4° Incontro dei GRUPPI FAMIGLIA a Musano
31 Marzo 2001

DIVENTARE PADRE… DIVENTARE MADRE…
per avere una buona capacità educativa.

Relatore: don Pino Pellegrino

Premessa
"Metti a posto l’uomo, e il mondo va a posto da se".
Educare è un’arte da imparare come tante altre, ma molto più difficile e complessa.
- L’operaio è colui che usa le mani,
- l’artigiano è colui che oltre alle mani usa il cervello,
- l’artista è colui che aggiunge a mani e cervello la fantasia,
- l’educatore è colui che usa mani, cervello, fantasia e cuore (amore).
Educare è prevenire, giocare d’anticipo, soprattutto investire molto nei primi anni di vita dei figli.
Per essere educatori non basta avere figli: se per avere figli bastano pochi secondi, il tempo che lo spermatozoo impiega a fecondare l’ovulo, non basta una vita per essere educatori, perché non basta essere genitori ma occorre diventare generativi. Tutti i figli hanno genitori ma non tutti hanno un papà ed una mamma.

Condizioni di fondo per possedere una buona capacità educativa:

Conservare il senso dell’educare e la voglia di educare.
Oggi si sta perdendo il senso dell’educare per la pratica di allevare. L’educazione è l’unica via perché l’uomo non smetta di essere uomo. E’ l’educazione che permette al mondo di non andare in frantumi o di rimanere in una situazione primordiale.
Riviste, mas-media insistono su quanto serve alla salute, su cose materiali,... ma nulla sui valori che permettono all’uomo di essere uomo.
Educare è far succedere dei fatti interiori. E’ cambiare dentro, è persuadere sui valori e sui disvalori. Imporre e costringere perciò non è educare perché non fa cambiare nulla dentro la persona dell’educando (le caserme non educano...). Le prediche servono poco: persuadere e convincere è molto più importante. Anche il castigo può talvolta servire ma solo come mezzo per affermare dei valori, e comunque non va usato sistematicamente.
Educare è arrivare a delle convinzioni grazie alla parola che penetra e trasforma. Le parole sono importanti per far passare messaggi: metodo comunicativo diretto.
Il metodo indiretto è più efficace: consiste nel comunicarci le idee, porci il vissuto ed i valori della vita (tra di noi) in presenza dei figli, ma come se non siano loro i destinatari del messaggio; i figli sono molto curiosi e pertanto ascoltano, anche se non sembra, tutto quello che non ci diciamo. Il metodo indiretto è un metodo che propone e non impone. Con questo metodo educhiamo quando meno si pensa.
Metodo della credibilità: educare attraverso l’esempio.
Riassumendo: per avere una buona capacità educativa occorre non perdere il senso dell’educare (allevare non basta), educare non vuol dire comandare o castigare, mentre invece significa persuadere attraverso la via della parola e la via dell’esempio.

Non perdere la voglia di educare
Educare oggi diventa difficile perché le diverse agenzie educative non convergono più verso un unico tipo di educazione, anzi tante forme vanno contro l’educazione. I ragazzi perciò diventano qualunquisti per troppi differenti pulpiti, specie in televisione. La televisione lavora nel profondo dell’io e crea un uomo diverso: oggi ad esempio i ragazzi sono soprattutto visivi e non più auditivi. Ad essi le parole non dicono più niente, dicono molto invece le immagini magari commentate con poche parole. La TV crea ancora menti frammentate che non hanno la capacità intuitiva e critica. I genitori educatori perciò non sono mai stati necessari come oggi per dare l’impronta ai figli.

Diventare madre, diventare padre
Per educare occorre essere in due, madre e padre. Entrambi sono necessari alla vita del bambino. L’eccessiva femminilizzazione della scuola provoca non pochi danni. Il bambino per 14 anni non vede che gonne (sarebbe la stessa cosa se vedesse solo pantaloni): dai 0 ai 3 anni à mamma, dai 3 ai 6 anni à educatrice, dai 6 agli 14 à maestre e poi professoresse. Nei momenti più importanti della sua vita non vede che uno stile solo: quello femminile. Ed è sbagliatissimo perché la donna, la mamma per quanto brava che sia, non basta, come il papà per bravo che sia non basta.
La mamma può guidare la macchina come il papà, magari anche meglio, ma papà è un’altra cosa.

Avere il senso della genitorialità, cioè il senso della maternità e della paternità
Mamma e papà non si nasce ma è un titolo che si acquista in campo.
Ci sono papà e mamme che riescono a raggiungere il titolo, altri invece sono carenti.
Il papà è una figura importante in educazione perché diversamente i ragazzi crescono sbilanciati o scompensati. L’umanità infatti ha due facce: quella maschile e quella femminile. Il bambino ha bisogno di vedere sia il modello maschile che quello femminile.

Il papà regala almeno sei fattori importanti al figlio:

Esempi di madre e di padre da ritoccare
Mamme ombrello o canguro = iper protettive, asfissianti
mamme mastrolindo = tutte ordine e pulizia
mamme pasta asciutta / omogeneizzato = che hanno solo preoccupazioni fisiche e materiali
mamme apriscatole = che vogliono sapere tutto, scoprire tutto, rovistare nell’anima del figlio
mamme altalenanti / jo-jo / baci e botte = altamente imprevedibili e lunatiche
mamme temporale = quelle che gridano sempre
mamme disco = che ripetono sempre la stessa cosa
mamme turbo = acceleratrici dei figli
Papà ombra / soprammobile = padri che sono assenti o al massimo sanno solo brontolare
papà mammo = il duplicato della mamma
papà amicone = papà che fa il bambino (con i figli si deve tenere un rapporto asimmetrico)
papà duplicatore = vuole che il figlio sia specchio di sé e dei suoi ideali non raggiunti
papà padrone = padre padrone

Esempi di madre e di padre patentati
Mamme da applaudire o patentate:

Papà bravi:

Educare significa:
# Prevenire, è giocare d’anticipo investendo nei primi anni di vita
(dare al figlio un’infanzia felice ma non troppo facile).
# Essere punto di riferimento, modello identificabile perché il bambino vive a specchio.
# Desatellizare, ossia rendere autonomo il figlio.

Educare è desatellizzare, cioè rendere autonomi i figli gradualmente. Non è possedere il figlio ma tagliare il cordone ombelicale. Guardando ai nostri genitori diciamo adesso: "Grazie, mi hai dato la vita e mi hai permesso di viverla in proprio, non mi hai posseduto. Hai lasciato che io facessi la mia strada". Ciò che oggi non avviene più tanto, perché papà e mamma, soprattutto le mamme sono ammalate di mammismo, di figliolite, malattia terribile per cui pensano che il loro bambino sia sempre bambino e non lo lasciano crescere. Il fenomeno dei figli che a 35-40 anni con fidanzata e lavoro stanno ancora in casa si spiega anche con questo. Il ragazzo lavato, stirato, mantenuto sta benissimo ma non cresce. Ed i genitori hanno paura che se ne vada via.
Come si fa a desatellizzare un figlio?
1) Ci si abitua fin da quando è piccolo all’idea di perderlo perché il bambino non è nostro. Voi siete come le impalcature di un palazzo, ad un certo punto le impalcature vanno tolte. E quando i vostri figli si sposeranno non fateli abitare vicino, mandateli almeno a 3 Km. di distanza. Anche voi fate bene a tenere una certa distanza dai genitori per tagliare il cordone ombelicale. Ci sono delle mamme che continuano ad avere il controllo sulla nuova sposa e sul nuovo sposo.
2) Quando non facciamo tutto noi, ma lasciamo che questi figli facciano qualcosa. Si dice che una mamma troppo valente fa la figlia buona a niente. Molti bambini non crescono perché papà e mamma fanno tutto per loro. Il guaio è questo: quando i ragazzi vorrebbero fare, non li si lascia fare e quando diventano adolescenti non fanno più niente.
Altro esempio: a 4-5-6-7 anni hanno una voglia matta di parlare... non lo lasciamo parlare perché non abbiamo tempo. A 14 anni non ci dicono più niente.
Desatellizzare vuol dire anche non trattare il bambino da babbuino, da minorato. Desatellizzo quando parlo con lui, quando lo tratto come uno che ha il cervello in testa. Spesso capita di vedere in giro delle persone che comandano ai bambini, è difficile che facciano un ragionamento. Ragiona con il bambino perché ha tante possibilità, chiedi cosa ne pensa anche se piccolo! Noi invece comandiamo, non valorizziamo il loro cervello. Noi per parlare ai bambini usiamo 3-4 parole massimo: muoviti, sbrigati, non toccare, stai attento, lavati i denti... Questo è comandare non parlare!

# Far faticare un po’.
Educare è anche far faticare un tantino, mettendo qualche piccolo scoglio, qualche sacrificio perché solo gli scogli fanno crescere le onde. Si dice sempre Infanzia felice ma non troppo facile.

# Pregare perché ogni persona è mistero (anche il figlio è mistero).
Educare è anche pregare, per il figlio. Perché il bambino ha una sua coscienza, una sua libertà. Io prendo una penna e la metto lì, questa sta lì tranquilla e non dice niente. Ma io non posso obbligare un bambino a fare attenzione, io non posso obbligare un bambino ad ubbidire. Devo essere convinto dentro che lui è libero, ha la sua coscienza. Il bambino è un mistero. Chi è che arriva al mistero? Chi arriva là dove io non arrivo con le mie parole? E’ solo Dio che arriva dentro il bambino, nel cuore e nella coscienza. Allora educare è anche raccomandare i figli a Dio, chiedere a Dio che intervenga. Il bambino sta giocando e sa che tu stai pregando per lui, in quel momento tu sei sommamente educatore perché chiami in causa Dio che arriva là dove non arrivano né la tua parola nè il tuo esempio. Ecco che educare è anche pregare. Non si smarrisce mai questa possibilità che abbiamo di chiamare in causa Dio. La preghiera può far succedere dei miracoli, non è mai un gargarismo quella di un papà e di una mamma.

# Far diventare grande e non solo grosso
Educare è far diventare grande.
Educare è far diventare grande il figlio e non solo grosso. C’è una differenza fra grosso e grande. Chi è il più grosso fra noi? Semplice basta avere una bilancia e vedere chi pesa di più. Guai se si valutasse un bambino in base a quanto pesa!
Questo va bene per i vitelli, non per l’uomo. L’uomo non si misura in base a quanto è grasso. Chi è il più grande? La persona più grande in mezzo a noi è sicuramente la persona più onesta, più sincera, che sa amare meglio, più serena. E’ la persona che ha agganciato la vita ai valori, alla giustizia, all’onestà, all’amore, alla gioia. La persona più grande è quella che crede nei valori e li vive. Può anche non essere grossa, per niente.
Per esempio San Francesco d’Assisi (46 kg), niente grosso, quanto grande!
Ghandi un mucchio di ossa, niente grosso, quanto grande!
Madre Teresa di Calcutta, niente grossa quanto grande!
Ecco il cuore del mio discorso, che cosa vuol dire educare? Vuol dire offrire valori perché senza valori l’educare non esiste, diventa solo allevamento.
Oggi ci sono dei genitori, troppi, che sono solo genitori allevatori e non educatori. Ai figli non piace essere solo allevati. L’uomo non ama fare la bestia e ci sono dei genitori che trattano i figli come bestioline.
Guardate le domande dei genitori agli esperti di certe riviste che parlano di problemi familiari: tutte domande di allevamento, non una di educazione. "Quale merendina deve portare a scuola?" E’ la stessa cosa che dire "Quale mangime devo dare al mio coniglio?". "Quale acqua può bere?" "Il mio Bambino è allergico al pesce, come fare per dare una dieta equilibrata?". Domande di allevamento. Occorre allevare ma anche educare. Bisogna dare valori ai figli. Esempio: "Lavati i denti!" bisogna dirlo al bambino, ma siamo nell’allevamento. "Lavati le parole!", siamo nell’educazione. "Mangia, mangia, mangia!" à allevamento. "Ringrazia chi ti ha preparato da mangiare!"à educazione. "Gioca!" à allevamento. "Fermiamoci un momento, facciamo un po’ di silenzio, preghiamo un poco!" à siamo nell’educazione.

# Lasciare un bel ricordo
Educare è lasciare un bel ricordo. Educare è lasciare un buon ricordo ai figli perché, comunque sia, un ricordo si lascia. È impossibile dimenticare papà e mamma. Voi sarete proiettati e presenti abbondantemente nel 2070-2090. Non voi come persone vive ma in qualcuno che vi ha dentro di sé. Quando mio nonno faceva qualcosa non vedeva che io lo stavo fotografando e che adesso nel 2001 sviluppo quella fotografia. Quando mio papà nel ‘37 sentiva Radio Londra a mezzanotte (io avevo 5 anni), lui non sapeva che quelle parole io le avrei memorizzate e che ancora oggi le tiro fuori e potrei ripeterle. Il ricordo è prevalentemente positivo.
Agli inizi del 1900 uno scrittore ha detto:
"Sapete perché Dio ha donato la memoria agli uomini? Dio ha dato al memoria agli uomini perché potessero avere le rose anche in dicembre."
Sono convinto che i vostri bambini un domani potranno dire:
"La memoria mi è stata data da Dio per ricordarmi di aver avuto un buon papà e una buona mamma."

Tenere d’occhio la vita di coppia.

(Quando due elefanti si combattono, chi ci rimette è l’erba del prato).

Alcune spie della crisi di coppia indicatrici che qualcosa non va:

Alcuni suggerimenti perché la vostra sia una coppia a prova di terremoto:

Per la riflessione:
- Quali sono le regole del nostro gioco con i figli nella vita?