Aforismi e citazioni



-- Per arrivare all’alba non c’è altra via che la notte.
(Khalil Gibran)

-- Saying this, he turned his head toward the window as if he were trying to solve the problems of human existence by concentrating on the beauty of the universe.
(Khalil Gibran, Broken Wings - The Hand of Destiny)

-- Signore Gesù Cristo,
Figlio di Dio,
abbi pietà di me,
peccatore.
(Preghiera di Gesù)

-- In the sciences ... if anyone advances anything new ... people resist with all their might; they speak of the new view with contempt, as if it were not worth the trouble of even so much as an investigation or a regard; and thus a new truth may wait a long time before it can win its way.
(Goethe)

-- Men love to wonder, and this is the seed of scienze.
(Ralph Waldo Emerson)

-- For every question that is answered, many more will arise.

-- Credere è una bella cosa, ma mettere in atto le cose in cui si crede è una prova di forza. Sono molti coloro che parlano come il fragore del mare, ma la loro vita è poco profonda e stagnante come una putrida palude. Sono molti coloro che levano il capo al di sopra delle cime delle montagne, ma il loro spirito rimane addormentato nell'oscurità delle caverne.
(K. Gibran, I segreti del cuore - La tempesta)

-- Non si nasce liberi, lo si diventa. Non basta sperare, è necessario osservare una certa disciplina per realizzare i propri sogni.
(Bjorn Larsson)

-- Mi ricordo con quanto stupore mi accorsi che la natura era indifferente a quel che accadeva: le castagne cominciavano a maturare, le prime nebbie a salire dalla valle. Nell'aria sentivo il solito, lontano frusciare del torrente e lo scampanellio delle capre della Brunalba. La natura era assolutamente disinteressata ai nostri drammi di uomini, come se davvero non contassimo nulla e potessimo anche scomparire senza lasciare un gran vuoto.
...
-- Da allora mi sono praticamente ritirato dal mondo. Passo gran parte del tempo nell'Himalaya e godo enormemente di non avere scadenze tranne quelle della natura: il buio è l'ora di andare a letto, la prima luce l'ora di alzarsi. Dove abito, in un posto isolato a due ore di macchina dal primo centro abitato, più un'ora a piedi attraverso una foresta di rododentri giganti, non c'è nè luce nè telefono e così non ho distrazioni tranne quelle piacevolissime degli animali, degli uccelli, del vento e delle montagne.
...
-- In fondo trovo difficile questo definirmi. Sono arrivato alla mia età senza mai aver voluto appartenere a nulla, non a una chiesa, non a una religione: non ho avuto la tessera di nessun partito, non mi sono mai iscritto a nessuna associazione, nè a quella dei cacciatori nè a quella per la protezione degli animali. Non perchè non stia naturalmente dalla parte degli uccellini e contro quegli omacci col fucile che sparano nascosti in un capanno, ma perchè qualunque organizzazione mi sta stretta. Ho bisogno di sentirmi libero. E questa libertà è faticosa perchè ogni volta, davanti ad una situazione, quando bisogna decidere cosa pensare, cosa fare, si può solo ricorrere alla propria testa, al proprio cuore e non alla facile linea, pronta all'uso, di un partito o alle parole di un testo sacro.
(Tiziano Terzani, Lettere contro la guerra - 10 settembre 2001: il giorno mancato)

-- Oggi l'economia è fatta per costringere tanta gente a lavorare a ritmi spaventosi, per produrre delle cose per lo più inutili che altri lavorano a ritmi spaventosi per poter comprare, perché questo è ciò che dà soldi alle società multinazionali, alle grandi aziende, ma non dà felicità alla gente. Io trovo che c'è una bella parola in italiano che è molto più calzante della parola "felice", ed è "contento". Accontentarsi, uno che si accontenta è un uomo felice.
(Tiziano Terzani)

-- I due amici tacevano. Né l'uno né l'altro riprendevano a parlare. Pierre sogguardava ogni tanto il principe Andrej che si passava la piccola mano sulla fronte.
        «Vogliamo andare a cena?» disse poi con un sospiro, alzandosi e dirigendosi verso la porta.
        Entrarono in una stanza da pranzo arredata a nuovo con lussuosa eleganza. Tutto, dai tovaglioli all'argenteria, dalle porcellane alle cristallerie, recava in sé quella particolare impronta di cosa nuova tipica delle case dei giovani sposi. Verso la metà della cena il principe Andrej si appoggiò con i gomiti alla tavola e, come accade quando si ha da molto tempo qualcosa sul cuore e a un tratto ci si decide a manifestarla, cominciò a dire con un'espressione d'irritato nervosismo quale Pierre non aveva mai riscontrato nel suo amico:
        «Non ti venga mai in mente di sposarti, mio caro; questo è il mio consiglio, non prender moglie finché non avrai potuto dire a te stesso che hai fatto tutto il possibile per evitarlo, finché non avrai smesso d'amare la donna che hai scelto, finché non la vedrai come in trasparenza, altrimenti sbaglierai crudelmente e senza alcun rimedio. Sposati da vecchio quando non sarai buono a nulla... Altrimenti andrà perduto tutto ciò che in te è buono ed elevato. Tutto si disperderà in piccolezze. Sì, sì! Non guardarmi così meravigliato. Se speravi qualcosa dall'avvenire, a ogni passo sentirai che per te tutto è finito, tutto ti è precluso, tranne il salotto dove ti trovi gomito a gomito con i lacchè di corte e con gli imbecilli... Ma a che pro, parlare di me!»
        Ed ebbe un gesto brusco della mano.
        Pierre si era tolto gli occhiali, e il suo viso era cambiato rivelando più apertamente la sua bontà. Guardava l'amico, stupito.
        «Mia moglie,» continuò il principe Andrej, «è una donna perfetta. Per quanto riguarda il proprio onore è una di quelle rare donne con le quali si può esser tranquilli; ma, mio Dio, che cosa darei, ora, per non essere sposato! Sei il primo e il solo al quale lo confesso, perché ti voglio bene.»
        Mentre diceva queste parole il principe Andrej somigliava meno che mai a quel Bolkonskij che sedeva sprofondato nelle poltrone di Anna Pavlovna e strizzando le palpebre pronunciava frasi francesi tra i denti. Il suo volto scolpito tremava tutto per l'eccitazione nervosa d'ogni muscolo; gli occhi nei quali poco prima il fuoco della vita sembrava spento, adesso brillavano d'un vivido fulgore fiammeggiante. Si vedeva che quanto più spento egli pareva d'ordinario, tanto più energico appariva nei momenti d'esaltazione.
        «Tu non puoi capire perché io parli così,» proseguì. «Ma qui è in gioco la sorte d'una vita. Bonaparte e la sua carriera, dici tu,» soggiunse, quantunque Pierre non avesse menzionato Bonaparte, «Bonaparte, dici; ma Bonaparte, mentre agiva e passo per passo procedeva verso il suo scopo, era libero, non aveva altra preoccupazione che quel suo scopo, e l'ha raggiunto. Ma se ti leghi a una donna, sei come un forzato con la palla al piede: perdi ogni libertà. Le speranze e le forze che hai in te non fanno altro che opprimerti e torturarti con l'amarezza del pentimento. Salotti, intrighi, balli, vanità, nullità: ecco il cerchio magico dal quale io non posso uscire. Adesso parto per la guerra, per la più grande guerra che ci sia mai stata; ma non c'è nulla che io sappia, nulla a cui sia adatto. Je suis très aimable et très caustique,» continuò il principe Andrej, «e in casa di Anna Pavlovna sono ascoltato. E questa società stupida, senza la quale mia moglie non può vivere, e queste donne... Se tu sapessi cosa sono toutes les femmes distinguées e le donne in genere! Mio padre ha ragione: egoismo, vanità, meschinità, nullità in tutto e per tutto: ecco le donne quando si mostrano per quel che realmente sono. Se le osservi quando sono in società ti sembra che qualcosa, bene o male, ci sia; e invece niente, niente, niente! Davvero credimi, amico mio: non ti sposare,» concluse il principe Andrej.
        «Mi pare buffo,» disse Pierre, «che proprio voi vi consideriate un fallito, e consideriate la vostra vita una vita sciupata. Avete ancora tutto, dinanzi a voi...»
        Pierre non disse cosa intendesse con quel voi, ma già il suo tono mostrava quale alta stima avesse dell'amico e quanto si attendesse da lui per l'avvenire.
        «Come può dire una cosa simile!» pensava Pierre.
Considerava il principe Andrej il modello di tutte le perfezioni appunto per il fatto che il principe Andrej univa in sé al più alto grado tutte le qualità che Pierre non aveva e che, con la massima approssimazione, si possono esprimere col concetto di forza di volontà. Pierre si stupiva sempre della capacità del principe Andrej di affrontare con naturalezza qualsiasi tipo di persone, della sua memoria eccezionale, della sua erudizione (lui leggeva tutto, sapeva tutto, di tutto aveva nozione) e più d'ogni altra cosa della sua capacità di lavorare e di studiare. Se spesso Pierre era colpito dalla mancanza in Andrej della capacità di abbandonarsi alla meditazione fantastica (alla quale Pierre era particolarmente incline), anche in ciò egli era indotto a vedere non un difetto, ma una forza.
        Anche nei rapporti migliori, più amichevoli e più semplici che possono sussistere fra gli uomini, la lusinga o la lode sono necessari come il grasso è necessario alle ruote perché girino.
«Je suis un homme fini,» disse il principe Andrej. «A che serve parlare di me? Parliamo di te piuttosto,» aggiunse dopo un momento di silenzio, sorridendo ai propri consolanti pensieri. Nello stesso istante quel sorriso si rispecchiò sulla faccia di Pierre.
        «Cosa si può dire di me?» disse Pierre, allargando la bocca in un sorriso spensierato e sereno. «Chi sono io? Je suis un bâtard!» E improvvisamente si fece di bragia. Si capiva che aveva fatto un grande sforzo per dire quelle parole. «Sans nom, sans fortune... E del resto...» Ma non spiegò a cosa si riferisse con quel «del resto». «Per ora sono libero, e mi trovo bene. Ma non so assolutamente cosa devo fare. Volevo consigliarmi seriamente con voi.»
        Il principe Andrej lo guardava con occhi buoni. Il suo sguardo, amichevole e affettuoso, esprimeva tuttavia la consapevolezza della propria superiorità.
        «Tu mi sei caro soprattutto perché sei l'unico uomo vivo in tutto il nostro mondo. Ti piace vivere. Scegli ciò che vuoi; una cosa vale l'altra. Tu ti troverai bene dovunque, ma lascia che ti dica una cosa sola: smetti di andare da quei Kuragin, di fare questa vita. Queste cose ti si addicono così poco: quelle baldorie, quell'atmosfera da ussari, e tutto il resto...»
        «Que voulez-vous, mon cher,» disse Pierre, stringendosi nelle spalle, «les femmes, mon cher, les femmes!»
        «Non capisco,» rispose Andrej. «Les femmes comme il faut sono un'altra cosa; ma les femmes di Kuragin, les femmes et le vin, no, questo non riesco a capirlo.»
        Pierre abitava in casa del principe Vasilij Kuragin e prendeva parte alla vita dissoluta di suo figlio Anatol', quello stesso che avevano intenzione di ammogliare con la sorella del principe Andrej per rimetterlo sulla retta via.
        «Sapete che cosa vi dico?» disse Pierre, come se a un tratto gli fosse venuta un'idea felice, «sul serio, ci pensavo da tempo. Con la vita che faccio non riesco a riflettere né a decidere nulla. La testa mi duole, sono senza denaro. Oggi mi ha invitato, ma non ci andro.»
        «Dammi la tua parola d'onore che non ci andrai!»
        «Parola d'onore!»
(Tolstoj, Guerra e pace)



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