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SCONFINANDO

COLONIALISMO

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Bartolomeo de Las Casas condanna i conquistadores

Le atrocità commesse dai conquistadores ebbero un testimone dissenziente e un cronista nel frate predicatore Bartolomeo de Las Casas. Nella sua Brevissima relazione sulla distruzione delle Indie Occidentali, inviata nel 1552 a CarloV di Spagna, il domenicano denunciò le crudeltà di cui erano oggetto gli Indios. Ma fu uno dei pochi che prese le loro difese. Per il resto, la storia della conquista fu scritta dai vincitori, da uomini che credevano di rappresentare una civiltà superiore, che imposero perciò la religione cristiana agli indigeni e che, in nome di Cristo, distrussero i loro templi e le statue degli dèi. Per gli Indios la distruzione delle loro città era qualcosa di più di una semplice sconfitta : significava che gli dèi li avevano abbandonati e la vita non aveva più senso.

L'opera di Las Casas fu particolarmente apprezzata dalla corona di Spagna, che trovò in essa argomenti solidi per contrastare l'iniziativa privata dei conquistadores, i quali cercavano di trarre dalla nuove terre un rapido e facile guadagno, anche a costo di esaurirne per sempre le ricchezze umane e naturali. La corona spagnola, sostenuta dalla grande aristocrazia terriera, sosteneva invece la necessità di una politica più accorta, basata su insediamenti stabili e su un'abile utilizzazione della manodopera indigena. Ma il Nuovo Mondo era troppo lontano ed il potere dei conquistadores troppo forte perché questa esigenza riuscisse ad imporsi.

Gli Indios non sono uomini, ma omuncoli, servi per natura

Di fronte alla Relazione di B. de Las Casas la Spagna fu scossa da un vasto movimento di coscienze, tanto che un alto funzionario, il cronista imperiale Juan Ginés de Sepulveda, scrisse un Trattato sopra le giuste cause della guerra contro gli Indi, nel quale sostenne il diritto della corona di Spagna sulle terre d'America. Al confronto con gli Spagnoli, con le loro doti "di prudenza, ingegno, magnanimità, temperanza, umanità, religione", gli indigeni d'America non erano propriamente uomini, ma omuncoli, nei quali si poteva discernere appena qualche traccia di umanità, privi com'erano di cultura, di lettere, di leggi scritte; esseri così ignavi e timidi da lasciarsi sbaragliare da un piccolo numero di Spagnoli, fuggendo dinanzi ad essi "come donnette". Quale miglior prova della loro inferiorità, che il vedere i re aztechi (i più civili tra tutti gli indigeni) innalzati al trono non per diritto ereditario, ma per suffragio popolare? Non uomini, dunque, ma subuomini, destinati a servire per legge di natura. Per giustificare lo "sterminio di questi barbari" Juan Ginés de Sepulveda ricorre all'autorità di Aristotele: "Si ha il diritto di sottomettere con le armi coloro che, per la loro condizione naturale, sono tenuti all'obbedienza, in quanto il perfetto deve dominare sull'imperfetto, l'eccellente sul suo contrario". Un miserabile libello, diretto manifestamente contro B. de Las Casas, che ebbe tuttavia scarsa fortuna. "Le idee esposte da Sepulveda", scrive L. Séjourné, "furono biasimate dalle autorità stesse che avevano sollecitato l'aiuto del casista (teologo esperto nel risolvere casi di coscienza) ed il manoscritto fu successivamente rifiutato dal Consiglio delle Indie e dal Consiglio reale, dopo che le venerabili università di Salamanca e di Alcalà, consultate in merito, ebbero dichiarato l'opera indesiderabile per la sua dottrina malsana". Certo è che il Trattato fu interdetto in tutta la Spagna e non vide la luce che nel 1892, mentre "gli scritti" più virulenti di B. de Las Casas furono pubblicati ed ampiamente diffusi". Non si trattò solo di ragioni umanitarie, a detta di L. Séjourné. Nei suoi scritti B. de Las Casas adduceva a difesa degli Indios anche argomenti di ordine economico per indurre la corona a far cessare i massacri: "Vostra Maestà e la Sua reale Corona perdono grandi tesori e ricchezze che in tutta giustizia potrebbero ottenere, tanto dai vassalli indiani, quanto dalla popolazione spagnola, che, se lasciasse vivere gli Indiani, diverrebbe grande e potente, il che non sarà possibile se gli Indiani muoiono".

Come già comunicato, invio il seguito del lavoro e una attività di laboratorio sulla "tratta degli schiavi". Speriamo che vada bene! Invierò ad Alessandra uno schema del lavoro perchè, come comunicato dalla preside Giancotti, i coordinatori il 22 maggio, a Latina, dovranno relazionare sul lavoro dei gruppi. A risentirci, saluti, Rina.