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SCONFINANDO

LE NUOVE SCHIAVITU' DELLA GLOBALIZZAZIONE


Laboratorio sulla globalizzazione

 

I testi selezionati:

  1. Rambouillet, 15 novembre 1975 la globalizzazione dell’economia di Harold James, il Mulino, Bologna 1999: in questo testo si riassume brevemente la riunione svoltasi a Rambouillet nel 1975. Le decisioni che vennero prese in quell’occasione soprattutto per iniziativa di Henry Kissinger, allora segretario di Stato americano, crearono le premesse per il processo di globalizzazione: crolla il regime monetario creato dagli accordi di Bretton Woods e si ci accorda per creare un nuovo meccanismo per il controllo monetario internazionale con una valorizzazione del potere economico e politico dei grandi paesi industriali. Da qui nacque il gruppo dei G7 oggi divenuto G8.
  2. Il grande mercato realtà e miti della globalizzazione, a cura di Antonio Pollio Salimbeni, Bruno Mondadori, Milano 1999.
  3. Da questo testo, che raccoglie numerosi saggi, sono stati tratti 3 saggi il primo, Il Big Bang globale analizza in modo chiaro ed esaustivo che cosa si debba interndere per globalizzazione. Si chiarisce soprattutto il rapporto tra globalizzazione, tecnologia e ruolo sempre più marginale dello stato nazione: globalizzazione esprime totalità: è un processo che riguarda non solo alcuni aspetti dell’attività sociale economica o politica, ma anche e direttamente, gli individui, li coinvolge indipendentemente dalla loro volontà. Tutto ciò che si scambia tende ad essere scambiato su scala mondiale. Accelerazione impressa dalla liberalizzazione finanziaria.

    Rete di istituzioni ha imposto la globalizzazione: libero commercio di beni e servizi, apertura forzata delle frontiere valutarie, liberalizzazione finanziaria, austerità fiscale, flessibilità dei salari e delle norme di lavoro Su questo si è formato il cosiddetto Washington consensus.

  4. E’ possibile lo sviluppo? Di Joseph E. Stiglitz e Lyn Squire.
  5. Il contributo è stato scritto a due mani dagli autori che si dicono convinti che sia possibile lo sviluppo dell’economia, e basano la loro convinzione sul fatto che i paesi in via di sviluppo hanno compiuto sorprendenti passi in avanti. Sono parimenti convinti che la crescita economica avvantaggi il più delle volte la maggior parte della popolazione e consenta di perseguire grandi obbiettivi sociali. D’altro canto gli autori si rendono anche conto che è necessario studiare a fondo certi meccanismi, come l’interazione tra settore pubblico, competizione e mercati chiave per capire perché alcune politiche economiche funzionino solo in certe situazioni e non in altre. La loro analisi si chiude con alcuni interrogativi a cui è difficile rispondere, soprattutto se si riflette sul fatto che certi meccanismi dello sviluppo globalizzato ci sono ancora ignoti. Nel complesso tuttavia si può dire che Stiglitz e Squire siano complessivamente favorevoli al processo di globalizzazione dell’economia.

  6. Assai più critico appare il contributo di Dani Rodrik, Disintegrazione sociale prezzo dell’integrazione economica?
  7. L’autore professore ad Harward, avverte su uno dei maggiori pericoli insiti nel processo di globalizzazione: quello che scompaia il collante che tiene unite le società e si finisca così per arrivare ad una frammentazione della compagine sociale. Secondo questo autore sarebbero soprattutto i paesi in via di sviluppo ad essere i più esposti a questo rischio. Tuttavia a suo avviso certi cambiamenti avvenuti nell’economia sono ormai irreversibili, soprattutto quelli legati alle trasformazioni nei settori dei trasporti e delle tecnologie. Questo rende gli stati sempre più avviati verso un processo di competizione internazionale ed i problemi non sono di facile soluzione. Il ruolo degli economisti potrebbero giocare un ruolo molto importante indicando ai politici soluzioni per cercare di arrivare ad una globalizzazione dal volto più umano.

    In un mondo dominato dalla flessibilità e dal libero mercato il ruolo dei sindacati indifesa dei lavoratori è assolutamente marginale e questi organismi rischiano di perdere qualsiasi credibilità.

    Si ai governi nazionali che le istituzioni internazionali devono cercare di contenere i conflitti interni

  8. Globalizzazione dei mercati finanziari e criminalità organizzata, SEI, Torino 2002
  9. Si tratta di una serie di contributi presentati in occasione di un seminario svoltosi a Torino nel 1999. Lo scopo è di dimostrare come le organizzazioni criminali siano riuscite ad accrescere il loro patrimonio e ad estendere i confini delle loro attività economiche grazie alla globalizzazione dei mercati. A partire dagli anni novanta infatti il potere delle organizzazioni criminali è enormemente cresciuto. Esse hanno potuto giovarsi soprattutto per il riciclaggio del denaro dei paesi off shore, quei paesi cioè che costituiscono dei veri e propri paradisi fiscali e che si trovano lontano (Caraibi) o anche nel cuore dell’Europa. Come mai anche la criminalità organizzata si serve di questi paradisi fiscali?

    Perché la dimensione dell’economia criminale è sempre più evoluta e si registra oggi anche la compartecipazione mafiosa all’impresa legale e quindi si serve di questi paesi non tanto per riciclare denaro ma per occultare capitali. Altra ragione è dovuta alla mondializzazione delle varie mafie sempre più collegate fra loro.

    Quali sono i più significativi campi di intervento della criminalità organizzata su scala mondiale: la tratta di donne e di bambini, il traffico di organi del corpo umano, la criminalità informatica e ambientale, la droga, le armi , la prostituzione.

    Possibili strategie di controllo: collaborazione fra stati e salvaguardia di diritti e democrazia.

  10. Carla Ravaioli, Un mondo diverso è necessario, Editori Riuniti, Roma 2002.
  11. Da questo testo sono stati tratti diversi saggi. Il primo Globalizzati, analizza il fenomeno globalizzazione nel suo complesso. L’autrice chiarisce assai bene che cosa sia la globalizzazione: combinazione di progresso scientifico e tecnologico, unita alla rivoluzione informatica di per sé elementi positivi, uniti alla massima flessibilizzazione della prestazione d’opera e dell’intero processo lavorativo, possibilità che la merce venga progettata, fabbricata, assemblata commercializzata a segmenti separati e in luoghi diversi, dovunque sia possibile avere manodopera a basso costo e norme ambientali facilmente eludibili.

    L’autrice nota poi come questa politica del tutti contro tutti abbia portato le aziende a fare di più con meno , creando continuamente nelle società ricche falsi bisogni ed i denari spesi nel Nord ricco del mondo per soddisfare questi bisogni sarebbero sufficienti per risolvere alcuni dei problemi più vistosi del cosiddetto terzo mondo. Infine si dice convinta che crescita economica non significhi necessariamente sviluppo.

    Nel secondo saggio l’autrice analizza le cause del fallimento della sostenibilità e l’impatto devastante che certi fenomeni di globalizzazione hanno avuto ed hanno sull’ecosistema: prima di tutto l’aumento indiscriminato della popolazione mondiale, la pressione antropica aumenta le aggressioni all’ecosfera e comporta un quantitativo sempre più cospicuo di rifiuti: industrializzazione massiccia là dove non esisteva, con conseguente crescita di rifiuti, carghi aerei sempre più numerosi ed inquinanti.

    Infine nel breve saggio intitolato Il Mondo, la Ravaioli osserva come la prospettiva occidentale non sia che minimale rispetto al mondo, anzi ai tanti diversificati mondi che non fanno parte del ricco nord occidentale del pianeta.

  12. Sempre di Joseph E. Stiglitz è il saggio La strada da percorrere tratto dal volume La globalizzazione e i suoi oppositori, Einaudi, Torino 2002. In questo saggio l’autore si rivela assai più critico nei confronti del modello di economia mondiale e nota come di fatto tale modello abbia di fatto aumentato la sperequazione esistente oggi nel mondo fra paesi ricchi e paesi poveri.Pur riconoscendo che la globalizzazione ha contribuito a migliorare le condizioni di vita di moltissimi cittadini del mondo, l’autore si rende conto che tale strategia economica ha sostanzialmente fallito il compito che si era prefissa. Ma invece di ritenere sbagliata la strategia in sé Spiglitz è convinto che la via da percorrere sia quella di costruire una globalizzazione dal volto umano e questa si potrà avere solo mediante una radicale e completa riforma delle istituzioni mondiali che regolano la vita economica ossia l’FMI , il WTO, la Banca Mondiale, ed auspica che tali organismi lavorino in un clima di trasparenza. Ritiene poi che sarebbe necessaria la cancellazione del debito nei confronti dei paesi in via di sviluppo, perché solo in questo modo questi paesi potrebbero conseguire un reale sviluppo economico. L’economista si rende conto che la globalizzazione così come è stata realizzata finisce per diventare una dittatura della finanza internazionale, capace di minare la democrazia e lungi dal creare e promuovere sviluppo continuerà a far crescere il divario tra paesi ricchi e paesi poveri.
  13. La dissoluzione dell’idea di civitas e i paradigmi della globalizzazione di Antonio Baldassarre, Laterza, Roma-Bari 2002.

L’autore di questo saggio partendo dal concetto di polis e di bene comune così come era stato teorizzato da Aristotele e poi via via ripreso dalle Costituzioni dei paesi riflette sul fatto che la globalizzazione sembra comportare una divaricazione tra l’azione collettiva o cominitaria e i mezzi, gli strumenti e la tecnica. Conseguentemente l’idea della civitas risulta liquidata, e quindi si chiede che fine faranno le democrazie se la legittimazione popolare che ne sta a fondamento dovesse essere soverchiata dalla legittimazione dei mercati globali.

Da qui fine della politica che si riduce a teatralità a progetti politici privi di spessore politico de-politicizzazione della politica fino ad arrivare alla fine della democrazia e dello stato.