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SCONFINANDO

LE NUOVE SCHIAVITU' DELLA GLOBALIZZAZIONE


 

IL TERZO MONDO

Iqbal

La schiavitù minorile

Le forme della nuova schiavitù

Nuova schiavitù ed economia globale

Vecchie e nuove schiavitù

I luoghi delle nuove schiavitù

 

I PAESI OCCIDENTALI E LA SCHIAVITU'DEI NUOVI MIGRANTI

Daniel

Immigrazione e schiavitù

 

CONCLUSIONI

 

RIFERIMENTI GIURIDICI

 

BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO

 

 

Il Terzo Mondo

Iqbal

Un precario laboratorio di lamiera e mattoni nella periferia di Lahore, in Pakistan: 14 bambini tra i 10 ed i 15 anni lavorano incessantemente ai telai. Fabbricano tappeti di ogni genere; appesa sul telaio una lavagnetta con delle aste variamente intrecciate: simboli dell'entità del debito contratto dalla famiglia con il padrone del laboratorio. Passano i giorni, passano gli anni... le aste sembrano aumentare anziché diminuire. Per Alì, Fatima, Karim, Salman, la fatica del telaio e l'oppressione della polvere, che talvolta diventa insostenibile per la sensazione di soffocamento, si uniscono alla fame cronica ed alla paura della tomba, una sorta di cisterna metallica seminterrata nella quale vengono rinchiusi per alcuni giorni i piccoli ribelli. I lavoranti sono sotto controllo, notte e giorno, del padrone, di sua moglie o di un sorvegliante poco più grande di loro: di solito un ragazzo non più abile a causa delle mani gonfie e screpolate.

Nella piccola comunità tutti i giorni trascorrono uguali: non c'è posto per i sogni; l'unica speranza è quella di poter estinguere il debito e poter tornare dai genitori. Alla periferia di Lahore le fabbriche sono tante, tutte clandestine, tutte collegate ad un mercato internazionale che tira bene e permette profitti altissimi. I bambini provengono dalle zone più disparate del Pakistan, spesso hanno già lavorato in altre fabbriche di tappeti, qualche volta hanno conosciuto l'inferno della fornace: sono settemila i bambini pakistani impiegati nelle fornaci per la produzione di mattoni1. Salman proviene dalla fornace: ha la pelle del viso e delle mani butterata dal sole e dal fango con cui aveva impastato mattoni per più di tre anni.

Un giorno alla fabbrica di Hussain arriva Iqbal. E' subito incatenato e messo ad un telaio speciale. Ceduto all'età di quattro anni dalla sua famiglia di contadini ridotti in miseria, in cambio di un prestito di 16 dollari, aveva già cambiato vari padroni ed era ritenuto un ribelle ma dall'intelligenza acuta e da abilità uniche. Hussain aveva fatto il suo investimento per la produzione di un tappeto pregiato. Vedendolo lavorare i compagni pensavano che se ne sarebbe andato presto, in quanto avrebbe estinto il debito; sentendoli, Iqbal ebbe a dire sottovoce - il debito non si cancella mai -2.

In occasione dell'incontro del padrone con alcuni clienti stranieri, il piccolo ribelle distrusse tutto il lavoro fatto: fu imprigionato nella tomba e sopravvisse solo per la solidarietà dei piccoli amici che gli portavano da mangiare di nascosto. Uscito con il corpo martoriato dalle punture d'insetti, riprese il lavoro guardato a vista. Tentò di nuovo la fuga; con la complicità di poliziotti corrotti venne di nuovo riportato nel lager. Nei due giorni trascorsi in città aveva assistito ad un comizio del Fronte per la liberazione del lavoro minorile che annunciava la legge appena varata in Pakistan. Passano pochi giorni ed Iqbal ci riprova. Questa volta cerca proprio Eshan Khan, il rappresentante del fronte che aveva tenuto il comizio: Hussain viene arrestato, i bambini liberati, la fabbrica chiusa. Iqbal diventa un piccolo eroe e, non senza difficoltà, aiuta il Fronte nella caccia agli schiavisti ed a liberare altri piccoli lavoratori clandestini, malgrado il clima ostile e varie bombe incendiarie lanciate nella sede del fronte. I giornali si occupano di lui: è proposto per il premio "Gioventù in azione" promosso dalla Reebok. Iqbal si reca in Svezia, poi a Boston e denuncia la realtà di sette milioni di bambini pakistani che si alzano prima dell'alba, al buio, lavorano fino a sera, tessono tappeti, cuociono mattoni, zappano nei campi, scendono nei cunicoli delle miniere, non corrono, non gridano, non ridono mai, sono schiavi e portano la catena al piede ...

Al ritorno dall'America Iqbal avrebbe dovuto passare alcuni giorni in famiglia e poi decidere del suo futuro; c'era per lui una borsa di studio, fino all'università, a Boston.

Il 16 Aprile 1995, giorno di Pasqua, Iqbal Masih è stato assassinato a Muritke, un villaggio a trenta chilometri da Lahore. Aveva 13 anni. Gli esecutori ed i mandanti dell'omicidio non sono stati scoperti. Sicuramente è stato ucciso dalla mafia dei tappeti.3

 

Jqbal Masih 

La schiavitù minorile

La vicenda di Iqbal può essere considerata una metafora della schiavitù minorile dell'economia globale. Essa ne riassume tutti i caratteri

  • La violenza, attraverso la quale si ottiene l'obbedienza.
  • La durata: tipiche della nuova schiavitù sono, infatti, le cattività di breve durata; breve può voler dire 10 settimane come 10 anni, ragion per cui gli schiavisti non hanno interesse per la salute e / o per la riproduzione del loro investimento. I nuovi schiavi sono una merce "usa e getta".
  • La perdita del controllo sulla propria vita da parte della schiavo
  • L'inesauribilità del debito nei confronti del padrone4.

 

 

Le forme della nuova schiavitù

  1. La schiavitù basata sul possesso: é la forma più vicina alla schiavitù tradizionale, è praticata soprattutto in Africa settentrionale ed occidentale e in alcuni paesi arabi, ma rappresenta una quota minima nel fenomeno schiavistico del mondo5.
  2. La servitù da debito: è la forma di schiavitù più comune nel mondo. Un individuo impegna se stesso in cambio di un prestito in denaro, ma la durata e la natura del servizio non sono definiti e la prestazione lavorativa non riduce il prestito originario. Di norma la proprietà non è dichiarata, ma il controllo fisico sul lavoratore è assoluto. E' diffusa soprattutto in Pakistan ed in India secondo Bales ma anche in Bangla Desh secondo Muhammad Yunus6.
  3. La schiavitù contrattualizzata: il contratto viene usato come esca per attirare e ridurre in schiavitù e, allo stesso tempo, per dare una parvenza di legittimità alla schiavitù. Se sorgono contestazioni legali, il datore di lavoro può esibire il contratto, ma la realtà è che il "lavoratore contrattualizzato" è uno schiavo, sotto la minaccia della violenza, privo di ogni libertà di movimento, non pagato. Con ritmi di crescita vertiginosi questa è la seconda forma più diffusa e la si ritrova nel Sudest asiatico, in Brasile, in alcuni paesi arabi, nel subcontinente indiano (Thailandia).
  4. La schiavitù di guerra: è una forma di schiavitù legata alla politica ed in genere è sostenuta dai governi. "Ancora una volta il motivo è il beneficio economico. Non si tratta di produrre profitti ma di risparmiare sui costi di trasporto o produzione nello sforzo bellico o ridurre il costo del lavoro nelle opere pubbliche nei regimi dittatoriali"7. La schiavitù di guerra è praticata da chi governa mentre quasi tutte le altre forme di schiavitù esistono nonostante e contro le normative dei governi.
  5. La schiavitù dei restavecs: è diffusa in Africa e nei Caraibi. E' una forma culturalmente accettata di affrontare il problema dei "figli in eccesso"; i bambini vengono ceduti o venduti perché si occupino dei lavori domestici; alcuni vengono trattati bene, ma per la maggior parte si tratta di schiavitù che dura fino all'età adulta8.
  6. Le schiavitù legate alla religione: si sono rilevati dei casi in India e nel Ghana, ma si tratta di un fenomeno, circoscritto, di sfruttamento ai fini sessuali.

Come si può vedere dallo schema i casi conformi ai numeri due e tre sono i più diffusi e spesso si intrecciano. Ma la conclusione di Bales ci porta a una definizione della schiavitù contemporanea relativa ai paesi del terzo mondo ed oltre: gli individui vengono resi schiavi con la violenza e mantenuti tali contro la loro volontà a fini di sfruttamento. La stima attuale parla di 27 milioni; i lavori ovviamente, non si avvalgono di alcuna tecnologia: agricoltura, produzione di mattoni, lavoro nelle miniere o nelle cave, prostituzione, lavorazione delle pietre preziose, stoffe, e tappeti, lavoro domestico, disboscamento, produzione di carbone, lavoro nei negozi. Il grosso del lavoro è destinato alla vendita ed al consumo locali, ma i beni prodotti dagli schiavi arrivano nelle case di tutto il mondo. "Come se non bastasse, le grandi multinazionali, agendo nei paesi in via di sviluppo attraverso imprese sussidiarie, si servono del lavoro non pagato per ridurre al minimo i propri costi ed aumentare i dividendi degli azionisti".8

 

 

Nuova schiavitù ed economia globale

E' molto difficile stabilire con esattezza il contributo fornito dagli schiavi all'economia mondiale; dai calcoli di K. Bales si stima un profitto totale annuo di tredici miliardi di dollari ( una somma paragonabile alle "spese" annuali della Germania nelle attività turistiche ). Se il valore diretto può apparire relativamente contenuto, il suo valore indiretto è notevolmente maggiore: il carbone prodotto dagli schiavi è alla base della produzione dell'acciaio brasiliano. Gran parte di tale acciaio è utilizzata dall'industria automobilistica e da altri manufatti in metallo che, nell'insieme, rappresentano un quarto del prodotto esportato dal Brasile. La sola Gran Bretagna importa ogni anno dal Brasile beni per un miliardo e seicento milioni di dollari e molto di più gli USA.

La schiavitù riduce i costi di produzione industriale: tale risparmio risale la corrente economica, fino a raggiungere i negozi dell'Europa e dell'America del nord sotto forma di prezzi più bassi e profitti più alti per i commercianti. Anche i beni prodotti direttamente dagli schiavi vengono esportati e seguono lo stesso andamento; non solo, spesso capita che stabilimenti delle multinazionali chiudano in città del primo mondo perché la manodopera ,schiavile e non, è decisamente più conveniente in termini di profitti, con l'ovvia conseguenza che, in qualunque parte del mondo si produca , il lavoro degli schiavi è una minaccia per i posti di lavoro in tutto il mondo.

Bales nella sua analisi confronta la nuova schiavitù con la vecchia rilevando un medesimo procedimento: molte imprese multinazionali fanno oggi quello che alcuni imperi coloniali facevano già nel secolo diciannovesimo: sfruttare le risorse naturali e servirsi di manodopera a basso costo senza bisogno di appropriarsi dell'intero paese e governarlo. Allo stesso modo la nuova schiavitù si appropria del valore economico degli individui "esercitando su di loro un controllo assoluto e coercitivo, pur senza assumersene la proprietà o accettare la responsabilità della loro sopravvivenza"9Il risultato è un'efficienza economica notevolissima: ci si libera dei bambini inutilizzabili ai fini del profitto, degli anziani, dei malati, di chi rimane vittima degli incidenti sul lavoro. In regime di economia globale i nuovi schiavi sono merce usa e getta ; lo schiavo è dunque un articolo di consumo: in caso di necessità può aggiungersi al processo di produzione, ma non è più un bene ad alta intensità di capitale.

 

Vecchie e nuove schiavitù

Le differenze sostanziali tra vecchie e nuove schiavitù possono essere così sintetizzate10

 

 

Fattori caratterizzanti le vecchie e le nuove forme di schiavitù

Vecchie forme di schiavitù

Nuove forme di schiavitù

Proprietà legale accertata

Proprietà legale evitata

Alto costo d'acquisto

Basso costo d'acquisto

Bassi profitti

Elevatissimi profitti

Scarsità potenziale di schiavi

Surplus potenziale di schiavi

Rapporto di lungo periodo

Rapporto di breve periodo

Schiavi mantenuti a vita

Schiavi usa e getta

Importanza delle differenze etniche

Irrilevanza delle differenze etniche

Questo schema, che si basa fondamentalmente sulla realtà di alcuni paesi del Sud del mondo, laddove il fenomeno appare ancora significativamente più diffuso, fa emergere un quadro antitetico rispetto alle forme assunte dal fenomeno schiavista rispetto al passato. In sintesi va sottolineata una maggiore flessibilità nelle modalità di subordinazione schiavistica, sia per il basso costo d'acquisto (non solo dunque mediante le guerre, ma anche attraverso una capillare azione di reclutamento nelle aree più povere e diseredate giocando su quello che potremmo definire "affidamento volontario incondizionato"), sia per le modalità di sfruttamento che sembrano non guardare al lungo periodo ma, al contrario, sembrano concentrarsi sul breve e dunque sullo sfruttamento intensivo.

Il periodo di sfruttamento sembra non sia più una variabile prioritaria, tanto il rimpiazzo immediato - e quindi le forme radicali di turn over - sembra essere piuttosto garantito. Non secondaria appare la perdita di valore che in questa prospettiva assume l'appartenenza etnica: importante diventa semplicemente che la vittima risponda alle esigenze funzionali per cui viene sistematicamente sottomessa, resa docile e accondiscendente alla volontà padronale. La schiavitù contemporanea ha necessità di possedere la vittima, di controllarla da vicino, di gestirne l'agibilità sociale e di scaricare il più possibile i costi di mantenimento alla vittima stessa, nella prospettiva dell'ottimizzazione del profitto. Lo schiavista contemporaneo sembra abbia capito che essere proprietari di schiavi è piuttosto pericoloso (e quasi sempre illegale), non serve più. Infatti, i vantaggi economici dei rapporti di schiavitù a breve termine, sono di gran lunga superiori al costo d'acquisito di nuovi schiavi quando se ne presenta la necessità.

Rapportando le considerazioni di Bales ad un contesto occidentale, l'indifferenza etnica come base dei rapporti di subordinazione schiavistica non appare del tutto corretta. In effetti, più che parlare di differenze etniche si potrebbe fare riferimento alle differenze di provenienza geografica rispetto al luogo in cui si attivano i meccanismi finalizzati alla subordinazione schiavistica. Scartando, tra l'altro, l'idea che non ci siano segmenti di immigrazione che si caratterizzano per il fatto di essere composti da immigrati-padroni, possessori/proprietari di schiavi. Ossia che non siamo in presenza di una importazione di rapporti schiavistici, ma che tali rapporti nascono e si sviluppano sul territorio nazionale alle condizioni che l'ordinamento generale involontariamente consente all'interno di particolari ambiti interstiziali.

Quindi è la non conoscenza dei diritti e l'impossibilità di esercitare in maniera matura gli stessi che rende vulnerabili le persone e in primo luogo gli stranieri immigrati, provenienti da realtà lontane, organizzate su rapporti sociali differenti, spesso codificati a prescindere dai diritti soggettivi e personali, in quanto basati su culture tradizionali che mantengono determinati equilibri soltanto nel contesto specifico di riferimento. Cambiando contesto - mediante il processo di emigrazione - possono scaturire forme di disadattamento e di disorientamento che spingono fasce di popolazione straniera a vivere di gran lunga al di sotto degli standard mediamente determinati dal contesto medesimo.

 

 

 

I luoghi delle nuove schiavitù

Non solo nel terzo mondo è possibile rilevare dei casi di nuovi schiavi: nei paesi occidentali la schiavitù è più diffusa di quanto si creda, solo che è occultata mediante una finzione legale come quella dei finti contratti. In Gran Bretagna le lavoratrici domestiche portate dall'estero dipendono completamente dal datore di lavoro il cui nome viene aggiunto al loro passaporto al momento dell'entrata nel paese: la legge dunque rafforza la dipendenza del servitore dal padrone.

In Thailandia, la condizione più frequente è quella della schiava dei bordelli come emerge da un'inchiesta condotta da Bales in molti locali tra cui la Locanda della perpetua prosperità: tale attività pubblicizzata nelle brochure delle compagnie di viaggio europee, anche se illegale, "supera di tredici volte il totale che la Thailandia ricava dalla fabbricazione dei computer, una delle sue industrie più sviluppate."

In Mauritania gli schiavi, che vengono chiamati Bilal, reggono massicciamente l'economia. La schiavitù qui è talmente radicata sia nella testa del padrone che in quella dello schiavo che non c'è bisogno di violenza per mantenerla. In genere i Bilal si occupano delle attività legate all'agricoltura o di lavori umili come lavare, badare alle capre ed ai cammelli, tenere l'orto, andare a prendere l'acqua, scavare, portare e trasportare. Le caste dominanti considerano degradante qualsiasi attività agricola. Solo l'allevamento dei cammelli è considerata attività onorevole.11

In Brasile la schiavitù si basa sull'inganno ed il raggiro. I reclutatori di schiavi, chiamati gatos, piombano nei villaggi afflitti da carestie e reclutano manodopera per la foresta amazzonica, di solito ad enorme distanza dal villaggio, promettendo lauti guadagni. Offrono denaro alla partenza per lasciarlo come anticipo alle famiglie. Una volta arrivati a destinazione, vengono indotti a restituire i soldi anticipati attraverso opere di disboscamento. L'operaio è in trappola e non può disporre né della carta d'identità né del libretto di lavoro. Un ricercatore brasiliano, José De Souza Martins dice: " Da questo momento il lavoratore è morto come cittadino ed è venuto al mondo come schiavo"12 .

In Cina forme di schiavitù sono state studiate nelle nuove aree industriali a danno di lavoratori immigrati da altre regioni. Essi sono in completa balia del management che si interessa dei documenti necessari per i quali presta i soldi. Si sono registrati casi di abusi con punizioni e percosse con orari di lavoro superiori alle 16 ore giornaliere13.

In Arabia Saudita e negli emirati del Golfo gli schiavi sono soprattutto immigrati sottoposti ai soprusi degli "intermediari" che solitamente trattengono i documenti per tutto il periodo della permanenza esigendo tributi per l' "assistenza".

In India le schiavitù sono molto variegate e spesso si intrecciano con tradizioni antiche, come la divisione in caste, difficili da debellare. La forma di schiavitù più diffusa è quella da debito e si esercita soprattutto nell'agricoltura. Sono molto conosciute forme di schiavismo minorile impiegato nella fabbricazione di fuochi d'artificio e fiammiferi nei dintorni della città di Sikavasi. In queste fabbriche lavorano circa quarantacinquemila bambini , forse la più grossa concentrazione di lavoro minorile del mondo. Tipica dell'India è la schiavitù delle Devadasi, giovani donne di famiglie poverissime fatte sposare al dio, in realtà sfruttate con la prostituzione da parte di uomini che amministrano il tempio.

Del Pakistan si è già detto molto ma sicuramente l'aspetto più drammatico è il lavoro schiavile di intere famiglie nelle fornaci. La realtà della situazione, la pericolosità del lavoro, i soprusi e le violenze sono oggetto di un intero capitolo del libro di Kevin Bales.14

Nelle Filippine possono essere considerate forme di schiavitù le prestazioni degli straordinari, in concomitanza con le consegne per le industrie del "marchio" ovvero industrie "senza dipendenti" che fanno produrre nei paesi del terzo mondo: si tratta di turni di lavoro di più giorni consecutivi, senza il riposo notturno. E' documentato il caso di Carmelita Alonzo, morta di polmonite l'8 marzo 1997, a causa degli straordinari in una fabbrica di Cavite. Qui sorgono molti stabilimenti che producono per il mondo firmato: scarpe da corsa Nike, tute Gap, schermi per computer I B M.. ( Naomi Klein, No logo, pag.181 e pag.197)

 

 

 

 

I Paesi occidentali e la schiavitù dei nuovi migranti

 

Daniel

Al termine del processo, la lapidaria conclusione del presidente della II corte di Assise del Tribunale di Torino fu: " se avesse potuto decidere autonomamente, egli non sarebbe andato a chiedere l'elemosina"15

Per una malformazione alla gamba sinistra, Daniel, nato in Serbia, era costretto a portare una protesi. Suo padre lo avviò sin da piccolo all'accattonaggio, in seguito lo affidò ad un nomade che lo condusse in Italia. Sbarcato di notte sulla costa brindisina, fu condotto a mendicare a Brescia, Rimini, Savona, Albenga e in Francia. L'inverno lo trascorreva a Torino dove esercitava l'accattonaggio ai mercati, davanti alle chiese, ai supermercati, coperto soltanto con una maglietta ed un paio di mutande, la gamba menomata, senza la protesi, messa bene in evidenza. Il ragazzo sopportava le umiliazioni ed il freddo, convinto, una volta saldato il debito delle spese di viaggio e racimolato del denaro per la famiglia, di poter tornare a casa. Gli era stato detto che metà dell'incasso giornaliero era per lui. Daniel non sapeva quanto guadagnava, ma per il suo padrone non era mai abbastanza. Quando non c'era il padrone a controllarlo erano il figlio, la moglie o un'accattona più anziana. In caso di controllo da parte delle forze dell'ordine, doveva affermare che la donna era sua madre, che entrambi non conoscevano l'Italiano: tali erano i consigli dati da alcuni avvocati italiani per eludere le maglie della legge. A Daniel piacevano i luoghi di mare, perché lì gli permettevano di andare in bagno nei bar e di giocare ai videogame.

Fu nel bagno che si rese conto dell'inganno: contando i soldi capì che il padrone lo stava ingannando; il guadagno giornaliero era, infatti, notevolmente superiore a quello che lo zingaro - padrone - dichiarava. Daniel si ribellò, chiese di poter tornare a casa e di telefonare al padre, che al telefono rispose:"Devi lavorare e fare quello che ti viene ordinato, altrimenti vengo lì, ti rompo le ossa e così vedrai come lavorerai". Comprese allora che era stato venduto e che per lui non ci sarebbe stato futuro. La paura delle violenze lo fece desistere dal proposito di fuga e finì per accettare con rassegnazione la sua condizione di schiavo.

Una fredda mattina di dicembre a Torino, su segnalazione di due donne, impietosite dalle condizioni del piccolo accattone e dall'evidente stato di denutrizione, venne condotto in caserma. Daniel iniziò a parlare ma la verità completa la raccontò solo quando entrò in una comunità di "minori stranieri non accompagnati": vengono definiti così i minori stranieri ridotti in schiavitù in Italia. Le stime della Caritas parlano di 12000 bambini. La sentenza contro lo sfruttatore di Daniel è stata pronunciata il 15 Dicembre del 2000.

Anche la storia di Daniel può essere considerata una metafora della condizione dei nuovi schiavi dell'Occidente ricco e sviluppato. Molti bambini entrano clandestinamente in Italia con il consenso dei genitori che spesso chiedono prestiti e pagano i trafficanti di esseri umani per garantire un lavoro ai propri figli , lavoro che quasi sempre consiste nell'accattonaggio, nel lavare i vetri ai semafori, spacciare droga o rubare nei supermercati. E' esemplare a tal proposito la storia di Daniela fuggita nel 1999 dalla Romania con il "fidanzato", con il sogno di fare la cameriera in un ristorante. Proprio dal sedicente promesso sposo, Daniela sarà costretta ad andare a rubare con una violenza sistematica fatta di botte, calci e pugni; per la paura era diventata abilissima e riusciva a realizzare una refurtiva giornaliera quantificata dai giudici tra i 10 e 15 milioni di lire. Per lei tuttavia nulla, solo violenze, fu picchiata anche con una mazza da baseball. In seguito venne venduta all'asta e ripetutamente violentata dal suo nuovo padrone, Augustin. Dopo vari tentativi di fuga, riuscì ad entrare in contatto con l'O I M di Torino: attraverso le indagini dell'interpol è riuscita ad arrestare e a far condannare il suo schiavista. I casi documentati di nuova schiavitù, specie minorile, in Italia sono innumerevoli, ma non meno drammatici sono quelli di donne provenienti dall'est europeo, dalla Colombia,... clandestine "collocate" come prostitute di strada, badanti con orario di servizio di 24 ore giornaliere e un salario minimo, spesso requisito interamente da chi ha offerto loro il prestito per giungere in Italia.

 

Immigrazione e schiavitù

Ignoranza, soggezione, asservimento, paura, il ritiro del passaporto e l'inganno costituiscono il filo rosso che unisce tutte queste realtà descritte nel testo di Ciconte e Romani. I casi di studio, frutto di una minuziosa ricerca attraverso gli atti giudiziari dei tribunali di Torino, Milano, Verona, Trieste, Bologna, Modena e Lecce si riferiscono a due fenomeni tipici dell'età della globalizzazione e del divario sempre crescente tra paesi ricchi e paesi poveri:

  • L'immigrazione clandestina
  • La Tratta delle persone, reclutate con l'inganno e la violenza e ridotte in stato di schiavitù.

 

Il traffico di esseri umani può essere considerato il business criminale del XXI secolo. La genesi di tale mercato scaturisce dall'incontro tra una domanda di emigrazione ed un'offerta di immigrazione, entrambe illegali: il numero sempre maggiore di persone indotte a lasciare la propria terra per situazioni di povertà, di guerra, di persecuzioni, politiche e religiose da una parte, e dall'altra le restrizioni degli ingressi regolari a partire dagli anni '70, ha promosso l'industria dell'ingresso clandestino seguito dalla tratta degli esseri umani, soprattutto donne e bambini, sottoposti a variegate forme di sfruttamento tra cui il lavoro forzato in fabbriche clandestine, l'accattonaggio, la prostituzione, ma anche il traffico di organi.

I dati ufficiali parlano di 114950 tentativi di entrata clandestina, tra il 1998 e il 2000, in Italia; negli U S A tra i45 e i 50 mila individui provenienti dal sudest asiatico, dall' America Latina e dall'Europa orientale. Tale flusso migratorio sia in America, sia in Europa, a partire dagli anni '90 è quasi completamente gestito dalla criminalità organizzata ed avviene secondo due modalità16:

  • Smuggling of migrants ( contrabbando di migranti ) - è l'organizzazione dell'immigrazione clandestina - e gestisce il trasferimento di persone che volontariamente si rivolgono alle organizzazioni. Di solito il pagamento è anticipato ed il legame con l'associazione si scioglie all'arrivo nel paese pattuito.
  • Trafficking in human beings ( tratta degli esseri umani ) - compravendita e sfruttamento di soggetti, in particolare donne e bambini, introdotti nei paesi di immigrazione anche contro la loro volontà.

Nel secondo caso ci troviamo di fronte a forme vere e proprie di nuova schiavitù: gli schiavisti reclutano le loro vittime al solo scopo del profitto con scrupolosa attenzione al rapporto domanda - offerta del momento. Come è emerso dalle testimonianze, i caratteri del traffico rispecchiano la definizione di schiavitù espressa da K. Bales.

Essi possono essere così schematizzati:

  • La violenza fisica, psichica, sessuale; essa si esercita con bastonate, calci, pugni, spegnimento di sigarette sulla pelle, strappo violento di orecchini, digiuno forzato, somministrazione di droghe e tranquillanti, stupri singoli e di gruppo, prigionia, minaccia di inviare foto e video ai familiari rimasti in patria ( in caso di prostituzione) sino a giungere anche all'omicidio17.
  • L' inganno: le vittime vengono reclutate tra quelle persone animate dall'idea di migrare per un determinato periodo, accumulare del capitale e tornare in patria. Si promette un lavoro onesto e ben remunerato ma il trafficante impiega i migranti in ben altro modo, spesso trattenendo per sé l'intero guadagno. Altre volte i clandestini vengono portati in un luogo diverso da quello pattuito, altre ancora si impone un debito molto più elevato e si fa credere che nel paese di arrivo non esistano leggi a tutela degli immigrati, altre ancora, come nel caso di Daniela, l'inganno è una falsa promessa di matrimonio.
  • Il ricatto: esso impone alla vittima comportamenti omertosi per evitare azioni violente nei confronti dell'immigrato ma anche nei confronti di familiari rimasti in patria; esso si esercita in varie forme

    1. minaccia di non restituire i documenti precedentemente sottratti
    2. denuncia alle autorità per l'espulsione
    3. ricorso a riti woodoo
    4. minaccia di inviare ai familiari foto e video relativi alla prostituzione dell'individuo ricattato.

La tratta è divenuta ormai un mercato transnazionale che investe tutte le aree del mondo in cui le interdipendenze tra pressione migratoria in crescita e la globalizzazione dell'economia sono forti e complesse: la spinta a migrare, infatti, è data dalla povertà ma cresce sempre di più il numero di coloro che sono attratti dal modello di vita dei paesi ricchi pubblicizzato attraverso le nuove forme di comunicazione di massa.

La globalizzazione si basa su un principio basilare, quello del libero movimento e della libera circolazione di mezzi e capitali senza più frontiere, nella convinzione acquisita e praticata dalle organizzazioni mafiose che la realizzazione di profitti alti si debba basare sulla massima riduzione dei costi di manodopera, dei tempi di produzione e della tassazione dei profitti.

Tutti i nuovi schiavi, appunto perché tali, lavorano in nero, nella più completa assenza delle più elementari norme di sicurezza e di tutela della persona, sono merce usa e getta e per la società legale "non esistono".

Conclusioni

Il profitto e la violenza sono dunque i due elementi principali del nuovo rapporto schiavistico; essi si combinano con tre fenomeni chiave della modernità:

  1. l'esplosione demografica dei paesi del terzo mondo
  2. la globalizzazione economica : nella nuova economia mondiale il capitale vola dove il lavoro è più a buon mercato, pertanto la rete finanziaria della schiavitù può raggiungere il mondo intero
  3. il cambiamento economico dei paesi in via di sviluppo che ha prodotto un caos di avidità e violenza e corruzione, stravolgendo regole sociali ed i tradizionali vincoli di responsabilità che avrebbero potuto fungere da protezione nei confronti di potenziali schiavi.

In tutto il mondo oggi le condizioni sono decisamente favorevoli alla schiavitù che è in continuo aumento malgrado sia illegale ovunque e sebbene il mondo sia diventato "più piccolo".

Che fare?

Le strategie che più aiutano a mettere un freno alla crescita demografica sono le stesse che vanno al cuore delle cause della schiavitù : l'eliminazione della povertà estrema tramite i "migliori contraccettivi del mondo" 18: l'istruzione e la protezione sociale.

Anche Salgado concorda con tale opinione; nel libro fotografico dedicato ai bambini migranti egli dice :" Là dove c'è istruzione scolastica, c'è speranza. Nei bassifondi delle grandi città tanto in America Latina come in Asia, i figli degli immigrati analfabeti che imparano a leggere e a scrivere compiono il primo passo verso una vita migliore"19.

Una strategia efficace è quella della legislazione: le leggi devono colpire le associazioni criminali che riducono le persone in schiavitù così come le leggi contro l'omicidio puniscono l'associazione a delinquere e non solo chi ha premuto il grilletto. Un'altra via è la sensibilizzazione dei consumatori occidentali ad acquistare prodotti con marchi speciali che diano la garanzia di non essere prodotti da schiavi. La campagna condotta in Europa sui tappeti "slave free" per esempio continua a crescere e sta avendo un positivo impatto nei confronti dei piccoli schiavi del terzo mondo. Il contributo dell' 1 per cento dei produttori "slave free" ha creato due scuole che servono un totale di 250 studenti, mentre se ne stanno creando altre con il contributo del governo tedesco e dell'UNICEF, nelle zone di produzione dei tappeti.

Un'altra via efficace è quella praticata da associazioni come Anti Slavery International, nata nel 1839, ha sede a Londra ed attualmente è la più attiva nell'opera di denuncia e sensibilizzazione al problema, Human Rights Watch e Amnesty International, Save the children. Attraverso l'osservazione e l'ascolto esse indagano sugli abusi cui vengono esposti i diritti umani ed offrono una documentazione approfondita, concreta ed un impegno responsabile. Tale documentazione è posta all'attenzione dell'opinione pubblica e delle istituzioni internazionali; il l'anello debole di queste organizzazioni consiste nel fatto che, tranne l'ASI, non hanno come obiettivo primario l'abolizione della schiavitù e non agiscono di concerto.

Sarebbe opportuno inoltre il coinvolgimento delle organizzazioni economiche della globalizzazione come il World trade organisation ( w t o, organizzazione mondiale per il commercio) e l' International Monetary Fund ( I m f fondo monetario internazionale ) che controllano governi, affari e industrie di tutto il mondo. Entrambi godono di un potere enorme che deriva loro dai crediti commerciali emessi, crediti che potrebbero essere agganciati al rispetto dei diritti umani ; infatti, quando ad essere rapinate sono le vite umane, ai trasgressori non succede niente, perché in base al "senso di coscienza del libero mercato", il reato non sussiste; ed è più probabile che stati ed imprese private vengano puniti per aver falsificato un CD di Michael Jakson che per aver impiegato monodopera schiava.

Mohamed Yussuf infine ha dimostrato nel suo libro Il banchiere dei poveri l'enorme potenzialità del microcredito.

 

Riferimenti giuridici

  • Convenzione sulla schiavitù della Lega delle nazioni (1926). Impegna le potenze alla prevenzione ed alla repressione della tratta degli schiavi.
  • Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo (1948). Nell' art. 4 proibisce qualsiasi forma di schiavitù e di tratta degli schiavi
  • Convenzione supplementare relativa all'abolizione della schiavitù, della tratta degli schiavi e delle istituzioni e pratiche analoghe alla schiavitù (1956): si conferma l'art. 4 da parte degli stati membri delle Nazioni Unite, nell' art. 7 si dà la definizione del fenomeno con schiavitù, come definito nella Convenzione sulla schiavitù del 1926, si intende lo stato o condizione della persona sulla quale vengono esercitati uno o tutti i poteri che derivano dal diritto di proprietà, e con schiavo si intende la persona in tale condizione o stato.

Con "persona in stato di servitù" si intende la persona nella condizione o nello stato risultanti da una delle istituzioni o pratiche menzionate nell'art. 1 della presente convenzione...

Art. 1.... servitù da debito, vale a dire lo stato o condizione derivante dall'impegno da parte del debitore dei suoi personali servizi o di quelli di una persona sotto sua tutela a garanzia del debito, se il valore ragionevolmente calcolato di tali servizi non vale a liquidare il suddetto debito o se la durata e la natura di tali servizi non sono rispettivamente limitate e definite;

Schiavitù vale a dire la condizione dell'affittuario che per legge, costume o accordo, è costretto a vivere e a lavorare su terra appartenente ad altra persona e a tributare a tale persona determinati servizi con o senza compenso, e non è libero di modificare il proprio stato.....

Qualsiasi istituzione o pratica per cui il bambino o il giovane sotto i diciotto anni viene consegnato da uno od entrambi i genitori naturali o dal tutore ad altra persona, con o senza compenso in vista dello sfruttamento del bambino o del giovane o del suo lavoro.

Statuto di Roma del 17 luglio 1998 della corte penale internazionale che inserisce tra i crimini contro l'umanità la riduzione in schiavitù, intesa come l'esercizio su una persona di uno o dell'insieme dei poteri inerenti al diritto di proprietà, anche nel senso del traffico di persone, in particolare donne e bambini a fini di sfruttamento sessuale.

Il diritto italiano

Nel codice penale gli articoli che fanno esplicito riferimento alla schiavitù sono il 600, 601 e 602. Tali articoli sono rimasti lettera morta per più di un cinquantennio ma dalla fine degli anni '80 sono stati rivisitati e riutilizzati.

Di nuove schiavitù si parla da tempo ma la dizione non compare nel nostro sistema giuridico, solo nel titolo ma non nell'articolato, della legge 3 agosto n.269: "norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danno di minori, quali nuove forme di riduzione in schiavitù,20 la c. d. legge contro la pedofilia ed è riferita esclusivamente ai minori.

La legge 25 7 1998 n. 286 T U delle "disposizioni concernenti la disciplina immigrazione e norme sulle condizioni dello straniero" n. 286 nell'art. 12, disposizioni contro le immigrazioni clandestine, punisce il fatto commesso al fine di reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione ovvero riguarda l'ingresso di minori da impiegare in attività illecite al fine di favorire lo sfruttamento. La pena prevista della reclusione da cinque a quindici anni è equivalente a quella del diritto di riduzione in schiavitù prevista dall'art.600 c. p.

La nuova norma è integrata da alcune disposizioni di carattere umanitario tra cui spicca l'innovativa - e unica in Europa - misura del permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale ( art. 18 T U imm.)21

Attualmente è stata approvata dal senato ( il 26 - 2- 2003) la legge sul Traffico degli esseri umani, legge Alberti Casellati . La legge deve essere discussa dalla Camera dei deputati.

 

BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO

  • KEVIN BALES, I nuovi schiavi- La merce umana nell'economia globale, Feltrinelli, Milano, 2002. Bales è considerato tra i massimi esperti mondiali della schiavitù contemporanea; è militante dell'associazione internazionale Anti - Slavery e lavora presso il Roehampton institute dell'Università del Surrey, in Gran Bretagna.
  • D'ADAMO FRANCESCO, Storia di Iqbal, Ediz. E L, Trieste, 2001
  • MUHAMMAD YUNUS, Il banchiere dei poveri, Feltrinelli, Milano,2000.
  • ENZO CICONTE PIERPAOLO ROMANI, Le nuove schiavitù - il traffico degli esseri umani nell'Italia del XXI secolo -. Editori Riuniti, Roma 2002. Enzo Ciconte, deputato nella X legislatura, è consulente presso la commissione parlamentare antimafia, anche Pierpaolo Romani, ricercatore, è stato consulente della Commissione parlamentare antimafia.
  • MARIA VIRGILIO Le nuove schiavitù e le prostituzioni, in Diritto Immigrazione e Cittadinanza, Rivista trimestrale Franco Angeli Editore n3 / 2000.
  • CORINNE LEVEUF EDWARD MORTELMANS Schiavi e negrieri, Universale Electa Gallimard, Trieste 1996
  • SEBASTIAO SALGADO In cammino, Contrasto - Leonardo arte, Roma 2000
  • SEBASTIAO SALGADO, Ritratti di bambini in cammino, Contrasto - Leonardo arte, Roma 2000
  • JEREMY BRECHER; TIM COSTELLO Contro il capitale globale, Feltrinelli, 2001. Il testo sottolinea come nel processo di globalizzazione la volontà popolare conti sempre meno e sempre più quella delle grandi imprese, Fondo monetario internazionale, Banca mondiale, Wto. Del processo di globalizzazione viene messa in risalto la fabbrica globale in cui le differenti fasi di lavorazione vengono svolte in paesi diversi con un cambiamento radicale del concetto di produzione industriale e del reale potere dei governi nazionali sempre più condizionati dagli organismi finanziari della globalizzazione qui definiti "nuova trinità istituzionale" e sempre meno dalla "nazione".
  • NAOMI KLEIN No logo, Baldini e Castoldi, Milano 2000. E' un classico dell'Economia del "marchio" , indispensabile per capire la trasformazione delle multinazionali in funzione non del prodotto ma del "logo ".
  • VITTORIO COTESTA , Sociologia dei conflitti etnici - Razzismo, immigrazione e società multiculturale- Laterza Bari 1999. Il libro analizza la Globalizzazione ed i problemi connessi con i flussi migratori.
  • La schiavitù contemporanea, sito della FONDAZIONE LELIO BASSO, www.grisnet.it/filb

 

Per saperne di più :

ARLACCHI P., Schiavi, il nuovo traffico di esseri umani, Rizzoli, 1999;

BELL D, Power, Influence and authority, Oxford University Press, 1975.

BOTTE M. F. E MARI J. P., Bambini di vita, Sperling e Kupfer, Milano, 1994;

CARCHEDI F., I colori della notte, Franco Angeli, 2000.

CCEM, Alcuni casi di schiavitù in Francia, 1998.

CHAN A., Labour standards and human rights: the case of chinese workers, Human rights quarterly, n. 4, 1998;

ENNEW J., Debt bondage, a survey, Slavery International, 1984.

MANCEAU C., L'esclavage domestique de mineurs en France, Ccem, 1999.

MEILASSOUX C., Antropologia della schiavitù, Mursia, 1992.

SUTTON A., Slavery in Brazil, Slavery International, 1994.

TUCKER L., Children slaves in modern India, Human rights quarterly, n. 3, 1997.

 

 

 

Le Ong

www.antislavery.org Antislavery international è l'organizzazione più vecchia tra quelle che si battono contro la schiavitù, a partire da quella legale nel secolo scorso. Sito ricco di links utili.

www.ccem-antislavery.org Il Comité contre l'esclavage moderne è un'organizzazione fondata da reporters che hanno indagato sulla schiavitù contemporanea e che, oggi, lavora per aiutare le vittime di schiavitù domestica in Francia e perseguire gli sfruttatori (contiene una sezione in italiano).

www.sweashopwatch.org Interessante sito americano che presenta la realtà dei laboratori clandestini sparsi per le città americane e sulle maquilas, le fabbriche al confine tra Usa e Messico, dove salari, orari e tutela del lavoro sono enormemente più bassi che negli Stati Uniti.

www.rb.se/ecpat Il sito di Ecpat international, un'organizzazione che si batte contro lo sfruttamento dei bambini.

www.laborrights.org

www.globalmarch.org Il sito della marcia mondiale contro lo sfruttamento dei minori, contiene molte informazioni sulle diverse delle forme di sfruttamento perpetrate nei confronti di bambini e ragazzi.

Le istituzioni internazionali

www.iom.int L'organizzazione mondiale per le migrazioni (Oim)

www.ilo.int L'Ufficio internazionale del lavoro

www.unhcr.ch L'agenzia delle nazioni unite per i profughi

 

Testi e siti web tratti dal sito Fondazione Basso

Note

 1 BALES KEVIN, I nuovi schiavi, pag.147

2 E’ possibile leggere la storia del ragazzo nella ricostruzione di D’ADAMO FRANCESCO, Storia di Iqbal, Ediz. E L, Trieste, 2001

3 FRANCESCO D’ADAMO, Storia di Iqbal pag.148

4 la ricerca più completa sulle nuove schiavitù è quella effettuata da KEVIN BALES, I nuovi schiavi- La merce umana nell’economia globale, Feltrinelli, Milano, 2002. Bales è considerato tra i massimi esperti mondiali della schiavitù contemporanea; è militante dell’associazione internazionale Anti – Slavery e lavora presso il Roehampton institute dell’Università del Surrey, in Gran Bretagna.

5 BALES, pag.24. Un capitolo del testo ( pagg. 80 – 117) è dedicato alle forme di schiavitù in Mauritania, lo stato che per ultimo ha decretato la fine della schiavitù, nel 1980, ma "nessuno si è preoccupato di informarne gli schiavi" pag. 81

6 MUHAMMAD YUNUS, Il banchiere dei poveri, Feltrinelli, Milano,2000 pag.20. Yunus descrive alcuni casi di schiavitù a proposito di Sufia, la donna che per prima ha sollecitato l’attenzione dell’economista portandolo in seguito a creare la Grameen Bank basata sul microcredito, affidato per lo più alle donne, per il lancio della piccola impresa agricola o artigianale nel Bangla Desh. "Nel vuoto delle istituzioni ufficiali il mercato del credito era stato accaparrato dagli usurai locali, che con molta efficienza conducevano i loro clienti a passi sempre più grandi verso la miseria. I poveri non erano tali per stupidità o per pigrizia; anzi, lavoravano tutto il giorno svolgendo mansioni fisiche complesse. Erano poveri perché le strutture finanziarie del nostro paese non erano disposte ad aiutarli ad allargare la loro base economica".. pag. 21

7 BALES, pag. 25. L’autore cita il caso della costruzione di un gasdotto in Birmania. In tale costruzione sono coinvolte la compagnia petrolifera statunitense Unocal, la Total ( francese) e la Ptt Exploration and Production (thailandese). "Nella costruzione del gasdotto migliaia di lavoratori ridotti allo stato di schiavi, compresi vecchi, donne incinte e bambini, sono costretti sotto la minaccia delle armi a disboscare il terreno e a costruire una ferrovia che costeggia il gasdotto."

8 BALES, pag. 260: si citano ricerche effettuate dall’ Unicef e dal Minnesota Lawyers international Human Rights, Restavec: Child Labor in Haiti

9 BALES, pag.14

10 lo schema è tratto dall’opera di Bales, pag.20

11 La Mauritania è stata la prima esperienza di lavoro in incognito di Kevin Bales che ha documentato ,o meglio cercato di documentare, la situazione con macchine fotografiche e videocamera; ma trattandosi di strumenti piccolissimi ha collezionato una serie di bizzarre inquadrature del suo ginocchio o della sua pancia, testimonianza dell’arretratezza del paese e della strettissima sorveglianza degli stranieri. Bales, pag.82.

12 in Bales, pag.125

13 in La schiavitù contemporanea, sito della FONDAZIONE LELIO BASSO, www.grisnet.it/filb. ( il sito tratta dei casi in Cina e nei paesi arabi, non presenti nella ricerca di Bales)

14 BALES, pagg.144 – 185.

15 Le storie di Daniel, il piccolo serbo che amava i videogame, dei lavavetri marocchini, di Imer il piccolo accattone di Cosenza, dei piccoli cinesi "senza nome" e di altri è stata ricostruita, attraverso i verbali dei processi, nella recente pubblicazione di ENZO CICONTE PIERPAOLO ROMANI, Le nuove schiavitù – il traffico degli esseri umani nell’Italia del XXI secolo -. Editori Riuniti, Roma 2002

16 CICONTE ROMANI, pag. 25

17 I dati sono tratti da una pubblicazione dell’International Centre for Migration Policy Developpement ( I C M P D ) del 1999, in CICONTE ROMANI;pag.188

18 K. BALES, pag.222

19 SALGADO, Ritratti di bambini in cammino, Contrasto – Leonardo arte, Roma 2000

20 MARIA VIRGILIO Le nuove schiavitù e le prostituzioni, in Diritto Immigrazione e Cittadinanza, Rivista trimestrale Franco Angeli Editore n3 / 2000.

21 MARIA VIRGILIO, pag.42