4° incontro dei Gruppi Famiglia nel Vicariato di C. di Godego a Vallà
23 Gennaio 2005

Il sacramento del matrimonio e la sponsalità come vocazione
Mistero e ministero degli sposati che affianca lo stato di consacrazione sacerdotale (religiosa).

Relatore: Don Mariano Maggiotto

Quale famiglia?
Credo che la fatica di continuare a riflettere, specie di domenica pomeriggio, sia tra le più pesanti, anche se riflettere sulla famiglia, come è stato appena ricordato, è una riflessione importante. Questa riflessione comune è richiesta sia dalla società civile come dalle comunità parrocchiali, perché sembra che la famiglia sia in crisi. Qualcuno è arrivato a dire addirittura che non si dovrebbe più parlare di famiglia ma di famiglie, e questo qualcuno le ha anche elencate: la famiglia di marito e moglie, marito-moglie e figli, la famiglia con i nonni presenti, la famiglia di single,la famiglia di omosessuali, la famiglia di divorziati risposati, la famiglia di conviventi. Per qualcuno dunque sarebbe più esatto parlare di tipi diversi di famiglia. Quasi tutti arrivano, con toni tragici, a dire che la famiglia è in crisi perché ha esaurito il suo compito. Una rivista specializzata francese, alla quale do un certo credito, ha pubblicato un articolo che afferma che la famiglia oggi è in crisi perché deve essere ancora sufficientemente pensata, e quindi deve essere ancora per davvero inventata.
Nelle correnti di pensiero occidentale la famiglia è un’entità quasi sconosciuta. Al centro della storia della filosofia (la filosofia è lo studio del pensiero), della fatica del pensare degli uomini di tutte le culture occidentali, al centro del loro interesse c’è stata la natura delle cose, l’individuo, la città, la poleis (da cui politica), lo stato, le classi sociali, lo sviluppo economico, le relazioni tra i popoli. Del diritto della famiglia si è parlato per la prima volta, bene ma di sfuggita, agli inizi del 1800 con il filosofo Heghel, ma poco più che un accenno. Per cominciare a ragionare sulla famiglia si è dovuto attendere parecchio dopo il 1900.
Dunque la famiglia è in crisi perché è finita? No! La famiglia è in crisi perché ci si deve ancora pensare in maniera seria ed impegnata e va pensata completamente dall’inizio. È apprezzabile che ci siano persone che dedicano la domenica pomeriggio a questa difficile arte del pensare. Il nostro titolo è "La famiglia come vocazione", o meglio "Il Sacramento del Matrimonio e il vivere da sposati come vocazione".

Vocazione della famiglia
Un chiarimento sulla parola vocazione. Fortunata la persona che sente la propria vita come vocazione, molto meno fortunata la persona che non la sente così. È un termine che deriva dal verbo latino "vocare" che vuol dire "chiamare". Chi è la persona che sente la propria vita come vocazione? È quella che si sente chiamata da qualcuno! Chi invece non sente la vita come vocazione? La persona che mai nessuno chiama, ossia chi non si sente chiamato da nessuno; è la persona che vive non l'esperienza della solitudine, esperienza che qualcuno può scegliere, ma che vive l'esperienza dell'isolamento. "Io non servo a nessuno! Nessuno mi chiama, nessuno si ricorda di me, perché se si ricordasse di me mi chiamerebbe!"
Qualcuno parla della malattia del nostro tempo come della malattia dell’isolamento, del non sentirsi chiamati da nessuno. Il non sentirsi chiamati da nessuno è la disperazione di una vita. All’opposto il sentirsi chiamati è l'esaltazione di una vita. Tanti anziani si sentono male e inutili perché neppure i figli talvolta si ricordano di loro.
Chiamare ed essere chiamati è vivere la vita come vocazione. Più precisamente che cosa significa da punto di vista cristiano vocazione? Mi rifaccio al vangelo di questa domenica (3a T.O.A.). Gesù cammina-va sulle rive del lago di Galilea e aveva appena incominciato la sua missione. La sua missione è ben descritta nel cap. 4° del Vangelo di Matteo: "… predicando il Vangelo e guarendo dalle malattie e dalle infermità il popolo". Gesù, camminando sulle rive del lago di Galilea, vede prima due fratelli, poi altri due e li chiama con sé.
Li chiama con sé perché il Dio cristiano è un Dio che sente insopportabile fare le cose belle da solo, è un Dio che sente insopportabile sentirsi protagonista assoluto del bene del mondo, e questo Dio che sente come insopportabile l'essere da solo a fare il bene nel mondo e per il mondo cos'è che fa? Decide di chiamare due fratelli, poi altri due, poi tutti quelli che sono stati in chiesa stamattina ed anche noi quest'oggi. Sente il bisogno di chiamare le persone a essere con lui e come lui: seguitemi, venite con me e con me imparerete a vivere come me. Egli ci chiama perché siamo importanti per lui, ci chiama perché ai suoi occhi la nostra persona è degna di essere capace di fare le cose bellissime che fa lui.

La linea operativa di Dio
La vocazione cristiana, distingueremo poi quella del prete, del religioso da quella coniugale, consiste nel sentirsi chiamati da Dio ad essere sulla stessa scia, sulla stessa lunghezza d'onda, sulla stessa linea operativa di lui.
Che cosa fa lui? Ripeto, predica il Vangelo e guarisce chi incontra. Predicare il vangelo è raccontare Gesù a tutti gli uomini. La parola "Vangelo" o "evangelo" deriva dal greco "eu anghelion" che significa "notizia buona e bella" che rende buoni e belli coloro che l'accolgono. Notizia buona e bella che rende buoni e belli perché, in greco, bontà e bellezza coincidono. Siamo noi che le abbiamo separate scioccamente. Qual'è questa notizia buona e bella che rende belli e buoni e felici coloro che l'accolgono? È la novità che nessun uomo non è mai più solo, che Dio si impegna a stare vicino a ciascuno uomo, ad essere il suo compagno. In altre parole è la realtà che nessun uomo è fuori dall'amore di Dio, neanche colui che bestemmia Dio.
L'amore di Dio è come la pioggia su un cortile, lo bagna tutto, anzi a volte fa delle differenze per le buche. L'acqua si raccoglie nelle buche… dove c'è un vuoto, una necessità. Dio chiama tutti gli uomini ad essere con lui per parlare a tutti. Nessuno è mai più solo, tutti sono amati da Dio, che non c'è un fiato di vita, anche il più disgraziato di questo mondo, che non meriti di essere amato da lui.

La missione di Gesù
Però sono due i verbi con cui viene descritta la missione di Gesù, e quindi con cui viene descritta anche la nostra vocazione. Il primo è predicare, dire a tutti che sono segnati dell'amore di Dio, il secondo verbo è guarire: "E guariva le infermità e le malattie del popolo".
Gesù non era uno che andava a dire: "Dio ti vuole bene consolati, stammi bene, ti saluto". Egli diceva: "Dio ti vuole bene e, per rendere credibile quello che io ti dico, io comincio a volerti bene, io comincio a prendermi cura di te". "Io ti racconto che Dio ti vuole bene, dice Gesù, e per dimostrartelo metto la mia vita a disposizione della tua guarigione, della qualità della tua vita, ti parlo dell'amore e compio un atto dell'amore".
Gli atti senza le parole possono essere equivoci, le parole senza atti sono un imbroglio. Dire ti amo e non dimostrarlo con i fatti è essere persone false, forse malate psichicamente.
Gesù, il figlio di Dio, allora chiama tutti e con il suo chiamarci viene a dirci: che siamo importanti, che dobbiamo parlare al mondo di un Dio che ama tutti e che dobbiamo porre dei gesti per dimostrare al mondo che Dio ama attraverso noi.

Come vive questa vocazione chi è sposato?
Con quale colore, che coloritura assume nel matrimonio cristiano questa vocazione? Di solito, dico ai fidanzati quando spiego loro il significato cristiano del matrimonio. Anche voi però, non importa quanto sia il tempo che vi separa dal giorno in cui vi siete spostati, provate a fermarvi e a recuperare il senso proprio, profondo del vostro essere sposati. Nel matrimonio cristiano Dio offre una chiamata del tutto particolare, una chiamata abbastanza strana, pren-detela in tutta la sua stranezza e se potete lasciatevi lusingare ed emozionare da quello che prova Dio nel chiamare due persone a volersi bene.

Emozionare Dio
Dio chiede a due che si sposano in chiesa che regalino a lui, Dio, una emozione perché, ogni volta che Dio vede due persone che si vogliono bene, Dio si rende conto che stanno rispondendo nel modo il più perfetto, o se volete il meno imperfetto, alla chiamata radicale che Dio ha posto nel cuore degli uomini. E la chiamata radicale che Dio ha posto nel cuore di ogni uomo è quella di volersi bene. È scritto nella Bibbia al capitolo primo del primo libro della Genesi. All'inizio c'era l'abisso, il nulla, la confusione e sulla confusione stava lo spirito di Dio.
"E Dio disse: - sia la luce e la luce fu, ed era cosa buona…
E Dio disse: - sia l'asciutto e l'asciutto fu ed era cosa buona…"
La decima volta di questo dire di Dio disse questo: "Facciamo l'uomo. "A sua immagine lo creò, maschio e femmina lo creò".
Gli sposi cristiani, due persone che si amano sono la prima immagine di Dio nel mondo ed è grandissima questa realtà. Se ci pensiamo, la prima chiamata che Dio fa è questa: aiutami, uomo e donna nella tua esperienza di amore, ad emozionarmi, aiutami a specchiarmi in te, aiutami a vedere me stesso dentro la tua vita di coppia, aiutami a vederti grande come me perché, conclude il brano della genesi che ho citato, quando Dio creò l'uomo lo creò maschio e femmina a sua immagine. L'uomo da solo non è immagine di Dio, è un aborto d'uomo. Solo nell'esperienza dell'amore dell’uomo e della donna, Dio vide che era cosa molto buona, non soltanto cosa buona. Non è un comparativo di maggioranza ma è un comparativo assoluto, ossia è la cosa la più buona che ci può essere. Non c'è nulla di più bello e di più buono di due persone che si vogliono sinceramente bene perché in quel momento esse sono immagine vivente di Dio.
La prima cosa che Dio ti chiede allora è di essere bellissimo e di essere buonissimo, cioè di essere la persona, la realtà la più bella e la più buona che si sia nel mondo, questa è la tua vocazione. Vuole il tuo splendore, cioè ti vuole simile a sé.

Amore stile famiglia
Ma come faccio ad essere come Dio? Vivendo l'amore tra un uomo e una donna? E io che sono prete? Devo andare a donne? No! L'espe-rienza dell'amore dell'uomo e della donna è tipica, è il modello di ogni relazione d'amore. Quindi il prete, la persona consacrata dovrebbe imparare ad amare gli studenti, i parrocchiani, le persone che li vanno a trovare dal modo con cui in famiglia ci si vuole bene, dal modo con cui tra un uomo e una donna ci si vuole bene. Diversamente, io che faccio l'insegnante, io prete in cura d’anime rischio di fare il professionista. In questo caso aveva allora ragione don Milani, nella sua "Lettere a una professoressa", nel dire che i preti e gli insegnanti sono come le prostitute: amano tutti ma non amano alla fine nessuno, perché, ad esempio, danno tanto ma sono incapaci di ricevere, sono incapaci di relazione. Si mettono sopra il loro ruolo e distribuiscono tutto quello che presumono di avere di bello e di buono.
Cominciate già a capire che un prete, perché funzioni bene, ha bisogno di coppie che funzionano bene da cui imparare l'arte difficile della relazione tra persone.
Questo è il primo grande compito che ci viene consegnato il primo grande senso profondo della nostra vocazione, rendere contento Dio, essere lo specchio sul quale Dio guardandoci vede se stesso. Emozionare il nostro Dio quindi è la prima vocazione, ha a che fare con Lui. È il primo impulso, la prima molla della vocazione, ha a che fare con Lui. Dio benedice l'amore e dopo averlo benedetto lo consegna agli sposi cristiani con il compito di volersi bene.
Ritorniamo alla solita considerazione: qual è la missione che gli sposi cristiani ricevono dopo essere stati chiamati da Dio? Dio dice: "Bravi, vi volete bene e io mi specchio in voi, vi do questo compito di responsabilità, è quella di volervi bene prima di tutto, non di andare a messa o quella di pregare o di fare gruppo o di impegnarsi in parrocchia. La prima grande responsabilità è quella di volervi bene per non trasformare un impegno in parrocchia o chissà dove, in un alibi per star fuori di casa, perché allora diventa falsa quella testimonianza".
La necessità di questa responsabilità credo sia sotto gli occhi di tutti, il Signore vuole che due sposi cristiani si vogliano bene perché il mondo, guardando agli sposi cristiani nel loro volersi bene, senta che anche oggi nel 2005, nonostante tutto, che l'amore è ancora credibile, in un'epoca nella quale l'amore sembra poco credibile.

Amore fedele
L'amore è tale se è un amore fedele, che dura nel tempo. Esso è pre-zioso perché, se dura poco tempo, vuol dire che non vale un gran ché.
Questo è un altro limite della nostra cultura che, sottolineo, non è una cultura priva di valori, come affermano tante voci. Oggi davvero mancano i valori? No! Chiedete ai vostri ragazzi se sono privi di valori, dite ai vostri figli che non hanno valori. Vi risponderanno giustamente: "Non capisci niente!" Non è vero che non hanno valori; il motorino, la patente, l'auto sono valori ed è indiscutibile questo. Che cosa invece è accaduto a questi ragazzi, ma non solo a loro, anche a noi adulti? È accaduto un fatto strano che abbiamo sfrattato il legame che esisteva tra la parola valore e la parola per sempre. Abbiamo tolto alla parola valore il suo inseparabile compagno di viaggio che è il "per sempre", perché se una cosa è veramente un valore trapassa il tempo, se invece vale poco lo usi e lo getti.
Tuttavia colpisce che queste cose le grandi agenzie educative, parrocchie, oratori, scuola non le hanno capite, mentre lo ha ben capito la pubblicità. La pubblicità ha capito che questa separazione è avvenuta. Avrete notato che da qualche anno si è ridotta al minimo quel tipo di pubblicità che dice: "un diamante è per sempre". Non si può più proporre una cosa, se pure un diamante, per sempre quando ormai statisticamente siamo attorno al 35/40% di separazioni dopo il matrimonio! La pubblicità ha capito prima di noi ciò che è accaduto nella cultura diffusa, ossia questo tipo di divorzio tra due parole che non dovrebbero mai divorziare: il valore e il per sempre. Oggi, nel nostro mondo, l'amore che dura per sempre, l'amore come valore reale e duraturo non è più creduto. L'amore è diventato non credibile e non è merita più che noi crediamo in esso.
Agli sposi cristiani Dio consegna innanzi tutto questo compito di rendere, con la loro testimonianza, volendosi bene in questo mondo, di nuovo credibile l'amore. Ogni volta che due sposi cristiani faranno pensare a coloro che incontrano all'amore, al volersi bene per sempre, già misteriosamente fanno pensare a Dio. San Giovanni lo dice tante volte nel suo Vangelo: quando Dio ha scelto per se una definizione, si è definito: Dio amore. "Dio è amore, chi non è nell'amore non è in Dio". È nota questa frase anche se io preferirei le espressioni latine del canto "Ubi caritas e amor Deus ibi est", "dove c'è carità e amore li c'è Dio".

Amore creativo e procreativo
Gli sposi cristiani non hanno il compito di fare quello che sto facendo io ora, di parlare dell'amore di Dio, ma soprattutto di rendere presente l'amore. Se il compito del prete è in particolare quello di predicare con le parole l'amore di Dio, il compito degli sposi cristiani è di predicarlo con la vita. Tuttavia anche il prete con la vita ed anche gli sposi cristiani con le parole, ma la sottolineatura è diversa, è sopratutto una testimonianza di vita. L'amore, quello vero e profondo, è un amore che diventa a tal punto simile a Dio creatore che gli sposi cristiani diventano procreatori, riescono ad avvicinarsi al compito di Dio creatore nella funzione di procreare il figlio. È un dono, ma è un dono che appartiene alla capacità di voler bene nel dono reciproco, nel rapporto sessuale, nell'unione dei corpi che esprime la voglia matta che hanno due innamorati di confondersi l'uno nell'altro.Questa voglia matta di confondersi nell'atto dell'amore può produrre, può procreare, può dare una mano al Creatore per far nascere una nuova creatura.
Se ci pensate bene per un solo istante a che cos'è il figlio per una coppia. È il desiderio profondo di due persone quando si tengono per mano, si guardano negli occhi, vorrebbero anche nel rapporto fisico, nell'intimità confondersi l'una nell'altra. Questa confusione diventa definitiva nel figlio. Guardate i vostri figli e nel guardali scoprirete che voi due siete e sarete confusi per sempre nel loro essere. Dio ha consegnata all'uomo, attraverso l'amore, l'arte del procreare. Questa è un'altra grossa responsabilità di contraddire la cultura diffusa del limitare le nascite. Tra non molto lo si vedrà attraverso le proposte di referendum, sentiremo difese appassionate, anche di accanimento clinico alla ricerca della maternità e della paternità senza nessun limite. Questo avviene in un contesto, come quello italiano, che è ai livelli minimi di nascite nel mondo occidentale. Se arrivasse un individuo di un altro pianeta ed atterrasse nel mezzo dei dibatti referendari crederebbe di trovarsi in un paese che è appassionato da impazzire per i bambini, tra un popolo che vuole a tutti i costi nuove creature. Lo sappiamo bene invece che non è così! Qual è l’assurda contraddizione che stiamo vivendo oggi? La procreazione.
Non so se avete notato come la cultura laica chiama tutto l'insieme dei problemi che i referendum andranno ad affrontare: procreazione assistita. Neppure la cultura laica riesce a liberarsi di questa parola.
Tutto questo discorso centra con quello che stiamo dicendo nel senso che rendiamo misteriosamente presente Dio al punto che riusciamo ad essere addirittura dei procreatori.

Imparare l'arte dell'amore dai sacramenti
Alcune brevi battute dai sacramenti della chiesa.
Dal sacramento della riconciliazione si impara l'arte del perdono. Il perdono è per me è l'unica forma vera di amore. Unica perché attraverso la parola perdono io faccio alla persona che mi sta di fronte, in assoluto, la dichiarazione la più profonda, la più bella di amore, perché attraverso la parola perdono io dico a una persona: "Tu non hai fatto proprio nulla per meritare che io ti voglia bene, perché si muova in me il desiderio e la volontà di volerti bene, ma io ti voglio bene solo perché ti voglio bene". Questo è il perdono ed ecco perché è l'unica forma vera di amore non comperato né dalla simpatia né dalle opere buone che tu fai per me.
Quando parlo di perdono non intendo la capacità di perdonare il tradimento fisico o psicologico, il perdono dovrebbe essere una abitudine costante della vita di due persone soprattutto nella capacità di perdonare ciò che, a rigore, non dovrebbe mai neppure essere perdo-nato. Noi non riusciamo a perdonare che l'altro sia così com'è, diverso da come lo vogliamo noi. La diversità è davvero una povertà all'interno di un rapporto o è la sorgente di una ricchezza? All'interno di un rapporto accogliere la tua diversità non mi obbliga a crescere, a maturare, a diventare più bravo, più disponibile, più elastico, più flessibile, più intelligente? Ecco perché il perdono dovrebbe trapassare la vita quotidiana.
Un altro sacramento della chiesa che rappresenta un modello estremo di amore è l'eucaristia. Siamo nell'anno dell'eucaristia. Che cos'è che si celebra nell'eucaristia? Si celebra il modo con cui Dio ci vuole bene. Prendo in considerazione solo un aspetto: nell'eucaristia Dio ci vuole bene offrendo il corpo e il sangue. È un'espressione ebraica che significa la totalità della vita, tutta la vita di Suo figlio come cibo per noi. È qualcosa di incredibile quello che avviene nella eucaristia, il prete ti consegna il corpo di Cristo e il corpo di Cristo, la vita di Cristo si mette nelle tue mani. Mani delle quali forse neppure tu ti fidi, entra in un corpo che forse ti fa un po’ schifo, in una vita che senti disordinata, ambigua, talora mediocre perché Dio non ha paura di sporcarsi con te. È la sua maniera migliore per essere Dio, mettendosi a disposizione della tua vita come cibo.
Questo è importante perché non c'è nessuna esperienza umana nella quale una persona si mette nelle mani di un'altra come nella relazione di coppia, non c'è nessuna esperienza umana nella quale una persona si mette nelle mani di un'altra come l'esperienza di essere figlio. Pensate ad un bambino di un mese, è completamente nella mani tue. Tu lo puoi salvare o uccidere e quel bambino non è in gradoni difendersi, di vivere da solo. Quel pezzo di pane che viene messo nelle nostre mani e poi nel nostro corpo! Io ho bisogno che le persone che sono sposate, che sono genitori mi spieghino che cosa significa mettersi l'uno nelle mani dell'altro o sentire nelle proprie mani un figlio. Ne ho bisogno per spiegare dal pulpito cosa significa che il mio Dio si mette nelle nostre mani.

Dopo il Concilio
Non è vero che i preti sono importanti nella chiesa, da soli i preti sono importanti tanto quanto le persone sposate. È ora di far esplodere definitivamente l'immagine di chiesa che esisteva prima del Concilio Ecumenico Vat. II°, ormai sono passati più di 40 anni. Prima del concilio l'idea della chiesa era quella della piramide: sopra il papa che veniva spesso confuso con il successore di Cristo, mentre è il successore di Pietro, poi i cardinali, dopo i vescovi, dopo i monsignori, dopo i preti normali e sotto tutto il largo e un po’ bue popolo di Dio.
Il Concilio Vaticano II° ha messo una bomba sotto questa piramide, la ha fatta esplodere ed ha ricomposto l'idea di chiesa secondo la figura geometrica del cerchio. La definizione di cerchio in geometria è l'insieme dei punti equidistanti da un punto unico detto centro. Quindi, chi è più vicino a Gesù che è il centro, io o il papa? Stessa distanza con diversità di funzioni, identica dignità. Occorre ricordarselo altrimenti la responsabilità della chiesa noi continuiamo a caricarla addosso ai preti. L'eucaristia allora diventa il punto nel quale noi impariamo cosa significhi amare attraverso il dono che Dio ci fa di tutta la vita di suo figlio, il quale si mette nelle nostre mani. Sapere che Dio si mette nelle mie mani dovrebbe darmi gioia tanto che, uscendo di chiesa, provo a mettere anch'io la mia vita nelle mani delle persone a cui voglio bene.

Lasciarsi mangiare
Qui ricorro a un'immagine del teologo Paul Mesters, che ha mollato tutto e se ne è andato in America Latina. Egli ha trovato un’immagine per far entrare l'idea dell'eucaristia nella mente degli abitanti delle favelas, è l'immagine che riassume cosa significa amare al modo di Dio, come dovrebbe essere la testimonianza di una coppia cristiana nel mondo, è questa l'immagine, la storia di un frutto. Quando un frutto giunge a maturazione qual'è il suo destino? È quello di essere colto e di diventare la gioia della tavola dell'uomo. Se il frutto dicesse: "No, mio caro uomo, tu non mi cogli e io non voglio diventare la gioia della tua tavola perché se mi mangi io sparisco". Quale sarà il destino di quel frutto che rinuncia a fare il suo percorso? Sarà quello, una volta compita la sua maturazione, di cadere a terra e di diventare letame. La vita della natura è simile alla vita di Dio perché è Dio che ha fatto la natura. La vita della natura offre quindi anche a noi solo due possibilità: o ci facciamo "mangiare" dagli altri o diventiamo letame; o la nostra vita diventa responsabilità nei confronti di qualcuno oppure la nostra vita comincerà a puzzare.
Quando qualche coppia in crisi viene a trovarmi in parrocchia la prima cosa che io cerco di verificare quando mi si dice: "Lui non capisce niente, lei non mi vuole più bene!", non è se le parole che mi vengono dette sono vere. Piuttosto se l'altro comincia a girarti al largo perché tu cominci a puzzare, non perché non ti lavi, ma perché te stesso, il tuo tempo, le tue risorse, il tuo lavoro guai a chi li tocca, guai se ti portano via 5 minuti, guai se l'altro ti porta via un po’ di attenzione.
La testimonianza dell’amore allora di rendere presente Dio nel mondo dovrebbe assumere questa fisionomia.
Ho parlato di un voler bene in famiglia che deve diventare così bello e così intenso da essere comunicabile e credibile nel mondo.

Famiglia crogiuolo d’amore
La famiglia è un crogiuolo dove ci si forma perché la famiglia è l'incrocio fra le differenze più complicate che esistono nella natura, è l'incrocio tra generi e tra generazioni. Il genere maschile e femminile, la generazione dei genitori e quella dei figli, ed è l'incrocio nel quale o tu decidi di essere attento all’altro o vai a sbatterci contro. È proprio dentro alla famiglia che si impara l'arte dell'amare, dell'incrociare le diversità, di diventare flessibili di fronte alle differenze e questo non può non diventare testimonianza evidente anche fuori della famiglia. Certe intransigenze, certe durezze che le persone esprimono nel mondo del lavoro, delle relazioni, nell'impegno sociale, politico da dove nascono se non da una incapacità di maturare là dove davvero si mette alla prova l’attitudine all'accoglienza, alla pazienza, all'umiltà?
Poiché dentro la famiglia c’è un insieme delicato di rapporti è necessario ogni giorno sorvegliare se stessi ed è necessario abbandonare la presunzione di aver capito tutto.
Da dove pensate che nascano certe forme di disinteresse nei confronti dei problemi della vita parrocchiale sociale, se non da una difficoltà ad essere interessati sul serio alle persone che vivono in casa? Ma io devo pensare solo a me, a mio marito/moglie/figli! Non è vero perché il pensare a loro non può che portarti a pensare anche al contesto nel quale essi vivono, non può che portarti anche a pensare alla cultura diffusa, se non anche alle relazione inevitabili che marito moglie e figli hanno a causa della professione, del tempo libero, ecc.
La vera accoglienza tra le persone in famiglia non può non esprimersi, ciascuno con il suo carattere e le sue predisposizioni, anche in una attenzione al mondo.
Ecco allora in che maniera diventa davvero evidente la comune vocazione cristiana di predicare al mondo che Dio ama tutti e dimostrare con i fatti al mondo che questa predica non è una "balla".
La vera vocazione della famiglia è quella di essere il segno evidente che l'amore oggi è ancora credibile in famiglia e fuori.