Sono ormai parecchi mesi che sto pensando di scrivere una riflessione su quello che ritengo essere più rilevante oggi per il nostro movimento, compresa la gente, in relazione alle condotte e ai pensieri da me osservati in coloro che mi circondano, ed anche in tutti coloro che sono intervenuti sulla board.

La grande sfida personale, e credo sia di tutti quelli che partecipano attivamente in politica, è come svolgere l’Idea, come aprire il passo alla “portata d’acqua” del pensiero quale fiume di montagna, partendo dall’inevitabile soggettività, con rispetto, senza pretese di validità universale, e allo stesso tempo sistemare la confusione intellettuale che, lo si voglia o no, ci affetta.

Parlo a proposito della realtà quotidiana, degli ideali, e l’interconnessione tra questi, consapevole che la mediazione è portata avanti dagli esseri umani.

Allora, partendo da questa premessa, estendo la mia prima postura, direi “implicita” nel paragrafo precedente: il concetto di superazione, nei confronti dell’annientamento dell’avversario, come in tante occasioni ho potuto avvertire.

In questo c’è un esercizio personale, che è quello della NON CONTRADDIZIONE con la propria coscienza. Però, nel contempo, entrano in gioco i valori personali e nazionali, la tradizione che ci corrisponde, la cultura, la lingua, la storia.

Questo principio di non contraddizione ci porta, ineluttabilmente, a collegare il nostro mondo privato con il mondo esteriore, attraverso la Filosofia che non è un insieme di astrazioni campate in aria, né questione di pura ragione, ma un prodotto a cui concorre anche la vita. Sicché filosofare -secondo il mio caro Maestro Giovanni Gentile- “non è intendere libri, ma cercare di vivere pienamente, sapere davvero che cosa è la vita, e non già passare per questo mondo mangiando, bevendo e divertendosi, senza mai pensare donde si viene e dove si va. L’individuo in sé è un germe dell’ideale che deve realizzare. Questo ideale, per realizzarlo, bisogna concepirlo: ma quando s’è concepito, non s’è fatto niente. Bisogna modellarsi su di esso”. (G. Gentile, “Il modernismo e il rapporto tra religione e filosofia”, editori Gius.Laterza e figli, Bari, 1921).

Certo, la verità filosofica, morale, religiosa, non ha valore se non per chi la fa sua, l’incorpora, l’accoglie nel proprio sangue, e la traduce in tutto il proprio essere.

Vedete voi, quindi, il ruolo che gioca l’educazione in tutto questo.

Vedete pure che anche tanti dei nostri “avversari” ormai l’hanno capito (per menzionare, Gramsci nel “Il principe moderno”).

Sembrerà lontano, nel tempo e nella storia, dire -in termini Hegeliani - che lo Stato deve essere la superazione dell’uomo?… e, semmai non lo fosse, stiamo tutti pensando nello stesso STATO e nella stessa SUPERAZIONE?…

Osserviamo il passato, per imparare dai nostri sbagli.

Il movimento fascista di 70 anni fa riuniva nelle sue fila tantissima gente, ma fissiamo attentamente lo sguardo sull’eterogeneità del suo congiunto, e domandiamoci: com’è possibile accontentare e governare un paese con nemici dichiarati all’interno del medesimo movimento?…

Ora ritorniamo alla mia proposta di superazione, e non possiamo che concludere che lo STATO non era lo stesso per tutti loro, nemmeno la superazione accennata.

Era proprio il dilemma, benché solo teorico, che aveva Gramsci quando abbozzava il suo modello di “Partito della Rivoluzione”, che doveva -non importava il come, ma doveva- fare il necessario al fine di raggruppare sotto lo stesso tetto la maggioranza dei settori sociali, benchè il controllo e il comando del menzionato partito aveva alla guida uno solo di questi -gli operai urbani industriali, secondo lui-.

Allora vi propongo di lasciare a lato questa analisi per un attimo, per riconoscere che la realtà “obiettiva” degli anni ’30 è molto diversa da quella attuale.

Però non dimentichiamo che lo spirito non molla, è quello di sempre: quel che vede e sente il popolo italiano come un fine in sé stesso, e non come un mezzo per…

Rimane a Noi di difendere la nostra cultura, la nostra tradizione, la nostra lingua, e di certo, la nostra storia.

Non dobbiamo fermarci nel sogno-illusione (a volte dolce) di sentire che siamo nati in un tempo, un’epoca sbagliata. Ci resta tanto, tanto fango da ripulire, quel fango servito a coloro che hanno scritto la storia dei vincitori, e che di conseguenza hanno… educato, indottrinato intere generazioni. Comunque, non possiamo neanche dire che “l’immensa piattaforma di marmo” che giace sotto il fango era priva di errori. No.

Sono trascorsi 56 anni dalla fine della II Guerra Mondiale, che ci hanno condotto a questo “oggi”: noi, come uomini storici, sappiamo bene che il passato è incancellabile, indistruttibile. Dunque, il “lavoro” è procedere verso la sua trasformazione, con un’ermeneutica “attiva”: interpretare, comprendere, ed agire, senza lunghi discorsi.

Ed allora, una nuova sintesi della dialettica che vi ho proposto.

Dico, come trasporre nella realtà quotidiana quel lavoro appena accennato, considerando che sarà la base della nostra posterità? Voi credete che le sfere del “Dover essere” e dell’ “Essere” Kantiani siano separate?

La mia opinione è di no: precisamente, tornando al principio di non contraddizione, laddove il pensiero si traduce in atto, dove intelletto e sentimento interagiscono (ciò che in termini di condotta potrebbe assomigliare al concetto di agire per vocazione).

Quindi, concepiamo il nostro “ideale”, in base a concetti, scopi, valori, etc. Ma questo non basta, ricordatelo… ora dobbiamo modellarci moralmente su di esso.

Noi, forzanovisti, abbiamo i nostri Punti Fermi, ed un Programma. Lo si può discutere, ma per superarlo, ed il risultato sarà la nostra superazione. E, continuando con la logica esposta, non si può avere delle contraddizioni: alludo in modo molto particolare a determinate ideologie radicali, ed alle persone che s’identificano in esse, alcune delle quali si sentono “attratte” dal nostro Movimento.

No… non dobbiamo inciampare due volte sulla stessa roccia.

 

 

Dedico questa riflessione, del tutto personale, a Tristan, a Luca M., a Cinzia.

Spero di aver contribuito umilmente con la mia intenzione di porre chiarezza.

 

Un cordiale saluto.

 

 

 

Diego, “Il Veneziano”

Buenos Aires, 26 di settembre da 2001

 

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