Nella vicenda della californiana Judee Sill, arte e vita si sono legate indissolubilmente, in destino reciproco. Tanto cosciente e integra nelle prove discografiche, quanto fragile e corruttibile in vita. Un'esistenza disseminata di scelte esistenziali impulsive, fin da giovanissima, che la condussero a una fine prematura, a 35 anni circa.
C'è chi chiede di fare tabula rasa e di commemorare Judee Sill attraverso la propria abbacinante arte, espressa in canzoni e versi che non si dimenticano: ma ci si accorge presto che in esse traspaiono miserie e tormenti vividi e autentici, quelli con cui lei si trovò a convivere da giovanissima.
Pertanto l'esperienza artistica non può essere disgiunta dall'esperienza di vita, perché è proprio quel passato che JS richiama e descrive continuamente nelle composizioni.
Lei, spavalda e ribelle di carattere, provava imbarazzo a suonare le proprie canzoni di fronte a un pubblico: avrebbe significato esporsi, parlare con sofferenza di sé, direttamente e senza schermi. Laddove altri cantautori trasfigurano per istinto la realtà in via di metafora, miti e leggende, a mò di difesa, alla Sill ciò non sarebbe parso sincero e autentico. Preferiva piuttosto affidarsi ad simbologie religiose o magiche, chiare o enigmatiche ma strettamente attinenti alla sua vita e alle sue stesse vicissitudini: ne traeva incoraggiamento, e benché non religiosa, conforto.
In collegio Judee Sill apprese i fondamentali di armonia e composizione; un bagaglio fondamentale per il metodo con cui pensava e componeva la sua musica, sublimazione di un talento innato.
Alcune ammissioni della stessa Sill manifestano attenzione e perizia nel leggere le emozioni dell'ascoltatore: "I want to write beautiful songs that touch people deeply,"(…) "My music is really magnified four-part choral style. I feel that it's the most fulfilling style of music. And it gets to people's emotional centers quickly. That's why all church music is in four-part choral style." (…)
E ancora: "Human voices and strings, that's what touches people."
L'esordio discografico avviene nel 1971, è omonimo: Judee Sill per l'allora neonata Asylum di David Geffen (ristampa Rhino Handmade, 2005). L'album si compie con i propositi di cui sopra, e vede la Sill in veste di compositrice, arrangiatrice e principale strumentista. Produce e orchestra l'ex marito Bob Harris.
Si riesce a creare un'armonia e un'eleganza arcane e imperscrutabili in tutta la durata del lavoro, non lungo ma prodigiosamente coeso. Immaginifiche apparizioni di fughe vocali, madrigali mozzafiato gentilmente locati su sentieri folk pop…. eleganti frasi strumentali, arrangiamenti orchestrali, evocazioni filo-classiche di grande spessore artistico (si è fatto il nome di J.S. Bach, non a caso). E nulla di tutto ciò rimbomba minimamente, o è eccessivo: l'impressione che anzi si riceve è quella di un lavoro spontaneo e minimale, quasi acustico e impressionista; bucolico e scarno, che si schiude più che premersi.
L'emozione dell interprete “errante” è aggraziata e profonda, sincera e fragile.
Crayon Angel songs are slightly out of tune
But I'm sure I'm not to blame
Nothin's happened but I think it will soon
So I sit here waitin' for God
and a train To the Astral plane
(Crayon Angel)
Once I heard a serpent remark
“If you try to evoke the spark
You can fly through the dark
With a red midnight raven
To rule the battleground,”
So I drew my sword and got ready
But the lamb ran away with the crown
(The lamb ran away with the crown)
Hidin' me, I flee, desire dividin' me,
He's a bandit and a heart breaker.
Oh, but Jesus was a cross maker
Yes, Jesus was a cross maker
(Jesus was a cross maker)
Due anni dopo nel 1973 bissa Heart Food (Asylum, ristampa Rhino Handmade, 2005), il testamento artistico, rappresenta un seguito ideale al precedente, anche perché contiene brani composti nello stesso periodo di fine anni sessanta.
Stavolta la Sill interviene più personalmente, insinuando un senso patetico che rivela un intimo tragico, analitico, denso di spirituale inquietudine.
Heart Food é tormentato da morbosa e disperata dolcezza; è ancora una fucina d'idee, un prodigio formale e contenutistico forte di suggestivi innesti pop-fifties, r'n'b e di gospel, ovvero la fusione del romantico e del divino.
Ereditiamo questi due dischi impareggiabili, di singolare splendore, passati quasi inosservati nella propria epoca ma guarda caso, citati sovente in “playlist” di musicisti ed addetti ai lavori.
Negli ultimi anni si sono insomma riscoperti, in centinaia di riproduzioni casalinghe carbonare prima, e in un paio di ristampe a tiratura limitata poi, annesse versioni demo/live, nel 2005.
La storia del cantautorato rock ritrova così una pagina importante, segregata in un limbo di un trentennio.
Nei primi anni settanta Judee Sill si esibì sporadicamente anche in Gran Bretagna, da spalla a colleghi più blasonati. Registrò nuove versioni di alcuni suoi brani dal vivo, per radio o per la BBC. Compose poi una manciata di demos, plausibilmente tra 1974 e 1977, da cui avrebbe potuto trarre una terza prova discografica.
(ottobre 2002)