"Les villes vues d'avion sont semblables
Les villes vues d'avion sont semblables
À des étoiles électroniques
Ce soir, écrasées
Au sol pour prendre racine
Et vivre ainsi étalées..."
Tutti
riconoscono a Stereolab il merito di aver saputo comporre un ibrido seducente
e singolare che mutua idee dalla musica easy francese anni sessanta, dalla colta
sperimentale (Riley, Reich, Glass) e dall'avanguardia europea (i cosmici Can,
Faust, Neu!, i Throbbing Gristle), traducendo tutto con una new-wave fine anni
ottanta resa diseguale e disarticolata.
Il leader e chitarrista Tim Gane ex McCarthy applica al progetto una forma ben
identificabile e ortodossa, dichiara di affidarsi alla strumentazione analogica
non per nostalgie retrò ma per un preciso motivo di suono, diretto e
più autenticamente efficace degli strumenti digitali a volte impersonali
e non abbastanza comunicativi.
Ecco allora l'impiego di organi Vox, Moog, Farfisa, Theremin; tastiere
e altri strumenti stravaganza che Gane colleziona sin da adolescente. Suoni
retrospettivi ma futuribili, appartenenti a diverse decadi e contesti, il cui
particolare utilizzo, avant, distorto o percussivo nello stesso ambiente è in grado di depistare, cogliere elementi di informazione sconosciuti ed estranei.
Opposizione e incoerenza, concezione ibrida e incrociata.
Questo corpo psichedelico surreale e assurdo è animato da una voce-identità
altrettanto costante, quella di Laetitia Sadier (già arruolata negli
ultimi McCarthy), dalla performance algida e monotona.
Liriche anarcoidi e agitanti vanno a comporre l'ultimo diseguale tassello.
Gane e Sadier si circondano di collaboratori polistrumentisti che durante gli
anni contribuiranno non poco alla definizione dei suoni. Il chitarrista Sean
O'Hagan (ex Microdisney e attivo negli High Llamas) le tastieriste Mary Hansen
(anche vocalista, recentemente scomparsa) e Katy Gifford, il batterista Andy
Ramsay, fino ai sound engeneer John McEntyre, Jim O'Rourke, Steve Stapleton.
Switched On Stereolab
(Too Pure 1991)
Peng! (Too Pure 1992)
Ambo i lavori presentano in modo diretto, a volte anche aspro, la multiforme
materia su cui agisce e manipola la band. Un impatto che ai tempi deve aver
sorpreso e spiazzato non poco.
Switched On é la testimonianza del primo e primissimo materiale edito
dal gruppo su 45 giri o ep.
Peng è il lavoro più classico e di riferimento del primo periodo.
Suoni in parte influenzati da dischi come Psychocandy e Loveless,
chitarre in distorsione, sound spectoriano, voce nascosta, come insinuata nelle
macchine, allarmante, testi anarcoidi agitati e inquieti: questi sono i primi
alchemici Lab, che molti preferiscono al resto, senza tutti i torti.
I tempi di Dots and Loops e
Microbe Hunters sono ancora, fortunatamente,
distanti anni luce.
Space Age Batchelor
Pad Music (Too Pure 1992)
Il loro Tapes faustiano, disgregato e anarcoide, psichicamente instabile.
Senza disporre dell'arte di montaggio artistico dello studio di Wumme, "Space
Age…" è un insieme affascinante ed esaustivo nella sua ristretta
durata.
Un condensato di capitoli del rock sperimentale, kraut, dissonanze elettroniche,
decadenza wave (le due versioni di "we're not adult-orientated", uno
degli incontestabili inni del gruppo), e istinti "survival" pop ("ronco
symphony", "U.H.F.-MFP", la ballata d'apertura "avant garde
M.O.R.").
Diviso in due lati, Easy listening e New wave, a dettare le direttive. Quest'opera
inaugura la collaborazione con il chitarrista e ingegnere del suono Sean O'Hagan,
degli High Llamas. Nella title track "(mellow)", O'Hagan riprende
appunto una melodia dei Llamas per ribaltarla, distorcerla con le tastiere fino
a farla stridere. Interessante. Quando la sentii per la prima volta, pensai
a uno scherzo di dubbio gusto.
"Space Age…" è tra le opere migliori del gruppo.
Low-fi (Too Pure 1993)
Un'altra opera subliminale, un mini di quattro brani fondamentali per vedere
la band in evoluzione. L'inventiva, i timbri sono ancora quelli delle prime
opere (si ascolti "laisser-faire"), ma l'intenzione è in squilibrio,
sperimentale e invasata.
L'atmosfera messa su dagli strumenti è austera e opprimente, possiede
un che di tragico-espressionista.
Chitarre distorte, vortici di synt rumoristi ("low fi", "varoom!"),
batteria costante. "varoom!" parte come pop per farsi trance recondita,
da incubo Suicide.
L'interpretazione cerebrale di Laetitia declama impassibile a zero gradi centigradi.
Ma è pur sempre pop, in questo caso pop fantasticheria, da incubo moderno,
futuribile e ben poco anteriore. Il pointing man mascotte del gruppo
ghigna sadi(sti)camente dalla copertina.
La stranite dilatazioni di "elektro" si rivolgono a Morton Subotnik,
e fluiscono volgendosi in vocalismi estasiati su base di chitarra.
Transient
Random Noise Bursts With Announcements (Too Pure 1993)
Indubbiamente ancora un grande disco, molto influenzato dalla psichedelica acida
krauta, ma determinante per la riscoperta in massa dei principali protagonisti,
molti dei quali allora non ancora ristampati e dimenticati, degli anni sessanta
e settanta.
Mars Audiac Quintet (Elektra/Duophonic 1994)
Con Mars Audiac Quintet gli Stereolab si impongono tra le migliori mutazioni
prodotte dai novanta.
Dopo i primi ottimi e algidi lavori che rielaborano avanguardia e cosmici a
suon di Moog e Farfisa, distorsioni e dissonanze, trance e percussioni, "Mars
Audiac Quintet" tra i primi all'epoca, immagina sistemi sonori retrò-sonici
speculando sulle potenzialità "estatiche" del suono space-pop.
Coerentemente si assegna licenze a delirare e indulgere, suscitando qualche
equivoco (la stampa considerò Stereolab artisti Post Rock).
Realizzato in gran parte su variazioni tematiche degli stessi accordi, questo
album va oltre alle aspettative degli stessi autori.
La prosodia costante e fredda di Laetitia Sadier ne fa una chanteuse indolente
ma adulta, alle prese con testi anarcoidi e allegorici.
Batteria incalzante e tastiere velvettiane producono un effetto narcotico e
reiterato, scambiato da alcuni per piatto ("three dee melodie", "anamorphose").
Trattasi di una tensione ambigua e immobilizzante modello minimalista.
Dilatazioni ed esplosioni emozionali ("wow & flutter","transona
five", le vertigini stranite di "des etoiles electroniques","new
ortophony") insieme favoriscono e negano adesione all'ascoltatore. "Ping
pong" è un'illuminante gemma pop dal testo insolito e serioso, per
amore di incoerenza. "International colouring.." é un'altra
meraviglia orbit-pop condensata, dominata da tastiere fluttuanti e naif omaggio
all'eccentrica virtuosa Lucia Pamela. La lirica "into outer space with
Lucia Pamela", più il campionamento vocale a incipit sono tratti
dal leggendario Lp di Lucia, una musa per i nostri.
Si ispirano creativamente a molti, ma gli Stereolab sono sempre se stessi. Anche
in pagine recenti in cui hanno abbandonato la sperimentazione, hanno contribuito
a una possibile comunione tra generi musicali popolari.
segue una breve intervista in cui Laetitia spiega il titolo del disco:
Terminal City:
The title of your new album, Audiac Quintet is pretty self-explanatory, but
what does Mars have to do with it?
Laetitia: Well, you'd be tempted to believe it is a reference to the
planet, but it isn't. It's an amplifier that Tim bought. He just loves that
amp, the looks and all. Do you know what an audiac is?
TC: Some sort of analogue keyboard, I would guess.
L: Eh, non, maybe, but no. The version we know is a piece of dentistry equipment
from the 60's that I don't think went very far. It's a headphone system you
wear, and in the headphones you hear the same frequency the drill is making
in your tooth. So by having the sound come through your ears
instead of your teeth, it would be more bearable, and enabled the dentist to
drill quite freely.
TC: It made the sound more
soothing?
L: Yeah. So that's an audiac, and the quintet, I think Tim just wanted us to
sound like some phony jazz band...slightly confusing.
Music For
The Amorphous Body Study Center (1994)
Vedi Aluminum Tunes - Switched On 3
Refried
Ectoplasm - Switched On 2 (1995 Elektra)
Un altra raccolta, la seconda della serie "Switched On", contenente
rari e inediti del periodo 1991-93.
Proteiforme la veste in cui si mostrano gli Stereolab, ancora una volta "diversi" e singolari, uno spirito e una dinamica creativa rivelatrice che producono esiti
puntualmente memorabili.
"Refried Ectoplasm" prova a coniugare funambolicamente pop retrò
(le varie "john cage bubblegum", "lo boob oscillator", "french
disko") wave spaziale (sintetizzatori su "harmonium", batteria
e organi distorti sulla incalzante "revox"), sperimentalismo etno-kraut,
collaborazione con l'industrial artist Steve Stapleton aka Nurse With Wound
("exploding head movie" e il solenne e indimenticabile rituale di
"animal or vegetable-a wonderful wooden reason", dal 10" vinilico
"Crumb Duck"). Lavorando con Stapleton, Gane ha avuto modo di esplorare
e sfogare il proprio subconscio più inconfessabile, più allucinato
e brutale.
Non mancano tocchi eccentrici (una versione country di "tone burst",
il rutilante pop-wave di "sadistic", il vortice d'organo su "farfisa"
-appunto- e su "tempter").
Un'ottima, saporitissima selezione.
Emperor Tomato Ketchup (1996 Elektra)
Due
anni dopo "Mars Audiac Quintet", "Emperor…" è
ancora costruito su elementi sperimentali, reiterativi, ma senza quell'organicità
e con più compromessi verso il formato canzone. Il risultato è interessante e polimorfo ma lascia un po' perplessi, sconcertati.
Appare incerta la via intrapresa da Gane e soci, sedotti da troppe voci di Sirena
finiscono per non seguirne nessuna.
"Emperor" non possiede la durata ambiziosa di "Mars", ma
nemmeno la qualità archetipica, le assorte virginali contemplazioni,
la pasta astrale. Qui le canzoni sono risanate, omologate, più dosate
per il pubblico, ma non privilegiate da un livello compositivo altrettanto distinto,
il che provoca inevitabilmente qualche crepa.
Più di un brano stucchevole è infatti presente ("percolator",
"les yper-sound", la traumatica "the noise of carpet") e
va un pò a minare l'edificio intaccando il grande livello presente altrove
(oltre alla title track, convincono soprattutto "anonymous collective",
"spark plug" e "Cybele's reverie", assieme "pack yr
romantic mind" la Stereolab preferita dal sottoscritto).
Malgrado le perplessità, alla stampa e allo stesso gruppo l'album piace,
e alcuni brani (come "metronomic underground" e "percolator" che sabota una linea melodica da Dave Brubeck) vengono di consueto ripresi nelle
esibizioni live, dove in effetti si fanno pienamente apprezzare. Dev'essere
questo insieme dunque, troppo soffocante e artefatto, a non farli circolare
bene del tutto.
Dots and Loops (1997 Duophonic)
E' l'album frattura che sancisce l'incontro determinante per le direzioni musicali
che i 'Lab intraprenderanno d'ora innanzi. In studio, oltre a Gane e O'Hagan,
ci sono due ingegneri dei suoni di diversa estrazione: il chicaghiano McEntyre
(artefice di molte creazioni post rock) e i tedeschi Mouse on Mars, tra gli
artefici della nuova scena elettronica mitteleuropea.
"Dots and Loops" venne osannato alla propria uscita, ma il Tempo sarà
giudice severo per quest'opera, riuscita solo in parte. Le elaborazioni sonore
"liquide" non mancano di sorprendere, le alchimie melodiche spesso
stupiscono e sulle prime entusiasmano, infarcite come sono da invenzioni di
arrangiamento e inauditi recuperi strumentali, da schegge impazzite di elettronica,
ma a lungo… ascoltare affiorano compiacimento e abitudine che condizionano
le direzioni.
Alcuni brani posseggono una grazia oltremondana, un alito onirico, valga l'inusitata "a flower called nowhere", "diagonals", "rainbo conversation".
Malgrado sia un po' appassita, "Miss modular" è ancora un saggio
sulla trasparenza dei suoni nella musica pop, sempre indigesti ci sono invece
risultati i gorgheggi di "parsec".
Manca un po' il coraggio e l'irriverenza. A volte invece, a mancare é
lo smalto dei tempi migliori. Si ammicca l'un l'altro, il gruppo si snatura
(prevalgono spesso gli "ingegneri") e nelle secche creative appare
clone dei Mouse o dei Tortoise, il cui limitrofo, notevole "TNT",
sorprenderà proprio per abilità mimetica, per l'idoneità
a non fissarsi su un oggetto precostituito esponendosi all'instabilità del processo dinamico e continuo.
Aluminum Tunes - Switched
on 3 (1998)
Questa terza raccolta di rari e alternativi viene pubblicata al momento propizio
per riappacificare (e fraternizzare!) un pò tutti i fan del gruppo. La
provenienza dei brani è tra gli anni '94/'97, anni in cui gli Stereolab
abbandonano progressivamente progetti di avanguardia (pur conservando uno spirito
curioso a volte sovversivo) e setacciano tutto lo scibile in quarant'anni di
pop. La durata è doppia, mai forse prima d'ora si era mostrato così
chiaramente l' eclettismo, la capacità di combinare, persino ad accomunare,
strutture e stili, suoni di difformi origini e ragioni. 25 brani, tra di essi
i quattro dello strepitoso ep Music for the amorphous body study center, un
Mars Audiac più "essenziale".
Cobra And Phases Group Play Voltage In The Milky Night (1999)
The First of the Microbe Hunters (2000)
Certamente il punto più basso nella carriera del gruppo di Tim Gane.
Compiaciuto oltre ogni indulgenza e assai anonimo creativamente (sin dalla veste
di copertina), fin troppo automatico sul piano compositivo.
Forse è troppo breve la distanza dal precedente, siderale "Cobra
and Phases…", (mai dispiaciuto, per via di numerose frecce al suo
arco: si poteva al limite discutere la rischiosa prolissità), per proporre
qualcosa di nuovo.
Le varie "outer bongolia", "barock-plastik", "household
names", "retrograde mirror form" non rimangono e a volte imbarazzano
per evidente prevedibilità.
A volte ci si dibatte ma non si esce dall'impasse ("I feel the air of another
planet" ricorda Laurie Anderson).
Un inchino sommesso ottiene invece "intervals" (quasi un'appendice
a "italian shoes continuum"), ma è nella prassi, non essendoci
apparizione discografica in cui Gane e Sadier non delizino in almeno un brano.
"The First of the Microbe Hunters" è un'emorragia del percorso
intrapreso da "Dots and Loops" (che avrebbe dovuto saggiamente costituirsi
capitolo a sé senza ripetizioni); un tunnel che si dovrà sgomberare
pena sterilità del progetto.
Fortunatamente il futuro risponderà con "Sound Dust", altra
eccitante enciclopedia di suoni Stereolab che risolleverà le quotazioni
in calo.
Sound-Dust (2001)
Un altro disco complessivamente apprezzabile, soddisfacente, il migliore dai
tempi di Emperor. In studio anche Jim O'Rourke, un altro sound
engeneer di grande profilo al quale vanno assegnati non pochi meriti per l'aspetto
di questa riscossa.
Al solito la durata è discutibilmente eccessiva, ma si applaude Gane
per il senso di movimento e di energia dinamica con cui meticolosamente dispone
e sussegue brillanti combinazioni di timbri vocali e strumentali, costruzioni
melodiche..(incompleta)
Abc Music - The Radio 1 Sessions (2002 Strange Fruit)
I brani selezionati in questo doppio dai concerti per BBC nell'arco di tredici
anni, ritrovano (oppure, assieme, rivelano) coesione e freschezza sorprendenti
ma anche qualcosa di insolito e inedito, di diverso, di più diretto e
quasi offuscante. Proprio come la veste grafica disadorna e intuitiva, sessione
dopo sessione sembra di ascoltare una band entusiasta eternamente alle prime
armi.
Probabilmente "Abc Music" diverrà presto un disco di culto,
di quelli fondamentali da avere assieme alla serie "preferenziale"
Switched On, utili raccolte per gli iniziati ma anche per i filologi: scoprire
di poter rinvenire un trait d'union possibile tra le varie "epoche"
di "una" band che in meno di quindici anni è stata insieme
militante massonica, krauta, avanguardista, revivalista, pop-nostalgica, wave
sperimentale, lounge minimal-elettronica.
Presenti le prime, storiche e rare sessioni effettuate dal gruppo ospite dello
studio di John Peel epoca 1991-93 (in cui Stereolab s'alternarono a P.J.Harvey
e agli altri eroi Too Pure Th'Faith Healers), come anche gustose inedite ("anemie"),
e alternative di b-sides e dei classici "golden ball", "metronomic
underground", "baby lulu", "naught more terrific than man".
Margerine Eclipse (2004)
Un'impressione
particolare si rinnova dinnanzi a ogni nuovo Stereolab: si torna, ci si ritrova
sempre allo stesso punto (di ascolto), i due anni e mezzo da “Sound Dust” sembrano
non esser trascorsi affatto.
E non perché questo "Margerine Eclipse” sia una replica inerte, ma perché mostra
codici cromatici, emozionali, che abbiamo indubbiamente già imparato a cifrare;
quel modo originale e misterioso di Tim Gane e soci di comunicare lo spazio
e il tempo (passato, presente e futuro) in musica.
Neppure la scomparsa di Mary Hansen ha apportato cambiamenti sostanziali alla
formula, e a pensarci era scontato. Si rinnova dunque tutto un immaginario,
un cerimoniale capriccioso di combinazioni tra elementi (tra “quegli” elementi),
mutamenti “surrealistici”, prevedibili e imprevedibili.
Ogni nuova pubblicazione del gruppo si rivela saggio dotto quanto divertente
di eterodossie pop dalla punteggiatura simile, all'apparenza ingenua e semplice,
che eccita ed esalta.
Apparizioni, svanimenti, colori, magnetismi, congiunzioni, resistenze. Il solito
arsenale di tastiere, organi e chitarre di Gane. Allusioni a tempi e spazi possibili
secondo quello “stato” proprio a Stereolab, che è il loro destino.
Privi delle allegorie figurative e dello stupore fanciullesco che infondono
i Broadcast, qui hanno ancora buon gioco abilità convulsa, sensi avveniristici
e malizia, che trasfigurano e mitizzano variamente la più nobile tradizione
dei prodromi del pop e della psichedelia.
La forma Stereolab, non più incandescente, astrale e audace come dieci anni
fa, affina la propria sintesi plasmando e diluendo differenti forze, pesi e
colori, porzioni di suono popolare in modo sempre più concreto e definito.
Gli esempi di questa attitudine si esibiscono variamente, in particolare sui
migliori brani del nuovo album, ossia “vonal declosion”, “…sudden stars”, “le
demeure”, “margarine rock”, “need to be”, “the man with 100 cells”, “dear marge”.
Tutti carichi di senso di suggestione, sorpresa, reminiscenza.
Altrove la materia diffondendosi trascolora, svapora volgendosi inerte su se
stessa, finendo un po' ad irridersi. Eppure ogni spedizione a bordo della navetta
Stereolab resta sempre, nella propria interezza, straordinaria.
Fab Four Suture (Too Pure/Beggars Banquet, 2006)
A circa due anni da “Margerine Eclipse” arriva un nuovo Cd dal titolo non meno bizzarro ed enigmatico, “Fab Four Suture”.
Anticipato dai tre singoli 7'' dello scorso settembre scaricabili dal sito del gruppo, fatti seguire da altrettanti tre 7'' (la cui somma completa, curiosamente, la scaletta dell'album), “Fab Four Suture” può considerarsi in tutto ideale prosecuzione al precedente album del 2004.
Se in passato, più esattamente tra i migliori album di Tim Gane e Laetitia Sadier, appariva programmatica, diremmo vincolante, una marcata spiazzante difformità stilistica, è ormai chiara oggi l'intenzione degli artefici di Stereolab di fare “retroguardia” musicale lavorando senza margini di rischio, ricercando unicamente su se stessi, su ciò che s'è macchinato in quindici anni di ricerca ed esplorazione d'avanguardia.
Come riscrivere in eterno la propria biografia con sinonimi sempre diversi e riuscendo il più delle volte a mascherare l'artificio.
Infatti queste variazioni non finiscono di stupire. Le iterazioni e le isteriche dinamiche 'pop' di “Kybernetcika Babicka Pt. 1” ed “Interlock” ennesimi singoli ed ennesimi centri, da cui principia il disco, diffondono affascinanti e gioiose colorazioni timbriche, amalgami e meccaniche polimorfe che colpiscono nei propri straripanti cambi di passo, mostrando una vena creativa persino inusitata, viva e pulsante.
La trance ostinata di “Kyberneticka Babicka” è aggraziato esempio di difforme sopravvivenza avant-pop, musica che volteggia come vana figura fantasmatica o radiazione ultravioletta, coniugando felicemente, tra istinti pop e forme colte, le età di Stereolab. Varianti reciproche, inseguimenti e ricognizioni mnemoniche d'un corpo su se medesimo: qui Stereolab hanno fatto compagnia ad... Einstein On the Beach.
L'ubriacatura di “Excursions Into "oh, a-oh"” si rituffa nelle chimiche motorik degli arcani “Peng” e “Transient Random Noise Bursts…” filtrata “senza ritorno” dalla lente di Mouse On Mars: molecolarità, colori caldi e improvvisazione.
Si ammiri poi in “Plastic mile” l'incipit vocale limpido e incontaminato di Laetitia, che prosegue dipanando luminosi spazi di ariosa tastiera, o le circolari modalità di “I was a sunny rainphase“: Stereolab reiterano il proprio miraggio antologico-analogico, prisma dagli infiniti patterns sembianti d'uno stesso istante eterno, saturo, ideale. Stasi di perfezione armonica attraverso figure di pop senza età, che vestono fogge distinte e complementari, sempre beatamente vane, ora spacey, ora lounge psichedelica, ora krautrock.
Serene Velocity
Non fosse bastata la sbornia “Oscillons from the anti-sun”, e il doppio ABC Sessions, arriva per Stereolab la compila-satellitare "Serene Velocity", ovvero the Elektra Years (1993-2004): “an 'introduction to Stereolab', this compilation of tracks from the 'Elektra years'”.
Per chi li ha seguiti in questi anni, questo cd è un magico viaggio nei ricordi, nostalgia per i nostri (i miei) vent'anni (o i trenta di altri, e via proseguendo) e la conferma di un gruppo unico, oltre ogni ordinario, capace di miscelare musica pop e musica d'avanguardia a 360° come nessun altro.
Equamente ripescate le canzoni, dagli album targati Elektra: mi aspettavo se non più fantasia forse almeno qualche pezzo dalle miriadi di Ep: invece sono stati rigorosamente prediletti i soli LP, ché il tempo (contenibile su CD) stringe.
E allora inaugura l'immancabile Jenny Ondioline, un po' a sorpresa Crest (non l'avevo messa nella mia compila di Hits stereolabbiche personale), poi è il turno della French Disko che non adoro particolarmente (gusti).
Ma è presto tempo dei capolavori: Ping Pong, Wow and Flutter e Cybele's Reverie (“….et le silence
me pénétrera….”), sfido qualsiasi gruppo pop con ambizioni art/avant, a scrivere tanto e meglio.
Metronomic Underground che apriva il sovrastimato “Emperor Tomato Ketchup” continuo a preferirla nelle sessions per la ABC e dal vivo, dove viene regolarmente vilipesa, dilatata e squartata da distorsori e deragliamenti vari. Ad ogni modo è sempre un saggio da maestri di kosmiske pop.
Miss Modular fa riaffiorare il sodalizio coi Mouse on Mars, il gruppo cercava di cambiare pelle e l'esito, “Dots and Loops”, non fu da disprezzare, per quanto non sia uno dei migliori parti del gruppo, troppo spodestato dai Mouse e da McEntyre. Snobbata un po' a sorpresa A flower called nowhere, magico confettino di tastiere.
Meglio andò col sottovalutato “…Milky Night” e soprattutto “Sound-Dust” (il migliore dei recenti); per quanto siano dischi da gustarsi per intero avendo punti di forza equamente distribuiti e non su una manciata di brani.
Due per finire i brani tratti dal recente “Margerine eclipse”: Vonal Declosion e ..Sudden Stars, i migliori senza ombra di dubbio a dimostrare però che anche in prove meno luminose Gane e Sadier non mancano di riporre il loro talento.
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Vari Sparsi
Ovvero singoli, mini o Ep da ricordare, non recuperati da compilazioni.
Non si cerchi l'esaustività! C'è davvero da perderci la testa
in quattordici anni di Stereolab; fra singoli e infinite collaborazioni con
altri artisti.
Anzitutto varrebbe ricordarsi
di "Simple Headphone Mind" (Duophonic, 1996), seconda
collaborazione dei 'Lab con Nurse With Wound alias Steve Stapleton dopo "Crumb
Duck" (1993). Il Groop si limita ad affidare a Stapleton due lunghe
composizioni grezze ("Simple Headphone
Mind" e "Trippin' With The Birds", d'un lato ciascuna), ed egli
immagina in esse una dimensione nebulosa avvolgente, cosmica, straniante, psicotica,
alla sua maniera insomma. Il risultato dell'alterazione è ottimo a dir
poco.
Detto da loro: "Stereolab supplied the basic track and Steve worked
his magic".
Lo stesso Gane si inorgoglisce quando, nel commentare l'album, si fanno i nomi
di Genesis P-Orridge, Silver Apples, suoi eroi di gioventù. Anche l'artwork
è sublime.
Tra i tanti singoli-Ep vanno
segnalati almeno "Wow and Flutter" (1994, col grezzo
noise pop di "heavy denim" e la trance allucinogena percussiva di
"narco martenot") e soprattutto "Cybele's Reverie"(1996),
il malioso brano che con quelle corde era una delle cose migliori dell'album
"Emperor Tomato Ketchup".
Su singolo, Cybele è ancor più memorabile, stringata
e dissolta in un fade-out che la riconsegna all'eternità. La terza in
scaletta, "brigitte", è un altro esempio di mirabile miniatura
pop che solo Gane e soci sono sempre in grado di costruire. La conclusiva influente
"young lungs" sembra rimpiangere atmosfere krautrock, con addobbi
di eterei vocalizzi femminili.
"Turn On"
-s-t (1997 Duophonic) é invece un delizioso mini (sia pure dispensabile
per i non fan) "divertissement" allestito da Gane assieme a Sean O'Hagan.
Più appendice all'High Llamas del periodo ("Cold & Bouncy")
che di Stereolab; una pioggia di disturbi, onde interferenti, tastiere euforiche,
ebbre, collaterali dilatano gli spazi e svelano sgargianti coloriture, riflettono
giochi di luce, un'essenza acquea, squagliata.
"Fires" (1997 Duophonic) contiene sei brani, quattro
dei quali sono differenti versioni dalla "St Elmo's fire" di Brian
Eno. L'insieme presenta un'invidiabile varietà timbrica, tra organi,
bassi, chitarre, synt, drum machines, voci e quant'altro. Pubblicato a nome Uilab, trattasi di split tra Stereolab e Ui.
Più curiosità che entusiasmo desta invece il mini "Calimero",
concepito assieme a Brigitte Fontaine. Gli arrangiamenti, le tastiere fluttuanti
collocano facilmente questa collaborazione nel periodo "Dots and Loops".
Un altro mini di quattro inediti, "Fluorescences",
pur anticipando di qualche mese (è del 1996) si può considerare
affine e di buon esito.
Per concludere (qui da noi, beninteso!), una menzione per due apparizioni vocali
di Laetitia particolarmente fortunate.
Nel 1995 è ospite dei Luna nella nuova spettacolosa
versione singolo del classico di Gainsbourg "Bonnie and Clyde".
"Cache coeur naif" del'97 è invece uno sfizioso
Ep dei Mouse On Mars su cui la Sadier interpreta tre brani su quattro. Per i
completisti di entrambi i gruppi, questo mini è un lecito compromesso
artistico.
Nel 2005 arriva il triplo antologico "Oscillons from the Anti-Sun" che raccoglie gli ep tra 1993-2000 (Fluorescences,
Wow and Flutter,
Cybele's Reverie,
Jenny Ondioline,
Ping Pong compresa una unreleased,
The Free Design, eccetera).
Interlock 7'' (Too Pure/Beggars Banquet, 2005)
Lo scorso 12 settembre Stereolab hanno pubblicato tre singoli 7" per Too Pure/Beggars Banquet.
“Interlock”, canzone che titola il primo dei mini di cui ci occupiamo, è la più prossima a quanto espresso, recentemente, dal gruppo in “Margarine Eclipse”.
Invero colpisce nei propri inusitati e straripanti cambi di passo, mostrandosi ancora plausibile collage di memorie (di qualcun altro) sixtie space-pop.
Elettro-tunes di tastiere e chitarre, lounge pop di alta classe, armonie vocali di Laetitia puntualmente riconoscibili dai tanti estimatori o da chi più prosaicamente, segue Gane, Sadier e soci.
Saremo ingenui ma restiamo sempre sorpresi, comunque sedotti, dalle delicate trasformazioni di una “Visionary roadmaps”.
Kyberneticka Babicka 7''(Too Pure/Beggars Banquet, 2005)
Plauso incondizionato suscita la trance ostinata di “Kyberneticka Babicka”, aggraziato esempio di difforme sopravvivenza avant-pop che volteggia come vana figura fantasmatica e coniuga felicemente, tra istinti pop e forme colte, le età di Stereolab; quella più sperimentale e avanguardista delle raccolte “Switched On” col periodo delle allettanti raccolte di pastiche “Dots & Loops” e “Cobra & Phases…”.
I due brani di questo 7” riflettono l'uno nell'altro, varianti reciproche, inseguimenti e ricognizioni mnemoniche d'un corpo su se medesimo: qui Stereolab hanno fatto compagnia ad... Einstein On the Beach.
Plastic mile 7''(Too Pure/Beggars Banquet, 2005)
Nel duo "plastic mile" e “sunny rainphase“, Stereolab reiterano il proprio miraggio di “antologia analogica”, prisma dagli infiniti patterns sembianti, stesso istante eterno, saturo, ideale. Stasi di perfezione armonica, attraverso due figure di pop senza età che vestono fogge distinte e complementari, sempre beatamente vane, ora spacey, ora lounge psichedelica, ora krautrock.
(2004, 2005, 2006)