello che potrebbe accadere se ti scoprissero: senza condurti nemmeno
dal sovrano, t'interrogherebbero e accuserebbero di essere una spia di qualche
re minore che mira al trono attraverso la giovane Cynfyn, e per questo verresti
imprigionato senza aver nemmeno la
possibilità di parlare alla principessina, unica in grado di scagionarti.
Vedi già la tua gioventù persa in una sporca cella, prigioniero di un'epoca
che non è la tua. Ti rannicchi e nascondi tra la paglia e alcune casse di
legno, accatastate senza cura lì vicino. Vedi un braccio ormai completamente
all'interno, cercare convulsamente un appiglio; trovatolo, anche tutto il
corpo si protende e lascia cadere sul fieno sottostante. Il buio t'impedisce
di riconoscerlo, ma intuisci che costui cerca qualcosa. Avevi inizialmente
escluso la possibilità che si trattasse di Cynfyn, poiché avevi scordato che
si sarebbe cambiata d'abito, ma ora ritieni che sia lei, muta per non richiamare
l'attenzione, che ti cerca. Ti sollevi di scatto per rivolgerle il saluto,
quando la porta della stalla si spalanca. In un attimo si consuma la scena,
per cui tu non hai quasi il tempo di renderti conto di quanto accade. Il rumore
prodotto dalle casse cadute accentra l'attenzione in quel punto in cui stai
tu, in piedi, indifeso. La situazione ti diviene, a questo punto, fin troppo
chiara: una spia - come tu avevi
temuto potessero giudicarti trovandoti -
era entrata nella stalla da quella piccola apertura sotto la tettoia
e, temendo di essere sorpreso dal
nuovo entrato, l'uomo - non essendosi
accorto di te - estrae un coltello
e si avventa su di lui minacciandolo. Il collo, ostaggio di quel pugnale,
è quello latteo e delicato di Cynfyn; ciò che non comprendi è se egli lo sappia
o, piuttosto, creda di stringere le spalle di un giovane stalliere: “Sta fermo
o lo sgozzo!!”. Le sue parole t'illuminano; non ha riconosciuto la principessa
e questo è buono. La voce pacata -
ma il cuore palpitante - intervieni:
“Io non mi muovo, ma lascia andare il ragazzo!”. Cynfyn intuisce le tue intenzioni,
ma comprendi - il suo sguardo ansioso
- che preferirebbe presentarsi come
la figlia del Sommo Re, in questo modo, almeno la vita l'avrebbe salva. Ma
tace.
- “Ormai mi avete scoperto, non
posso lasciarvi vivere. Facendolo, decreterei la mia fine."
- “Lascia andare il ragazzo, lui
non parlerà ... non è stupido, la fedeltà verso il proprio sovrano non vale
la vita."
- “Perché dovrei fidarmi?! Non
fa differenza per me uccidere un uomo o ucciderne due!”. Fai per avvicinarti
ma ti viene intimato: “Fermo! ... o è già morto!”
- “In altre parole noi due siamo
già cadaveri ...” gli occhi di Cynfyn si spalancano, i seni si sollevano affannosamente,
ti senti addosso il suo sguardo interrogativo. La paura le corre lungo il
corpo, è preda della precarietà causata dalla circostanza sicuramente insostenibile
per una ragazza come lei, forte ma anche cresciuta nella culla di un regno
solido. Però non fiata, ripone in te tutta la sua fiducia.
Poche ore prima stavi per abbandonarla
- vigliacco - nel buio di una foresta, ora rischi la vita
per salvarla. Ma non è coraggio il tuo, no di certo: si potrebbe definire,
piuttosto, incoscienza. Non ti rendi conto che stai ‘contrattando’ con un
individuo disposto a tutto, non hai ben presente i tuoi limiti fino a quando
non vedi incidere il rigido collo di Cynfyn, il quale comincia a rigarsi del
suo sangue reale, color cremisi. Probabilmente nello stesso istante tu e l'uomo - alto, grosso, maleodorante e dallo sguardo
di uno disposto a tutto - state pensando
che l'unico tuo vantaggio consiste nell'avere un compagno - certo egli ignora che si tratti
di una ragazzina - e improvvisamente,
per riportare la situazione di vantaggio
- vantaggio schiacciante, essendo armato - a suo favore, colpisce violentemente nello stomaco Cynfyn, che s'accascia
a terra, svenuta.
Vi fronteggiate, uno contro uno,
ma lui stringe un pugnale nella mano rude. Non sai cosa fare, come trarti
dalla contingenza, ti senti straniero in una terra ostile: non è così. Cynfyn
è lì per te, solo per te -
immagini quali scuse abbia addotto alle donne al suo servizio per scappare
da te - e Merlino, mentre la Britannia versa in condizioni
difficili - il Sommo Re necessita
del suo consiglio - si chiude nelle
sua grotta per studiare una soluzione che possa riportarti alla tua quotidianità.
Da che sei in questo luogo hai incontrato tre persone: due amiche, una ti
sfida in questo momento. La spia ti si avventa contro, i vostri corpi ruzzolano
sulle casse che prima ti fornivano protezione, avete una breve colluttazione,
che presto termina con una tua ferita nel costato, una lussazione alla spalla
sinistra e la rottura del polso, sempre sinistro. L'uomo riporta unicamente
qualche contusione.
Solamente adesso comprendi che
non potrai mai batterlo, voi siete due esseri antitetici: lui uomo nato e
sopravvissuto alle feroci guerre per la successione al trono e tu ragazzo
nato e vissuto tra i mille agi della tua epoca. Se mentalmente avresti la
forza di perseverare nella lotta corpo a corpo, nel disperato tentativo di
salvarti, insieme a Cynfyn, fisicamente non ne sei più in grado. Avverti di
divenire sempre più debole: cadi svenuto.
Quando ti riprendi, ti ritrovi
in un morbido letto, avvolto tra fresche lenzuola pulite. Le tue ferite sono
state medicate e ti sono stati tolti gli abiti. Cerchi di riportare alla memoria
gli avvenimenti più prossimi, ma un fortissimo mal di capo t'impedisce di
ricordare. Sopraggiunge Cynfyn: “Come ti senti?” domanda affettuosamente,
materna.
- “Cynfyn ... cosa è successo?
Non mi riesce di ricordare nulla!”
- “Che mi hai salvata, te lo ricordi?”
- “Io? ... non posso pensare che
avverto un dolore acutissimo. Dove sono? Cosa è successo?”
- “Siamo presso un servo di Myrddin,
un uomo fedele. Riposa ancora un po' ... dice il mio Signore che ne hai bisogno."
- “Mi ha curato lui? Sono stordito
... mi fa male ovunque."
- “Ti ha visitato e medicato ...
ma ora ti lascio. Riposa."
- "No!! ... raccontami cosa
è successo. Ricordo un uomo, nella stalla, una spia ... tu a terra svenuta,
io, debolissimo, perdere i sensi. Dimmi ... come possiamo essere salvi?”
- “Come hai appena osservato io
ero svenuta, ma quando ho riaperto gli occhi ti ho visto a terra dolorante.
Ti sei come spento, per subito risorgere ... non so spiegare: eri furioso,
come posseduto, ardevi di una luce abbagliante ... forse era magia!”
- “Io ho battuto quell'uomo?”
- “Lo hai ucciso."
- “Com...?” non ci sono parole
che possano significare il tuo dolore; nella tua vita non era previsto che
un giorno sarebbe potuto capitare un evento del genere. Certo per un giovane
di quel tempo, per quanto terribile possa sembrare il dover compiere un'azione
simile - anche se per difendersi - non deve apparire così assurdo impugnare un
arma - da taglio per lo più - e utilizzarla contro qualcuno per uccidere;
ma per te lo è. Ricadi sul letto e ti lasci andare in un pianto liberatorio:
sembri un bimbo, così fragile, ma è indispensabile per sciogliere tutta la
tensione accumulata e scaricare i nervi. Ti chiedi come puoi aver ucciso quell'uomo,
se con il suo pugnale, colpendolo con qualcosa o scaraventandolo verso un
antro pericoloso; sei sollevato per il fatto di non conoscere la risposta.
Vedendoti in quello stato, Cynfyn
si siede accanto al tuo corpo sdraiato e ti stringe in un abbraccio tenero,
guardandoti con tutta l'apprensione di una madre. Alzi lo sguardo verso il
suo, lei ti sorride, ti avvicini al suo petto e ricambi l'abbraccio, adagiando
il tuo viso sul suo petto, delicatamente le baci una spalla scoperta, bianchissima,
rotonda. Non una parola. Cullandoti tra le sue braccia - rifugio sicuro - rifletti e supponi che sia stato l'intervento - non certo umanamente spiegabile - di Merlino a farti precipitare in quello che,
dalla descrizione avuta da Cynfyn, avevi riconosciuto essere uno stato di
trance, durante il quale una forza sovrumana ti aveva permesso di colpire,
a morte, il vostro aggressore. Mentre ancora ti rilassi nell'abbraccio della
ragazza, la porta della piccola stanza si apre e compare Merlino.
Cynfyn, alla vista del suo sposo
prossimo, si allontana da te, dal letto e si dirige verso di lui salutandolo
con un inchino e balbettando parole sconnesse. Egli sorride, le bacia le mani
sollevandole delicatamente e portandosele al cuore, poi ti guarda: “Come stai,
Signore? Spero che le mie medicazioni non ti risultino troppo fastidiose."
- “Niente affatto. Grazie Merlino
... per tutto.".. Chiaramente lui sa che ti riferisci al suo intervento,
tacito, durante la colluttazione avuta con la spia, ma preferisce non approfondire,
e così anche tu. Riprende la parola: “Nostro Signore il Sommo Re Athrwys desidera
incontrarti...”. Cynfyn, che fino a quel momento aveva tenuto lo sguardo abbassato,
sgrana gli occhi e li rivolge interrogativi - e anche un po' preoccupati - verso il vecchio, che continua: “... ho dovuto
spiegare tutto al re o tu saresti stato sempre in pericolo. In questo modo,
invece, ti verrà accordata una certa libertà di movimento ... non sarai più
un prigioniero qui."
- “Ti ringrazio mio Signore".
Per la prima volta ti comporti così cordialmente con lui, ma questo non dipende
dalla riconoscenza che hai nei suoi confronti, quanto piuttosto da una ritrovata
sicurezza in te stesso, che ti conferisce un'aria pacata, serena, trionfante.
Merlino si rivolge alla sua fidanzata
con parole di miele, si sarebbe dovuto quantomeno alterare per avervi trovati
così intimi, ma non lo fa e tuttavia la sua accondiscendenza verso Cynfyn
è il più meschino dei rimproveri per chi, come lei, si sente colpevole. La
porta della tua stanza socchiusa, li senti consultarsi su come presentarti
al re; la ragazza non sostiene lo sguardo del mago, è notevolmente in difficoltà
come se un tremendo peccato le gravasse sul capo. Certamente non è così, ma
hai capito che prima dell'incontro con te, la sua totale fedeltà - mentale naturalmente, fisica non era certo
in discussione - non era mai stata
messa alla prova e sicuramente ella ama Merlino, nel suo modo così tenero
di amare qualcuno che l'aveva vista crescere
- o, com'era più probabile in questo caso, l'aveva cresciuta - e che nel momento della di lei fioritura è
già canuto.
Li vedi salutarsi, il saggio le
carezza dolcemente il viso, sospingendolo verso le sue labbra, per poterle
posare delicatamente sulla sua fresca fronte, poi fa un semigiro per controllare
l'interno della camera in cui giaci e si allontana: Cynfyn, con uno scatto
repentino lo raggiunge e - sicura
di essere nascosta alla tua vista - lo
bacia, sfuggente. Un bacio strano,
non certamente d'amore - anche se
una forma d'amore la prova per Merlino - ma più una richiesta di perdono, una dimostrazione di devozione.
Al suo rientro nella stanza pare
rasserenata, ma non si avvicina più a te, mantenendo un distanza minima di
un metro. Sorride e scherzosamente t'interroga: ''Allora Dyg da Mediolanum,
stai per conoscere il Sommo Re ... come desideri abbigliarti? I vestiti di
questi umili non ti si addicono e i miei ... ah ah ... sarebbe carino!!”
- “Prestamene uno di Merlino!”.
Questa affermazione la fa tornar seria: “I suoi sono unici, nessuno può portarli.
Lui è il Mago del Re!”
- “Rilassati ... stavo solo scherzando:
come poco fa hai fatto tu! Non potrei mai portare i suoi abiti ... siamo così
diversi io e lui!”
- “Già!” solo una sillaba e poi
un sorriso accennato.
- “Cynfyn ... tuo padre ... che
tipo è?”
- “Perché me lo chiedi? ... non
hai nulla da temere ... e poi se sei sopravvissuto all'incontro con Myrddin,
non ti devi preoccupare del re."
- “Perché dici questo?”
- “Perché è la verità ... nessuno
in tutta la Britannia è temuto quanto lui! I suoi poteri sono fonte di autentico
terrore per taluni."
- “Ma ... tu lo hai mai visto fare
un incantesimo?”
- “Dyg ... i poteri di Merlino
sono autentici ... il volgo crede che lui possa diventare invisibile, volare,
far apparire draghi e trasformare un essere vivente in qualsiasi cosa ...
non è così! Egli ha una volontà e conoscenze scientifiche superiori agli altri,
è saggio e astuto ... e poi ha il Dono. Se da lui ti aspetti magie e incantesimi,
come i superstiziosi, t'inganni!”
- “Che cos'è il Dono?”
- “Dice il mio Signore: "Se
domandi cos'è il Dono, non lo saprai mai!". Non si può definire, solo
osservare."
- “Allora io credo di aver capito!”
Mentre parlate, tu ti prepari,
indossando un abito dell'epoca: è talmente scomodo, ma la grande spilla bianca
con inciso un drago rosso a cinque teste, che Cynfyn ti appunta al mantello
blu, ti conferisce un'aria maestosa, ti rende affascinante, di una bellezza
unica: la vaghezza di un cavaliere che combatte per un principio, il volto
proteso solo all'ideale. “Bene, ora sei pronto per conoscerlo!” annuncia la
voce allegra e divertita di Cynfyn.
- “Sì ... lo credo anch'io! Solo,
prima vorrei rivolgerti alcune domande ... spero tu capirai ... io sono uno
straniero e non conosco molto bene la situazione qui."
- “Chiedi pure!” esclama seria.
- “Tu ... hai fratelli o sorelle?”.
Ciò che vorresti sapere è se l'amore di Lancillotto e Ginevra sia già stato
scoperto, ma non osi formulare domande tanto dirette, anche - e soprattutto - per non destare in lei dubbi circa la tua
provenienza: come potresti giustificare il fatto di essere a conoscenza di
avvenimenti non ancora eventualmente accaduti?
- "No! ... o meglio ho un
fratellastro: il bastardo di mio padre. Credo che tu abbia udito di Medraut - Mordred - il figlio
illegittimo del Sommo Re, generato dalla sorella."
- “Sì ... ho sentito voci in proposito
...” i libri che narrano la leggenda dedicano molto spazio a questa storia
d'incesto, pensi.
- “Immagino ... tutti ne parlano
ora che lui intende affrontare mio padre. E' un essere malvagio, come la madre,
e mira al trono. Quando hanno rifiutato di concedermi a lui in sposa
- porre rimedio all'incesto, con un altro incesto, pfui! -
egli ha dichiarato guerra a nostro padre, radunando un gruppo di mercenari."
- “Tu ... sei in pericolo? Credi
che la spia di prima fosse al suo servizio?”
- “No ... non sono in pericolo
più di quanto lo sia l'intera Britannia ... e poi io ho Myrddin! Per quanto
riguarda l'uomo di prima, non saprei dire ... sono molti i re minori che mirano
al trono. Certo non si schiererebbero mai apertamente contro mio padre, tentano
di ottenere il potere in modo lecito ... avendo me!”
- “E perché la donna la cui sorte
deciderà i destini di un regno, viene data in matrimonio ad un vecchio per
sventare una profezia che lo riguarda?”
- “Per due motivi! Uno politico:
se il Sommo Re mi concedesse ad un aspirante al trono, offenderebbe gli altri,
rischiando di perdere preziosi alleati
- perché se fino a qualche anno fa la Britannia era davvero unita,
ora non è più così! L'altro, come sai, è collegato alla profezia che ti ho
accennato ... ma questa non riguarda affatto solo Myrddin ... anzi, per suo
tramite, l'intero regno."
- “Cosa intendi? ... non capisco!”
- “Il processo di unificazione,
sotto un Sommo Re, delle regioni della Britannia ha coinvolto più sovrani.
Dopo Custennin Fendigaid - l'Imperatore
Costantino il Beato - discendente
diretto del grande imperatore Macsen Wlegid
- Magnus Maximus - re Gwrtheyrn
Gwrtheneu - Vortigern il Magro -
ha usurpato il trono all'erede legittimo ma, con cruente battaglie,
Emrys Wledig - Ambrogio: un re giusto
e molto amato dal popolo - è salito
sul trono che era suo per diritto di nascita ed ha progettato di riunire i
diversi regni della sua terra. Dopo di lui il fratello Uthyr ha continuato
nel proposito prefissato. E da questi eccelsi uomini discende mio padre stesso:
dall’Imperatore Macsen Wledig e dalla sua prima moglie Ceindrech, patrilinearmente
e da Macsen Wledig e la sua seconda moglie, Elena Luyddog - Elena degli Eserciti - matrilinearmente. Ma è stato solo con lui
... Athrwys ... cresciuto nella casa
di un cavaliere, e addestrato a divenire un soldato, che si è compiuto il
volere di Dio. Come figlio del Re del Gwent, mio padre era a capo dei Britanni
Siluri, poi venne eletto dagli stati di Britannia affinchè esercitasse sovrana
autorità. E sai perché solo lui ha avuto successo, rispetto ai suoi predecessori?
Perché lui è stato consigliato ed istruito da Myrddin, che gli è sempre stato
accanto. Due menti, due uomini che si completavano: il giovane stratega, l'adulto
saggio ed esperto ...”
- “Che in più aveva il Dono ...”
- “Già! ... mio padre è un uomo:
quando ha generato Medraut non sapeva di giacersi con sua sorella - molto abile a sedurre un ragazzo di appena sedici anni - e tuttavia ha peccato di lussuria. Su di
lui, da allora, si è steso un velo di morte che in gioventù ha dovuto soccombere
alla sua energica determinazione, ma ora lo minaccia proprio attraverso quel
figlio frutto dell'incesto. Come dice Myrddin: "Il futuro non è del tutto
nostro, ma neanche del tutto non nostro". Artù pagherà il suo peccato
- seppur ingannato da una donna discinta -
ed ora sull'unico in grado di sostenere il regno, insieme a lui, grava
l'influsso distruttivo di Nimue.”
- “Ho capito tutto ... la Britannia
esiste attraverso la loro forza, ma ora che sono deboli ...”
- "Già!”. Cynfyn ha narrato
la storia mantenendo un certo distacco da essa, ma ora il suo tono si faceva
disperato, come se solo adesso la realtà le comparisse per quella che è.
Arrivi a corte, a Llanmelin, scortato
da trenta uomini completamente armati, cavalcando - è la tua prima volta - un bellissimo stallone nero, il mantello vellutato
- naturalmente senza sella - al
fianco della principessa che, per l'incontro formale con il padre, indossa
uno splendido abito verdedorato, semplice ma reso elegantissimo dal portamento
regale di lei. I capelli castani, soffici
- impegnati in una danza ritmica armonizzata con il passo della sua
vinosa - sciolti lungo le spalle morbide e la schiena nivea, un sorriso
dolce e cortese rivolto alle sue guardie
- suoi sudditi e pertanto meritevoli di tale favore - ma composto. Cavalca all'amazzone, come tutti
si aspettano da una ragazza - per
il fatto di essere principessa, scandalizza già il rifiuto della portantina
- fino a quando un cavaliere, dall'aspetto
autorevole, che vicino all'insegna reale del drago rosso - ma più in piccolo - reca una propria insegna, si avvicina:
- “Salute a te, mia Signora!”
- “Oh, Llwch Llawinawg ... quante
volte ti devo dire di non rivolgerti a me con un tono tanto formale!! Preferisco
quando baciandomi la mano - ovviamente
al riparo da orecchie indiscrete - mi
sussurri: "Ciao bimba".”
- “Ma ...”
- “Non temere ... non stiamo mica
peccando. Dio è con noi."
E' come se tu non esistessi più,
il suo sguardo non si distrae: Lancillotto ha tutta la sua attenzione e, per
di più, dimostrano di essere molto in confidenza, affiatati. I loro volti
si seguono, gli occhi si cercano, la mani si sfiorano. Ritieni che Cynfyn
usi trascorrere molto del suo tempo con lui, che probabilmente è già l'amante
della madre, ma lei deve ignorarlo. Emettendo risolini - civettuola - e con qualche
moina - ai quei tempi quest'atteggiamento
era definito “l’arte delle donne" - ottiene di cavalcare come tutti voi: le gambe
aperte, una su ogni lato.
- “Llwch Llawinawg ... come sta
oggi la regina?”. L'espressione di lui si fa cupa e il suo viso diventa serio:
“Non ho ricevuto notizie, suppongo che le sue condizioni siano stazionarie."
- “Bene ... vorrei che mentre sono
da mio padre tu ti recassi a visitarla e poi venissi a riferirmi."
- “Forse lei preferirebbe ricevere
direttamente te."
- “No ... io preferisco di no.
Se sarò dal re non avrò il tempo per ...”
- “Cynfyn ...” il tono di rimprovero.
- “No, non temere. Davanti a lui
puoi parlare." . Per la prima volta ti coinvolge nel dialogo con l'uomo.
- “Cynfyn ... cara, se hai perdonato
me, perché non puoi farlo anche con lei?”. La conversazione s'interrompe bruscamente.
L'ingresso della fortezza - imponente e scura - si
spalanca; sopra il ponte levatoio il vessillo del Drago Rosso sventola: a
significare che il re si trova a palazzo. Entrate, silenziosi, tra un balletto
di spade e lance, armature e gioielli, nel cortile, dove le guardie vi abbandonano,
sostituite da un numero limitato di cortigiani e da quello che, più tardi,
scopri essere il servo personale del re.
Il cuore ti batte forte in petto,
ma ancora non è il momento di fare la conoscenza del sovrano; venite condotti
in un salone enorme, vuoto, ma dove nel camino arde un fuoco ristoratore.
Lancillotto si allontana e tu rimani - come non accadeva da qualche ora - nuovamente solo con Cynfyn. Ella è pensierosa, la sua mente persa
in chissà quale misteriosa meditazione, t'insinui: “Prima non ho potuto fare
a meno di ascoltare il tuo dialogo con quel cavaliere ...”
- “Già ... Llwch Llawinawg - il Signore dei Laghi - è il più valoroso!”
- “Che problema hai con tua madre?
Scusa l'ardir...”
- “Non temere! ... Loro due erano
amanti."
- “Lei e Lancillotto?”
- “Sì!”
- “Non lo sono più allora!?”
- “Non lo sono più e tuttavia continuano
ad amarsi."
- “Se non ti va non ne parliamo
...”
- “Ho sviluppato una sorta d'indifferenza
al riguardo ... come mio padre, credo."
- “Ma tu e Lancillotto sembrate
molto ...”
- “Io lo capisco! L'ho perdonato.
Gli ho sempre voluto bene e gliene voglio ancora.”
- “E tua madre? ... perché sei
così dura con lei?”
- “Io capisco Llwch Llawinawg
... lui ha rinunciato ad una sua vita per la Siluria, per servire i
suoi sovrani. In più di un'occasione ha rischiato di morire per salvare mio
padre. Una volta, per sventare un attentato contro mia madre, è rimasto gravemente
ferito ... solo le cure di Myrddin - miracolose - lo hanno riportato alla vita, dopo che il cuore aveva cessato di
battere per alcuni secondi. Io lo posso capire ... si è innamorato della sua
regina. Le ha dedicato tutta la sua vita, ed alla fine è successo. Il concetto
di fedeltà è strano: ti viene chiesto di vivere solo per qualcuno, ma quando
lo fai davvero, diventi un traditore. ...”
- “Ma se comprendi tutto questo,
come puoi condannare tua ...”
- “Perché lei è regina e madre.
Non ha deciso lei di sposare mio padre: le è stato imposto. Tuttavia ha avuto
un uomo buono, che l'adora, a cui lei è sempre stata legata da un affetto
profondo. E' divenuta regina! Essere un sovrano comporta il dover effettuare
delle rinunce, non è assolutamente tollerabile il tradimento nei confronti
del proprio popolo. E, per una regina, essere adultera, significa tradire
il popolo. Ora, in più, lei ha una figlia cui è toccato il suo stesso destino.
Diverrà regina e sposerà un uomo scelto dalla sua famiglia. Mi viene a dire
di rinunciare alla felicità - perché
questo è il dovere dell'erede al trono -
e poco dopo lei mi offre un tale esempio."
- “Cynfyn ...”
- “Ora conosci la verità! ... mi
puoi capire?”
- “Ora sì! ... ma tu, sembri adorare
Merlino ...”
- “E' così ... ma lo tradirò! Se
è mia madre ad insegnarmelo, quando il mio cuore mi condurrà verso un altro,
io non riuscirò mai ha mantenermi fedele. E il regno si sgretolerà!”
In quel momento giunge Llwch Llawinawg
spoglio della sua armatura. E' un uomo pieno di fascino: è un cavaliere
che ha un ideale da perseguire! Si adagia accanto a Cynfyn, le prende una
mano e la bacia, ripetutamente. Ella sembra di ghiaccio, non risponde minimamente
all'atteggiamento affettuoso di lui. Ma Lancillotto non demorde: vuole vederla
sorridere e la tormenta amabilmente finché non vi riesce. La fanciulla è molto
stanca e abbandona il capo sulla robusta spalla di lui, chiedendo asilo, con
uno sguardo d'ambrosia. Tu, incuriosito da quest'uomo ammaliante, lo osservi,
lo studi. Lancillotto è un cavaliere: spalle forti, torace scolpito in un
corpo piuttosto alto, gambe muscolose, mani vissute; gli occhi rapidi, intensi,
labbra carnose, pelle secca e dura, capelli corti. La sua spada
- scintillante - riposa accanto
a lui, ma in un guizzo è pronta a seguirlo in mille avventurose battaglie.
Ti domandi come un uomo così abbia
potuto lasciarsi dominare da una passione, lui, cui sarà stato insegnato che
nulla esiste oltre la fedeltà al suo re. E' evidente, pensi, che Ginevra deve
essere una donna molto speciale, di quelle che possono rapire il cuore e diventarne
padrone indiscusse, è evidente che si amano profondamente e che avevano a
lungo cercato di soffocare quel sentimento che li avrebbe portati a violare
il talamo reale.
Di fronte a te un cavaliere della
Tavola Rotonda: il Cavaliere, il migliore amico del Re dei re, l'amato dalla
Regina più amata; Lancillotto del Lago, prediletto della Dama del Lago.
Nella sala del trono, solo, ad
attendervi sul seggio del potere il Sommo Re di Britannia: Athrwys Arthwyr ... Artù, l'Orso Esaltato.
Il Re è un uomo ancora giovane,
ma dimostra più dei suoi anni; il volto profondamente segnato, su di lui l'ala
della morte. Dai discorsi che hai udito fare dai cortigiani il suo viso si
era trasfigurato nel tempo che passa dal tramonto all'alba: non é così, ovviamente,
anche se la scoperta dell'adulterio della regina é stata seguita a ruota dalla
dichiarazione di guerra di Medraut. Entrando Cynfyn s'inchina, poi corre ad
abbracciare l'amatissimo padre, che mantiene un'espressione seria, come se
in quell'istante il ‘sovrano’ avesse eclissato il ‘padre’ e non le rivolge
molta attenzione se non per quel tocco delicato sul capo. Merlino t'introduce
al re che, evidentemente, é già stato messo al corrente, probabilmente sempre
da lui, di tutti gli eventi che ti avevano visto protagonista in Britannia
nel VI secolo.
Le parole del mago e del suo re
riecheggiano nella stanza e, pur essendo tu l'oggetto dei loro discorsi, non
riesci a concentrarti su questi, immerso in un'atmosfera di magia e regalità,
passato e presente, concretezza e precarietà; ma con la mente cerchi di infondere
un senso a tutto quello che ti è capitato e che stai vivendo. Spazi dalla
mattina del giorno prima - nell'anno
2001 d.C. - a quel momento, magico,
in cui gli occhi del grandissimo re Artù si fissano sulla tua persona e le
sue labbra si schiudono per interrogarti.
Come sarebbe impossibile afferrare
una bolla di sapone - impalpabile
- che fluttua nell'aria, per poi
dissolversi, così ti è impossibile rivivere quegli istanti trascorsi in udienza
da lui: Artù, Sommo Re di Britannia. Nell'istante in cui ti rapportavi con
questo grande tutto ti era sembrato inconsistente come un sogno, ora il ricordo
è già vago. Ma quello che rimane è l'impressione generale. Una reggia a festa,
addobbata e vivace, lussuosa, che esprime e significa il potere. Un uomo preoccupato,
teso, sofferente ma capace di trasmettere certezza e infondere serenità. La
voce roca e calda, di quelle - uniche
- in grado di suscitare brividi che
percorrono il corpo e che si starebbe ad ascoltare all'infinito. Lo sguardo
fiero, concentrato sempre sul soggetto e non mai l'oggetto - così gli riesce di discernere sempre gli adulatori dai fedeli - capace di penetrarti e rivoltarti intimamente.
La mente accorta, attentissima a captare quanti più segnali possibili e in
grado di organizzare strategie militari d'infallibile effetto. Un uomo, un
re.
Supino sul letto che aveva accolto
le tue membra spossate dalla lotta
corpo a corpo il giorno prima, rifletti, in solitudine, sulle persone
che avevi conosciuto. Sopraggiunge Merlino: “Come sta il mio Signore?”
- “Bene, grazie Merlino.”
- “Volevo solo verificare che le
ferite non ti dolessero.”
- “Sto bene, grazie.”
- “Bene, allora ti lascio riposare...”
- “No Merlino! Non te ne andare
... ti prego! Vorrei parlare con te, vorrei che tu mi spiegassi.”
- “Formula pure la domanda che
ti tormenta ...”
- “Non c'è una sola cosa che desidererei
conoscere. Ho già avuto alcune delucidazioni dalla tua fidanzata ...”
- “Sì ... la piccola Cynfyn è delicata
e forte, ingenua e accorta.”
- “Credo sia così! ... raccontami
l'ascesa di Artù ...”
- “Athrwys, nostro sovrano è re
per diritto di nascita. Discende dall'imperatore romano Macsen Wledig -
Magnus Maximus - sia per il padre
Meurig ap Tewdrig che per la madre Onbrawst. Il dio ha voluto e programmato
tutto allo scopo di forgiare Athrwys come un soldato e uno stratega e poi
lo ha posto a capo dell'esercito di Britannia. Il suo nome significa "Orso",
perché la notte del concepimento le sette stelle dell'Orsa Maggiore rifulgevano
nel cielo più cupo che sia mai stato visto.”.
- “Dio ha mosso tutto...”
- “Il dio ha creato il re ... scegliendo
tra gli uomini.” Quest'ultima frase significa la decadenza di questo sovrano,
magnifico e potentissimo, ma uomo e condizionato dalla debolezza cui aveva
ceduto conoscendo il letto incestuoso di Morgana. Tu lo hai capito. “Ora ti
lascio” riprende quest'uomo misterioso proprio perché trasparente: in fondo
è proprio così, non si può conoscere davvero ciò che è trasparente, infatti
attraverso la trasparenza si può vedere oltre; l'occhio, però, non percepisce
la trasparenza in sé senza un ostacolo che la segnali. Esclami: “No Merlino,
non ancora ... prima devo sapere se sposerai davvero Cynfyn, se la sposerai
pur essendo innamorato di Nimue...”
- “E così lei ti ha rivelato ogni
cosa ... sì! Certamente che la
sposerò! Io la sposerò!”
- “Ma come potresti renderla felice?
Se lei ti ama, soffrirebbe per non essere ricambiata totalmente e se non ti
amasse, ma accettasse il suo destino, soffrirebbe ancor più!”
- “Questo discorso non lo possiamo
approfondire ... una sola cosa ti voglio dire: la passione per Nimue, che
mi logora, non m'impedirà di rendere felice la fanciulla che venero più di
ogni altra. Lei è figlia del mio diletto e amatissimo Athrwys e sarà mia regina
... l'affetto che da sempre nutro per lei si va solo ad aggiungere a tutto
questo.”
- “Se tu dici che basta, sarà così!”
- “Lo dici come se tu potessi ...
perdonami, mio Signore, non intendevo ...”
- “Sono felice che tu abbia avuto
questa reazione, per me è la dimostrazione che mi serviva. Ora so che ciò
che dici è vero ... e non rivolgerti più a me con "Mio Signore",
perché semmai sei tu che meriteresti ...” t'interrompe: “Va bene così ...
riposati, verrò domattina presto per condurti alla mia grotta, dove cercherò
di risolvere la tua situazione.”
- “Grazie Merlino”.
Non ti è più capitato di rimanere
solo con Cynfyn e questo ti dispiace perché lei è l'unica capace d'infonderti
un senso di famigliarità in questi luoghi sconosciuti e, per qualche verso,
persino ostili. Non sei convinto che lascerai la Britannia entro breve, ma
ora senti che ti spiacerebbe succedesse troppo presto, pensi che forse c'è
un motivo se sei giunto qui da tanto lontano. Forse hai un compito, no, è
più probabile tu stia esagerando, circondato, come sei, da eroi e campioni,
principesse e profezie. E' sera e nella stanza entra la luce - fatua -
delle stelle nel cielo - oltre
che folate di vento dalle numerosissime fessure. Ti alzi, ti copri con la
coperta che giace sul letto e osservi il firmamento. In millecinquecento anni
niente era cambiato, se non la difficoltà a vedere chiaramente le stelle a
causa dell'inquinamento luminoso, nell'anno 2001. Solo, il Gran Carro - l'Orsa Maggiore, come l'epoca suggerisce
- che di norma individuavi facilmente,
non compare ai tuoi occhi. Con le scarse conoscenze astronomiche che possiedi,
cerchi di ritrovarlo nel cielo, ma dopo minuti di vane ricerche, riconosci
sette selle che emanano una luce fioca. Ti rammenti le parole di Merlino sulla
luminosità dell'Orsa, nel giorno del concepimento di Artù, e comprendi: la
decadenza del suo regno ha avuto inizio.
Il giorno seguente, al tuo risveglio,
apprendi una notizia terribile: Medraut ha invaso i territori intorno al Porto
di Cadlan obbligando, in questo modo, Artù - siamo nell'anno 537 d.C. - a presentarsi sul campo di battaglia per fronteggiarlo.
Naturalmente Merlino ha seguito il suo sovrano in questa strenua lotta contro
se stesso.
Appena informatoti, il messaggero
di Merlino si congeda per recarsi dalla Principessa Cynfyn, sua futura padrona,
alla quale portare una lettera recante il sigillo del Mago. Pensi di approfittarne
per farle arrivare anche un tuo messaggio: “Qual è il tuo nome, buon uomo?”
- “Mi chiamo Cerdic, mio Signore.”
- “E' da molto che servi fedelmente
il grande e potentissimo mago del re?”
- “Sì, mio Signore ... abbastanza
per poter dire di essergli stato utile come paggio, servo, messaggero, custode
e aiutante.”
- “Allora tu lo conosci come uomo
e non lo temi come stregone?!”
- “Non ho timore della sua arte
magica, che pure ho visto praticare più e più volte e tuttavia so che egli
non è uomo qualsiasi ... in lui è riposta più parte divina che in tutti gli
altri uomini.”
- “Bene Cerdic ... cosa sai tu
di me?”
- “Mio Signore devo andare, Sua
Altezza Reale m'attende...”
- “Se è stato Merlino a parlarti
di me, saprai che puoi fidarti ... devo comunicare con Cynfyn!”
- “Con la Principessa ... io, io
non posso fare nulla.”
- “Ma tu la vedrai per trasmetterle la lettera!”
- “No, io non la vedrò affatto.
Questa lettera lei non la aprirà nemmeno.”
- “Non capisco...”
- “Tu, mio Signore, non sai come
comunicano i miei padroni?!”
- “...”
- “Quando la Principessa viene
avvisata che c'è per lei un messaggio da parte di Myrddin, lei si concentra
e si prepara ad accogliere le sue parole direttamente nella sua testa. Questo
foglio è bianco!”
- “Ma come? ... telepatia? ...
e lei fa lo stesso?”
- “Non so mio Signore ... credo
sia così.”
Mentre l'uomo si allontana tu rifletti,
attonito, su quanto le tue orecchie hanno appena udito. Non puoi fare proprio
nulla se non attendere che, persone così straordinarie, ti mandino a chiamare.
Ed effettivamente dopo meno di un'ora sopraggiunge Cynfyn per condurti alla
Casa di Vetro.
- “Cynfyn ...” la interroghi “...
ti è arrivato il messaggio di Merlino?”
- “Sì! Mi diceva di recarmi qui
... deve mostrarmi qualcosa ...”
- “Ho saputo di come comunicate
voi due.”
- “Te lo ha riferito Cerdic?”
- “Sì!”
- “Non so cosa ti abbia raccontato,
ma è vero che lui fa arrivare nella mia mente i suoi pensieri, quando io sono
in grado di accoglierli.”
- “Che cosa significa?”
- “Che lui ha la capacità di comunicare
con me attraverso la mente, ma io devo concentrarmi moltissimo per preparare
la mia ad essere ricettiva.”
- “Tu ... fai lo stesso? Puoi rispondergli?”
- “No! ... ma egli, attraverso la percezione dei miei stati d'animo,
ottiene le sue risposte.”
- “Incredibile!”
- “E ci riesce con te soltanto?
Con il re, anche?”
- “Solo con me può riuscirci ...
mi ha educata a questo fin da quando ero piccola ... conosce le mie sensazioni
più di me: sono sempre sotto la sua protezione.”
Detto questo, entrate nella grotta
di Merlino e Cynfyn ti invita a seguirla in un antro angusto e nascosto alla
vista, che cela un'altra grotta, meravigliosamente organizzata a luogo di
studio e riflessione. Qui lei si siede e comincia a regolarizzare la respirazione,
a distendere i muscoli del corpo ed a liberare la mente da ogni altro pensiero,
per concentrarsi su Merlino. Ti sovvieni di quello stato di trance nel quale
sei precipitato durante la colluttazione con la spia, avuta nella stalla,
poche ore dopo il tuo arrivo qui. Inizialmente quanto sta accadendo a Cynfyn
ti sembra qualcosa di molto simile, ma poi comprendi la differenza: ella è
sempre cosciente e, raggiunta la concentrazione più totale, riesce a renderti
partecipe, coinvolgendoti nel racconto che le fa Merlino del campo di battaglia.
Dopo aver viaggiato per sette giorni
e sette notti, le truppe reali sono giunte al luogo in cui si trovava Medraut,
con il suo esercito di mercenari, ad attenderli. La ragazza ti ripete le parole
del suo mago, così come queste le giungono e tu puoi raffigurarti la scena,
come se la stessi vivendo. Artù -
alla sua destra Merlino: la ragione, alla sua sinistra Lancillotto la forza
- si reca al cospetto del suo bastardo
per intimargli la resa. Il giovane, risponde con una fragorosa risata che
costringe il Sommo Re di Britannia a sguainare la rilucente Caliburn. Lancillotto
colpisce violentemente il suo cavallo che con un balzo si frappone tra padre
e figlio, evitando che quest'ultimo, con la punta della spada sfregi la guancia
del re, ma procurandosi, nell'impeto, una leggera ferita alla spalla. Medraut
incita il suo esercito alla carica e a questo punto Cynfyn, spossata e preoccupata,
perde la concentrazione e si lascia cadere, da seduta, sul suolo. La ristori
bagnandole labbra e fronte con l'acqua della sorgente del dio Myrddin, poi
le chiedi una descrizione di Medraut.
- “Di sangue reale più di ogni
altro bastardo di re.”
- “Già ... perché la madre è sorellastra
di Artù, giusto?”
- “Sì ... mio padre detesta quella
donna e il frutto del suo peccato, ma sarebbe stato disposto a farlo duca
- aveva l'appoggio totale del Consiglio della Tavola Rotonda -
però lui mira al trono ... a quel trono così vacillante, che temo possa
crollare sotto i nostri occhi increduli.”
- “Cynfyn ... il regno si sgretolerà
... io lo so: devi sposarlo!” in un
impeto di terrore - ti eri raffigurato
il volto insanguinato di un Artù morente, Merlino imprigionato in un cristallo,
nella sua grotta da un incantesimo e Cynfyn disperata e suicida -
pronunci queste parole quanto mai affrettate se rifletti sulla inevitabile
curiosità che produrranno in Cynfyn; inoltre, come potrebbe un uomo così straordinario
e potente quale Merlino non conoscere la verità?! Fortunatamente la fanciulla
non apre bocca, non domanda nulla ma, adagiandosi sul tuo grembo, riposa.
E' già passata una settimana da
quel giorno in cui il re aveva incontrato e dato battaglia a Camlan, in questo
periodo, tu incontri Cynfyn tutti i giorni: la fanciulla trascorre con te
la più parte del suo tempo. In questo modo hai partecipato della sua preoccupazione
e visto aumentare la sua apprensione. Il suo volto è quello di donna, ormai
e la consapevolezza del suo ruolo di erede al trono è maturato al punto che
ora lei agisce e pensa da regina; il suo popolo è la cosa più importante:
una parte del suo stesso cuore; per cui a niente servono i tuoi tentativi
d'infonderle coraggio, la principessina è diventata donna e divenendo donna,
in un certo qual modo già regina. Infatti, con Ginevra seriamente malata e
stabilmente a letto e il re lontano, impegnato nella più difficile delle guerre,
per tutti i cortigiani è lei il riferimento reale: e tutti l'amano già.
La fanciulla arriva alla casa di
vetro, dove v'incontrate, da ormai sei giorni, tutte le mattine. La vedi più
abbattuta del solito: “Cynfyn ... cos'hai? Cos'è successo?”
- “Nulla ... non allarmarti: è
solo che ho un terribile presentimento. Però non voglio permettere a quest'irrequietezza
d'impossessarsi di me e di travolgermi ... devo essere forte: il mio Signore
è con me!”
- “Sei davvero maturata in questo breve tempo ... dov'è finita la
ragazzina viziata della foresta dove t'incontrai?”
- “Io sono la stessa, ma le circostanze
no ... mio pellegrino.”
Con la costanza di sempre, nella
grotta più interna - lo studiolo
- Cynfyn si concentra per comunicare
con il suo promesso sposo: tu ti adagi accanto a lei e, come sempre, la osservi.
Inizialmente ti ripete quando le viene trasmesso da Merlino ma, improvvisamente,
s'interrompe, comincia a singhiozzare e finalmente cade svenuta. Prontamente
tu ti adoperi per farla rinvenire: hai successo, ma, ancora semicosciente,
la ragazza si abbandona in un pianto dirotto, il respiro affannato, il polso
debole: “Cynfyn, Cynfyn ... cosa è successo? ... Cynfyn ... ti prego, rispondi!”.
A fatica, singhiozzando ininterrottamente: “... Non è possibile! Non è giusto
... non voglio ... Noooooo ...”
- “Cynfyn ... per l'amor del cielo
... parlami!”
- “E' ... è morto!”
- “Chi? ... chi è morto?”
- “Mio padre...”.
Tu ricadi su te stesso, sospiri
e poi l'abbracci. Non puoi accettare il fatto e stai per domandarle se ne
è certa, se non è possibile che non sia vero, ma ti rendi conto che acutizzeresti
solo la sua disperazione; non c'è possibilità di errore: il re è morto.
A distanza di un paio di giorni
lo strazio che aveva assalito Cynfyn non è andato scemando. La principessa
e la regina si sono abbigliate a lutto immediatamente, ma ciò che ancora non
sanno è che, colpito a morte dal figlio illegittimo, Artù, impugnando Caliburn - la spada del potere - aveva ugualmente inflitto una ferita mortale
a Medraut.
Aspettando, nella disperazione,
il ritorno di Merlino, Cynfyn si è rifiutata di ristabilire un contatto telepatico
con lui, ma alla notizia della morte del re è seguita nell'immediato quella
della morte del suo cavaliere più valoroso: Lancillotto, il Signore dei Laghi.
Ti senti completamente inutile,
impossibilitato anche solo a formulare una qualsiasi frase d'incoraggiamento,
di affetto: ormai vedi Cynfyn piuttosto di rado e, comunque, non siete mai
soli. Una mattina, lei ti raggiunge alla casa di vetro, dove ti rechi sperando
di parlare, al più presto con Merlino, di ritorno dal nord: “Dyg ... sono
felice di averti trovato!”. Tu scatti in piedi, le prendi le mani e la saluti
dolcemente: “Oh Cynfyn ... cara, sono io felice di poterti incontrare finalmente
soli.”
- “Stai attendendo il ritorno del
mio Signore?”
- “E' così!”
- “Mia madre si chiuderà in convento
...” Cynfyn passa, incoerentemente,
da un discorso all'altro.
- “Mi dispiace ...”
- “Tra tre giorni avrà luogo la
cerimonia dell'incoronazione ...”
- “Cynfyn...”
- “... e, con l'arrivo di Myrddin,
si celebreranno le nozze.”
- “Oh Cynfyn ... io, io ...”
- “Ti domando di non interrompermi.
Contatterò il mio principe e gli trasmetterò le mie sensazioni: lui, comprendendole,
ti ricondurrà a casa.”
- “Ma come, e tu? Perché questa
fretta? Non potrò più avere udienza dalla Regina, dopo l'incoronazione?!”
lo dici con ilarità, spensierato.
- “Dice il mio Signore: il destino
non è del tutto nostro, ma neanche del tutto non nostro. Io credo sia così!”
- “Ma tu lo hai accettato?!”
- “Non sono io che accetto, ma
la mia volontà e la sua ineluttabilità che interagiscono.”
- “Cynfyn ...”
- “Già ti ho domandato di non interrompermi,
ora te ne prego ... sono convinta che il destino ti abbia portato a me in
un momento di serenità celante la fine di tutto: dell'infanzia del mondo.
Mi hai fatto provare delle emozioni intense, che nessuno era stato in grado
di farmi conoscere. So che hai vegliato su di me, nell'ombra, in questi ultimi
giorni. Ora, io sto andando incontro al mio destino. Prima, però, voglio dirti
cosa hai rappresentato per me ... fosse solo per dare un senso alla tua venuta
qui.”
- “Cynfyn... io ...”
- “Non ho certo terminato. Sei
stato l'elemento di rottura con la mia vita, quella vita organizzata, fin
nel dettaglio, quasi prima del mio concepimento ... Tu non appartieni a questo
mio mondo, ma sei stato in grado di stravolgerlo.
Un pezzo del mio cuore ti appartiene ...”. E dicendo queste parole
ti si avvicina lasciandoti un piccolo bacio all’angolo della bocca.
Il giorno seguente, presso la Montagna
del Mago, davanti alla statua del dio Myrddin, incontri Merlino: la sua espressione
devastata, naturalmente. Lo saluti:
- “Merlino ...”
- “Mio Signore ... come stai?”
- “Piuttosto bene ... lo stesso
- temo - non si possa dire di te. Comprendo il vostro
dolore, ma sono convinto che tu e Cynfyn, insieme, possiate riportare il regno
all'antico splendore.”
- “Tu sai la verità: allora perché
la rifiuti? Sai che Athrwys è morto, uccidendo il suo bastardo, sia che Llwch
Llawinawg è stato ferito gravemente ed anche lui è spirato. Sei già stato
informato sulla decisione di Gwenhwyfar a proposito del convento. La mia fine
è nota al mondo intero, dacché io l'ho predetta ... ora sii forte: Cynfyn
si è tolta la vita!”
Cadi svenuto: l'eco delle parole
di lei ti accompagna: “Il futuro non è del tutto nostro, ma neanche del tutto
non nostro”.
Ti giri e rigiri in lenzuola calde.
Fatichi a riprendere coscienza, vittima degli eventi. Sulle labbra quel tenero
bacio di Cynfyn, nella mente la voce di Merlino: “... Cynfyn si è tolta la
vita.”
Gli occhi umidicci, la fronte che
scotta, una mano delicata che ti carezza il volto. Poi la voce amorosa: “E'
tutto finito, ora sei al sicuro, con me”. Apri gli occhi, la prima impressione
è quella del viso, dolcissimo, di Cynfyn, curvo sul tuo corpo, ma la memoria
non ti è venuta meno: lei è morta! E tu, guardandoti intorno, prendi coscienza
di essere tornato alla tua vita. Nel tuo presente. Nell’anno 2001. Con questo
pensiero, con il tormento di questo pensiero, ricadi in uno stato di alienazione;
un'immagine ti giunge di lontano.
Una collina verdeggiante che
- focalizzando lo sguardo in un punto, riesci a vedere -
custodisce l'ingresso di una grotta. Ti addentri
- immateriale, incorporeo - in
questo vano completamente oscuro e quando la vista si abitua all'ambiente,
riesci a cogliere un antro ancora più interno. L'oscurità s'infittisce e,
a fatica, procedendo a tentoni, arrivi ad urtare qualcosa di appuntito che
ti si staglia davanti: sembrerebbe una statua, forse la statua del dio Myrddin - il falcone protettore delle alture. Osservando
meglio - soccorso dagli altri sensi
percettivi - riconosci una composizione
di cristallo: inorridisci. Si tratta di Merlino - il mago del re - imprigionato - paralizzato
- in questa enorme struttura vitrea.
Il solito portamento principesco, lo sguardo regalmente rivolto ad altezza
d'uomo - come per sfidare, nella
sventura, colui che gli stava facendo questo: Nimue - le mani abbandonate lungo il corpo - la sua dichiarazione di accettazione del
proprio destino. Uscendo dalla tomba del mago, ti accorgi di trovarti su di
un'isola; la Montagna del Mago è sprofondata con lui, per poi riemergere dalle
acque: ecco Avalon, l'isola delle Mele che è chiamata Fortunata.
Apri gli occhi, una ragazza ti
bacia la fronte, la sua voce riempie la stanza: “Ti sei ripreso finalmente!
Come stai?”
- "Uhm ..."
- "Ma ... mi riconosci?!''
- “Ciao ..." e sobbalzando
continui: "... ma tu stai bene!. L'abbracci forte stringendola a te come
un tesoro prezioso e subito la interroghi: "Ma cosa mi è successo? ...”
poi l'illuminazione, ti alzi e avvicini lentamente ad uno specchio. Quello
che vedi é un giovane di alta statura, corporatura robusta, forte ma aggraziato,
occhi vividi ed ipnotizzanti, portamento distinto, avvenente: "E soprattutto
..." esclami consapevole "... niente barba!". Ora ti è tutto
chiaro, ti avvicini alla ragazza, le raccogli una ciocca di capelli castani,
soffici, sciolti lungo le spalle morbide e la schiena nivea e, finalmente
rasserenato e conscio, sorridi. Sì...Merlino rivive in te! Ed in te rivivono
anche Lancillotto e Artù! La decadenza c'è stata ma quel mondo, i suoi valori
non sono morti! Rivivono in te... perché tutto questo non avrà mai fine! Mai...
E tu sei un nuovo inizio... Una nuova possibilità!
La leggenda di Artù mi ha sempre affascinata. Il film “Excalibur” o i
romanzi di Mary Stewart mi hanno conquistata. Poi ho trovato un libro che
è un’indagine storica sul personaggio e sono rimasta colpita da quanto la
Storia non fosse meno intrigante del mito. Mi sono lasciata sedurre da tutto
questo ed ho, nella mia mente, mischiato figure storiche, mitologiche ed inventate
da me, in questo racconto che, senza nessun motivo, mi andava di condividere
con voi...
Cinzia