Il modello comunista.
Secondo la sinistra, la scuola deve costituire
una realtà al tempo stesso anarchica e sovietizzata,
ove a un egualitarismo negatore dei ruoli e a un relativismo
morale assoluto
si affianchi uno statalismo burocratico e un indottrinamento
ideologico.
La negazione dell'autorità, il rifiuto dell'insegnamento
al dovere, alla disciplina e al sacrificio, le cosiddette
"autogestioni" in mano a psicologi progressisti, sociologi
nichilisti e teatranti omosessuali costituiscono una
faccia della medaglia; l'altra è costituita dalla
feroce e totalitaria egemonia del "politicamente corretto"
e degli pseudo-dogmi del verbo laicistico-azionista
e marxista, specie nel campo della storia, della filosofia,
della letteratura, ma anche in quello scientifico
(vedi, ad esempio, il mito dell'evoluzionismo).
Il modello liberale.
Speculare a quello comunista, il modello liberale
gli somiglia in alcuni aspetti (il relativismo etico,
il
predominio dell'impostazione scientista, l'avallo di
certi miti storiografici, come ad esempio quello risorgimentale,
la sottomissione a certi slogan, come quelli mondialisti).
Prevale in esso una concezione economicistica, per cui
occorre preparare gli studenti "per il mercato": il
suo prodotto è il lavoratore-consumatore sradicato,
cosmopolita, privo di riferimenti forti a livello morale
e spirituale.
La politica scolastica liberale, inoltre, fondandosi
sulla
dicotomia "scuola pubblica/scuola privata" crea le premesse
per modelli dickensiani, già operanti nel mondo anglosassone.
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Il modello nazionale.
Il modello nazionale. Forza Nuova fa riferimento a un
modello che unisca, in una felice ed aggiornata sintesi,
il retaggio
della Cristianità con quello gentiliano. Innanzitutto,
più che di istruzione, occorre primariamente parlare
di "educazione": i bambini
e gli adolescenti vanno formati come persone, vanno
fatti diventare uomini e donne degni di questo nome:
l'aspetto etico è dunque centrale.
Per la stessa ragione, alle esigenze della società attuale
(che impongono conoscenze nel campo delle lingue straniere
e dell'informatica) non va tuttavia sacrificata un'impostazione
classica, in cui materie come il latino, la storia e
la filosofia costituiscono
il cuore, soprattutto per il loro alto valore pedagogico-formativo.
Ovviamente, tale indirizzo dovrà essere applicato in
modo elastico, in base all'ordine e al grado scolastici:
così, ad esempio, nella scuola elementare la storia
sarà, vichianamente e gentilianamente, soprattutto racconto
di uomini e gesta esemplari, mentre in un istituto tecnico
la filosofia sarà costituita non certo dallo studio
della metafisica, bensì degli elementi-base della filosofia
politica (la cosiddetta "educazione civica").
Da un punto di vista organizzativo, la dicotomia liberale
summenzionata e lo statalismo possono entrambi essere
superati recuperando il modello nazionale, che prevede
un ruolo centrale della società civile organizzata nelle
famiglie e nei corpi intermedi.
L' obiettivo del nostro sistema educativo è una scuola
che non crei differenze di classe e conflitti fra scuola
pubblica e privata, fra scuola laica e religiosa (lo
Stato ha il dovere di fornire una sana educazione religiosa
a tutti i giovani)ma tenda a formare uomini e donne
che sappiano reggere una famiglia, una città, un' impresa
ed una nazione.
Va rispettato il diritto naturale della famiglia ( prima
e principale responsabile dell'educazione) di mandare
i propri figli in istituti retti da ordini religiosi
o da corpi intermedi (comuni, associazioni e ordini
professionali - le "corporazioni" -, università, nel
senso "medievale" del termine)dove può essere compiuta
oggi anche una
valida sperimentazione.
Lo Stato ha il compito di organizzare i programmi scolastici
(con un preciso orientamento morale e culturale) e,
secondo il principio di sussidiarietà, di intervenire
qualora le singole realtà sociali versino in difficoltà.
L'organizzazione degli insegnanti sarà
svolta dal corrispondente ordine professionale, cioè
dalla relativa Corporazione.
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