I


 




Inflatable Boy Clams (2x7, 1981 Subterranean)


Quartetto femminile (Carol Detweiler - bass, drums, organ, vocals - JoJo Planteen - bass, vocals - Judy Gittelsohn - organ, slide guitar, bass, vocals Genvieve Boutet de Monvel - sax ), strano e inquietante sinodo di sirene maliose per cinque tracce di wave-punk deviante (la più benevolente delle definizioni), caratterizzate in particolare da organetti e vocine impertinenti, tra nenia e recita.

Questo mini anticipa di parecchio la forma di gruppi come God is my co-pilot e Zeek Sheck, pur se altrettanto ambiguo, vago e surreale è più spiritato e meno frenetico; lo spirito è quello di Shaggs e Lucia Pamela.


L'autore del sito omonimo, loro dedicato, ammette: " This is a record that will haunt me 'till the day I die. The first time I heard this record back in the early 80's I was mesmerized."

Ilitch

Périodikmindtrouble


Non potrei definirla meglio che claustrofobica, vibrante, ansiosa. E poetica, drammaticamente. E' la musica di Ilitch ovvero il  chitarrista/polistrumentista francese Thierry Muller, ex-Arcane. Periodikmindtrouble ne è l'esordio del 1978, composto da due lunghi pezzi strumentali uno per lato: in realtà doveva comporsi di quattro facciate vinile, progetto recuperato nella ristampa 2002 di Fractal che include registrazioni inedite.
Inquieti paesaggi elettrici isolazionisti, echi ed effetti che trasmettono gelo, tastiere e chitarre livide.
Gli infiniti, penetranti, poetici trapassi e le condensazioni fanno pensare a un Basinski più sinistro e deviato verso inquietudine e oblio.

10 Suicides


La poetica di Ilitch verrà espletata, rovesciata più torbidamente dall'eccellente 10 Suicides del 1980, tardivo perchè la lista NWW lo includesse ma a mio avviso altrettanto pertinente e suggestivo, ma anche più vario e maturo.
Un'opera memorabile, scandita gradualmente, memore di quanto affrescato da Periodikmindtrouble, e assieme concept a sè, è stato detto altrove "tra punk e new wave nichlista".
Forte di brani come l'esaltante e toccante N.A. (no answer) , le due Coma Programma, Mabelle , Soupirs (che contrasta tonfi sordi di synt e arabeschi di chitarra), Brisure (una notte inquieta risvegliata d'immenso da un sax), capaci di ispirare numerosi autori degli anni '80 (da Gira ai Legendary Pink Dots) e di rendere obsoleti ancor prima di nascere dozzine di poseur dark.

Shockanti ma ancor più commoventi i dieci mosaici (undici compresa una valida bonus in calce, perfettamente in tema), nei quali l'autore riversa e traspone in musica l'angoscia di pensieri, messaggi, situazioni terminali.

 

It's Immaterial - “Life's Hard and Then You Die” (Siren/Virgin, 1985)

It's Immaterial è un duo di Liverpool composto all'alba degli anni '80 da John Campbell al canto (ex Yachts) e Jarvis Whitehead (chitarre e tastiere) col singolo "Young Man (Seeks Interesting Job)".
Durante gli anni, i due si circondano di numerosi collaboratori agli strumenti: Henry Priestman a tastiere e chitarre (dai The Christians), Paul Barlow alla batteria, Julian Scott al basso, Mick Dempsey, Brenda Airturo e Brenda Kenny alle percussioni, più Gillian Miller voce aggiunta.
Lo scioglimento avviene negli anni '90, mentre era in lavorazione un terzo album. il gruppo ci lascia due Lp e una miriade di singoli a sè.

A vent'anni dalla pubblicazione, l'esordio del duo It's Immaterial può considerarsi una tra le più abbaglianti e spiazzanti opere pop-folk-wave degli anni ottanta. La tenue, tiepida solarità delle musiche ripercorre la tradizione wave liverpooliana (di gruppi come Sound, OMD, Wah!, Teardrop Explodes, Echo & The Bunnymen).
Presumibilmente definita “avant-synt pop”, questa mistura armonica è, assieme in sintonia e in contrasto col violante titolo, autentico pugno allo stomaco.
Ma l'opera non è tragicamente pessimista o necessariamente passiva. Attraverso gli occhi sbarrati e al sorriso triste del clown monocromo di copertina, l'istante raggelato della consapevolezza e il dolore implicito nel riconoscimento. Dunque, una sorta di commozione estetica. Un affinamento verso la verità in questa memorabile immagine spleen dal lucido disincanto sulla caducità delle cose.

Tutti i brani sono costruiti come piccole orchestre moderne in smalto pop, affiancando la linea tipicamente wave di ombrosi sintetizzatori e basso a pianoforte, archi, violini, fiati, corde acustiche e tzigane, più una sporadica armonica, realizzando una memorabile forza di contrasto. Si ascolti in particolare “Sweet Life” e “Rope”.

La deflagrante apertura di “Life's Hard and Then You Die” è affidata a “Driving Away From Home (Jim's Tune)”, autentico contagioso capolavoro di trepidanti umori country-pop, è una sorta di risposta in tempo reale alla già sbalorditiva “Faron Young” di Prefab Sprout, nonchè grande inaspettato successo in madrepatria.
Campbell e Whitehead verranno seguiti, attraverso queste lande perlacee e torpide, da gruppi come Lilac Time, Deacon Blues e tanti altri, lì a poco.
Non è tutto: c'è da dire ancora sul canto di John Campbell: scopriamo come esso vada costantemente assimilandosi a una recita cosciente e equilibrata, cupa e asciutta, cui dovranno qualcosa tanto Mark Hollis (Talk Talk) quanto Jamie Stewart (Xiu Xiu).
Su “Better Idea”, ad esempio, Campbell sembra alludere sbigottito alla vicenda di Mojique sulla “Listening Wind” Eno-byrniana (la cui indelebili liriche Mojique smells the wind that comes from far away … The wind in my heart, the dust in my head potrebbero assistere lo spirito di questo disco), mentre “Space” a ridosso del ritornello 'new age' sembra saccheggiare una linea di tastiera dalla colonna sonora dell'argentiano “Tenebre”.

“Festival Time” e “Ed Funky's Diner” sono poi esempi deliranti degli ibridi psichedelici dell'album (coretti infantili, aria di fiera di paese, l'ampio respiro strumentale) tanto più nella torrenziale estensione 12'', proposta assieme ad altre due bonus tracks nella ristampa in cd di questo lavoro straordinario. (2005)

 

Ivy - “In The Clear”

Con “In The Clear”, Il terzetto Ivy giunge al quinto album in undici anni di attività. La formazione è nata a New York nel 1994 dal polistrumentista Andy Chase assieme al collega compositore Adam Schlesinger e alla cantante, la studentessa parigina Dominique Durand.
Nel volgere d'un paio di stagioni Ivy si sono imposti come la più titolata alternativa oltreoceano alle prodigiose, delicate e sfumate sinfonie della triade elettro-indiepop per eccellenza, Saint Etienne.

Indubbiamente le accattivanti canzoni dell'album “Apartment Life“ (1997) e le covers di “Guestroom” (2002), restano i principali complici del prestigio e della notorietà di Ivy, stante il carisma e l'inossidabile carica di seduzione della front-band Dominique.
Questo nuovo ascolto conferma comunque il lignaggio degli Ivy, i quali durante gli anni non han dimenticato né svilito le proprie arti di adescamento: “thinking about you”, “keep moving” e “four in the morning” frugano, adulatrici e implapabili, tra inconfessabili intimità.

Pertanto anche “In The Clear” reitera dal glorioso passato la brillantezza leggera degli arrangiamenti e la felpata morbidezza delle modulazioni vocali, che destano umori tardo primaverili, da estate incipiente. Un romanticismo diffuso, evanescente, a base di elettroniche leggere, mobili corpi in dissolvenza, una piacevole danzante monotonia; un equilibrio che si mantiene costante per tutta la scaletta, senza magari la pregnanza sincopata e l'effetto sorpresa dei precedenti album in scuderia. 

(inverno 2005)