The Orpheus s-t (1967)
"baby remember when we turn'd onto a rainy day"
Per iniziare da qualcuno in lista, tra i primissimi metterei Orpheus (gennaio 1968, MGM).
Questo esordio omonimo è uno dei dischi pop più cristallini e virginali del Bosstown sound, orchestrazioni calibrate e mood sognante, meravigliosamente ingenuo e spontaneo, merito del produttore degli Ultimate Spinach, Alan Lorber.
Orpheus erano: Bruce Arnold e Jack McKennes, le due chitarre; Eric Gulliksen (a.k.a. the Snake), basso; and Harry Sandler batterista.
Questo gruppo misconosciuto, oltre a precorrere i tempi arrangia sopraffine canzoni pop proprie come piccoli drammi.
Melodie perfette, che anticipano Zombies e Chicago, come l’incipit “i’ve never seen a love like this” e sospese, incantate ("the dream") sono un’autentica benedizione nostalgica (cui attingeranno gente come Weller ed Eggstone).
La voce da crooner esistenziale navigato inseguendo memoria e desiderio vagheggia adorabili fatuità in chiave pop-soul, lo stesso che sarà dei primissimi Chicago e di War, assimilazioni a Bacharach, Love e tardi Beatles.
Il secondo Orfico Ascending (1968, MGM) si mostra poi spesso all’altezza (il vertice della produzione è forse il brano Mine’s Yours), accentuando l’impronta soul-diafana, come un concept su un doloroso distacco amoroso.
L’omonimo di Orpheus è comunque, davvero un caffè con utopia e humour.