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Un’ode alle canzoni di “If You’re Feeling Sinister” è quasi naturale, sorge d’istinto come l’istinto che lega assieme tali riflessioni ardenti e soavi, introverse e naif, virginali e spoglie, impacciate. È un’ode allo stile del compositore e strumentista Stuart Murdoch, il cui sguardo è simbiosi di arte e vita. Quel rosso vivo recato in copertina dal disco è già così indimenticabile. Già un tuffo fatale nel classico. Un’accensione cromatica che allerta e dà pressione, tinge le pareti di intensità e di dramma, sommerge in fretta corpi, oggetti, persino ombre e riflessi.
In questi primi anni di vita, tra 1995 e '96, Belle & Sebastian tracciavano esemplari, naturali traiettorie melodiche fatte di semplici e calibrati rapporti spaziali reciproci. I trapassi e le coloriture in seno a drammi musicali discreti avvicinava i Belle & Sebastian a remoti, celestiali e malinconici poeti del pop anni Sessanta, ormai in un leggendario limbo: Left Banke, Love, Nick Drake, Ora, Caravan, Felt. Stesse le percezioni e le cognizioni, i timbri sinuosi, il nitore stilistico di pianoforte e chitarra: attingendo o per proprio istinto, Stuart Murdoch rimodulava, affinando un nuovo, esemplare "umanesimo", le cui polveri e le cattive interpretazioni di infiniti discepoli hanno prodotto oggi l’aiuola di ortiche che è il twee-pop.
“If You’re Feeling Sinister” allestisce una sequenza apollinea di canzoni, incantevole in tante soluzioni strumentali (su tutte il duetto piano-vibrafono di “Seeing Other People”). Racconti di vivo quotidiano senza più barriere o distanze, che intuiscono e svelano un poetico nel reale, curiosità e nuove altezze nel nitido e nel sobrio. Inseguendo legami tra quotidiano e passato, realtà e fittizio, le canzoni operano un montaggio invisibile. La vita dei musicisti si mescola inestricabile a racconti di fantasia: Stuart David, visionario e poeta, a tempo perso va a pesca, scrive romanzi e compone musica, Murdoch risolve imprevedibili incontri in treno in solitarie bevute in pub. Isobel che voleva smetterla col college.. e poi Morrissey, i Roxy Music del ’72, le volpi nella neve e i ragazzini in bicicletta, i sogni immaginifici di “Mayfly” e di “Judy”. Tutto insomma si fa racconto, o torna racconto.La realtà è assolutamente prossima al sogno, ne è avvinta da sottili invisibili fili di lana, vi si avvolge cercando protezione (“the stars of track and field are/ beautiful people”); ma suscita stupore e meraviglia nell’inerme canto di Murdoch (“fox in the snow!... fox in the snow!.. fox in the snow!”).
Difficile ripercorrere oggi il tempo a ritroso, pretendendo, come i Connels di quella canzone, di tornare al… “1995-96” in cerca di un pretesto o una facile soluzione per l’enigma musicale dei Belle & Sebastian. L’epoca che attribuì loro i natali era infatti distratta e "persa" altrove al punto di non accorgersi di un tale prezioso "unicum".“If You’re Feeling Sinister” rimane dunque per natura e per necessità esempio immutabile di disco “di singoli senza singoli”, monumento senza clamore e “nuovo” esordio (dato che il primo, propiziatorio “Tigermilk”, era irrintracciabile).
Questo si apprendeva di loro, nel ‘96: che erano un gruppo di giovani scozzesi non meglio identificabili, con sguardi tesi, per istinto di sopravvivenza, verso nuovi lidi, creazioni e progetti. E mentre cercavamo di raccapezzarci in queste torbide, sfumate meraviglie melodiche in custodia rubino, oggetto del nostro ripescaggio, per loro era già tempo di altri singoli-inediti su 45 giri.
“Second just to being born/ Second to dying too”
Per ringiovanire senza essere visti, i Belle & Sebastian alteravano in arte senza mai risolversi; per non sacrificarsi si sbarazzavano del proprio passato-fardello, esistenziale e artistico, attraverso un altro, nuovo memoriale.
If You're Feeling Sinister Live at the Barbican [iTunes; 2005]
La riproposizione del classico di Belle and Sebastian, eseguito per
intero dal vivo da Stewart Murdoch e soci, trova diverse motivazioni.
Da anni circolano innumerevoli i bootleg live
dei Belle and Sebastian (“Black Sessions” le più note del lotto),
peraltro di pessima qualità acustica. Questo Live londinese “at the
Barbican Arts Centre” per iTunes, i cui proventi sono destinati in
beneficenza, può colmare l'assenza di un live 'ufficiale' del gruppo
scozzese, sostenere una giusta causa e rinfocolare un mito.
Non è la prima volta a distanza di anni che una band reinterpreta il
meglio di sè per intero: si pensi ad Arthur Lee dei Love che ha suonato
live l'intero Forever Changes, oppure lo Smile che Brian Wilson ha rieseguito in studio e dal vivo assieme ai discepoli Wondermints.
If You're Feeling Sinister
non ha niente da invidiare a quegli album classici, ne sono convinto da
nove anni, esattamente da quando conobbi e in certo senso subii il suo
prodigio, al punto da imprigionarmi; quando ancora Belle and Sebastian
non erano facile quanto irritante sinonimo di 'tweepop'. Potevano
infatti rinvenirsi in “Sinister” più nobili echi softpop, flower e folkpop anni sessanta e settanta (Left Banke, Nick Drake, Ora, Caravan, sino ai più recenti Felt e Miro).
If You're Feeling Sinister
a dieci anni di distanza ovvero: “quando eravamo Re”. Chi come chi
scrive è innamorato dei primi album dei Sebastian e del genio assoluto
di Stewart Murdoch e che quasi neppure tollera le effimere forme
estroverse, i tiepidi simulacri dei loro esiti recenti, troverà in
questo progetto un accecante miracoloso ritorno di fiamma.
Un'iniziativa talmente spiazzante e inattesa da lasciare interdetti,
come un bel sogno a occhi aperti. Se è vero che nei propri massivi
concerti gli scozzesi costantemente eseguono i brani del proprio
passato, mai era avvenuto organicamente, come in questo caso. E' la
prova vivente della simbiosi possibile tra le differenti età di Belle
and Sebastian, nonostante gli anni e i cambi di formazione.
Attraverso lo specchio-spettro della copertina, che ribalta
l'originario sfondo rosso, rivelatore e terribilmente emozionale
dell'immagine intima e ambigua della ragazza, avviene una rivisitazione
mitica, iconica, quasi pop warholiana attraverso il 'contrasto' del
complementare verde chiaro.
Pensavamo che Murdoch avesse ormai abdicato quel se stesso emotivo e
prudente, schivo e introverso, spoglio e vulnerabile delle percezioni
di “beautiful”, “she's losing it”, “the fox in the snow”, “The Boy Done
Wrong Again”. Invece l'album più meritevole del gruppo, che nel 2006
festeggia la propria prima decade, simbolicamente rivive animandosi
prodigiosamente in una veste pur sensibilmente contaminata da quelle
che sono le espressioni contemporanee dei Sebastian: glassa di pop
aereo e sfavillante che tuttavia qui superbamente assiste ed esalta la
pregnanza della natura individuale e inerme di quei dieci temi
originari.
Soluzioni 'varianti' nella superiore nervatura pop generale, in un
controllo meticoloso degli strumenti ormai 'mainstream', in modulazioni
catalizzatrici in cui non si rimpiazza il passato: quasi nullo anzi
appare il contrasto tra modello e copia.
Si rianimano e si riaccendono vibranti corde, lusinghe che gelosamente
accudivamo proteggendole dal corso del tempo, riponendole in nebbie di
remoti anfratti cardiaci.
Varianti tanto più care nel baccanale di chitarre e batteria a chiudere
“The stars of track and field”, nel corpo dylaniano di “Me and the
major” e nei trapassi di violino su “Mayfly”, nei contemplativi archi
della title track, sino alla carnevalesca coda di “Judy and the dream
of horses”.
(marzo, 2006)
I tre ep 1997
A volte ripenso, commuovendomi, all'incredulità, al turbamento e al senso di privilegio che provai ascoltando le prime volte questa musica. La musica degli scozzesi Belle and Sebastian. La musica di Stewart Murdoch.
"Make a new cult every day to suit your affairs
Kissing girls in English, at the back of the stairs".
Ma veniamo ai primi tre Ep del gruppo.
È il principio del 1997. Col secondo "If You're Feeling Sinister"
pubblicato l'anno appena trascorso, Belle and Sebastian hanno
realizzato uno tra i più bei dischi pop di sempre, ma non se ne
gloriano affatto. Non vi restano neppure un po' turbati o asserviti.
Fu forse l'irrisoria quantità di copie stampate dei due Lp a far
voltare rapidamente pagina a Murdoch e soci, a non fermarsi, favorendo
un'impetuosa prolificità.
La vena creativa provata su lunga distanza si misura ora su più brevi tragitti.
Belle and Sebastian progettano una serie di Ep, o mini-cd che dir si
voglia. Storie brevi, da alternare ai romanzi insomma, in cui non si
smarrisca, possibilmente, quella avvenente fatale peculiarità
artistica, l'inusitata grazia e avvenenza armonica delle passate
composizioni.
Nel 1997 Belle and Sebastian concepiscono dunque tre leggendari Ep da pubblicare nella stagione calda. Si parte a maggio con "Dog On Wheels" seguito da "Lazy Lane Painter Jane" e si termina in autunno inoltrato con "3..6..9 Seconds Of Light".
Tutti incisi per Jeepster.
Questi tre brevi possono a
diritto accostarsi, per prossimità di origine, per simpatie
costitutive, e attinenze umorali, agli album del recente passato.
Ogni Ep bissa il precedente per richiesta e clamore. Gli scozzesi
possono ormai contare su una più (in)definita schiera di fans, che si
danna e si incendia per riuscire ad ascoltare l'Lp Tigermilk, carbonaro
esordio del 1996, fuori stampa e senza ancora possibili scorciatoie mp3
di consolazione. Verranno accontentati nel 1999 dalla ristampa Jeepster.
Anche gli Ep spariscono in fretta, ma ogni tanto tornano. Ricordo
infinite tribolazioni per rimediarne una copia di ciascuno, in vinile.
Encomiabile la scelta di non
pubblicarvi singoli ma soltanto inediti. Ciascun Ep è costituito da
quattro brani non reperibili altrove, se si eccede "the state I am in"
la seconda su "Dog On Wheels" e in apertura su "Tigermilk".
Fa piacere si sia conservato un qualche legame. "The state I am in" é
il cordone ombelicale, la condivisione di un impareggiabile gusto
melodico, medesimo spleen esistenziale, stessa aura da stagione
invernale. O forse, semplicemente, da piovigginosa landa scozzese.
Strumenti della tradizione. Canzone popolare, folk, Canterbury, provincia-quotidiano.
Fascino stralunato, ingenuo, debole e forbito; grazia e tinte curiose, tenere.
Si mantiene dunque la contingenza astrale che originò i primi leggendari lavori del 1996.
Sulle copertine degli Ep troviamo le stesse foto "in situazione" dalle
tinte monocromatiche (come facevano gli Smiths negli anni ottanta).
Anche per queste ragioni di prossimità dunque, la brevità del formato
non tange la qualità compositiva. Si respirano i medesimi umori, le
impressioni, si analizzano turbamenti, aspetti psicologici ed
esistenziali.
Un sottile senso di rammarico, patetico ma mai critico, estremo o
insanabile. Voglia di nascondersi, vulnerabilità, debolezza. Una natura
inquieta sempre "addolcibile" e medicabile con una differente
percezione delle cose, attraverso il sostegno reciproco e la confidenza
amicale.
La maggioranza dei brani è
probabilmente scritta per convivere in luoghi stretti, più compressi,
dunque Murdoch si fa spazio nell'angusto, riuscendo a realizzare
un'illusione di vuoto ampliato.
Alcune canzoni si dilatano,
sviluppano qualche digressione eccentrica nell'andamento e nella
polifonia. Si particolareggiano descrizioni ("lazy lane painter jane",
"a century of fakers", "beautiful", "put the back on the shelf").
Ma senza fratture. Colori e peso sono i medesimi.
Alcuni dei brani sono fra i migliori udibili in ambito pop nell'ultimo
decennio. "String bean jean" (da "Dog On Wheels"), "lazy Lane Painter
Jane" e "you made me forget my dreams" (da "Lazy Lane Painter Jane"),
"a century of fakers" e "beautiful" (da "3..6..9 Seconds Of Light").
Ogni canzone del gruppo è flusso indefinibile che nasconde e rivela in
sé altro; forme, climi, gesti, umori.
"There are people going hungry far away/They've got nothing on their plates
And you're filling your fat face /with every different kind of cake (…)
Everybody's trying to make us /Another cool decade of fakers…"
"You made me forget my dreams/When I woke up to you sleeping
This morning you'll say/ "I'll see you sometime, maybe" and I/ Fall back to uneasy sleep"
"They let Lisa go blind/ But everyone she knew thought she was beautiful
Only slightly mental…"
"I gave myself to sin /And I've been there and back again
I gave myself to Providence /The state that I am in…"
Solo in seguito questi tre Ep del
1997 verranno raccolti comodamente su un unico cofanetto o box-cd, dal
nome "Lazy Lane Painter Jane" (Jeepster, 2000), per sedare la richiesta
di fans e collezionisti.
Se spiace alquanto la copertina, rincuora
ed entusiasma l'integrità filologica che ne rispetta la grafica
originale individuale, nell'interno.
Vengono inoltre riportati i testi delle canzoni e i commenti degli autori.
(gennaio, 2004)
Storytelling (2002)
Trattasi di non vero e proprio seguito a Fold your hands child...(2000)
ma di colonna sonora per l'omonimo film di Todd Solondz, per cui a
canzoni vere e proprie si alternano impressionisti interludi
strumentali e ad estratti di dialoghi del film.
Proprio in questo
avvicendare impegno e passatempo il gruppo ritrova in parte quella
sottile autenticità in forma di pagliuzze auree sixties, quella eterea
naiveté divenuta ormai lusinga, quella sublime mimesi drak-felt-oriana
dimenticata nei solchi di If you're feeling sinister (forse il più bel
disco pop di tutti i tempi), che costituiva il motivo principale di un
progetto come Belle and Sebastian.
In sintesi, una pagina minore per propria conformazione, ma ci sono alcuni brani tra i più pregevoli scritti da Murdoch: black and white unite, consuelo, la title track (che recupera una spontaneità e una bravura che sembra uscire da Tigermilk), la leggiadra wandering alone non avrebbe sfigurato su Bryter layter; ancora, sorprende il cambio di passo in scooby driver.
(2002)
The BBC Sessions (2008)
Nostalgia canaglia, rispuntano fuori i vent’anni procurandomi un groppo in gola. Questa rassegna/restauro BBC - Radio 1
di materiale Belle & Sebastian, offre (fortunatamente…) solo cose
dai primi dischi ed ep della formazione; poche significative varianti
più qualche inedito, con la romantica timidezza che effondevano
all’epoca.
C'è qualcosa da “If You're Feeling Sinister” (1996), disco che mi
cambiò la vita, passando per “The Boy With the Arab Strap” (1998), di
contro sempre andatomi di traverso nonostante annoveri ancora gemme
‘songwriting’ d’assoluta finezza melodica (qui c’è tra le altre,
Seymour Stein).
A volte trovavo stucchevole canto e scrittura di Isobel, e Murdoch
tanto più maestoso quanto più autarchico assoluto; eppure ora lamento
l’assenza della sua pudica ancella in molte di queste versioni BBC, che
ostentano un notevole, integro smalto nouvelle-vague, un gusto pop
Velvet Underground a chiudere leggiadre, le code. “The Magic of a Kind
Word” uno dei brillanti inediti, è poi, da parte di Murdoch, più di un
semplice attestato di stima.