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Accompagnare le coppie in crisi
Aprire le porte della nostra casa e offrire cuore, tempo, ascolto per accompagnare
le coppie che cercano aiuto per salvare il loro matrimonio.
Nellautunno dello scorso anno, su invito di Manuela e Gigi
Lombardi, abbiamo partecipato a Loreto ad una tre giorni organizzata dal Forum delle
Associazioni Familiari. Nellincontro vi sono stati momenti di riflessione morale,
sociologica e giuridica sulla famiglia fondata sul matrimonio (era lepoca dei DICO!)
e momenti statutari, come lassemblea nazionale del Forum. Ma per noi il momento più
significativo è stata probabilmente lora di preghiera allinterno delle mura
della Santa Casa, al di fuori dellorario di apertura al pubblico. Ciò è stato
possibile grazie allinteressamento di don Nicolli, responsabile dellUfficio
famiglia della CEI, e alla disponibilità del rettore del santuario.
Nel viaggio di ritorno verso Torino, forse ispirati da quelle povere mura di pietra che
avevano accolto la santa famiglia di Nazareth, ci siamo posti una domanda
"banale".
Tutto ciò che avevamo sentito sulla famiglia era stato significativo, importante ma noi,
concretamente, cosa potevamo fare per tutte quelle famiglie che vedevano il loro
matrimonio andare in crisi? In questi casi i bei discorsi non possono bastare, servirebbe
qualcosa di più: cosa?
Ci sono i consultori di ispirazione cattolica, ci sono sacerdoti impegnati su questo
fronte, ci sono case di accoglienza e di spiritualità per la famiglia, ma le singole
coppie possono fare qualcosa?
La risposta che noi quattro ci siamo dati è stata questa: non siamo degli esperti, non
abbiamo competenze specifiche, ma quello che possiamo fare è: aprire le porte della
nostra casa, grande o piccola che sia, ed accogliere, ascoltare e accompagnare queste
coppie, nella convinzione che la crisi la possono superare solo loro ma, se ascoltati, la
situazione che vivono possa diventare più chiara e, anche in caso di insuccesso,
uneventuale separazione possa essere meno traumatica sia per loro che per gli
eventuali figli.
Abbiamo deciso di schematizzare questa semplice idea in dieci punti (vedi sotto) che poi
abbiamo sottoposto a don Valter Danna, responsabile dellUfficio famiglia di Torino,
trovando unaccoglienza positiva. Ne è scaturito un cammino di cinque incontri
formativi, coordinati dagli esperti del consultorio Punto Familia di Torino, a cui hanno
partecipato una ventina di coppie disponibili che ora si apprestano a mettere in pratica
quanto hanno imparato ma, soprattutto, ad aprire la loro casa e il loro cuore a chi ha
"meno" di loro.
Noris e Franco Rosada
I DIECI PUNTI DELLA PROPOSTA
1 - Individuare e contattare un certo numero di coppe sensibili al
problema (minimo dieci) disponibili ad impegnarsi, con i loro ordinario bagaglio di
esperienze e conoscenze, allascolto e allaccompagnamento delle coppie in
crisi.
2 - Pubblicizzare liniziativa e fornire un numero di telefono che, ad orari
definiti, possa ricevere le chiamate (p.e. Ufficio Famiglia diocesano, lun.-ven. ore
9-12).
3 - Chi risponde deve prendere nota di: nome, telefono, orari di reperibilità, età
indicativa della coppia, età dei figli (se ve ne sono).
4 - Contatta direttamente, o tramite una coppia referente delliniziativa, una delle
coppie disponibili allaccoglienza e allascolto di età e composizione
familiare non troppo dissimile dalla coppia richiedente.
5 - La coppia che si rende disponibile deve, entro quarantotto ore dalla chiamata,
contattare il chiamante e fissare un appuntamento presso il proprio domicilio.
6 - Nellincontro (durata max: due ore) si accoglie e si ascolta la coppia (sperando
che vengano tutti e due).
7 - In base a quanto ascoltato e condiviso la coppia disponibile propone:
a - Ulteriori incontri di condivisione e, comunque, il mantenimento dei
contatti. In subordine:
b - Incontro con un esperto (counseling, psicologo, sessuologo, sacerdote,
ecc.).
c - Contatti con unassociazione (consultorio cattolico, avvocati
familiaristi cattolici, associazione "Genitori per sempre", ecc.).
8 - Lapproccio è, innanzi tutto, orientato al prendersi cura e
allaccompagnamento della coppa richiedente (punto 7a) facendosi aiutare, se e quando
serve, anche da altre coppie disponibili. I punti 7b e 7c vanno proposti solo a ragion
veduta o su esplicita richiesta degli interessati.
9 - Le coppie disponibili è bene che si incontrino periodicamente per:
- Confrontare le esperienze maturate.
- Valutare landamento del servizio, le difficoltà incontrate, le
soluzioni da proporre con lauto di uno o più esperti.
- Approfondire il valore umano, sociale e sacramentale del proprio
matrimonio.
10 - Se liniziativa dimostrasse la propria validità, recuperando un numero
significativo di matrimoni in crisi, la si potrebbe estendere anche ai matrimoni civili,
con un progetto adeguato che coinvolga lamministrazione territoriale.
Questa proposta può essere migliorata e integrata in base alle singole realtà locali.
Manuela e Luigi Lombardi, Noris e Franco Rosada
SOSTENERE LE COPPIE IN DIFFICOLTA'
Oggi è sempre più vasto il sottobosco delle coppie in crisi, che si trascinano in una
relazione impoverita e quindi a rischio
Molte crisi oggi maturano in un clima di grande solitudine, nel contesto di una vita
frenetica nella quale la coppia è coinvolta suo malgrado nel perseA'guire molti obiettivi
o nel rincorrere molti sogni
La coppia in crisi non riuscirà mai a uscirne da sola! Qui si apre uno spazio nuovo,
anche se non totalmente inedito, alle responsabilità e al servizio della comunità
cristiana
Lesperienza dei gruppi famiglie e dei percorsi formativi offerti da molte
associazioni, movimenti e (purtroppo) poche parrocchie, dimostra che lì dove la coppia è
agganciata a solidi punti di riferimento
essa corre molto meno il rischio della
crisi irreversibile.
In secondo luogo la comunità cristiana dovrà farsi carico maggiormente delle coppie in
crisi. Se il Direttorio di pastorale familiare dedica un intero capitolo alle
"famiglie in situazione difficile o irregolare", non dice praticamente nulla
invece riguardo alle coppie in difficoltà di relazione.
In passato si è sempre ritenuto che una coppia in crisi, avendo bisogno di un aiuto
competente e specifico, fosse un problema che riguardava soltanto le strutture
consultoriali o i professionisti.
Una maggiore attenzione della Chiesa alle coppie in crisi potrebbe portare anche a una
svolta pastorale. Se provassimo davvero a mettere questi "nuovi poveri" al
centro dellattenzione, forse saremmo anche in grado di fare una pastorale familiare
più realistica e più attenta al vissuto delle persone e non improntata solo agli ideali
e alle nostre attese; una pastorale capace sì di sognare, ma anche capace di stare al
passo e di condividere la sofferenza che nasce lungo il percorso di una famiglia
don Sergio Nicolli, direttore dellUfficio Cei per la pastorale
familiare
Tratto da: Famiglia Oggi, San Paolo Milano, n. 8/9 2006
IL PARERE DELL "ESPERTO"
Formare i volontari disponibili ad aiutare le coppie in crisi: perché
mai? Le coppie a cui è stata avanzata la proposta erano tutte scelte per conoscenza
diretta. Fin dal primo incontro è stato chiaro che si trattava di persone un po
speciali sia per il bagaglio di esperienze umane e cristiane, sia per la capacità di
mettersi in discussione.
Eppure era indispensabile chiarirsi premesse, obiettivi e possibili itinerari. Quando tra
le pareti domestiche si consumano tragedie, quelle eclatanti della cronaca nera o quelle
silenziose di ogni giorno, accade che i vicini dicano: Non ci eravamo accorti di nulla. Ma
accade anche che segnali ce ne siano molti. Parenti e amici sanno, nessuno fa nulla,
talvolta per comodità, ma certo anche perché non si sa che fare, come muoversi.
Il senso di impotenza e di rimorso che molti di noi hanno provato di fronte alla fine del
matrimonio di qualcuno a cui vogliamo bene è forse, al di là di tante spiegazioni
razionali, la motivazione più forte allesigenza di formarsi per
aiutare: se cè qualcosa da fare, facciamolo, ma facciamolo bene.
Ovvio che il percorso non fosse mirato a creare una piccola batteria di consulenti
familiari: la formazione degli specialisti, di chi ha approfondito le dinamiche, le
rigidità e le patologie della relazione di coppia, nonché le strategie per modificarle,
non è improvvisabile in pochi incontri. Occorreva però sgombrare il terreno da una serie
di possibili equivoci, quelli più legati ai luoghi comuni.
I formatori sono partiti dal principio che non si poteva far riferimento a un protocollo
rigido, tipo manuale del pronto soccorso per coppie in crisi: ogni persona e
ogni coppia è unica, naturalmente compresi i volontari. Valeva invece la pena di valutare
anzitutto se stessi, di riflettere sui processi decisionali e sulle difficoltà della
propria coppia, perché soprattutto chi offre aiuto deve prendere contatto con i propri
limiti, anziché ignorarli per un malinteso senso di altruismo. Questo passaggio aiuta
anche a ridimensionare la dinamica della crocerossina, a colmare
leventuale distanza tra chi offre e chi riceve laiuto. In questa stessa
direzione va lanalisi delle motivazioni: guardandoci dentro con spietata sincerità
possiamo distinguere quelle interne, cioè non indotte da pressioni altrui, e valutarne la
positività, che non è mai totale. Come dire che è utile riconoscere i lati meno nobili
di noi e anche gli aspetti più ingenuamente idealistici.
A questo punto lattenzione si è rivolta a chi chiede aiuto, partendo
dallesperienza dei volontari. Si è riflettuto sulle proprie reazioni emotive (mai
ininfluenti) sia personali che del partner, rispetto alla coppia in crisi,
sullanalisi della domanda (ciò che chiedono è davvero il problema?) e sul proprio
atteggiamento (quel che abbiamo detto/fatto è stato utile? lo rifaremmo tal quale?).
Infine il breve percorso si è soffermato sulle modalità di aiuto. È emersa con
chiarezza la validità di una parola chiave che ha fatto da filo rosso a tutto il progetto
(e infatti era inclusa anche nel titolo): accompagnare. Non si tratta tanto di dire
o di non dire qualcosa, di dare questo piuttosto che quel consiglio. Si tratta di
affiancarsi offrendo soprattutto ascolto, accoglienza emotiva e, alloccorrenza,
aiuto pratico. Di porsi alla pari, non uno scalino più in su, senza improvvisarsi
psicologi-fai-da-te. Di inviare a professionisti e strutture apposite, preparando il
terreno perché la proposta venga accolta, tutte le volte che se ne avverte la necessità.
In conclusione i partecipanti hanno percepito unesigenza di ulteriore
approfondimento. Hanno chiesto di confrontarsi e di avere supporto rispetto alle relazioni
di aiuto che si troveranno a gestire.
Servirà al progetto questo percorso di formazione? Ci sarà veramente una serie di
affiancamenti che salveranno tanti (o pochi) matrimoni? Lo speriamo. La formazione non
andrà comunque perduta. Le situazioni quotidiane in cui metterla a frutto non mancano di
certo.
Mariella Piccione, mediatrice familiare, consulente Punto Familia, Torino
LESPERIENZA DELLA DIOCESI DI MODENA
"Hai due minuti?", "Mi puoi ascoltare un attimo?".
Sono spesso grida di aiuto di chi ha il cuore gonfio di dolore e ha bisogno di condividere
un fardello troppo pesante. Chi ascolta a volte però sperimenta il proprio limite e la
propria impotenza che è una delle realtà umane più difficili da accettare, ma cè
dietro un gran desiderio di bene che sostiene e rimotiva chi si rende disponibile, e che
proviene dalla Parola di Dio, sia dellAntico Testamento ("ascolta,
Israele!") , sia del Nuovo testamento ("camminava con loro e li
ascoltava
").
È nata quindi questa esigenza di formare operatori pastorali preparati allascolto
con lobbiettivo di promuovere nel modo più completo possibile la pastorale del
"disagio in famiglia", a partire dai primi segni di difficoltà relazionali,
fino alla pastorale dei separati e dei divorziati risposati.
Abbiamo quindi invitato alcune coppie e un sacerdote che provenissero da diverse parti
della nostra Diocesi di Modena Nonantola, e abbiamo offerto loro un percorso di
educazione allascolto che in itinere è divenuto triennale, a fronte del progetto
iniziale che prevedeva solo 10 incontri nellarco di un anno. Lesperienza per
noi è stata così significativa che per ben due volte abbiamo chiesto alla dottoressa
Giovanna Scarpelli, nostra amica, insegnante e guida, di proseguire per un altro anno.
La qualità delle relazioni a seguito di questi incontri per noi è cambiata
completamente: abbiamo sperimentato personalmente la bellezza di sentirci ascoltati col
cuore e con la mente, senza essere giudicati o interrotti, con profondo rispetto anche dei
nostri tempi, delle nostre opinioni e delle nostre fragilità.
Di contro abbiamo provato la grande fatica dellascolto attivo, che richiede un
impegno ed uno sforzo notevolissimo per essere tale, ma che porta frutti insperati di
sollievo e di pace. Ora siamo pronti a mettere a frutto la competenza acquisita nei
diversi vicariati di provenienza, sia attivando percorsi per separati e
divorziati-risposati (come già facciamo in città da alcuni anni), sia come punti di
riferimento preparati ad accogliere ed ascoltare chi lo richiede, per creare un primo
contatto con le situazioni di disagio che possono poi essere eventualmente indirizzate al
servizio diocesano professionalmente competente in materia che è il "Centro di
Consulenza per la Famiglia" o alla "Casa di spiritualità coniugale e
familiare" per percorsi più attinenti al cammino di fede.
Ambedue questi servizi hanno luogo nella stessa struttura pastorale, per offrire alla
famiglia con maggior facilità quello di cui può avere bisogno. Attualmente abbiamo
attivato un secondo percorso di Educazione allascolto, frequentato da unaltra
decina di operatori.
Il Centro di Consulenza e la dottoressa Scarpelli rimangono comunque e sempre i punti di
riferimento per un confronto ed una supervisione a disposizione di tutti gli operatori
pastorali in questo campo. Siamo allinizio di una pastorale familiare diversa e
nuova: il Signore benedica il nostro sforzo di vivere la Sua volontà!
Raffaella Benatti , corresponsabile dellUfficio Famiglia di
Modena-Nonantola
Pagina aggiornata il 12 novembre 2007 |