Serú Girán


s-t (1978)

Fresco reduce da progetti come PorSuiGieco e La Máquina de Hacer Pájaros, in questo omonimo esordio del ’78 del supergruppo Serú Girán, Charly Garcia è assistito da tre compari strumentisti d’eccezione, già di ruolo in alcune tra le migliori band argentine dei ’70.
L’album presenta tutti i tratti esclusivi del gruppo: un rapinoso e inquieto romanticismo diffuso, una surreale, capricciosa raffinatezza melodica sfoltita da miti contorni acustici ed armonie vocali d’eccezione in ciascun brano, come in una piccola suite, tra cambi di tempo e colpi di teatro. E poi gli equilibri pop-rock e prog-jazz attinti dalla lezione e dal fascino di gruppi europei come Genesis, 10cc e PFM, conditi dai toni caldi dell’indole latina (‘Eiti Leda’, ‘Autos, jets, aviones, barcos, ‘Voy a mil’, la title-track ecc..).
Le tastiere, i synt pennella colori dell’onniveggente leader Garcia, il basso ‘creatore’ di scuola jazzista del giovanissimo Aznar più l’aguzza chitarra di Lebon spadroneggiano e i pezzi dell’album divengono tutti classici da concerto. Tra essi ‘Seminare’, che canta in pieghe di dolore e petali dispersi un bruciante tormento amoroso; uno spasimo dal deserto del corpo e dello spirito, è il più emblematico non solo del disco, ma della carriera del quartetto.

 

La grasa de las capitales (1979)

È l’album della consacrazione in cui il gruppo focalizza e rifinisce un potenziale d’insolita ricchezza e di delicati equilibri musicali.  “La Grasa..” guida i SG nell’olimpo del rock argentino (già stabile dimora di Garcia d’altronde).  In quel tempo il gruppo si distinse anche per alcune grandi esibizioni dal vivo, che spazzarono residui equivoci per l’esordio.
I cori che annunciano la title-track e inaugurano l’album rimandano a una piece barocca, il pezzo è un saggio della maturità e della suprema scrittura pop di Charly, che sfodera un coup de théâtre polimorfo, in evoluzione; la cui verve è allestita da strumentisti affiatati ed equilibrati come i compari David Lebón,Pedro Aznar e Oscar Moro.
Si attraversa un repertorio marcatamente malinconico e amaro in cui Garcia è solito eccellere e trafiggere fantasmi, forgiando armonie, allucinando intimità (San Francisco y el lobo, Paranoia y soledad, Noche de perros). Su tutte valga la fosca, sinuosa, conturbante leggiadria jazz-blues di Los sobrevivientes, o il compromesso pop-prog nelle tastiere della fosca, terminale elegia Viernes 3 AM.
Una scorsa poi al sofisticato pop losangelino coevo in Frecuencia modulada, dalla disinvolta abilità che fa invidia ai maestri del genere, le cui marcate allusioni si fanno oasi ove evadere, via dall’agghiacciante realtà sociale appena fuori dagli studi d’incisione.

 

Bicicleta (1980)

Malinconico e fervido, Bicicleta è forse il lavoro più maturo, coeso, autorevole dei Seru Giran. Sintesi del passato e partecipe della realtà sociale del paese, quasi toccandola in testi intrisi di amari rimandi e di note personali.
In sella un rincorrersi struggente-agghiacciante di speranza e amarezza, nella confusione di realtà e metafora, per eludere la censura.
‘Canción de Alicia en el país’ commuove nella sua lampante allegoria e in un recitato ansioso e sconvolto echeggiando nebbia e disagio, regredisce il male nel miraggio e nell’attesa. Più avanti ‘Desarma y sangra’ è l’antidoto, nella visione totale e protetta d’un intrigo romantico, scalda e contagia in una luce aurea: forse il capolavoro assoluto di Garcia.

Bicicleta è realismo e poesia nell’interpretazione precisa e impeccabile di Charly, le cui tastiere melodiche/sincopate, tanto quanto il basso umorale di Aznar a cesello e la chitarra di Lebon, pennellano ironia e assurdo, magia e utopia nella realtà amara e pesante; covando rabbia e disincanto in un mimo strumentale che pare guadagnare potere sull’ambiente.
Lucide composizioni passionali e d’ampio respiro accompagnano l’attualità dei testi in timbriche oniriche e sospese tra art-pop, progressive, jazz.


Peperina (1981)

La peculiare abilità melodica del quartetto Serú Girán trae origine da diverse fonti. In quest’opera pubblicata nell’81, ultima in studio prima dello scioglimento, i richiami stilistici e musicali, in particolare le armonie vocali e gli umori che suscitano, sono in puro allure britannico che volge latino.
Il leader compositore produttore e tastierista Charly García possiede un istinto vitale che risveglia le emozioni nell’ascoltatore; una suadente e armonica creatività nel disporre percorsi creativi in uno o tra più brani, tali da assimilarlo al surreale romanticismo dei 10cc.
I riferimenti al progressive che ne hanno connotato sin qui la carriera artistica abdicano a favore delle avvolgenti melanconie di una serie di indimenticabili armonie pop.
Garcia è il fuoriclasse dalle performance struggenti (‘Peperina’, ‘Llorando en el espejo’, ‘Esperando nacer’, ‘Cinema verité’, ‘Salir de la melancolía’), ma non sono meno alcune prove da manuale dei compari come le intensissime ‘Parado en el medio de la vida’ di un magistrale Lébon e il cromatico, radiante lirismo in ‘Lo que dice la lluvia’ di Aznar.
L’opera spiazza planando tra strumentali interludi classici, estemporanei agoni strumentali (‘Cara de velocidad’) e irriverenti ironie verso un politico (‘José Mercado’).