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Harry Nilsson - Aerial Ballet (Rca, 1968, 1995)
Nilsson è uno dei songwriter più talentuosi della propria epoca, ed Aerial Bellet è un autentico piccolo capolavoro.
Per piccolo s’intende l’esigua durata (meno di mezz’ora), che tuttavia inquadra a fuoco come meglio non potrebbe l’impareggiabile vena creativa, la sensibilità e l’urgenza poetica, le virtù canore del proprio artefice (una voce lancinante colta in un istante perenne di tormento e di passione, spesso un fiume in piena).
E ancora, gusto istrione in giusta misura, innumerevoli grazie di arrangiamento, regia e messinscena: un autore maiuscolo.
La scaletta è variopinta e ricca di sorprese. Good old desk, together, don’t leave me (splendido capolavoro ed assist per la mayfly di Stewart Murdoch), e ancora one, wailing on the willow… perle rare, per non dire della celeberrima cover di everybody’s talkin' di Neil, qui in una versione germinale, pre-"Midnight Cowboy".
Un paio di allucinati bozzetti “beatlesiani” in odor di cabaret come mr.tinker e bath fanno la propria parte sul secondo lato, aggiungendo facce di “sunny” psichedelia.
Nessun brano di Aerial Bellet raggiunge i tre minuti di durata, eppure è denso al punto da apparire concluso ben oltre tale arbitrario limen e lo status di abbozzo che si sospetterebbe.
Disco impedibile.
“The intended opening song for Aerial Ballet was "Daddy's Song", but this track was removed from the album by RCA at the last minute without the knowledge or consent of Nilsson.” (Wikipedia)