Il metodo sperimentale
Anzitutto, che cos’è il metodo sperimentale? Possiamo dire, in prima approssimazione, che si tratta del "metodo", usato dagli scienziati, per indagare in campo scientifico, per accrescere le conoscenze scientifiche, per elaborare, costruire e mettere alla prova nuove teorie. Non sempre le discipline scientifiche sono state dotate di un efficace metodo d'indagine, anzi si può forse dire che le moderne scienze sperimentali (come ad es. la fisica, la chimica, la biologia, la medicina, ma non la matematica che è una disciplina prettamente deduttiva, che cioè si avvale quasi esclusivamente di metodi deduttivi e logici) nascono proprio nel periodo in cui viene elaborato il metodo sperimentale, e quindi nel momento in cui queste discipline si muniscono di un potente ed efficace metodo di indagine. Il metodo sperimentale nasce sostanzialmente nel ‘600, ad opera soprattutto di Galileo Galilei, il quale pose i fondamenti del metodo stesso. Prima di Galileo, dunque, la scienza non era dotata di un adeguato metodo d'indagine; in questo senso possiamo considerare Galileo non soltanto un grande fisico, ma addirittura il primo fisico della storia e più in generale il padre della scienza come la concepiamo modernamente. Prima dell’avvento del metodo sperimentale l’uomo aveva ovviamente già manifestato interesse nello studio della natura, ma senza possedere gli strumenti adeguati per portare avanti questa impresa. L’antica civiltà greca, ad esempio, aveva dato luce a numerosi "filosofi" che avevano tra i loro obiettivi quello di conoscere il mondo ed i fenomeni naturali. Il loro metodo d'indagine, tuttavia, era di natura quasi esclusivamente speculativa (basato cioè sul ragionamento). Possiamo dire, in maniera schematica, che quando un filosofo dell’antica civiltà greca si trovava di fronte ad un problema riguardante la natura o un fenomeno naturale, il problema stesso veniva affrontato quasi esclusivamente mediante l’elaborazione di ragionamenti teorici ed astratti. E gli antichi greci caddero nell’errore di attribuire a questo metodo, basato in modo esclusivo sul ragionamento, la capacità di rispondere in maniera adeguata alle esigenze di conoscenza della natura. Per evidenziare la fiducia riposta dai filosofi greci nel metodo deduttivo basta considerare l’esempio di Zenone di Elea il quale, facendo dei ragionamenti che egli riteneva corretti, dedusse che il concetto di movimento implicasse delle contraddizioni. Uno dei più famosi di questi ragionamenti era il cosiddetto paradosso di Achille e della tartaruga, secondo il quale il velocissimo Achille non avrebbe mai potuto raggiungere una lentissima tartaruga in una gara di velocità se quest’ultima avesse avuto anche un leggerissimo vantaggio sul primo. In questo modo Zenone dedusse che il movimento è un’illusione, e questo testimonia la fiducia assoluta riposta dal filosofo nel ragionamento, il primato da egli attribuito alla ragione sull’osservazione. Uno di noi, piuttosto che negare il movimento, avrebbe concluso che il ragionamento deve contenere un errore: non così Zenone di Elea. Ricapitolando e schematizzando si può dire che gli antichi greci pensavano che tutti i problemi posti dalla natura potessero essere affrontati mediante il ragionamento, la discussione ed il confronto tra i filosofi, mediante l’analisi intellettuale. Questa convinzione ha dominato la civiltà occidentale fino all’avvento del metodo sperimentale, nel ‘600. Per capire l’importanza e l’efficacia del metodo sperimentale, basta pensare all’accelerazione che il metodo stesso ha impresso alla crescita ed allo sviluppo delle scienze. Si può dire che negli ultimi quattro secoli i progressi scientifici sono stati molto più rapidi che in passato. Cerchiamo dunque di approfondire in cosa consista questo metodo sperimentale, e di capire quale ingrediente mancò agli antichi filosofi greci ed impedì il decollo della loro conoscenza della natura. Per capire meglio la natura del metodo di indagine degli antichi greci e metterlo a confronto con il metodo sperimentale, facciamo riferimento ad un esempio concreto ed analizziamo in che modo i greci e Galileo avrebbero studiato un particolare fenomeno, la caduta degli oggetti pesanti; in particolare supponiamo che il problema sia quello di stabilire se cadono più rapidamente gli oggetti più pesanti o quelli più leggeri, come ad esempio una palla di piombo ed una di legno delle stesse dimensioni. I greci avrebbero cominciato ad elaborare con il ragionamento delle teorie; uno di loro avrebbe sostenuto un’ipotesi, un altro filosofo l’ipotesi opposta, e avrebbero cominciato a discutere tra di loro, ognuno difendendo con i discorsi ed i ragionamenti la propria convinzione; ma a nessuno di loro sarebbe venuto in mente di fare ciò che fece Galileo, cioè chiedere alla stessa natura se sono gli oggetti più pesanti a cadere più rapidamente o gli oggetti più leggeri. E questa domanda può essere posta alla natura mediante un esperimento: Galileo salì sulla torre di Pisa e fece cadere nello stesso istante una palla pesante ed una leggera ed osservò che giungevano al suolo insieme. L’ingrediente fondamentale che mancava al metodo di indagine degli antichi greci e che è stato aggiunto con l’avvento del metodo sperimentale è proprio l’esperimento. Il metodo sperimentale, che analizzeremo in dettaglio più avanti, non si avvale tuttavia unicamente della possibilità di eseguire degli esperimenti, ma si avvale anche di metodi deduttivi che vengono utilizzati insieme a quelli sperimentali. Possiamo quindi dire che il metodo sperimentale differisce dal metodo di indagine utilizzato dagli antichi filosofi greci perché arricchisce quest’ultimo con la possibilità di eseguire degli esperimenti. Abbiamo già osservato che, in un certo senso, l’esperimento è una domanda che lo scienziato pone alla natura; se l’esito di un esperimento fosse noto a priori, non avrebbe senso farlo; facendo un esperimento si raccolgono delle informazioni che ci vengono fornite dalla natura stessa; bisogna però osservare che a volte l’interpretazione di un esperimento può essere problematica e difficile. Cerchiamo ora di analizzare più in dettaglio, anche se in maniera un po’ schematica, in cosa consiste questo metodo sperimentale. Il metodo sperimentale può pensarsi costituito da quattro fasi:
Si potrebbe pensare, in questa fase, di eseguire esperimenti di caduta, con la misura delle grandezze specificate, utilizzando corpi di natura diversa (pesi diversi, materiali diversi, ecc.) e redigere una tabella come quella di sopra per ciascun corpo. Bisogna tenere presente che la descrizione che abbiamo dato del metodo sperimentale è molto schematica e semplificata, e può dare l’impressione che la metodologia da sola sia sufficiente e possa fare a meno dell’intuizione e delle capacità dei ricercatori, rispetto alle quali svolge un ruolo dominante. In effetti, anche se in alcuni casi potrebbe essere così, la realtà è generalmente molto più ricca e complessa. Bisogna osservare che diverse scoperte scientifiche sono avvenute non attraverso la realizzazione di un progetto supportato dall’applicazione di una metodologia rigorosa, ma grazie al caso ed alle grandi capacità di intuizione ed osservazione, alla tenacia ed all’intelligenza dei ricercatori. Basti ricordare, come esempi di scoperte in cui il caso ha giocato un ruolo importante, la scoperta della penicillina da parte di Alexander Fleming e la scoperta della radioattività da parte di Henri Becquerel. In generale, forse, si potrebbe dire che spesso la scoperta scientifica è frutto del caso o dell’intuito, mentre nel processo di elaborazione della scoperta l’applicazione di una metodologia di indagine può svolgere un ruolo significativo. Quanto abbiamo detto in queste righe, dunque, non deve essere considerato alla lettera, ma avendo la consapevolezza che l’esposizione è stata alquanto schematizzata e approssimata. |