Bradford Red Light District – “The New Order”


 

 

 

“The New Order” è uno dei minimali, isolazionisti e più folgoranti lavori targati Come Organisation, radicale e iconoclasta scuderia che già annovera Come, Whitehouse, Maurizio Bianchi.
Trattasi di progetto anomalo, obliquo, non meglio identificato, di William Bennett di Whitehouse: Bradford Red Light District consuma la propria morbosa esperienza, unica e originale, in due facciate vinile.
Là dove la musica concreta di pionieri quali Schaeffer e Ruttmann incontra l'industrial più monolitico, sotteso e astratto mai concepito, che quasi sfocia in ambient, dà luogo a delirio schizoide, caustico, ansiogeno.

Nella prima facciata, un individuo senza identità si getta in strada, ansante e invisibile, con sé un registratore. L'alter ego di Bennett capta amplificando ogni fremito impercettibile, amplifica rumori terrificanti, fischi, cigolii: segnali del ‘passaggio' continuo della civiltà industriale mostrandone il volto perverso, cannibale.
Strepiti di auto saettanti si scagliano come proiettili dal nulla e nel nulla, in una corsa sfrenata senza posa e senza senso. Suoni perforanti, clangori, detriti e perturbanti battiti regolari che somigliano a passi affrettati, in un infinito, accanito omicidio-suicidio materialista.


La seconda facciata, altrettanto ostile, spettrale, indistinta, violentemente anonima, iscena un vero e proprio incubo atavico, cessando ogni moto o spinta e volgendo in carcere, palude, repulsione pura.
L'affanno si arresta e regna una soffocante, sorda immobilità: come in un sogno si è imprigionati in uno scantinato avvolto dal silenzio mentre da una stanza vicino filtrano canzoni da un transistor, onde radio, notiziari televisivi. Tutto è sospeso come in un'attesa, un'interminabile conto alla rovescia da subire in solitudine.
Il silenzio e il vuoto ambientale è riempito a volte da sibili striduli e acuti, da agghiaccianti sordi tonfi metallici, gocce grondanti di veleno, preconizzanti ogni terrore, controparte e rovescio “murale” dei bolidi lanciati nella prima facciata. Particolarmente efficaci sono i contrasti che vengono a prodursi tra le chiare e riconoscibili melodie domestiche, percepite in distanza come futili memorie ormai andate, e il tragico, cieco e distorto intorno a noi, montato espressionisticamente.
Per oltre mezz'ora ci si trova a vivere in diretta il succedersi o meglio il precipitare degli eventi: unica consapevolezza è lo stato di vittima in cui si versa, per caso o per superiore volontà non è dato saperlo.
Il senso di asfissia e disorientamento ergono muri di paranoia, sovvertono l'abituale stato di coscienza, destando ogni allarme.
(aprile '07)