Il sogno

 

 

           Ho sognato, questa notte, di essere a Parigi...ero arrivata quella mattina con una mia amica. Dopo esserci sistemate nella camera d’albergo, ci prepariamo per andare a “Les Champes Elysée”. Era il giorno del mio compleanno e lì avremmo dovuto incontrare dei nostri amici per pranzare insieme. Era una caldissima giornata di agosto di qualche anno fa. Per essere comoda avevo indossato i pantaloni della tuta - ora non lo farei mai! - ed una canotta della divisa da gioco - di quelle traforate - di uno sportivo. Nel sogno quella maglietta era appartenuta ad un atleta alto 204 cm e molto spallato: mi andava larga ma per me era “preziosa”, quindi non ho rinunciato a metterla, avendo cura d’infilarci sotto un top nero, di quelli che potrebbero esser portati anche da soli. Finisco di abbigliarmi calzando scarpe da atletica, legando i capelli - permanentati e tinti di un color mogano ramato - in una coda alta, passando sulle labbra un po’ di rossetto di un tonalità scura: cioccolato. 

            Ho sognato, ed è curioso, di avere una passione per le Barbie da collezione e di averne comprata, quel giorno, una deliziosa, con un abito bordeaux, stile ottocento e le ciglia “vere”!! Verso le 18.00 di quel primo pomeriggio nella capitale francese, abbiamo deciso di ritornare in albergo preso la metropolitana, cambiando la linea un paio di volte. Stavamo percorrendo il corridoio che ci avrebbe condotte alla nostra ultima sosta, prima di salire sul treno che si sarebbe fermato proprio davanti all’hotel. Ridevamo. Mi sentivo bene, allegra, entusiasta...la mia espressione era euforica, come poche volte mi succede di mostrarmi tra la gente...che non era molta, ma neppure del tutto assente.

            Ho sognato che un ragazzo - un uomo, forse - cui io avrei “assegnato” la nazionalità marocchina, camminando nella direzione opposta alla nostra, ci veniva incontro. Quando è stato abbastanza vicino a noi, con un’espressione facciale che mi è disgustoso ricordare, mi ha premuto una mano sul seno, sbattendomi violentemente contro il muro. Ho scordato le percezioni, ho scordato quello che provavo in quel momento, quello che sentivo. La mia mente ha come spostato “l’inquadratura” sul viso irrigidito e teso della ragazza che si trovava lì con me e sui volti indifferenti degli altri passanti. Poi un grido sordo, soffocato, in italiano - era la mia voce - una richiesta d’aiuto. E il mio aggressore allontanarsi. Il mio corpo mentre scivolava, verticalmente, lungo la parete. Poi un vuoto. Il nulla.

            Ho sognato che ero nuovamente in piedi, cercando di far riavere dallo shock la mia amica che non parlava più. In qualche modo sono riuscita a calmarla, a “svuotare” me stessa e rincuorare lei. Procedendo, ci stavamo avvicinando alla curva che conduceva ai binari. Non so individuare le mie sensazioni, solo mi muovevo per inerzia, con lo sguardo basso e la nausea. La testa pesante. O forse no. Forse non ero lì davvero. Lo stato di alienazione esiste, e si può autoindurselo, dopo che se ne è sperimentata l’efficacia in qualche contesto, ricorrendoci meccanicamente.

            Ho sognato di rialzare lo sguardo spento e di ritrovarmi a pochi passi da me quello stesso uomo - un ghigno perfido in volto - che aveva seguito il percorso che lo avrebbe ricondotto ad incrociarmi. Urlavo disperatamente, ho lasciato cadere a terra la borsa  con la Barbie, e poi i miei arti si sono bloccati. Non potevo spostarmi, retrocedere nemmeno di qualche centimetro e mi sono ritrovata ancora spinta contro il muro. Il suo corpo addosso al mio e quelle mani che s’infilavano ovunque. Ovunque tra i miei abiti. Ovunque. Nessuno interveniva. Neanche la mia amica. Neppure io. Non riuscivo ad essere lì, non riuscivo a muovermi, mi sembrava di aver urlato continuativamente però! Anzi...lo avevo fatto di certo. Seppur in uno stato confusionale totale.

Quando lui ha ritenuto di essere sufficientemente pago per andarsene, io sono rimasta “incollata” in quel posto per alcuni istanti ancora. Poi ho “cancellato” dalla mia mente l’accaduto. Un motore infernale che da me pretende io sia perfettamente disumanizzata e che mi ha indotta ad occuparmi della ragazza che era in vacanza con me.  

            Ho sognato che, entrate nella nostra camera, l’ho lasciata calmarsi, andare in bagno e poi ritornare la solita di sempre - aspettando fino a quando non ho verificato che sorridesse nuovamente alle mie battute - decidendo di non abbandonarla nemmeno per andare a lavarmi. Quando ho ritenuto di  aver davvero sotto controllo la situazione, sono entrata io in bagno. Ho richiuso a chiave la porta alle mie spalle. Ho osservato allo specchio la mia faccia. Insopportabile, odiosa, vergognosa faccia. I miei occhi si erano trasfigurati. Normalmente così “vivi”, profondi, capaci di conoscere ed indagare il mondo. Ma, a quel punto del sogno, uno sguardo ben diverso si rifletteva in quell’ immagine. Ho levato istericamente la maglia che indossavo, lanciandola lontana. Mi sono accasciata a terra, avevo troppa rabbia in corpo, non mi scendeva neppure una lacrima e mi sono schiaffeggiata furiosamente. Ero stata abbastanza accorta da lasciar scorrere l’acqua nella vasca, in modo che coprisse il rumore che avrei fatto in quel luogo, in quello stato, con il mio sfogo, perché lì ero ormai fuori controllo.

Perché non avevo la reale percezione di quanto successo? Perché non avevo reagito? Perché a me? Perché nessuno mi aveva aiutata? Perché non lo meritavo evidentemente, altrimenti sarebbe stato umanamente impossibile non provare pietà per una ragazza che stava subendo una molestia sessuale ed intervenire.

            Ho sognato di sentirmi indegna di sostegno, conforto e soccorso. Ho sognato di essere in un bagno e stringere tra le mani una forbice, provando un impulso irrefrenabile a farmi un piccolo taglio - niente di grave -  solo per vedere fluire un po’ di sangue da questo corpo “sporco”. Non so quanta acqua e quanto sapone abbiano lavato ogni singolo millimetro della mia pelle. Ho sognato di non riuscire a trovar pace, di non aver amor proprio che, invadendomi, cercasse di placare lo stato d’animo distruttivo che mi aveva assalita. Volevo vomitare ma non ne ero stata capace. Nemmeno in quel modo, forse più simbolico che fisico, avrei potuto liberarmi di nulla...meritavo di trattenere tutto: lacrime, odio, disprezzo, rancore, paura e di alimentarli di me stessa.

            Ora mi domando...perché questo sogno? Perché Parigi? Forse perché ambientandola altrove, avrei in qualche modo “allontanato” la vicenda da me. Perché collezionavo Barbie? Forse perché rappresentavano un “prima” - un’infanzia - sereno. Perché proprio un marocchino? Qualcuno potrebbe trovare una risposta fin troppo facile, al punto di renderla ridicola. Perché un’amica che non mi ha aiutata e la gente indifferente? Perché questo è quello che succede! Non ci sono spiegazioni più valide: il mio sogno sarà stata la realtà per qualche donna. Magari lontana da me. Magari vicina. Ma reale. E l’aggressore avrebbe potuto essere un italiano conosciuto da lei. Avrebbe potuto essere una persona che ruotava intorno alla sua famiglia. Avrebbe potuto godere della sua completa fiducia. Nel mio sogno non si è compiuto lo stupro ma avrebbe potuto accadere. Succede tutti i giorni, nel mondo. E sempre meno spesso la gente porta aiuto alle vittime.

            Quello che ho trovato sconcertante è stato sentirmi imputare, dopo aver raccontato questo sogno e fatte alcune considerazioni, da qualcuno, di esser diventata ormai talmente intollerante da condannare, anche nei sogni    - ma per la donna che potrebbe averlo vissuto, non era un sogno! - il “diverso” - l’immigrato - ad interpretare la parte del cattivo! Come, mi son chiesta, ma allora non è chiaro che io abbia condannato l’indifferenza della gente?! Non è palese? Se nel sogno ho “punito” me stessa perché quei passanti “ciechi” mi hanno fatta sentire meritevole di tutto quello! Non è evidente? No...è sempre più comodo  individuare il male negli altri. Io sono la persona di tanta pochezza che banalizza tutto, riducendo - dato che appoggio “le idee di quei fascisti di Forza Nuova” -  un umile marocchino a colpevole. Dovrei provare vergogna di avere una mente già così “selettiva”! Già! Invece - chissà come mai?! - sono qui a chiedermi come queste persone possano avere dei pregiudizi tali da farsi sfuggire chi ho indicato come i veri responsabili del mio dolore nel sogno. Il mio molestatore avrebbe potuto essere un italiano alto e biondo, ma ai fini narrativi cosa sarebbe cambiato? E’ possibile che questa gente non si renda conto di essere loro stessi sotto accusa?! Presi dalle loro certezze, combattono contro chi credono intollerante - paladini! - ma poi perdono di vista che sono loro i colpevoli  di quella sofferenza patita, per una vicenda che si poteva evitare ma che a causa del loro disinteresse - della gente in generale, ovviamente -  si è compiuta.

E’ possibile essere così “impoveriti” da non accorgersi di essere sotto giudizio??? Sì...

 

Cinzia

 

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