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Claudine - Love Is Blue (A&M 1968, 1997)
Fragile Claudine. Un’interprete deliziosa, volitiva ma vulnerabile, che dai propri dischi lanciava al proprio pubblico sorrisi accecanti e sguardi misteriosi e inquieti, intensi e apprensivi, timidi e inermi, quasi la giovane francese presentisse l’ineluttabilità d’un destino doloroso con cui non poter venire a patti, un macigno enorme per le sue piccole mani.
“Love Is Blue”, terzo album e forse il più intenso e fortunato parto musicale della Longet, è forte di una scaletta che alterna impeccabilmente 'blue' e 'sunny sides'.
Equilibrio, grande delizia, un gusto estremo nell’esegesi, negli arrangiamenti e nell'arte di confezione, come allora soltanto Brasil’66 e pochi altri seppero guarnire il pop.
Tra covers ora note ora decisamente meno, a guidar le danze è sempre una voce sola, sottile, fioca come una lucciola eppure forte, tuttuno con un corpo elegante e minuto. Un flusso celestiale straziato, che presto scioglie ogni difesa e conquista, avviluppa a sè.
Dunque la vittima innamorata, rapita e inquieta, immobilizza, comanda, asservisce.
A noi non resta che nominare qualche capolavoro racchiuso in questo piccolo inestimabile scrigno che è ”Love Is Blue”: “Jin-Jee” (da Jobim), una superba “Love Is Blue (L'Amour est Bleu)”, brano da groppo alla gola zeppa d’inquietudine, “Who Needs You” performata assieme al produttore Tommy LiPuma, e ancora “Small Talk” o la “Snow” di un allora giovanissimo Randy Newman, futuro talento della canzone americana. Sino all’arcinota “Holiday” dei Bee Gees.
Soprattutto, lei, Claudine.
"Slender tender clever, brighteyed young and fine,
To Vegas Claudine Longet came, arriving just in time
To Dance, to act, to be -- to shine".
(Derek Taylor)