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I
Era il tramonto: ai garruli trastulli
erano intenti, nella pace dell’oro
dell’ombroso viale, i due fanciulli.
Nel gioco, serio al pari d’un lavoro,
corsero a un tratto, con stupor dei tigli,
tra lor parole grandi più di loro.
A sé videro nuovi occhi, cipigli
non più veduti, e l’uno e l’altro, esangue,
ne’ tenui diti si trovò gli artigli,
e in cuore un’acre bramosia di sangue;
e lo videro fuori, essi, i fratelli,
l’uno dell’altro per il volto, il sangue!
Ma tu, pallida (oh! i tuoi cari capelli
strappati e pésti!), o madre pia, venivi
su loro, e li staccavi, i lioncelli,
ed "A letto" intimasti "ora, cattivi!"
II
A letto, il buio, li fasciò, gremito
d’ombre più dense; vaghe ombre, che pare
che d’ogni angolo al labbro alzino il dito.
Via via fece più grosso onde e più rare
il loro singhiozzo, per non so che nero
che nel silenzio si sentia passare.
L’uno si volse, e l’altro ancor, leggiero:
nel buio udì l’un cuore, non lontano
il calpestio dell’altro passeggero.
Dopo breve ora, tacita, pian piano,
venne la madre, ed esplorò col lume
velato un poco dalla rosea mano.
Guardò sospesa; e i buoni oltre il costume
dormir li vide, l’uno all’altro stretto
con le sue bianche aluccie senza piume;
e rincalzò, con un sorriso, il letto.
III
Uomini, nella truce ora dei lupi,
pensate all’ombra del destino ignoto
che ne circonda, e a’ silenzi cupi
che regnano oltre il breve suon del moto
vostro e il fragore della vostra guerra,
ronzio d’un’ape dentro il bugno vuoto.
Uomini, pace! Nella prona terra
troppo è il mistero; e solo chi procaccia
d’aver fratelli in suo timor, non erra.
Pace, fratelli! E fate che le braccia
ch’ora o poi tenderete ai più vicini,
non sappiano la lotta e la minaccia
E buoni veda voi dormir nei lini
placidi e bianchi, quando non intesa,
quando non vista, sopra voi si chini
la Morte con la sua lampada accesa.
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