Identità e Patria

 

 

Identità e globalizzazione

L'identità — e l'idea di Patria che su di essa si fonda — può essere considerata uno dei valori fondanti, se non il Valore intorno al quale costruire un movimento di ricostruzione nazionale. Il processo di globalizzazione in atto, infatti, innescato dalle direttive impresse all'economia mondiale da parte delle lobbies mondialiste alla fine del secondo conflitto mondiale, con il sostegno politico delle potenze vincitrici, si è posto come obiettivo, proprio per affermare i propri princìpi (libero mercato mondiale, trasferimento del potere politico a entità sovranazionali di carattere finanziario, distruzione delle capacità produttive dei paesi in via di sviluppo, graduale smantellamento delle sovranità nazionali in termini di controllo dell'economia e della moneta), la cancellazione delle identità nazionali, sacrificate al "miraggio" di un mondo senza più distinzioni di carattere etnico-culturale, senza più tradizioni di riferimento, senza più un retaggio spirituale specifico a ogni realtà, sia essa nazionale o sovranazionale (gli antichi imperi): un mondo, cioè, più funzionale ai meccanismi del liberal-capitalismo che mirava all'edificazione — processo già ben avviato — di un Nuovo Ordine Mondiale, con un solo modello di sviluppo, un unico sistema economico, un unico tipo di uomo, il consumatore universale, privato di ogni dimensione non direttamente riconducibile ai consumi materiali.

L'identità, intesa come sintesi tra memoria storica, senso di appartenenza e radicamento alla terra, tra coscienza e orgoglio della tradizione, tra rivendicazione di un patrimonio spirituale che ci è proprio e di cui siamo eredi e la consapevolezza di essere parte di una civiltà, rappresenta, da una parte il Valore di riferimento per ridare forza e dignità all'orgoglio nazionale. Il senso della Patria, infatti, per troppi anni è stato massacrato o, peggio, svilito nelle contraddizioni di un paese, l'Italia, a sovranità limitata, e di una pseudo-cultura, quella demo-progressista e marxista, che ha demonizzato, nel nome dell'internazionalismo classista, questo Valore eterno, connaturato all'uomo. Dall'altra, l'identità rappresenta l'unico o quanto meno il più efficace valore di rottura rispetto alle dinamiche del processo di globalizzazione. È l'identità, perciò, che deve porsi al centro del nostro progetto politico, al centro di ogni strategia futura, in contrapposizione alla globalizzazione che vede nelle differenze il nemico per eccellenza dei propri nefasti obiettivi di uniformizzazione planetaria, quindi delle logiche del mercato e dei consumi. L'identità, l'orgoglio nazionale, il sentimento di appartenenza a una comunità le cui origini si fondano nel passato millenario è proprio quel valore che può far inceppare il meccanismo di omologazione planetaria che mira a seppellire le specificità etnico-nazionali e, con esse, le sovranità politiche.

 

Identità e patria

L'identità deve essere la linfa, il cuore di un'idea e di un valore più grande, il sentimento di Patria, sul quale si fonda il senso stesso dell'agire politico. La sfida cui è chiamato un movimento che fa riferimento proprio all'identità nazionale come al suo valore fondante è quella di saper dare modernità — nel senso dinamico, non progressista, del termine — a questo Valore. Perché l'identità nazionale può essere un'idea forte ma può anche essere un insieme di parole vuote, strumentalizzabili da più parti per fini che nulla hanno che fare con il bene supremo della comunità nazionale. L'identità nazionale, allora, del nostro tempo deve saper rigettare senza indugi tanto il fantoccio del nazionalismo borghese, risorgimentale e massonico, quanto quello "giacobino", privo di riferimenti morali alti, per non dire di certo patriottismo da parata o da avanspettacolo, come quello coltivato dal sistema demo-resistenziale. Il Fascismo invece fece dell'idea di Patria una sintesi politica e ideale — nel richiamo alla Civiltà romana come patrimonio di tradizioni civili e morali e al Cattolicesimo come riferimento spirituale comunitario radicato nelle coscienze —, capace di dare sostanza a un'identità che doveva essere mediterranea ma anche europea, che sanciva il suo ruolo politico in continuità con un passato di potenza e che si candidava a un futuro da protagonista nel nuovo ordine europeo. Quella lezione trova oggi più che mai attualità. La nostra identità nazionale va riaffermata a più livelli: come valore in sé, capace di mettere in crisi le logiche del processo di globalizzazione, come nucleo vivo del sentimento di patria, infine come idea dinamica verso una più grande unità europea, finalmente politica e non solo "mercato comune". In questo ultimo senso, l'identità nazionale deve essere in grado di neutralizzare le spinte, ancora una volta, mondialiste che stanno realizzando il progetto europeo su basi monetariste e burocratiche, a grave danno delle diverse sovranità (e identità) nazionali e che dovrebbero rappresentarne l'anima.

 

Identità e localismo/particolarismo

Se intorno al valore dell'identità — comune al pensiero "tradizionalista" — da anni ormai convergono i tanti e differenti movimenti di destra (radicale e non), al punto che si è sentito spesso parlare di "etno-regionalismo" europeo quale naturale sbocco delle istanze anti-mondialiste, nazionaliste, etniche, in antitesi alle spinte globalizzatrici — proprie tanto della destra liberale occidentale quanto della sinistra liberal-progressista —, è necessario tuttavia saper distinguere tra identità regionali e l'identità nazionale. Infatti, sul piano dei valori, il sentimento per la patria è un valore comune e condiviso da esperienze politiche differenti quando non contrastanti (nazionalisti e separatisti, per esempio, all'interno di un comune Stato-Nazione), senza che questo comporti alcuna contraddizione di carattere ideologico. Radice in comune a opzioni politiche differenti è, infatti, l'affermazione e la valorizzazione delle "patrie" e delle specificità etnico-linguistiche in contrapposizione alla devastazione livellatrice del mito egualitario, allo sradicamento delle culture di appartenenza per opera dei processi di mondializzazione culturale. Così come un valore condiviso è l'affermazione dei diritti dei popoli a fronte della "sacralizzazione" dei diritti individuali, popoli sentiti come realtà incomprimibili, autodeterminate. Un filo sicuramente unisce l'idea di "patria" come terra dei padri a quella di "Heimat", comunità etnica, nella quale il popolo si riconosce come "volkische gemainschaft", la tradizionale comunità di popolo, antitetica all'idea moderna di nazione, vista come unione orizzontale dei cittadini e saldata dal patto sociale. Se, dunque, una sensibilità di carattere identitario avvicina movimenti politici che si riferiscono tutti, appunto, alla volontà di non rinunciare alla propria specificità, alla propria storia, alla propria lingua, alle proprie tradizioni, il pericolo che sorge dietro l'angolo è quello del particolarismo, malattia infantile del localismo.

Il particolarismo è una tentazione, comune a molti movimenti identitari in Europa e non solo, che oltre a renderne sterile l'azione politica, facilita gli obiettivi del nemico che vorrebbe combattere. Il particolarismo, infatti, facilita — dall'interno — l'azione disgregatrice delle sovranità nazionali operata dai centri del potere mondiale, rendendo così più vulnerabili gli stati europei, già pesantemente intaccati — dall'esterno — dalla colonizzazione statunitense e dal processo di unificazione economica europea. Non è un caso che le principali correnti del pensiero economista internazionale abbiano già individuato nella fine dello Stato-nazione il migliore viatico per la piena realizzazione del Nuovo ordine Mondiale, allorché il potere politico sarà definitivamente svuotato a vantaggio dei centri di potere finanziario mondialista, l'economia sarà mondializzata e de-nazionalizzata, e le patrie saranno ridotte a pura espressione folcloristica.

I vari localismi, proprio per la connaturata tendenza al "particulare", rischiano di frammentare, quindi di indebolire politicamente le comunità nazionali, laddove invece l'identità nazionale è tale proprio per il fatto di dare espressione al bisogno di unità a fronte dell'attacco disgregante dei processi di globalizzazione.

 

Identità nazionale

È importante, però, al tempo stesso, per un movimento politico che voglia dare centralità al sentimento nazionale, riuscire a canalizzare tutte queste forze — identitarie ma particolariste — verso un'idea in grado di valorizzarle, di dar loro un senso e un destino politico. Questa idea è proprio l'identità nazionale. Bisogna puntare sulla Nazione come primo riferimento identitario. Una Nazione, e nessun altro soggetto politico, può difendere le proprie specificità a fronte del livellamento e dell'indifferenziazione globalista. Solo attraverso l'idea di Nazione si può salvare e ricreare la comunità, mentre il localismo, da solo, sarebbe facilmente assorbito dalla globalizzazione stessa. L'identità va perciò riaffermata come Valore imprescindibile, da difendere e da realizzare all'interno dello Stato-Nazione, da non disperdere nel particolarismo, più che mai funzionale ai meccanismi di disintegrazione degli Stati nazionali, obiettivo ultimo della globalizzazione. Riedificare, perciò, la nostra identità nazionale significa, certo, avere rispetto delle differenze che la compongono, ma solo come espressione di ricchezza storico-culturale, come un insieme di frammenti che si esaltano nell'unità. Riaffermare l'identità nazionale è lo strumento, culturale, per rafforzare la patria Italia, per restituirle la piena sovranità, per farle riconquistare il giusto peso politico in vista della ricomposizione di un'unità europea su basi finalmente politiche.

 

Bibliografia (per approfondire)

Il Fascismo come fenomeno europeo (A. Romualdi)

Il sistema per uccidere i popoli (G. Faye)

La fine dello Stato-Nazione (K. Omahe)

Mondialismo e resistenza etnica (A. Lembo)