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SCONFINANDO

I TOTALITARISMI


IL TOTALITARISMO NAZISTA

INTRODUZIONE GENERALE AI TESTI




IL TOTALITARISMO NAZISTA

Premessa
Prima di analizzare gli aspetti specifici che hanno caratterizzato il totalitarismo nazista, che insieme a quello stalinista è apparso a molti studiosi e pensatori, tra cui Hannan Arendt, come una delle forme più compiute di totalitarismo, ci pare opportuno tratteggiare, attraverso poche linee essenziali, quali sono state le cause politiche ed economiche che hanno condotto Hitler al potere, perché per comprendere le cause che hanno creato in Germania uno dei regimi più terribili del secolo appena trascorso è necessario gettare uno sguardo, se pur rapido, sugli avvenimenti che hanno condotto alla agonia della Repubblica di Weimar, nata sulle ceneri dell'impero guglielmino.

La Germania dal crollo dell'impero alla nascita della Repubblica di Weimar

Alla fine della prima guerra mondiale la situazione in Europa era disastrosa,per la prima volta nella storia dell'umanità si era assistito ad una tragedia dalle proporzioni così immani: la guerra aveva coinvolto moltissimi paesi, i morti erano milioni e le distruzioni e i danni subiti anche dalle popolazioni civili ingentissimi.
Una delle nazioni che fu più duramente colpita fu la Germania: prima del crollo definitivo cade l'imperatore e si crea una repubblica, che è quella che firmerà la resa e il trattato di Versailles, imposto alla Germania dalle potenze vincitrici e decisamente umiliante. Infatti con questo trattato si attribuiva alla Germania la totale responsabilità di aver provocato la guerra, e le si imponevano enormi riparazioni di guerra da pagare inoltre le si impediva il riarmo. In queste condizioni rese ancora più gravi dalla situazione economica la giovane repubblica fu immediatamente ostaggio di colpi di mano che provenivano tanto dalla destra quanto dall'estrema sinistra. Non si dimentichi infatti che nel 1917 era scoppiata la Rivoluzione in Russia e la vittoria delle forze marxiste aveva provocato enormi speranze in tutta Europa, tanto che alla fine della guerra in moltissimi paesi, tra cui la Germania e in parte anche in Italia si assiste ai tentativi da parte della sinistra di provocare una rivoluzione sul tipo di quella russa, anche se poi, come si vedrà questi tentativi falliscono e anzi provocano reazioni ancora più dure ed estremistiche da parte della destra più reazionaria, che alla fine finirà per prevalere.
All'interno della Germania accanto a gruppi di estrema sinistra che vennero stroncati nel corso del 1919, si pensi a questo proposito alla insurrezione di tipo spartachista e sovietista capeggiata da Rosa Luxembourg e Karl Liebknecht, stroncata nel gennaio 1919 e costata la vita ai due attivisti, erano anche attivi gruppi armati, i cosiddetti corpi franchi, reclutati tra i reduci di guerra e tra i giovani animati da spirito antibolscevico, formalmente sotto il controllo dello stato, ma assai spesso essi erano liberi di agire a loro piacimento e sovente furono usati dalle stesse autorità della Repubblica per riportare l'ordine e soffocare i tentavi di insurrezione posti in essere dalla sinistra. Si tenga inoltre conto che all'interno del paese, negli apparati e nei ministeri rimasero al proprio posto i nostalgici del vecchio impero e non furono poche le spinte in senso conservatore e contro i cambiamenti che il sistema parlamentare aveva introdotto. Questa ambiguità di fondo ed un certo scollamento tra la piena democrazia sancita dalla Costituzione scritta a Weimar e il paese reale finirono per frenare e condizionare lo sviluppo di una vita realmente democratica.
All'interno della repubblica i partiti politi più significativi erano: la sinistra radicale, (KPD) i socialdemocratici, (SPD), il partito democratico (DP), il partito popolare tedesco (DV) ed infine lo Zentrum, il partito cattolico, prima dell'avvento del nazismo la destra radicale si riconosceva nel partito nazionalista.
Nel 1919 a Weimar fu eletta una Assemblea Costituente che redasse poi la Costituzione, Costituzione che risultò subito una delle più avanzate dell'Europa del tempo, anche se come si è detto, non sempre i principi che vi si trovavano scritti trovarono una reale applicazione. La Repubblica era organizzata in uno stato federale, il Presidente era eletto ogni sette anni e godeva di ampi poteri, il parlamento era eletto con il suffragio universale e con il sistema proporzionale, il cancelliere era anche il capo del governo e rispondeva del suo operato non solo di fronte al Presidente, ma anche di fronte al Parlamento, era sancita e garantita la piena libertà di opinione e di parola e nelle elezioni che si tennero nel 1919 votarono anche le donne.
Nonostante la crisi politica ed economica che rese la Repubblica un soggetto estremamente fragile, nel corso degli anni Venti, nelle maggiori città tedesche e a Berlino soprattutto, si assisté ad una notevole fioritura culturale che interessò tutti campi del sapere: dal teatro, alla musica, alla pittura, all'architettura, alla filosofia: tutto questo venne spazzato via dal nazismo, che in senso culturale creò un vero e proprio deserto e i più illustri uomini di cultura tedeschi finirono per emigrare o essere ridotti al silenzio, allorquando Hitler prese il potere.[1]

Gli anni di Weimar fra crisi, ripresa e agonia.

Nel corso dei primi anni Venti, stroncata nel sangue la rivolta spartachista e la repubblica sovietica che si era instaurata a Monaco, la Germania riuscì a far fronte ai suoi impegni finanziari ed iniziò a pagare le riparazioni di guerra che le erano state imposte; ma si trovò ben presto ad essere sconvolta da una gravissima crisi economica, che provocò una disoccupazione altissima ed una svalutazione completa del marco. La situazione raggiunse il suo culmine nel 1923 allorquando la Germania non riuscì a pagare le riparazioni dovute alla Francia, la quale occupò militarmente il bacino della Ruhr, provocando in tal modo malumori e scontento in tutto il paese.
Va detto però che ancor prima della crisi del 1923 serpeggiavano nel paese sacche di risentimento nei confronti del nuovo governo e già nel 1920 c'era stato un primo tentativo di colpo di stato di destra, organizzato da Kupp, poi fallito. Si tenga anche conto che sempre in questi anni turbolenti, la Germania fu teatro di numerosissimi assassini di matrice politica, più di trecento, si ricordi ad esempio quello di Walter Rathenau, ministro degli esteri, avvenuto nel 1922.
Il 1923 fu un anno come si è detto disastroso. Ed è in questa situazione che Adolf Hitler organizza quello che è passato alla storia come il putsch dell'8 Novembre 1923, avvenuto in una birreria di Monaco e stroncato. Hitler stesso fu incarcerato, ma la sua detenzione durò assai poco. In realtà fin dal 1919 Hitler si era messo in contatto con la destra più radicale presente a Monaco di Baviera e nel 1920 sorse la Nationalsozialistiche Deutsche Arbeit -Partei, (NSDAP). All'inizio si trattava solo di una piccola formazione destrorsa e antisemita come molte altre in Baviera. Ma ben presto la situazione mutò a favore di Hitler e del suo partito.
Fallito il colpo di stato hitleriano, gli anni che vanno dalla fine del 1923 al 1929 vedono un progressivo miglioramento della situazione in Germania. Godette infatti di ampio consenso, anche sulla scena internazionale, la politica distensiva di Gustav Stresemann, che riuscì nel 1924 a stringere con le potenze vincitrici il piano Dowes (chiamato così dal nome dell'economista americano che lo elaborò). Secondo questo accordo si giunse ad una ragionevole diminuzione delle riparazioni che la Germania doveva versare. Nell'ottobre del 1925 venne concluso il patto di Locarno, con cui Inghilterra Francia, Italia e Germania si impegnarono a mantenere lo stato territoriale sancito dal trattato di Versailles, mentre la Francia accettava di abbandonare la Ruhur. Nel 1926 la Germania entrò a far parte della Società delle Nazioni, infine nel giugno del 1929 venne attuato, per impulso degli Stati Uniti, il cosiddetto piano Young, in base al quale si arrivò ad una ulteriore riduzione delle riparazioni di guerra che avrebbero dovuto essere pagate nel corso dei prossimi 59 anni.
Questa stagione di lenta ripresa finì bruscamente con il crollo delle borse a Wall Street nel 1929. Infatti la gravissima crisi economica che seguì, colpì la Germania in modo particolare: la sua fragile ripresa era soprattutto legata ai prestiti americani e quando questi ultimi ritirarono i loro capitali la Germania ripiombò in una crisi economica che finì per sconvolgere definitivamente i fragili equilibri che si erano andati creando. Soprattutto seppe soffiare sul diffusissimo malcontento la NSDAP di Hitler, che si era andata ricostituendo e che attendeva solo il momento propizio per ritornare alla ribalta.
In questo clima favorevole alla propaganda della destra fu eletto presidente della Repubblica il maresciallo Von Hindenburg, che era di orientamento nazionalista e conservatore. Negli anni in cui la Repubblica di Weimar sembrava assestarsi e uscire dalla bufera che l'aveva messa a dura prova nei primissimi anni venti, Hitler non perse tempo, uscito dal carcere dopo appena cinque mesi di detenzione, di dedicò a ristrutturare il partito e a stringere alleanze che gli tornarono assai utili a partire dal 1930, quando la repubblica di Weimar iniziò a agonizzare. Durante questi anni di febbrile attività furono create le SS (Schutzstaffeln), istituite fin dal 1923 da Heirich Himmler, destinato a divenire famoso negli anni a venire come l'architetto dello sterminio. All'inizio il compito delle SS era quello di protezione, non dissimile alle SA (Squadre d'assalto), create subito fin dal 1920 e guidate da Ernst Röhm. Alle elezioni del 1929 i partiti estremisti sia di destra che di sinistra ottennero vasti consensi, nel 1930 il movimento guidato da Hitler diventò sempre più consistente, mentre i partiti tradizionali si dimostrarono del tutto incapaci di gestire una situazione sempre più instabile. Hitler dal canto suo fu estremamente abile e riuscì a legare a sé la destra tradizionale, il cui leader era Hugenberg, tanto è vero che nelle elezioni del 1930 il partito nazista ottenne una vittoria schiacciante. La destra tradizionale, che rimpiangeva l'impero guglielmino e non aveva mai accettato le regole della democrazia, pensò di servirsi di Hitler come testa d'ariete contro il mondo operaio e poi scaricarlo. Ma i fatti assunsero una ben altra piega.
I governi che si susseguirono, guidati da Bruning, Von Papen, Schleider si dimostrarono assolutamente deboli ed incapaci di arrestare l'ascesa e la popolarità di Hitler e del suo partito, che promettevano alla gente il ripristino dell'ordine e una nuova era di potenza per la Germania che ancora si sentiva umiliata per il trattato di Versailles.
Nel 1932 Hitler si presentò alle lezioni presidenziali, ma il vecchio maresciallo Hindenburg ebbe la meglio. Nel 1932 alla nuova scadenza elettorale, Hitler ottenne il 37% dei consensi. Schleider assunse il cancelleriato e cercò di mettere fuori gioco sia i partiti di estrema destra che di estrema sinistra. Ma il Presidente Hindenburg ebbe paura e grazie alle pressioni anche degli industriali che, ormai vedevano in Hitler l'unica soluzione di fronte ad una situazione sempre più incandescente, nel gennaio 1933 ad Hitler venne affidato l'incarico di formare il nuovo governo. Come si è visto, dunque, la più sanguinaria delle dittature europee salì al potere attraverso libere elezioni, fallito il putch di Monaco nel 1923, Hitler aveva deciso che sarebbe arrivato al potere sconfiggendo l'odiata democrazia proprio attraverso i meccanismi creati da quest'ultima e vi riuscì perfettamente.
Lo studioso americano William Sheridan Allen [2] in un interessantissimo volume dal titolo Come si diventa nazisti, ha analizzato i meccanismi che hanno condotto una comunità di medie dimensioni, senza particolari problemi, ad abbracciare nel giro di pochi anni la fede nazista. Sicuramente Hitler è stato di un'abilità sorprendente ed ha saputo far leva sui sentimenti e sulle paure delle masse, che non potevano che sentirsi smarrite di fronte alle continue violenze politiche e alla crisi economica che come si è visto dominarono la scena a partire dalla fine degli anni Venti. Così lentamente ma in modo pervasivo il nazismo ha finito per prevalere, e la Germania ha vissuto per quattordici anni sotto il tallone di un potere dispotico e tirannico, che l'ha condotta ad una guerra che ha seminato morte e distruzione in tutta Europa, fino al crollo definitivo e alla resa incondizionata del 1945.

Adolf Hitler e il programma della NSDAP

Hitler nacque in Austria nel 1889, figlio di un impiegato statale presso la dogana. Trascorse la sua gioventù nel paese natale e frequentò le scuole superiori. Suo padre morì nel 1903. Nel 1907 si sottopose al test per entrare nell'Accademia di Belle Arti di Vienna e fu respinto. In questo medesimo anno sua madre morì di tumore al seno e a curarla fu un medico ebreo di nome Eduard Bloch. Alcuni studiosi [3] ritengono che questo fatto abbia contribuito a far nascere in lui il violentissimo antisemitismo che rimase una costante della sua politica, fino alla morte. Nel 1908 si trasferì a Vienna e viveva dei sussidi di povertà e nelle case per poveri, raccattando qualche denaro vendendo cartoline da lui stesso dipinte ai turisti. Vienna che a quel tempo era piena di profughi ebrei provenienti da Est contribuì, come egli stesso afferma nel Mein Kampf (La mia battaglia). a sviluppare in lui un odio fortissimo nei confronti degli ebrei. Nel 1913 si trasferì a Monaco di Baviera. Nel 1914 quando scoppiò la prima guerra mondiale si arruolò nell'esercito tedesco e ottenne il grado di caporale.
Dopo la guerra, che fu la sua grande occasione, perché gli diede la possibilità di distinguersi e di far emergere quelle doti di oratore che sicuramente ebbe. Nel 1919 aderì ad un piccolissimo partito di estrema destra, che poi divenne la NSDAP, di cui a partire dal 1921 divenne il Presidente. Come sì è detto nel 1923 organizzò il putsch di Monaco e in carcere scrisse il testo base dell'ideologia nazista Mein Kampf. Rilasciato dopo pochi mesi di prigione nel 1925 rifondò il partito che avrebbe dovuto essere sciolto per legge, a causa del tentativo eversivo posto in essere nel 1923. Nelle elezioni parlamentari del 1932 la NSDAP ottenne il 37.3% dei suffragi, la percentuale più alta a cui arrivò in libere elezioni, nel gennaio del 1933 Hitler fu nominato cancelliere e nell'agosto del 1934 alla morte del vecchio presidente Hindenburg assunse anche la carica di Presidente della repubblica e di comandante in capo dell'esercito.
Immediatamente iniziò la dissoluzione dello stato democratico. Hitler ottenne però in poco tempo successi sia in campo economico sia in politica estera e diede avvio ad una politica di prestigio sul piano internazionale. In breve tempo la Germania divenne una potenza di primo piano nello scacchiere europeo. Seguendo i principi espressi nel suo testo Mein Kampf, Hitler nel 1939 scatenò la guerra sul suolo europeo, guerra che si protrasse per sei anni causando un numero spaventoso di morti che si concluse nel maggio del 1945 con la sconfitta totale della Germania. Durante gli ultimi anni di guerra Hitler sembrava sempre più alienato dalla situazione e non sembrava rendersi pienamente conto della realtà, vagheggiava armi di distruzione di massa che avrebbero potuto rovesciare le sorti del conflitto. In realtà si trattava solo dei sogni di un uomo sconfitto. Nell'ultimo periodo di guerra quando ormai la Germania era invasa da Est e da Ovest Hitler trascorse i suoi ultimi mesi di vita in un bunker sotterraneo, a Berlino. Lì circondato da alcuni fedelissimi, sposò la sua amante Eva Braun e il 30 aprile 1945, quando ormai al resa di Berlino era questione di ore, si suicidò con un colpo alla tempia.
Questa in estrema sintesi la vita dell'uomo che innescò una spirale di violenza di proporzioni inaudite. Ora si tratta di vedere quale era il programma politico del partito che riuscì ad arrivare al potere attraverso libere elezioni. La NSDAP non esitò a dichiarare la sua aperta propensione per un regime decisamente autoritario e anti-parlamentare, improntato al seguente programma politico di tendenza decisamente reazionaria: · Decisa opposizione al trattato di Versailles · Riaffermazione dell'antico pangermanesimo guglielmino, con l'obiettivo di unire in un unico grande stato tutti i tedeschi d'Europa e di imporre in modo sempre più evidente la supremazia politica ed economica della Germania in Europa e nel mondo ·
Indiscriminata adesione alle teorie del razzismo con la conseguente convinzione della superiorità della razza tedesca e lotta ad oltranza contro tutti gli ebrei ritenuti la causa principale della sconfitta tedesca nella prima guerra mondiale e della crisi tedesca ·
Radicale negazione degli ideali democratici e lotta ad oltranza contro il marxismo.
Oltre a questi pochi punti chiaramente espressi si formerà e si consoliderà vieppiù, nel corso del tempo, il principio di autorità e di assoluta ubbidienza dovuta al Füher (il cosiddetto Führerprinzip) che avrebbe finito per collocare Hitler al di sopra degli uomini comuni fino a farlo divenire una sorta di divinità. Tale principio del capo assoluto ed indiscusso, elemento tipico dei sistemi totalitari, verrà poi esteso a tutta la gerarchia tedesca e a tutta la società: persino il funzionamento dei campi di concentramento era legato a questo principio.

Il consolidamento del potere e la creazione della dittatura

Come si è detto Hitler salì al potere nel gennaio del 1933 ed il suo era un governo di coalizione. Ma nel giro di pochissimo tempo, Hitler consolidò il suo potere e creò una dittatura che avrebbe governato la Germania fino al 1945.
Nel febbraio del 1933 avvenne un fatto gravissimo ancora oggi non chiarito, il Reichstag il parlamento tedesco, venne dato alle fiamme. Hitler naturalmente prese la palla al balzo e accusò di questo atto i comunisti e approfittò della situazione di emergenza per far passare un primo decreto che limitava i diritti civili e politici. In marzo in un clima di terrore si svolsero nuovamente le elezioni, la NSDAP ottenne il 43,9% dei consensi, il 24 marzo il Parlamento affidò ad Hitler i pieni poteri. Seguì immediatamente l'abolizione degli altri partiti politici e pian piano su crearono le premesse per la creazione di uno stato totalitario: fin da marzo iniziarono a funzionare i campi di concentramento dove vennero rinchiusi tutti i dissidenti politici, nel 1934 vennero sciolti i Länder, ossia i governi federali, questo per evitare che si creassero delle spinte autonome e nello stesso tempo si procedette all'epurazione dell'amministrazione pubblica.
Bisogna osservare che le vecchie élites del paese benché non concordassero su tutto con la politica messa in atto da Hitler concordavano con lui sul fatto che fosse necessario rigenerare la Germania e abbattere la Repubblica di Weimar. Così, tutto considerato, sia gli alti gradi dell'esercito, sia gli alti funzionari dello stato non ostacolarono di certo la presa del potere da parte di Hitler, anzi condivisero quello che sembrava essere il suo primo obiettivo la distruzione della sinistra. In effetti nei primi sei mesi di potere Hitler riuscì a distruggere completamente la sinistra: gli attivisti e i sindacalisti furono rinchiusi nei campi di concentramento che iniziarono la loro opera distruttrice a partire dal marzo 1933. Analoga posizione di consenso assunsero le élites intellettuali: gli accademici in genere non fecero sentire la loro voce e si allinearono, accettando le ingerenze di Hiler nelle questioni accademiche.
D'altro canto i leader dei partiti di sinistra non si resero completamente conto della situazione ed evitarono di lanciare appelli alla resistenza e alla lotta armata, appelli che forse nel 1933, quando ancora la situazione era fluida ed il potere di Hitler non ancora del tutto consolidato, avrebbero potuto, forse, rovesciare la situazione.
Hitler seppe anche guadagnarsi il consenso delle Chiese: benché egli fosse ateo e da un punto di vista ideologico contrario a qualsiasi forma di religiosità, capì che il consenso delle Chiese, sia di quella cattolica che di quella protestante, gli era assolutamente necessario. In questo modo riuscì a tenere sotto controllo un potere, quello delle Chiese, che avrebbe potuto essere usato contro di lui. A questo proposito si tenga conto che nel 1933 la Chiesa Cattolica firmò un concordato con Hitler. Per quanto concerne gli ebrei, essi furono immediatamente oggetto di una politica vessatoria e discriminatoria che avrà la sua piena realizzazione nelle Leggi di Norimberga promulgate nel 1935, con le quali gli ebrei erano di fatto privati dei diritti civili e politici ed erano completamente alla mercè dei nazisti.
Da un punto di vista economico Hitler favorì i trust industriali, varò piani colossali di riarmo e di opere pubbliche ed esercitò uno stretto controllo sulle fabbriche eliminando qualsiasi forma di conflitto tra lavoratori e industriali: inserì qualche miglioria per gli operai, che non nasceva da una reale considerazione per questa classe sociale, ma piuttosto da una politica fortemente paternalistica. Così in breve tempo la Germania non solo si riprese dalla crisi economica che l'aveva colpita e che aveva contribuito non poco a gettare i tedeschi nelle braccia di Hitler, ma arrivò alla piena occupazione. Nel medesimo tempo anche il marco ebbe una sua stabilità Dopo una serie di aggressioni ai danni dei paesi vicini, che videro le potenze occidentali accondiscendenti nei confronti del dittatore tedesco, nella vana speranza di che la sua sete di potere si sarebbe finalmente placata, così da evitare un nuovo conflitto mondiale. Ma nel 1939, Hitler sempre più deciso a scatenare una guerra e teso a conquistare lo spazio vitale per la Germania, avanza rivendicazioni su Danzica e il "Corridoio Polacco". A questo punto Inghilterra e Francia si resero conto che non avrebbero più potuto proseguire in una politica di mediazione e diedero il loro appoggio alla Polonia ormai direttamente minacciata. Con una manovra politicamente geniale Hitler si coprì le spalle da un possibile intervento sovietico stringendo con Stalin un patto di non aggressione e il primo settembre 1939 invase la Polonia. Così ebbe inizio la più spaventosa catastrofe della storia del Novecento, che causò milioni di vittime ed immani distruzioni.

Caratteristiche del totalitarismo nazista
E' stato detto nel capitolo specificamente dedicato all'analisi concettuale e filosofica del concetto di totalitarismo che cosa si debba intendere con questo termine, che a partire dagli studi pioneristici della Arendt , ha assunto un ruolo sempre più importante per definire e catalogare il Novecento, che spesso è stato appunto definito come secolo della barbarie e dei totalitarismi. Gli elementi costitutivi del totalitarismo nazista ci paiono in sintesi questi e di seguito si procederà ad un'analisi di questi stessi aspetti: · Rifiuto della democrazia e dello stato liberale; · Principio del capo carismatico (il Führerprinzip) e il mito di Hitler; · Controllo dello stato su tutto, uso della burocrazia, identificazione dello stato con il partito; · Violenza e repressione scatenata contro chi è considerato al di fuori della comunità; · Campi di sterminio.

Rifiuto della democrazia e dello stato liberale

Come è stato detto Hitler prese il potere in modo assolutamente legale, vincendo le elezioni e ricevendo dal Presidente della repubblica l'incarico a formare un governo di coalizione. Nel giro di sei mesi Hitler liquidò la democrazia su cui si reggeva la Repubblica di Weimar e diede origine ad una dittatura.
Come è stato possibile questo? Innanzi tutto va detto che la liquidazione dello stato liberale ha potuto avvenire soltanto perché in Germania c'era un situazione di profondo scontento, soprattutto fra i ceti medi, che ha condotto un'intera società, moderna e perfettamente alfabetizzata, a rifiutare in sostanza i principi su cui si era fondato lo stato moderno e che si erano imposti in Europa, attraverso modalità diverse e non senza difficoltà, grazie alla Rivoluzione Francese. Infatti nel nazismo vi è una avversione di fondo verso l'eguaglianza, il cosmopolitismo, la libertà di parola ed espressione. Dunque per questi aspetti specifici possiamo dire che il nazismo è fortemente antimoderno, mentre per altri aspetti, che verranno analizzati in seguito, è profondamente moderno. Come si è avvenuta, nella prassi, la liquidazione totale dello Stato liberale?
Si è detto come l'incendio del Reichstag abbia fornito a Hitler il pretesto per farsi dare dal parlamento i pieni poteri: attraverso una serie di atti legislativi, il primo dei quali è il Decreto per la protezione del popolo e dello Stato, con cui si sospendono i diritti civili, emanato il 28 febbraio 1933. A questo decreto seguono immediatamente arresti in massa di militanti comunisti e di altri oppositori. Nel giro di pochi mesi vengono prese altre misure repressive: il 23 marzo il parlamento tedesco concede a Hitler i pieni poteri, il 2 maggio vengono sciolte le organizzazioni sindacali, il 22 giugno vengono sciolti i partiti politici ed infine il 14 luglio 1933 la NSDAP diventa l'unico partito ammesso in Germania. Come si vede pur rifiutando le regole dello stato democratico Hitler lo distrugge ricorrendo a quello che è uno degli elementi fondanti e costitutivi di quest'ultimo ossia il diritto.
In breve tempo si smantella l'autonomia dei länder e il partito e lo stato finiscono per fondersi e diventare tutt'uno.
Quale è il risultato nella vita quotidiana di questa rivoluzione? E in che modo si organizza il consenso, assolutamente essenziale, dal momento che la Germania degli anni trenta era uno stato moderno e alfabetizzato, non una società in via di sviluppo? Senza dubbio hanno giocato un ruolo non irrilevante le doti demagogiche e politiche di Hitler, che riuscì a convincere milioni di tedeschi che grazie al suo operato e al Partito si sarebbe costruita una nuova Germania. E tuttavia, neppure l'immensa macchina propagandistica messa in essere dal partito e diretta fin dal 1930 da Goebbles, avrebbe potuto funzionare senza certe condizioni politiche economiche: la crisi economica e la divisione interna dell'opposizione, la scarsa fiducia che le alte gerarchie dell'esercito e della finanza nutrivano per la democrazia di Weimar, era stata letale. Nei vari estenuanti giri elettorali Hitler e i suoi seguaci avevano portato e diffuso un messaggio chiaro e comprensibile per le masse che aveva le sue radici nella Idea nazista, riconducibile a pochi ed essenziali principi: una nuova forte Germania ariana e libera da tutti gli elementi considerati razzialmente impuri. Anche se l'ideologia nazista si fonda su questi concetti è tuttavia interessante notare come, soprattutto nei primi anni del suo potere, Hitler, nei suoi discorsi, orienti il suo odio molto più nei confronti dei comunisti che non nei confronti degli ebrei: era ben consapevole infatti che molti dei suoi elettori erano assai più sensibili alle tematiche anti-marxiste che non a quelle antisemite.
L'adesione convinta delle masse si attuò ricorrendo anche alla fantasia popolare e facendo ricorso alla tecnologia: è costante, soprattutto durante le continue campagne elettorali, l'immagine del Fürher che quasi come un Dio tiene comizi in più luoghi, in uno stesso giorno, grazie all'uso dell'aereo: del resto uno degli elementi che contraddistinguono il nazismo e lo rendono diverso dalle forme di autoritarismo che si sono succedute nella storia è questa forma di perenne dinamismo, che finisce per diventare contagiosa.
Leggendo le pagine di Allen [4] si nota come ovviamente il terrore ed il clima di sospetto creato ad arte soprattutto dalle SA e poi dalla Gestapo, abbiano giocato un ruolo determinate nello scardinare completamente la vita politica del paese; la creazione dei campi di concentramento, il primo, Dachau inizia a funzionare nel marzo del 1933, concorrono a determinare l'adesione del popolo tedesco al regime. Tuttavia si deve tener presente che accanto alla repressione, affidata soprattutto al corpo speciale più vicino ad Hitler, le SS, e per altro violenta soprattutto nei confronti di certe classi sociali o di certi gruppi, è esistita una vasta forma di consenso. Come afferma giustamente Ian Kershaw:
"[…] la forza coercitiva posta alla base del potere hitleriano è inseparabile dal consenso con cui ampi strati della società tedesca accolsero quanto venne fatto nel nome di Hitler. Consenso e coercizione furono le due facce di una stessa medaglia, le colonne gemelle che ressero il potere del dittatore nazista". [5]
Si deve infatti tener presente che a differenza dei governi autoritari e conservatori, i totalitarismi hanno bisogno della partecipazione del popolo alla vita politica, che viene però guidata a vantaggio del governo. Quindi diventa assolutamente necessario organizzare le masse, distruggendo qualsiasi forza politica concorrenziale. Nello stesso tempo i totalitarismi devono elaborare un credo comune in cui il popolo possa riconoscersi facilmente. Il nazismo è in effetti riuscito ad individuare perfettamente su quali elementi giocare per costruirsi un ampio consenso.

Il Führerprinzip e il mito di Hitler
Uno degli elementi costitutivi del totalitarismo nazista si può individuare nella creazione del mito del capo carismatico e supremo. Questo elemento si ritrova per altro, anche se in misura diversa anche negli altri regimi totalitari del Novecento, come il fascismo italiano e lo stalinismo sovietico. Tuttavia si possono ravvisare elementi specifici legati alla figura di Hitler, anche perché a differenza del bolscevismo è difficile immaginare un movimento nazista senza Hitler, che assunse un ruolo assolutamente centrale.
Da tempo gli storici discutono sulla reale consistenza del potere di Hitler, secondo alcuni studiosi infatti Hitler sarebbe stato un dittatore debole incapace di prendere decisioni e quindi in balia dei suoi collaboratori, altri storici invece ritengono che la figura di Hitler sia stata determinante ed egli abbia effettivamente esercitato un enorme potere. Al di là di questa disputa, è vero che attraverso un apiù attenta rilettura dei documenti emerge un nazismo assai meno monolitico di quel che si pensava alla fine della guerra, ma a nostro avviso la figura del Fuhrer è stata assolutamente decisiva e va tenuto presente che Hitler sebbene concedesse una certa autonomia ai suoi più stretti collaboratori, si riservava sempre le decisioni ultime soprattutto in certe materie, quali la politica estera e la strategia militare. Anche riguardo alla decisione di sterminare gli ebrei, è indubbio che la decisione ultima e finale che ha condotto allo sterminio fisico è venuta da Hitler, anche se è poi probabile che l'esecuzione di tale decisione si stata attuata da Himmler.
Da un punto di vista strettamente istituzionale il dittatore nazista diventa l'unico indiscusso capo della Germania allorquando poco prima di morire il vecchio presidente Hindenburg firma il decreto che unifica nella persona di Hitler le cariche di cancelliere e presidente del reich. In questo modo anche le forze armate erano costrette a prestare giuramento al Führer e questo è un dato di notevole importanza: le forze armate costituivano una elite importante e non tutti i generali nutrivano nei confronti di Hitler grande simpatia. Le alte sfere dell'esercito vedevano con favore un governo autoritario, capace di ridurre all'impotenza le forze di sinistra, ma non erano del tutto convinte della bontà dei metodi repressivi e scopertamente violenti posti in essere da Hitler e dai suoi accoliti. Questa divergenza di vedute, una volta che tutto il potere si consolidò nelle mani di Hitler condusse ad una epurazione: Hitler eliminò senza nessuno scrupolo anche l'unica persona che avrebbe potuto contrastarlo dall'interno del partito: nel 1934 fu ucciso Rohm, il capo delle SA, che premeva per una politica improntata ad una rivoluzione permanente. In questo modo le Sa persero molto del loro potere e diventarono onnipotenti le SS, il cui capo era Himmler.
Poco prima dell'inizio della guerra alcuni generali dissidenti furono eliminati(Blombeg e Fritsch nel 1938) o costretti ad andare in pensione. Così eliminato ogni dissenso, interno ed esterno, Hitler accrebbe ancor di più il suo potere e le masse finirono per identificarsi in lui.
Goebbles comprese subito che era necessario creare un legame assai stretto tra la nazione ed il suo capo e per raggiungere questo scopo il Partito favorì la vendita di apparecchi radiofonici in modo che anche nei più sperduti villaggi di Germania potesse arrivare la parola salvifica del Fuhrer. Goebbels riuscì a organizzare adunate oceaniche, che si avvalevano di una regia sapiente capace di comunicare alle masse adoranti che vi accorrevano messaggi chiari e potenti: la rinascita della Germania si sarebbe verificata attraverso la sapiente guida del Fuhrer che come un padre avrebbe fatto tutto quanto era in suo potere per il bene della patria, che la Germania aveva bisogno di uno spazio vitale e che doveva essere combattuta una guerra contro tutti quegli elementi che nuocevano alla Geramnia (in primis gli ebrei e i comunisti, poi altre categorie sociali: gli omosessuali, gli zingari, gli asociali, i vagabondi, i malati di mente). Questo messaggio fu ripetuto da Hitler a milioni di persone, fu trasmesso via radio, e fu, attraverso la stampa, la scuola, il Partito, con le sue molte ramificazioni, la cinematografia, la letteratura, le arti visive, inoculato nelle masse. E a poco a poco questa immagine di un Hitler pronto a fare di tutto per il bene de suo popolo diventa mito e a quel mito i tedeschi per dodici anni credettero ciecamente. Ovviamente il popolo doveva obbedire ciecamente al capo, dovere di ogni cittadino tedesco era lavorare per il Fuhrer , per realizzare i suoi desideri.
Per comprendere questi elementi specifici della propaganda hitleriana e della creazione del mito salvifico del Fuhrer si legga questo volantino del partito che risale al 1936:
"Il Partito ha una risposta per tutto o un'opinione su ogni argomento: l'arte, la pace, l'uguaglianza, la religione, le passeggiate domenicali, l'agricoltura e, naturalmente, gli ebrei". [6]
E naturalmente alla base di questa concezione c'era sempre la lode per il Fuhrer, per le sue conquiste, per i suoi obiettivi futuri.
Il mito di Hitler, costruito sapientemente a tavolino da Hitler stesso e da Goebbles, muta con il passare del tempo e di volta in volta ci si presenta un Hitler diverso: Hitler che ristabilisce l'ordine dopo la presunta rivoluzione di Rohm, Hitler che grande statista che finalmente riesce a dare alla Germania il ruolo che le spetta tra le nazioni europee, Hitler che è costretto a entrare in guerra, lui uomo di pace…. Così di volta in volta viene presentata alla nazione un'immagine diversa, in cui si ravvisa tuttavia mantiene un principio fondamentale: quello della missione salvifica del Fuhrer che si sacrifica per il bene della Germania. Questo concetto viene ripetuto in modo ossessivo fino alla fine della guerra. L'adesione dunque del popolo fu notevole e anche se rimasero piccoli gruppi di dissenso, si può dire che il nazismo godette di un consenso molto forte e si creò davvero un legame di dipendenza tra il popolo e il suo leader. Sono molte le testimonianze di persone che affermarono che dopo aver sentito un discorso del Fuhrer si sentirono toccate nel profondo, come se avessero assistito ad un evento religioso. Questa componente messianica era ben presente a Goebbels, che ne era a sua volta personalmente convinto, tanto è vero che sfruttò sempre questa forma di religiosità pagana nei confronti di Hitler.
Del resto, anche le due Chiese, quella protestante e quella cattolica, che avrebbero potuto costituire un centro di dissidenza, seppur con qualche resistenza, finirono per allinearsi e soprattutto gli alti prelati nelle loro prediche domenicali espressero più volte la necessità di obbedire al Fuhrer. Occorre ora vedere in che modo la propaganda e il partito abbiano saputo ramificarsi all'interno di tutta la società tedesca.

Lo Stato Partito

Una delle caratteristiche del totalitarismo è quella di esercitare un dominio assoluto nei confronti delle masse, attraverso la creazione di associazioni e di comitati, di unioni, tutti in qualche modo ramificazioni del Partito, capaci di coagulare al proprio interno tutta la società, in modo che nulla sfugga al controllo del partito. Nel contempo si finisce per creare un vincolo, uno stretto legame fra tutti coloro che appartengono alla Comunità di popolo e che di conseguenza si sentono accomunati dalla condivisione di certi principi e valori.
Questa forma di assoluta identificazione fra lo stato e il partito e l'adesione delle masse ai programmi ricreativi e sociali posti in essere dallo stato costituisce un altro elemento costitutivo del totalitarismo nazista. D'altra parte si tenga presente che uno degli elementi costitutivi del totalitarismo è proprio quello di eliminare i confini tra pubblico privato, tra la sfera intima equella esteriore. Questo si rende tanto più necessario nei totalitarismi che a differenza dei governi autoritari e conservatori si fondano su una rivoluzione che rompe con il passato: il nazismo con la sua forte componente dinamica crea una rivoluzione che possiamo definire politica, mentre il bolscevismo sociale. Si noti che altri governi conservatori del Novecento come quello di Horthy, di Franco, di Salazar non hanno affatto realizzato una tale mobilitazione delle masse, che hanno invece costretto piuttosto ad un ruolo passivo, mentre l'esigenza di mobilitare le masse e di incanalarne le emozioni sembra essere una caratteristica distintiva dei totalitarismi, che si propongono di realizzare una rottura rivoluzionaria con la democrazia di massa.
Per sommi capi si tratterà dunque della militarizzazione a cui furono sottoposti i giovani, le donne e gli uomini durante il Terzo Reich.
La Hitlerjugend.
Il nazismo fu un movimento dinamico e che seppe attrarre soprattutto i giovani: i discorsi infuocati di Hitler convinsero molti giovani ad aderire in massa al partito nazista, sperano di trovarvi le risposte alle insoddisfazioni e allo scontento che provavano. Del resto Hitler stesso si rese ben conto dell'importanza che aveva l'educazione dei giovani per creare l'uomo nuovo del Reich millenario. Infatti così scrisse nel Mein Kampf:
"Se riconosciamo quale prima missione dello Stato al servizio e per il bene del popolo la conservazione, la cura e lo sviluppo dei migliori elementi della razza, è naturale che le provvidenze statali debbono estendersi fino alla nascita del piccolo rampollo della nazione e della razza, e che lo stato debba altresì fare, con l'educazione, del giovinetto un prezioso elemento della ulterriore propagazione della stirpe".[7]<br Così fin dal 1922 fu creata la Gioventù Hitleriana e a partire dal 1929 ci fu la Lega di scolari nazionalsocialisti per i bambini delle elementari e dal 1930, la Lega delle Giovani hitleriane. A partire dal 1931 diresse i movimenti giovanili Baldur von Schirach. Il numero dei giovani che si iscrivevano alle associazioni giovanili naziste crebbe enormemente man mano che il nazismo consolidava il suo potere. Ovviamente le associazioni giovanili legate agli altri partiti politici furono soppresse, le uniche che riuscirono ad operare e che furono oggetto di una lotta spesso spietata furono le associazioni giovanili legate alle Chiesa cattolica, tanto è vero che nel 1936 anch'esse furono sciolte. Così alla fine del 1936 tutta la gioventù tedesca risultava in qualche modo irrigimentata e Hitler stesso nel 1938 dichiarò:
"Questi giovani non imparano altro che a pensare come tedeschi e ad agire come tedeschi; questi ragazzi entrano a far parte della nostra organizzazione a dieci anni e per la prima volta respirano una boccata di aria fresca, poi quattro anni dopo passano dallo Jungvolk alla Gioventù Hitleriana, dove li teniamo per latri quattro anni. E a questo punto siamo ancora meno disposti a restituirli nelle mani di coloro che creano barriere di classe e sociali; li prendiamo invece subito nel partito nel fronte del lavoro, nelle SA o nelle SS, nello NSKK ecc. e se dopo diciotto mesi o due anni in queste organizzazioni non sono ancora dei veri nazionalsocialisti, allora vanno nel servizio obbligatorio del lavoro, dove sono ben ben strigliati per sei o sette mesi, sempre sotto un unico simbolo, la vanga tedesca. E se dopo sei o sette mesi conservano ancora una coscienza e un orgoglio di classe, vengono presi in carico dalla Wehrmacht per ulteriore trattamento di due anni; quando tornano, dopo due o quattro anni, per impedire che ricadano nelle vecchie abitudini, li destiniamo subito di nuovo alle SA o SS ecc., e non saranno mai più liberi per il resto della loro vita". [8] Questo discorso chiarisce in modo evidente la finalità dell'educazione nazionalsocialista: fare in modo che i giovani si imbevessero della dottrina, dell'Idea nazista, in modo da non sentirsi più liberi e in modo da obbedire ciecamente a qualsiasi ordine venisse impartito loro.

Il nuovo ordine razziale e il ruolo della scienza

Uno dei pilastri dell'ideologia nazista poggiava sul principio razziale: chiunque non faceva parte, per motivi di sangue, della comunità popolare (Volksgmeinschaft) doveva essere innanzi tutto espulso dalla società ed eventualmente eliminato. Questo principio si trova espresso chiaramente nel programma del partito del 1919 ed è più volte ribadito da Hitler nel Mein Kampf, specificatamente nel capitolo Popolo e razza, così come nei suoi discorsi. La sola razza ariana faceva a buon diritto parte della comunità popolare, gli altri erano esclusi. Chi erano questi esclusi? Innanzi tutto gli ebrei, che in modo sistematico dal 1935 in poi divennero oggetto di una campagna d'odio e di intimidazione che in un primo tempo li privò dei diritti civili e politici, in seguito li costrinse ad emigrare ed infine li condannò ad una eliminazione totale. Ma accanto agli ebrei ci furono altre categorie che furono sistematicamente perseguitate dal regime nazista: gli asociali, i malati di mente, i bambini con difetti fisici o mentali, gli omosessuali, gli zingari. Tutte queste categorie furono dapprima bollate come categorie di persone inutili per la società ed infine eliminate. Con lo scoppio della guerra, molte altre categorie rientrarono in quelle che dovevano essere eliminate o che dovevano svolgere compiti meramente esecutivi lasciando alla razza ariana il compito di guidare il mondo. Per la mentalità razzistica nazista tutti i popoli slavi dovevano essere considerati subumani e dovevano di conseguenza essere nutriti e vestiti, ricevere pochissima educazione perché nel nuovo ordine mondiale delineato dal nazismo, questi popoli avrebbero dovuto solo svolgere lavori manuali. In quest'ottica si comprende perché la guerra scatenata ad Est abbi assunto subito fin dall'inizio le proporzioni di una immane guerra di annientamento: al nemico, soprattutto ai soldati sovietici, non fu riconosciuto lo status di prigionieri di guerra e furono annientati a milioni. Ma non conobbero sorte molto migliore neppure i polacchi. Doppiamente colpevoli erano agli occhi dei nazisti gli ebrei sovietici: in loro finivano per assommarsi due qualità ugualmente invise ai nazisti: quella di essere ebrei e comunisti, colpevoli quindi di aver propagato nel mondo quello che il nazismo, sulla scorta di una pubblicistica propagandistica, definiva il complotto giudaico-bolscevico. E date queste premesse gli ebrei sovietici furono sterminati a milioni: si calcola che quasi la metà degli ebrei periti nella shoah,siano stati cittadini ebrei sovietici. Queste popolazioni di sub-umani, se Hitler avesse vinto la guerra, sarebbero stati oggetto di giganteschi piani di reinsediamento di popolazioni: i nazisti avevano infatti in mente di spingerle sempre più ad Est, mentre nei territori liberati da costoro avrebbero dovuto insediarsi i cittadini tedeschi. [9]
Nei confronti dei popoli dell'Europa Occidentale il nazismo nutriva sentimenti di odio meno profondo e radicato, anzi i tedeschi sentivano affinità nei confronti dei popoli scandinavi ed anche nei confronti degli inglesi (Hitler non si capacitava del fatto che questi ultimi non volessero accettare una pace dignitosa dividendosi con i tedeschi il dominio del mondo), mentre i popoli mediterranei erano scarsamente considerati: anche dell'Italia che, fino al 1943 fu alleata della Germania, Hitler aveva un'opinione non troppo lusinghiera. Per quanto concerne gli americani, Hitler li considerò sempre degli smidollati, incapaci di combattere sul serio, ma su questo punto le sue valutazioni risultarono del tutto errate. Questa concezione razzistica del mondo assunse caratteristiche ancora più evidenti nel corso della guerra, quando ai prigionieri politici e agli ebrei si aggiunsero nei campi di sterminio nazisti anche i migliaia di lavoratori coatti razziati in tutta Europa per lavorare nelle industrie tedesche. Il pensiero razzista nazista non nasce dal nulla, ma affonda le sue radici nelle convinzioni razziste che prendono corpo e si diffondono alla fine dell'Ottocento e trovano la loro più compiuta espressione alla fine di quel secolo. D'altro canto si tenga presente che le teorie razzistiche servirono ai paesi europei, in primis alla Francia e all'Inghilterra, impegnate nel corso dell'Ottocento in colossale progetto di espansionismo coloniale ai danni dell'Asia e dell'Africa e naturalmente le teorie che dividevano il mondo in razze destinate a comandare e a razze destinate invece ad ubbidire erano estremamente utili e ponevano le coscienze al riparo da qualsiasi tipo di rimorso etico.
Uno dei primi studiosi a dar corpo ad una teoria razzistica è stato nell'Ottocento Joseph Arthur de Gobineau che nel suo studio Sulla ineguaglianza delle razze umane affermava che tutte le maggiori culture della storia umana erano state il prodotto degli ariani e che le società decadevano quando gli ariani si mescolavano con le razze inferiori. In seguito apparvero gli studi di Darwin, il quale non era di per sé razzista, ma le sue teorie evoluzionistiche vennero largamente fraintese e utilizzate per dar corpo alle teorie razzistiche. Chi soprattutto travisò in questa prospettiva le teorie darwiniste fu suo cugino Francis Galton, il quale nel 1883 coniò il termine eugenetica: per migliorare la salute della razza umana era necessario applicare una selezione artificiale: solo genitori considerati idonei dovevano procreare.
Tali idee si diffusero rapidamente anche negli Stati Uniti, dove nel corso del primo Novecento fu applicata la sterilizzazione coatta a più di 50.000 persone, soprattutto individui giudicati affetti da debolezza mentale.
In Germania le teorie razzistiche si diffusero grazie allo zoologo Ernest Haechel. Anche questo studioso era convinto che ci fossero razze più intelligenti e dotate di altre e pensava che per favorire lo sviluppo di quest'ultime fosse necessario ricorrere ad una selezione artificiale, sul modello di quel che accadeva nella Sparta antica. In uno studio pubblicato nel 1904, L'enigma della vita, afferma:
"Che vantaggio trae l'umanità dalle migliaia di disgraziati che ogni anno vengono al mondo, dai sordi, e dai muti, dagli idioti e dagli affetti da malattie ereditarie incurabili, tenuti in vita artificialmente fino a raggiungere l'età adulta?….. Quale immenso grumo di sofferenza e dolore tale squallore comporta per gli stessi sfortunati malati, quale incalcolabile somma di preoccupazione e dolore per le loro famiglie , quale perdita in termini di risorse private e costi per lo Stato a scapito dei sani! Quante sofferenze e quante di queste perdite potrebbero venire evitate se si decidesse finalmente di liberrare i totalmente incurabili dalle loro indescrivibili sofferenze con una dose di morfina". [10]
Le idee di Haechel si diffusero anche in ambienti medici, come dimostra il caso del dottor Wilhem Schallmeyer, secondo il quale lo Stato doveva assicurare l'idoneità biologica dei propri cittadini per migliorare i caratteri razziali, i cittadini considerati non idonei dovevano essere messi nell'impossibilità di procreare.
Queste idee propagate da scienziati o pseudo tali, finirono per creare un vero e proprio dibattito che si sviluppò negli anni Venti tanto è vero che in Germania, prima dell'avvento del nazismo, fu presentata una legge per rendere legale la sterilizzazione, che fu però bocciata dal Reichstag nel 1925.
Quando poi il nazismo prese il potere fu varato nel 1939 il progetto Eutanasia a cui parteciparono medici e infermieri che inflissero la morte a migliaia di cittadini tedeschi colpevoli di essere "diversi" e per questo destinati a non trovare posto in una società forgiata sul principio della superiorità della razza ariana. Furono molti i medici, anche di una certa fama che diedero impulso e giustificarono quella che nel gergo mistificatorio del Terzo Reich venne chiamata azione T4 .[11] Tra questi si può ricordare il professor Kranz, direttore dell'ufficio per la politica razziale del partito nazionalsocialista, il Prof. Carl Schneider, psichiatra, il Prof. Ploetz, luminare dell'eugenetica nazionalsocialista. Particolarmente terribile fu l'eutanasia praticata sui bambini, che non si fermò, almeno nella sua forma più virulenta, per intervento delle Chiese, come quella praticata sugli adulti: i bambini continuarono ad essere uccisi per inedia o per iniezioni letali di luminal fino al maggio 1945. [12]
Questa componente razzistica che, come si è visto, non è propria solo della Germania, ma anzi trova consensi in Europa e al di fuori di essa, si collega un pensiero fortemente antisemita. Infatti anche se non tutti gli scienziati menzionati erano antisemiti, molti lo furono e comunque tra la fine dell'Ottocento e i primi anni del Novecento si diffuse un antisemitismo che ai tradizionali pregiudizi contro gli ebrei di matrice anche religiosa, unì una forte componente razzistica. In questo ambito va ricordato Houston Stewart Chamberlain, inglese, ma tedesco di elezione. Egli pensava che il popolo tedesco fosse superiore a tutte le altre razze e che fosse minacciato dalla razza ebraica. Le idee di Chamberlain erano ben conosciute a Hitler tanto è vero che se ne ritrova una precisa eco nel Mein Kampf, così come si ritrovano spunti presi dai già menzionati Galton, Haechel e Schallmeyer. Sicuramente un testo assai diffuso fra le due guerre che contribuì a forgiare l'antisemitismo hitleriano fu i Protocolli dei Savi di Sion, un pampleht falso scritto per compiacere lo zar Nicola II, pubblicato a San Pietroburgo nel 1903, che prospetta l'idea di un complotto ebraico per impadronirsi del mondo e dominarlo. Questo testo tra l'altro assai diffuso dopo la Rivoluzione russa contribuì a creare il mito del complotto giudaico-bolscevico che come si è detto era un tema particolarmente caro ad Hitler.
Nel Mein Kampf, come pure nell'altro testo chiave del razzismo e del antisemitismo nazista, scritto da Alfred Rosemberg, Il mito del XX secolo, si trovano espressi con chiarezza i termini della questione: gli ebrei sono razzialmente inferiori, sono parassiti e come tali devono essere eliminati dalla società tedesca. Questi principi non restarono teorici ma trovarono una loro concreta applicazione nella soluzione finale del popolo ebraico, ossia l'eliminazione prima mediante la ghettizzazione, poi fucilazioni di massa e infine mediante il gas di circa dei milioni di ebrei, arrestati e deportati da tutti i paesi d'Europa.
La trasformazione dell'Europa in un immenso campo di concentramento è uno degli aspetti più terribili del nazismo: lo sfruttamento, la morte per malattia, per sfinimento, per inedia, per le punizioni divenne la tragica realtà per quanti passarono per i campi nazisti. Nei campi le SS applicarono quegli stessi principi razziali su cui era stata modellata la società tedesca: tra i paria dei campi c'erano gli ebrei, poi gli slavi e così via, naturalmente i tedeschi erano al vertice, sebbene reclusi o per reati politici o perché delinquenti comuni. Naturalmente però un tedesco recluso perché omosessuale era inferiore ad un tedesco con il triangolo rosso…. In questo modo i tedeschi crearono un regno della morte estremamente raffinato: era difficile che si sviluppasse una solidarietà tra i detenuti, ma finiva per regnare l'istinto della sopravvivenza, in un mondo che aveva perso qualsiasi aspetto di umanità.

L'Europa nazista e il crollo del nazismo

Il primo settembre 1939 Hitler invase la Polonia che capitolò in sole tre settimane, Francia ed Inghilterra dichiararono guerra alla Germania, nel 1940 anche l'Italia scese in campo a fianco dell'alleato tedesco. Ora pur senza ripercorrere tutte le fasi della seconda guerra mondiale, va detto che fino al 1942 le truppe tedesche sembravano invincibili e i paesi europei erano praticamente tutti, con l'eccezione dell'Inghilterra che continuava a resistere, della Svizzera della Spagna e del Portogallo rimasti neutrali, sotto il dominio tedesco. I nazisti si distinsero per aver imposto ai paesi vinti un dominio assoluto e li contraddistingueva una politica di brutale sfruttamento: questo sfruttamento era tanto più terribile e il comportamento tanto più disumano man mano che si procedeva verso Est. Anche per queste ragioni sorsero in molti paesi occupati fenomeni di resistenza che diedero vita ad una guerriglia che aveva lo scopo di disturbare il nemico e di rendergli la vita difficile. Particolarmente significativa è stata la attività della Resistenza in Francia, per opera del generale De Gaulle e in Unione Sovietica, dove moltissimi cittadini risposero alla chiamata alla resistenza lanciata da Stalin. Ovunque i nazisti risposero alle azioni militari della resistenza con massacri violenti e brutali ed eccidi di notevoli proporzioni e va ricordato che di questi delitti spesso perpetrati ai danni di popolazioni civili si macchiarono anche i soldati appartenenti alle truppe dell'esercito regolare tedesco, la Wermacht.
A partire dal 1943 a causa anche della presenza americana in Europa, della ripresa dell'Armata Rossa in Unione Sovietica la guerra subì una svolta: nel luglio 1943 iniziò l'invasione dell'Europa da parte dell'esercito americano, l'Italia uscì dal conflitto e divisa in due, da una parte liberata dagli Alleati, dall'altra sottoposta ad una occupazione tedesca particolarmente dura, diede vita anch'essa ad un movimento di Resistenza. Nel 1944 si aprì un ulteriore fronte con l'invasione della Francia, Parigi fu liberata nell'agosto del 1944 e da questo momento in poi iniziò l'invasione del territorio tedesco da due parti da Est per opera dell'Armata Rossa e da Ovest ad opera degli eserciti inglese e americano. La Germania sottoposta a terribili bombardamenti ed invasa capitolò nel maggio del 1945.
Questi gli avvenimenti ridotti all'osso. Ma come si comportarono i tedeschi? Si è parlato dei movimenti di resistenza che sorsero un po' in tutta Europa sotto la spinta dei partiti politici che ripresero la loro funzione di guida ma anche per il desiderio della gente comune di opporsi alla politica di distruzione posta in essere dal nazismo.
In Germania non si può parlare di un vero e proprio movimento di resistenza, anche se è fuori di dubbio che man mano che la situazione precipitava e la gente era vittima di bombardamenti sempre più intensi, la popolazione che fino a quel momento aveva applaudito ai successi di Hitler cominciò ad avere il sentore che il vento stesse mutando direzione. Eppure non si può parlare di un vasto e ramificato movimento resistenziale, forse anche perché i dirigenti dei vari partiti politici erano tutti scomparsi o perché emigrati all'estero o perché rinchiusi nei campi di concentramento. O forse il condizionamento della martellante propaganda di Goebbels era più forte della ragione, dell'evidenza dei fatti, o forse l'indubitabile carisma di Hitler teneva i tedeschi come soggiogati. Tuttavia vanno menzionati almeno due movimenti di ribellione: uno legato al movimento della Rosa bianca, sorto a Monaco di Baviera, di ispirazione cattolica: gli studenti, tra cui spiccarono i fratelli Hans e Sophie Scholl, guidati dal professor Kurt Huber, docente di filosofia all'Università, diffusero volantini in cui incitavano i tedeschi a liberarsi della dittatura nazista. Scoperti e denunciati furono tutti messi a morte nel 1943. Un altro movimento di resistenza, sicuramente vasto e ramificato fu quello che portò al tentativo non riuscito di assassinare Hitler nel 1944. Ma come osserva Collotti [13] il movimento era troppo eterogeneo e diviso al suo interno per potersi tradurre in un vero e proprio moto di rivolta. In realtà molti dei cospiratori erano soprattutto preoccupati per l'andamento della guerra e più che a rovesciare il regime in sé pensavano ad eliminare Hitler per poter negoziare una pace separata con l'Occidente: il motivo del loro scontento non nasceva dalla consapevolezza dei crimini che intorno a loro venivano compiuti ogni giorno, quanto piuttosto dal timore di dover affrontare una resa incondizionata e quindi come nel 1918 durissime condizioni di pace.

Note

[1] Per una ampia ricostruzione della vita culturale nella Repubblica di Weimar si veda Walter Laqueur, La repubblica di Weimar, Rizzoli, Milano 1977.
[2] William Sheridan Allen, Come si diventa nazisti, Einaudi, Torino 1968.
[3] Per una a ampia ricostruzione sulla figura e sulla personalità di Hitler si veda Ron Rosenbaum, Il mistero Hitler, Oscar Mondadori, Milano 2000.
[4] W.S. Allen, op. cit.
[5] Ian Kershaw, Hitler e l'enigma del consenso, Laterza, Roma-Bari 1997, pp. 82-83.
[6] D. Orlow, The history of Nazy Party, 1933-45, Pittsburg 1973, p. 173.
[7] Adolf Hitler, La mia battaglia, Mondadori, Milano 1934, p. 84.
[8] Da un discorso di Hitler del 4 dicembre 1938 tenuto a Reichenberg, riportato in Arno Klönne, Jugend im Dritten Reich. Die Hitler-Jugend und ihre Gegner, Köln, 1984.
[9] Cfr. Enzo Collotti, L'Europa nazista, il progetto di un nuovo ordine europeo (1939-1945), Firenze, Giunti 2002
[10] Traggo al citazione da Michael Burleigh- Wolfang Wippermann, Lo stato razziale. Germania 1933-1945, Rizzoli, Milano 1992, p. 41.
[11] T4: nome in codice del programma nazista di eliminazione dei malati di mente e degli individui portatori di handicap, giudicati esseri inutili e accusati di corrompere la razza ariana. Facevano parte del progetto medici ed infermieri, che misero a punto in appositi centri, le tecniche di uccisione mediante il gas, in seguito impiegate nei campi di sterminio. L'azione T4 iniziò nel 1939 e ufficialmente terminò nel 1941.Leviitime furono centinaia di migliaia. [12] Per una completa descrizione ed analisi dell'eutanasia praticata dal nazismo si veda: Alice Ricciardi von Platen, Il nazismo e l'eutanasia dei malati di mente, Le Lettere, Firenze 2000.
[13] Enzo Collotti, La Germania nazista, Piccola Biblioteca Einaudi, Torino 1962

 


INTRODUZIONE GENERALE AI TESTI

I testi che si propongono sono di varia natura: accanto a documenti storici, si trovano pagine di storiografia, tratte dalle opere più recenti sul nazionalsocialismo tedesco.

Naturalmente data la mole considerevolissima di studi sul nazismo, sulla figura di Hitler, sui meccanismi del potere all’interno della Germania nazista, questa raccolta di testi non potrà essere esaustiva, tuttavia ci pare che possa costituire un aiuto per orientarsi riguardo al complesso fenomeno del totalitarismo nazista e possa costituire nello stesso tempo uno stimolo per ulteriori approfondimenti, segnalati in bibliografia.

 

Testo 1

Il Programma della NSDAP (Nationalsozialistiche deutsche Arbeiterpartei)

Il programma del partito, elaborato nel 1920 a Monaco di Baviera, che fu il punto di irradiazione del movimento nazista e che vide formarsi politicamente quello che sarebbe stato il futuro fuher della Germania, rimase invariato ed in esso si trovano specificati i punti salienti della politica hitleriana, ai quali Hitler rimase coerente e fedele fino al suo suicidio nel bunker di Berlino il 30 aprile del 1945.

Essi possono essere così riassunti:

  • Annullamento del trattato di Versailles,
  • Espansione territoriale della Germania,
  • Una severa regolamentazione della stampa
  • Restrizione delle norme di cittadinanza basate sui criteri razziali.

 

 

TESTO 2 Legge per la protezione del sangue e dell’onore tedesco,

15 settembre 1935

Passate alla storia come Leggi di Norimberga, (chiamate così perché vennero emanate durante il congresso del partito che si tenne appunto nella città di Norimberga nel 1935) sono le disposizioni, contenute in due leggi distinte: una la Legge per la cittadinanza del Reich e l’altra, che si riporta, la Legge per la protezione del sangue e dell’onore tedesco, mediante le quali gli ebrei vengono definitivamente privati della cittadinanza. Da questo momento in poi le tappe della persecuzione contro gli ebrei si susseguono a ritmo serrato: dalla esclusione dalle scuole e dalle professioni, all’obbligo di portare la stella gialla (1941). Fino al 1941 agli ebrei tedeschi fu possibile lasciare la Germania, anzi in un certo qual modo le autorità naziste favorirono una politica di emigrazione, in seguito questo non fu più consentito, e gli ebrei tedeschi, al pari di tutti gli altri ebrei d’Europa furono dapprima spinti verso i ghetti polacchi e quindi nei centri di sterminio.

Ma la legislazione è un punto fondamentale del cammino verso Auschwitz: perché per una via perfettamente legale si codifica che una certa parte del corpo cittadino è esclusa dalla Vollksgemeinschaft e quando un governo inizia a limitare i diritti politici e civili di una minoranza allora tutto diventa possibile.

 

LA NAZIFICAZIONE DI THALBURG

Questo breve testo è tratto dall’interessante studio condotto begli anni Sessanta dallo studioso americano William Allen, Come si diventa nazisti nel quale l’autore servendosi dell’Archivio locale, ha ricostruito la storia di una cittadina tedesca di medie dimensioni (diecimila abitanti), ed i come questa abbia vissuto gli anni turbolenti della Repubblica di Weimar e infine in che modo i cittadini di Thalber(così la chiama Allen, in realtà si chiama Nordheim, nell’Hannover) siano approdati al nazismo.

Naturalmente come in tutti i casi di storia locale, questa vicenda non può essere emblematica per l’intera Germania, ma rappresenta sicuramente una lettura stimolante per comprendere come sia potuto accadere che in un paese, come la Germania, dove il partito socialdemocratico era il più forte d’Europa, abbia potuto arrivare legalmente al potere un partito che chiaramente avrebbe finito per sovvertire la democrazia.

Come acutamente osserva Allen nelle pagine che si propongono i nazisti furono aiutati oltre che dal loro attivismo, dall’incapacità dei partiti tradizionali di proporre un programma politico capace di rispondere all’insicurezza della gente, che soprattutto dopo la crisi dell’autunno del 1929, viveva in uno stato di profonda angoscia. Allen infine analizza in che modo in breve tempo, dopo la presa del potere, il nazismo abbia finito per soffocare ogni dissenso, soprattutto attraverso il controllo della scuola e mediante l’inquadramento di tutta la popolazione nelle varie associazioni naziste, infine mediante l’incardinamento di uomini ligi al nazismo in tutti i posti chiave dell’amministrazione pubblica.

In questo modo anche la cittadina di Thalburg perde la sua identità e si nazifica.

Insieme al testo di Allen sulla nazificazione di Thalburg si presentano in questa sezione alcuni testi particolarmente significativi per quel che concerne la propaganda massiccia posta in essere dal regime, soprattutto nei confronti dei giovani. Si riportano nelle pagine che seguono i testi di alcuni documenti coevi: il decreto applicativo riguardante la Legge sulla gioventù hitleriana del 25 marzo 1939 e alcune disposizioni relative all’insegnamento che doveva essere impartito nei vari ordini di scuola. Questi testi aiutano a comprendere lo sforzo immane fatto dal regime per plasmare una società che sempre più si identificasse con il credo del nazismo e in questo senso le associazioni giovanili a cui si iscrissero moltissimi giovani, offrirono veramente la possibilità al nazismo di creare un uomo nuovo, convinto della bontà delle convinzioni naziste e soprattutto educato a morire per esse.

Chiude questa serie di documenti una fotografia che raffigura Hitler con i bambini: si noti quanto questa immagine sia rassicurante e immediatamente susciti in chi la guarda l’idea di un Hitler paterno e rassicurante che come un padre è pronto a proteggere la Germania da chiunque la minacci (in primis et ante omnia evidentemente gli ebrei). Le immagini di questo tipo sono moltissime e servirono anch’esse a dar corpo a quel mito di Hitler che come si è visto ha costituto uno degli elementi determinanti della dottrina e della concezione nazista.

IL MITO DEL FURHER : NEL 1932, NEL 1942 E CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE.

Questi testi sono tratti da volumi diversi dello stesso autore Ian Kershaw, che prima di pubblicare la biografia di Hitler aveva dedicato ampi studi al fenomeno del nazismo, soffermandosi soprattutto sulla creazione del consenso sulla costruzione del mito hitleriano nella Germania nazista.

I primi due testi sono tratti da Il mito di Hitler Immagine e realtà nel terzo reich, pubblicato da Bollati Boringhieri nel 1998. In entrambi l’autore si sofferma ad analizzare quali fossero le caratteristiche che ad Hitler venivano attribuite grazie anche alla sagace opera di propaganda di Goebbels. Addirittura ad Hitler venivano attribuiti poteri divini, ma soprattutto in lui si incarnava il movimento nazionalsocialista, che con il suo capo formava tutt’uno. Hitler come afferma Kershaw : "Nel 1932 l’"idea" del nazionalsocialismo si era già da tempo fusa, almeno per i sostenitori nazisti nella figura del Füher".

Kershaw continua la sua analisi del mito hitleriano nel corso della guerra e nel passo riportato si sottolinea come ancora nel 1942-43 nonostante la guerra cominci a prendere una piega sfavorevole per la Germania solo una piccolissima minoranza di tedeschi sarebbe stata d’accordo ad ammettere che la colpa del disastro era di Hitler. In realtà quasi fino alla fine mentre la fiducia nel partito diminuisce sensibilmente, la stima nei confronti di Hitler e nelle sue doti di stratega e genio militare rimane pressoché intatta.

Infine nell’ultimo testo, tratto da Ian Kershaw, Hitler e l’enigma del consenso, Laterza, Roma-Bari 1997, nelle pagine conclusive, questo studioso si sofferma sulla natura carismatica, ma insieme distruttiva e autodistruttiva del potere hitleriano.

La sezione si conclude con due fotografie. La prima risale al 1935 e vi si vede un Hitler sorridente in montagna: l’idea è qui di mostrare un Hitler sereno, impegnato ad ammirare la bellezza delle sue montagne bavaresi, nulla a che vedere, dunque, con l’immaginario di un dittatore crudele e sanguinario! La seconda fotografia riprende la folla adorante e osannante che saluta Hitler vincitore della campagna contro la Francia. L’immagine risale al 1940, forse uno dei momenti in cui la popolarità di Hitler raggiunse il suo apice.

 

L’UNIVERSO CONCENTRAZIONARIO NAZISTA

In questa sezione sono stati raccolti numerosi testi, in cui viene affrontato uno dei temi più significativi del totalitarismo nazista, quello dell’universo concentrazionario, che non è peculiare solo del totalitarismo nazista, ma che ha assunto in questo regime dimensioni e forme sconosciute nelle epoche precedenti, soprattutto per quanto riguarda quelli che si definiscono propriamente i campi di sterminio.

Enzo Collotti, nel primo testo, presenta una analisi della geografia, della struttura e della configurazione dei vari campi di concentramento, di cui la Germania nazista riempì l’Europa. I campi di sterminio nazisti rappresentano meglio di qualunque altro aspetto la brutalità e la volontà di cancellare dalla faccia della terra quanti non fossero partecipi della Comunità del popolo: ebrei, asociali, zingari, omosessuali, comunisti, slavi, partigiani.

Nella storia della dittatura nazista i campi subirono profonde trasformazioni, Collotti individua almeno quattro fasi, che permettono di tracciare una storia alquanto sintetica di questo fenomeno.

Al testo di Collotti ben si accompagna l’Excursus sul sistema concentrazionario nazista, tratto dal volume di Enzo Traverso, La violenza nazista, edito dal Mulino nel 2002. In poche pagine Traverso analizza uno degli elementi che hanno caratterizzato i lager nazisti, quello cioè di provocare lo sterminio per mezzo del lavoro. Subirono questo trattamento prigionieri di guerra e deportati razziali e politici. Questi schiavi-lavoratori non erano destinati a sopravvivere, ma ad essere sostituiti con altri, una volta che troppo esausti per lavorare ancora, fossero stati eliminati.

Naturalmente il lavoro era diviso secondo una rigida classificazione di tipo razziale.

Concludo la sezione due testi che prendono in esame specificatamente la tematica dello sterminio attuato nei confronti degli ebrei d’Europa. Liliana Picciotto chiarisce attraverso pochi ed essenziali puntualizzazioni che cosa si debba intendere per campo di sterminio e quali furono le tappe che condussero il regime nazista ad eliminare 6 milioni di ebrei, la metà di quanti vivevano in Europa in quegli anni. Infine l’ultimo testo è tratto dal noto studio di Baumann, Olocausto e modernità, il Mulino 1992. L’autore compie un’analisi sociologica del fenomeno dell’Olocausto e soprattutto fa propria la tesi che tra la categoria della modernità e l’Olocausto vi sia stato un legame profondo: senza la modernità, il sistema di fabbrica, Auschwitz non sarebbe stata possibile.

IL NAZISMO NELLA FICTION: IL PICCOLO ADOLF NON AVEVA LE CIGLIA

Il romanzo Il piccolo Adolf non aveva le ciglia, è stato scritto da Helga Scheider che, nata in Polonia, cresciuta a Berlino, si è poi trasferita in Italia. La scrittrice si è imposta la pubblico italiano con il romanzo Il rogo di Berlino, pubblicato da Adelphi, in cui narra le ultime terribili settimane di guerra quando ormai il crollo del nazismo era evidente, mancava il cibo e la gente era costretta a vivere per giorni interi nelle cantine a causa dei continui bombardamenti.

Il suo ultimo libro, Lasciami andare madre, sempre edito da Adelphi, racconta l’incontro tra una figlia abbandonata in giovane età da una madre che ha lasciato marito e figli per arruolarsi nelle ausiliarie delle SS e diventare poi una sorvegliante in un campo di sterminio nazista.

Il conflitto fra le due donne emerge in tutta la sua atrocità: da una parte c’è la figlia che tenta disperatamente di cogliere negli occhi della madre, ormai vecchia e prossima alla morte, un barlume di pentimento per il male commesso. Alla fine sarà costretta ad andarsene, conscia che ogni dialogo è impossibile: per l’anziana sorvegliante delle SS i soli momenti belli della vita erano stati quelli trascorsi nel campo, quando aveva potere di vita e di morte sulle prigioniere.

In Il piccolo Adolf non aveva le ciglia viene narrata la storia di Grete, che ormai adulta, attraverso un lungo flash back ripercorre le tappe della sua storia a Berlino, ai tempi del regime nazista.

Grete, figlia della piccola borghesia, si innamora di un giovane ufficiale delle SS. I due si sposano e vivono in piena armonia. Gregor (questo è il nome dell’ufficiale nazista) è assai apprezzato dai suoi superiori e la coppia viene ricevuta persino nella Cancelleria del Furher.

L’idillio finisce bruscamente quando Grete dà alla luce un bambino che risulta avere qualche disturbo. Con la scusa di sottoporlo a cure appropriate, il marito convince Grete ad acconsentire a trasferire il bambino in un centro specialistico, situato in una località lontana da Berlino.

Per la giovane protagonista iniziano giornate d’ansia: ogni volta che cerca di mettersi in contatto con il centro medico, in cui è stato portato il suo piccolo Adolf, riceve solo risposte evasive. Sempre più allarmata, insieme alla madre e senza dir nulla al marito, decide di andare a far visita al bambino e qui si trova di fronte alla sconvolgente realtà: consenziente il padre, fanatico sostenitore delle teorie eugenetiche razziste di Hitler e dei suoi seguaci, il bambino era stato condotto in uno dei centri appositi, sparsi in tutta la Germania, dove si praticava l’eutanasia: in pratica i bambini malformati o affetti da altre malattie venivano sistematicamente lasciati morire di fame o uccisi con iniezioni letali.

Di fronte a questa tragedia, la giovante Grete abbandona il marito ed entra a far parte del movimento di resistenza al nazismo.

Il romanzo è interessante perché attraverso una vicenda semplice e lineare ricostruisce, in modo fedele, uno dei crimini più terribili commessi dai nazisti ai danni dei loro stessi connazionali. Si calcola infatti che centinaia di migliaia di persone, adulti e bambini, siano stati assassinati per ordine di Hitler, con i metodi più vari. In particolare furono fatti numerosi esperimenti con il gas, che tornarono molto utili ai nazisti allorquando si decise di intraprendere la strada dell’eliminazione fisica degli ebrei.