POTERE MONETARIO E POTERE POLITICO

 

 

Parlare di moneta, di potere e di sovranità monetaria significa parlare d’indipenden­za nazionale. La sovranità di una nazione, infatti, dipende da una serie di fattori, diversi e interdipendenti. In un’epoca di primato della dimensione economica, il sistema di gestione della ricchezza e degli strumenti di scambio dei beni materiali, cioè la moneta, assume un’importanza decisiva. Oggi, il governo delle banche e il controllo della moneta rappresentano il cuore di un sistema—sofisticato ma sem­plice nei meccanismi—di penetrazione e assoggettamento delle dinamiche politi­che da parte della finanza globale, quella finanza che non risponde a interessi nazionali, ma trasforma logiche senza volto e senza patria. La politica, in Occidente --- proprio come fa un cameriere nei confronti dei suo padrone --, mette a disposizione dei mondialismo finanziario i suoi strumenti istituzionali e la sua ideologia liberaldemocratica. È questo, ora, il suo nuovo ruolo. Grazie alte conqui­ste nel controllo dei meccanismi di deposito e di credito (le banche), il mondo finanziario ha compiuto l’ultimo passo verso l’esproprio della proprietà privata, pro­prio quella proprietà che con il Fascismo aveva una funzione sociale, intesa come frutto dei lavoro e di redistribuzione comunitaria della ricchezza. La perdita della gestione della moneta fn dall’atto della sua emissione, quella moneta che dovreb­be rappresentare la realtà produttiva di una comunità, è il segno più forte di un’u­scita di scena della sovranità popolane. Oggi la moneta è un potere a sé stante, capace di produrre ricchezza invece che di rappresentarla, che gestisce dinamiche economiche complesse senza più legami diretti con le realtà produttive che dovreb­be “misurare’. Inoltre, il sistema bancario-creditizio, divenuto strumento di riasse­stamento sociale degli squilibri sociali del mondo (FMD, fa giocare alla moneta un ruolo ricattatorio su scala planetaria, che coinvolge piccoli risparmiatori e sistemi di credito nazionali.

 

La moneta

Bisogna allora partire proprio dalla moneta, dalla sua funzione originaria di misura dei valore e mezzo di scambio di società complesse. Il denaro è un mezzo per rag­giungere un fine, non un fine in sé. Rappresenta un valore di scambio, non un valo­re intrinseco. Un valore del denaro dipende dal valore dei beni e deí servizi contro cui può essere scambiato. I vantaggi che gli vengono attribuiti dipendono dalla sua spendibilità’ (George Soros). La moneta oggi cartacea è l’erede dell’antica ricevuta di deposito, La moneta ha come causa una convenzione sociale (Aristotele) e come effetto la funzione, appunto, di misurare il valore. L l’accettazione da parte dei citta­dini a darle valore. Tutti conosciamo la storia della moneta, dalla garanzia aurea alle ricevute di deposito, al corso forzoso. C’è un momento decisivo, però, che fa datare l’inizio della grande usura bancaria moderna, e fu quando i banchieri decisero di emettere un numero di ricevute bancarie {le attuali banconote) per un valore motto superiore a quello dei depositi reali, ricevute senza copertura metallica che circola­rono insieme alla moneta effettiva. I banchieri cominciarono a creare moneta carta­cea dal nulla, senza costi (a parte quello tipografico), pretendendo i relativi interessi. Lo stesso avviene oggi, su due livelli distinti. A livello di piccolo credito: i banchieri prestano soldi che, di fatto, non hanno e, dal nulla, percepiscono interessi. A livello di sistema di credito nazionale: le banche centrali prestano allo stato il denaro che esse stesse creano dal nulla, richiedendo in cambio i relativi interessi, oltre a un importo pari alla moneta prestata. Questa moneta, al momento della restituzione, ha acquistato valore nel corso della circolazione, valore che non aveva al momento della emissione. Se al primo livello vittima sono i cittadini, costretti a chiedere presti­ti, al secondo livello vittima è l’intera struttura dello stato, che s’indebita con un ente privato, al quale ha trasferito - volontariamente - la propria sovranità monetaria e con essa il potere di controllare tutta la politica economico-sociale dello stato. È il potere monetario, passato di mano per iniziativa dello stato.

 

Banca d’Italia e usura istituzionale

Si compie così, nel corso dei XX secolo, il processo di espropriazione del potere poli­tico da parte del sistema bancario: "Mi si consenta di emettere e controllare la mone­ta di una nazione e non mi preoccuperò per nulla di chi emana le leggi" (Rothschild). La frase esemplifica, da un lato, la centralità della moneta nel sistema capitalistico e, dall’altro, l’importanza decisiva data alla gestione della moneta, come sistema di con­trollo di un sistema. II processo d’alienazione del potere monetario ha avuto una lunga gestazione, che ha trovato li suo apice nel sistema delle banche centrali. In Italia, è la Banca d’Italia (BDI) che ha ricevuto questo beneficio a inizio secolo (dal 1893). La BDI ha ricevuto in delega dallo Stato la facoltà/diritto esclusivo di emette­re moneta, avocando a sé anche il diritto a inserirla nel bilancio come un bene di pro­prietà e non semplicemente per quello che è: la misura del valore dei beni prodotti, io strumento di scambio per la vita economica. Il fatto è che la BDI, che da subito ha definito la propria autonomia dal potere politico, si è strutturata come società com­merciale per azioni, privata, concessionaria di un pubblico servizio, dal quale ricava utili, “consentendo” in questo modo allo Stato di rinunciare alla sovranità monetaria. Lo stato ha rinunciato alla sovranità monetaria trasferendola a un ente privato che fa degli utili. La BDI è diventata da ente gestore a ente proprietario della moneta, non­ostante non lo sia per nulla, giacché non crea la moneta chi la emette ma chi la accetta, che è il proprietario vero. Sono i cittadini che creano il valore monetario: “La banca centrale si comporta nei confronti della collettività come colui che presta reti vuote ai pescatori, e li indebita non solo di queste ma anche del pescato. La ban­conota creata dalla banca e prestata alla collettività è come una rete vuota (valore nullo) che la banca getta nel mare del mercato e che poi ritira piena di pesci, in altre parole di valore. La truffa consiste nel fatto di considerare e far credere la moneta come proprietà della banca, mentre essa deve essere di proprietà dei cittadini, così come il pesce deve essere di proprietà dei pescatori e non di chi presta loro le reti (Giacinto Auriti).

La BDI, dunque, presta alla comunità una moneta che le è dovuta: la banca, infatti, realizza solo un simbolo monetario cui è il popolo a conferire “valore indotto”, accettandola. Poi la inserisce in bilancio fra le poste passive, nonostante sia undebito” che rende utili. La moneta, cioè, viene addebitata allo stato anziché accre­ditata. La contraddizione risiede nelle banconote stesse, emesse come cambiali a vista ‘pagabili al portatore”, nonostante il corso forzoso (cioè l’immissione di mone­ta sul mercato priva di copertura ‘aurea’ abbia reso questa fattispecie senza signi­ficato. Nel bilancio, dunque, la moneta prestata è inserita come posta passiva, come "debito inesigibile” e non come più correttamente come “credito” inesigibile. II debitore, cioè, non paga il debito per legge (e non perché lo decida il creditore) e la BDI realizza un attivo attraverso l’emissione di moneta di cui è solo gestore. Questo comporta un potere incontrollabile da parte della BDI, su cui grava un silen­zio costituzionale colpevole.

Diverso è il caso della BCE che invece, secondo il trattato di Maastricht, ha un pote­re smisurato e senza controlli politici. La BDI iscrive al passivo i biglietti emessi (senza garanzia né valore intrinseco, ma con valore convenzionale e mai creditizio) -- nonostante l’emissione di banconote, false cambiali, non rappresenti neanche contabilmente una perdita,; infatti, la moneta è soltanto un metro, è misura del vado­re delle cose --- e pretende il rimborso con gli interessi (15% in più della somma pre­stata). II suo attivo è costituito non solo dagli utili che le provengono da beni e valo­ri immobiliari ricevuti in pegno come corrispettivo delle anticipazioni ma anche dal rimborso della moneta che aveva prestato, giacché questa moneta, per effetto della circolazione, ha acquistato il valore che non aveva all’emissione. Pensiamo a un fal­sario, che presta 1 mid al tasso dei 15% e alla scadenza riceve 1 midi150 mil. L’attivo è questa cifra intera, il passivo sono solo le spese della fabbricazione (minime). Guadagna non solo gli interessi (150 mil) ma l’intera cifra. La BDI, invece, pretende di far rientrare all’attivo solo gli interessi e non anche la cifra prestata, creata dal nulla, come il falsario. Per avere indietro il prestito la BDI alimenta il debito pubblico, addebitando anziché accreditando allo stato la moneta emessa. Per pagare il debito lo Stato, come fonte di finanziamento, ricorre al prestito verso i cittadini in Titoli per avere in cambio la moneta da parte della BDI. La differenza è che mentre la BDI crea dal nulla la moneta, i cittadini forniscono risparmi “veri”, di cui sono legittimi proprie­tari., Ecco la spiralo in cui si è cacciato lo stato, abdicando ai potere monetario: ~­re i debiti con gli interessi. Di qui il ricorso all’imposizione fiscale, alla vendita di beni patrimoniali, all’emissione di titoli di credito. Così il popolo s’indebita nonostante avrebbe già pagato col lavoro la moneta che gli è necessaria per i servizi e le opere offerti dado stato. Lo stato, infatti, trasferisce In questo modo il debito ai cittadini per poterlo pagare. Ma c’è un’altra forma di posizione debitoria, ancora più odiosa, che il cittadino sopporta nei confronti della BDI: i mutui bancari. Il legittimo interesse da pagare alle banche per un prestito contiene una quota che non può essere conside­rata legittima: è la quota d’interesse che corrisponde al lasso di sconto che la BDI determina per le anticipazioni fomite al circuito bancario. Anticipazioni che le banche commerciali devono pagare alla BDI e di cui si rivalgono sui cittadini. Si tratta di un tasso che la BDI varia secondo propri criteri (senza consultare il Tesoro - legge 1992), determinando così anche il costo dei denaro e che contribuisce ad aumenta­re gli interessi bancari. Si deduce l’enorme potere che ha il Governatore della BDI nel campo dell’economia nazionale e l’incidenza sulle tasche dei cittadini:Considerate care tutti i principali fattori dell’economia reale dipendono dal tasso di sconto, quindi dal costo del denaro. Quindi nemmeno più dal denaro in sé, ma dalla sua gravidanza isterica, fisse” (Massimo Fini).

 

Potere monetario e Banca Centrale Europea

II potere monetario delle banche centrali - BDI e Banca Centrale Europea (BCE) - per statuto può prendere decisioni autonome dal Tesoro sulla quantità di biglietti da emettere, avocando a sé funzioni di controllo sulla liquidità dell’intero sistema e di salvaguardia del valore del metro monetario. II potere monetario è così tutore dello Stato in materia monetaria. Ecco il nucleo della grande usura: si assiste impotenti all’asservimento dei popolo alla moneta addebitatagli, nonostante il valore le derivi da esso per processo di induzione (convenzione sociale di accettazione): il cittadino è debitore, attraverso i1 prelievo fiscale, di una moneta che di sua proprietà. Oggi questo potere è stato trasferito alla BCE: si è registrata senza colpo ferire (senza referendum) la privatizzazione della sovranità monetaria --- incostituzionale - senza più alcun controllo da parte degli stati, un trasferimento di funzioni passato ìn cento anni dallo stato a un ente privato, infine a un ente straniero. Gli stati hanno abdicato a un potere decisivo che condiziona l’esercizio di tutte le funzioni della vita econo­mica nazionale, regolando le capacità di spesa e di liquidità del sistema: la sovrani­tà politica, esautorata sul potere monetario, resta vuota di contenuto, come un orga­nismo senza sangue. Nel trattato di Maastricht la funzione monetaria delegata alla BCE è senza alcun controllo: la BCE non ha più alcun riferimento con la produzione e con il lavoro dei cittadini europei, figurarsi italiani. Sul tema monetario il Trattato tra­sforma sostanzialmente la nostra Costituzione (art. 41142143) in materia economico­sociale, cancellando la sovranità popolare. Secondo illustri economisti, lo scopo da raggiungere in questo processo di svendita è stato quello di usare il potere finanzia­rio di USA e GB (non a caso fuori dall’EURO) per esautorare le sovranità politiche e avere come interlocutori solo le banche centrali, fuori dal controllo politico. A questo serve I’Euro: estinguere gli stati nazionali, secondo i dettami della logica mondialista. Un’obíezione classica, che ha accompagnato il processo di delega del potere mone­tario, ha riguardato l’abuso degli stati nell’Ancién regime in merito alla gestione della moneta. Ma si può forse dire che gli altri poteri dello stato non abbiano abusato? Eppure nessuno si è mai sognato di trasferire il potere giudiziario a un ente privato. La differenza sostanziale è che mentre lo Stato “può” sbagliare, la banca privata “deve° agire contro l’interesse comune per perseguire quello del suo utile, come la BDI insegna. Tanto è vero che l’irresponsabilità monetaria” è garantita per statuto. ‘Dire che uno stato non può perseguire i propri scopi per mancanza di denaro è come dire che non si possono costruire strade per mancanza di chilometri”.

 

Moneta di popolo e contropotere monetario: il SIMEC

Attraverso un’infinita serie di studi, ricerche, interrogazioni parlamentari, la “Scuola di Teramo’ dei professor Giacinto Auriti ha elaborato una teoria e una prassi di “con­tropotere monetario” per contrastare la grande usura silenziosa. II principio da cui si parte è l’accreditamento della moneta al popolo, punto nevralgico di una riforma complessiva della politica monetaria, che ha come obiettivo il recupero della sovra­nità monetaria attraverso l’autorità dello stato, e la nazionalizzazione della BDI.

Lo stato potrebbe evitare di indebitarsi emettendo una moneta di sua proprietà e accreditandola ai cittadini: un biglietto di stato. Questo consentirebbe allo stato, senza indebitarsi verso un ente privato essendo sua la moneta prodotta (titolare è il popolo), il conseguimento dei suoi fini istituzionali, cioè una politica economica libe­ra e non legata ai ricatti creditizi delle banche d’affari. Lo stato emette una moneta - garantita dalla sua autorità, laddove oggi questa garanzia non esiste - per un importo, per esempio, pari al valore di un’opera pubblica effettivamente costruita, in assenza di debito. II contrario di quanto avviene oggi, con la BDI che gestisce la quantità di “circolante” non in base ai beni che si vogliono e possono produrre. Col risultato di trovarsi in presenza di fenomeni deflativi (rarità monetaria) o inflativi (denaro senza opere), più spiegabili come operazioni pianificate dalla stessa BDI. La rarità monetaria, come insegnava Pound, è lo strumento dei dominio dei siste­ma bancario finanziario sull’economia nazionale (per eliminarla lo stato deve ulte­riormente indebitarsi con la BDI), così come l’inflazione è usata spesso come spau­racchio, e gestita irresponsabilmente (non sempre, infatti, l’aumento dei prezzi è legato all’inflazione, trattandosi di fattori economici diversi e indipendenti).

Per scongiurare i fenomeni inflativi o deflativi pianificati il volume dei circolante deve essere sempre tenuto in rapporto equilibrato col volume di beni che il sistema ha prodotto ed è pronto a distribuire. Questa funzione di sorveglianza dovrebbe ovviamente essere gestita da un organismo statale. Il governo potrebbe eventual­mente procedere con un prelievo fiscale per pareggiare eventuali squilibri (necessi­tà di una diminuzione di circolante). Parallelamente sarebbe necessaria una rifor­ma dei sistema bancario: ì depositi trattenuti e la concessione di prestiti deve avve­nire solo a fronte di una rappresentatività monetaria di effettivi depositi dì moneta reale. Nell’ipotesi formulata da Aurici si avrebbe la doppia circolazione di moneta. II valore monetario delta nuova moneta sarebbe garantita per definizione da chi la accetta come misura del valore dei beni. Si supererebbe così la più grave contrad­dizione dei sistema capitalistico mondialista, dove enormi quantità di capitali circo­lano a fronte di una stagnazione economica diffusa per rarità di moneta (terzo mondo). La moneta del popolo garantirebbe a ogni uomo, per il solo fatto di essere membro (non necessariamente attivo) di una comunità nazionale, la certezza di poter soddisfare le esigenze elementari di vita. La moneta di stato funzionerebbe come una sorta di tessera annonaria che mettesse al riparo dagli speculatori finan­ziari. Lo scopo di questa moneta è quello di garantire a ogni cittadino un potere d’acquisto fornito da uno strumento di scambio alternativo all’Euro della BCE. L’accesso alla moneta sarebbe immediato, all’atto dell’emissione: accreditata per acquistare beni a titolo di «reddito di cittadinanza”. Il valore della moneta le è confe­rito dal “valore indotto” (il potere d’acquisto, conferitogli dai cittadini), dall’essere una moneta di proprietà individuale (per induzione giuridica) e un bene collettivo (creato dalla convenzione sociale).

Con l’esperimento di Guardiagrele (CH) - luglio 2000 - Auriti ha messo in pratica le sue teorie, per dimostrare la validità dei concetto di «Valore indotto”, mettendo in circolazione i SIMEC (SiMboli EConometricl di valore indotto), di proprietà del porta­tore. Scopo era dimostrare che i cittadini possono per convenzione creare il valore della moneta locale senza intermediazione del sistema bancario, con l’obiettivo di sostituire alla sovranità illegittima della Banca centrale la proprietà della moneta quale prerogativa dello Stato a favore -dei singoli cittadini. È il primo passo di una for­mula monetaria rivoluzionaria in realtà antichissima: usare la moneta come strumento di diritto sociale e dimostrare come il popolo abbia la forza di creare valori convenzionali di moneta, pur senza invadere le competenze della Banca centrale e nel rispetto della parallela circolazione dell’Euro.

La realizzazione di una ‘moneta di popolo’ deve articolarsi in due fasi. La prima di avviamento che serva a farle conseguire quel valore indotto che lo oggettivizzi come un bene reale, oggetto di proprietà del portatore, distinto dalla moneta ufficia­le in corso. Inizialmente questa moneta popolare è garantita dalla riserva-euro, con la quale è convertibile. Ma questo fa parte della storia di ogni moneta, che inizial­mente viene coperta da una riserva (aurea), poi continua a essere accettata e a circolare nonostante la soppressione della convertibilità proprio per effetto di quel valore indotto che ha consentito alla moneta legale di mantenere il proprio potere d’acquisto anche con il corso forzoso. La moneta di popolo potrebbe fare a meno della riserva in euro se fosse posta in circolazione da un ente pubblico invece che da un’associazione privata, come reddito di cittadinanza. Così alla sicurezza offerta dalla riserva si sostituirebbe quella offerta dal potere dell’autorità.

Obiettivo di ogni iniziativa in ambito monetario deve essere il recupero della sovra­nità monetaria da parte dello stato, momento decisivo di una riconquista del prima­to politico su quello finanziario-creditizio: una scelta indispensabile per un progetto che si vuole antagonista all’economia finanziaria come destino, vero obiettivo finale della globalizzazione.

 

“Credo che per le nostre liberi le istituzioni bancarie siano più pericolose degli eserciti nemici. Sono già arrivate al punto di erigersi in aristocrazia del denaro che sfida il governo. La facoltà di emettere moneta dovrebbe essere loro strappata e restituita al popolo, al quale giustamente appartiene. In realtà il potere di produrre moneta dovrebbe essere riservato soltanto allo stato che provvederebbe a metterlo in circolazione a seconda delle necessità"

 

Bibliografia (per approfondire)

li valore indotto della moneta (Giacinto Auriti)

Principi ed orientamenti per una moneta europea (Giacinto Auriti) 1 creatori di moneta (Gertrude Coogan)

La banca, la moneta e l'usura (Bruno Tarquini) La finanza e il potere (Joaquin Bochaca)

Il denaro sterco del demonio (Massimo Fini) Lavoro e usura (Ezra Pound)

Banchieri e camerieri (Giuseppe Santoro)