A.I.R.A.S. – PADOVA 
CORSO DI FORMAZIONE IN FITOTERAPIA SCIENTIFICA
II° ANNO
Dott. MARCO ZANCANELLA
TESI FINALE
LA GENTILEZZA DELLA FITOTERAPIA
Relatore: Dott. Carlo Di Stanislao                                                   2001
 
INDICE
 
1 Obbiettivi
2 Introduzione
3 Come funzionano i fitocomplessi?
4 Come possiamo considerare le antiche indicazioni della fitoterapia cinese alla luce delle
     moderne nozioni di biochimica, armacocinetica e farmacodinamica?
5 Perché scegliere la fitoterapia nel trattamento dei nostri pazienti?
6 Considerazioni attorno ai fondamenti della fisiologia vegetale
7 Conclusioni
8 Bibliografia
1 OBBIETTIVI
Questa tesi ripercorre e sintetizza l'approccio personale dello studente allo studio della fitoterapia durante il corso presso l'AIRAS di Padova. Lo studio di questo ambito della medicina ha evidenziato numerose peculiarità che in sintesi possono essere descritte col sostantivo "gentilezza". Nei vocabolari si descrive con questo termine la qualità che mostra garbo, affabilità nei rapporti, oppure delicatezza e elevatezza di sentimento; la gentilezza evoca capacità ed intelligenza raffinate, diniego alla violenza ed alla superficialità, ma anche disciplina e sensibilità per i minimi particolari.
La fitoterapia oggi, diversamente dalla omeopatia e dall'agopuntura, non presenta impatti "violenti" con la cultura medica convenzionale in quanto permette approcci di studio scientifici. Ma non permette neppure approcci superficiali, nè da parte di cultori faciloni, che possono incorrere in pesanti effetti collaterali, ne da parte dei farmacologi che incontrano il suo studio estremamente complesso.
La fitoterapia può apparire gentile quando si esplorano le sue antiche tradizioni che la vedono compagna dell'uomo in ogni cultura e civiltà.
Gentilezza troviamo nelle descrizioni con le quali ancor oggi il linguaggio poetico della medicina orientale guida alla sua conoscenza ed al suo utilizzo.
Gentilezza è necessaria nella prescrizione fitoterapica al paziente che deve essere adeguatamente istruito a questo tipo di terapia potenzialmente molto dannosa se considerata con superficialità.
Gentili possono sembrare anche le attività terapeutiche che la fitoterapia offre sia perché i risultati clinici sono meno rapidi sia perché le azioni sui meccanismi fisiolpatologici sono ampi e leggeri.
Infine, gentile ci appare la natura per la sua enorme ricchezza farmacologica. Il sentimento di riconoscenza che emerge dai risultati terapeutici si rivolge non tanto verso qualche istituto scientifico o farmaceutico, ma proprio verso la Natura che ci appare una alleata gentile.
Questo tentativo di studio della fitoterapia, oltre ad esprimere il desiderio personale del medico di comprensione e conoscenza, descrive anche una modalità di proporre la fitoterapia ai pazienti. In altre parole, la tesi presenta la rosa di informazioni che possono essere utilizzate nell'educazione sanitaria al paziente e che possono essergli comunicate per ottenere il suo doveroso "CONSENSO INFORMATO" al trattamento.
 
2 INTRODUZIONE
Nello studio della più antica forma di terapia dell'umanità ho incontrato alcuni grandi interrogativi:
  1. Come funzionano i fitocomplessi?
  2. Come possiamo considerare le antiche indicazioni della fitoterapia cinese alla luce delle moderne nozioni di biochimica, farmacocinetica e farmacodinamica?
  3. Perché scegliere la fitoterapia anziché la terapia farmacologica convenzionale nel trattamento dei nostri pazienti?
Sono interrogativi a cui l'esplosione delle conoscenze scientifiche risponde mostrando l'immensa complessità della fisiologia umana e la meravigliosa magia dell'interazione della nostra biologia con quella delle piante.
Sono anche interrogativi che vanno soddisfatti per procedere nella prescrizione terapeutica ai pazienti.
La tesi propone risposte che derivano dagli studi scientifici di farmacologia e di botanica, nonché dalla ricerca e dalla pratica clinica.
Ne deriva una prospettiva che, per lo studente, sintetizza il senso dello sviluppo dell'arte della fitoterapia.
 
3 Come funzionano i fitocomplessi?
Il fitocomplesso di una droga è un insieme di molecole di struttura chimica molto varia: comuni molecole che possiedono un valore nutritivo, come zuccheri, proteine, grassi e vitamine; e poi molecole specifiche della biologia vegetale, come flavonoidi, cumarine, tannini, saponine, ecc., molecole appartenenti al così detto "metabolismo secondario" della pianta.
Le molecole nutritive in genere non rivestono un significativo ruolo nell'azione del fitocomplesso perché la quantità di droga che normalmente viene somministrata è evidentemente insignificante sul piano alimentare.
Le molecole che dimostrano importanti azioni farmacologiche sono quelle che derivano dal "metabolismo secondario" della droga, dette anche "prodotti naturali" delle piante (1),. Ogni organo, o apparato del corpo umano può venire investito dalle loro attività biochimiche.
Il dosaggio di questi estratti è dello stesso ordine di grandezza di quello dei farmaci convenzionali: una tisana viene preparata con pochi grammi di droga, oppure vengono somministrate poche decine di gocce di una tintura madre di droga. La quantità assorbita di fitocomplesso può essere valutata in termini di decimi di grammo. Ma, diversamente dal farmaco convenzionale che contiene uno o due principi attivi, il fitocomplesso è composto da decine di molecole diverse, ed in certi casi anche centinaia; la quantità dei singoli componenti che viene assorbita è quindi veramente minima.
Lo studio del fitocomplesso dovrebbe quindi essere semplicemente lo studio delle sue caratteristiche farmacologiche: principi attivi, farmacocinetica, siti d'azione molecolari, farmacodinamica, interazioni effetti clinici, effetti collaterali ecc. (vedi fig. 1).
In realtà questo studio è ancora molto lacunoso per molti aspetti:
- incompleta conoscenza dei principi attivi;
- incompleta conoscenza delle loro interazioni
- incompleta sperimentazione di laboratorio, o sugli animali
- minima, o nulla sperimentazione controllata sull'uomo
- assenza di protocolli di osservazione degli effetti collaterali
Queste evidenti lacune che il medico trova nello studio della fitoterapia sono dovute, almeno in parte, allo scarso interesse della ricerca scientifica nei confronti della fitoterapia. Oggi la maggior parte delle ricerche scientifiche sui fitocomplessi si realizza in centri cinesi, o giapponesi mentre la gran parte della ricerca farmacologica occidentale risulta da decenni orientata alla produzione di medicine che agiscono mediante principi attivi specifici e non fitocomplessi.
Un esempio di questo scarso interesse scientifico nei confronti della fitoterapia è emerso dalle lezioni sul Sedum Telephium. E' chiamata volgarmente "Erba della Madonna"; da secoli si utilizza la foglia fresca, (attiva anche dopo surgelazione), per ulcere cutanee, ustioni e ferite. Abbiamo visionato la documentazione fotografica e clinica raccolta personalmente in dieci anni di uso della droga da parte del Pronto Soccorso di un ospedale di Firenze. L'efficacia terapeutica risulta importante nella cicatrizzazione, nella disinfiammazione topica, nella cheratolisi, anche se lo studio è puramente osservazionale. L'interesse della ricerca farmacologica su questo fitocomplesso si è esaurito quando le ditte farmaceutiche, dopo un iniziale "lancio pubblicitario" hanno constatato l'inefficacia degli estratti della pianta: pomate, gel, o altre confezioni farmaceutiche risultano inefficaci. La droga funziona perfettamente solo se fresca, o surgelata. Quindi non è commerciabile e non c'è interesse economico che possa incentivare una adeguata ricerche scientifiche. La ricerca nelle banche dati sui lavori scientifici propone solo 4 lavori (2,3,4,5) che segnalano in vitro capacità antivirli, antiinfiammatorie, di stimolo della fagocitosi, di inibizione della adesività cellulare nei fibroblasti ed attività antiossidante; l'evidenza di un effetto fotoprotettivo viene segnalato per possibili applicazioni cosmetiche. Del fitocomplesso vengono accennate le componenti generali: flavonoidi e polisaccaridi. Non ci sono lavori più specifici sui componenti.
La mia personale esperienza nella cura di qualche paziente con Sedum Telephium ha ritrovato l'efficacia che mi era stata segnalata a lezione. Provvedo quindi, come fa l'ospedale fiorentino, alla coltivazione "in proprio" della pianta, ma ovviamente restringo il suo utilizzo all'ambito famigliare. Certo, non dispongo di alcuna informazione scientifica sul fitocomplesso che in questo caso rimane tanto importante sul piano clinico quanto misterioso su quello del "che cos'è?".
Ma forse il principale motivo di questa incompletezza di dati sui fitocomplessi deriva dal fatto che lo studio del fitocomplesso risulta straordinariamente difficile.
In un recente passato si riteneva che l'efficacia clinica di una droga derivasse dalla presenza di una particolare molecola dotata di intensa e specifica attività farmaclogica. Da qui la tecnica di isolamento di molecole e la produzione di farmaci convenzionali.
Oggi i lavori scientifici disponibili sui fitocomplessi mostrano per ogni droga che viene studiata una miriade di componenti chimici attivi. Questo, in genere, evidenzia che l'efficacia terapeutica di una droga non deriva da una o da pochi principi attivi, ma è determinata dall'effetto combinato di gran parte, o di tutti i componenti del fitocomplesso.
Un semplice esempio è costituito dalle droghe che contengono salicilati, come la corteccia di Salice bianco, la corteccia e le foglie di Pioppo, le foglie di Gaultheria procumbens, la Betulla e la Spirea ulmaria. Da questi fitocomplessi è stato isolato nel 1838 l'acido salicilico che ha consentito applicazioni cliniche molto importanti e studi molto raffinati. Si è potuto osservare che gli effetti clinici della droga corteccia di Salice sono diversi da quelli osservati con l'aspirina. In particolare, la gastrolesività risulta pressoché assente nei trattamenti fitoterapici. Questo sembra dipendere dal legame che l'alcool salicilico ha con la frazione glicidica nei glicosidi salicilici (salicina, salicortina e populina): nello stomaco la forma glucosidica macromolecolare risulta innocua; per idrolisi l'alcool salicilico viene rilasciato lentamente e successivamente viene ossidato nel fegato ad ac salicilico. Ma è anche probabile che una azione gastro protettiva venga svolta dagli altri componenti della droga, i flavonoidi e i tannini. Questi ultimi composti potrebbero verosimilmente possedere una significativa attività farmacologica.
Un altro esempio è l'Achillea Millefolium da sempre usata come tonico, stomachico, antispastico, antiinfiammatorio, astringente. Tra i suoi componenti noti, l'azulene manifesta attività antiflogistica assieme a vari flavonoidi ai quali si attribuiscono anche azioni spasmolitiche (apigenina, luteolina, isoramnetina, flavometileteri, glicosilflavoni). Spasmolitica sembra anche l'azione dei vari alcaloidi (achiceina, betonicina, stachidrina, trigonellina) che posseggono anche attività coleretica. Ma anche i componenti cumarinici possono svolgere azione spasmolitica. Ed anche le betaine (betaina, stachidrina e achilleina) hanno attività coleretica. L'azione antibiotica è attribuita alla componente eterea che, anche lei, può contribuire all'azione spasmolitica. Alcamidi poliinsaturi hanno dimostrato attività inibitoria sulla cicloossigenasi e sulla 5 lipo ossigenasi. Attività antiedema, antiflogosi e spasmolitica viene riconosciuta anche a sesquiterpeni (3 oxaguajanolide, eudesmanolide, longipinene, germacrene). I tannini esplicano attività emostatica astringente. Le sostanze amare del fitocomplesso stimolano in via riflessa il sistema vagale. E nuovi studi allargano ancora la rosa degli effetti farmacologici dei componenti del fitocomplesso: sesquiterpeni di recente isolamento (ac. Achimillico A, B e C) risultano essere antileucemici nei topi. Nuovi guaianolidi estratti dall'achillea sembrano responsabili di reazioni allergiche. (6, 7 ).
Un ulteriore esempio è costituito dall'azione antidepressiva dell'Ipperico: la miriade di effetti terapeutici (aumento del sonno profondo, ansiolisi, riduzione di cortisolo, inibizione delle M.A.O., aumento intersinaptico della serotonina, stimolo della melanina, inibizione della prolattina, antiipertensivo, antivirale ecc.) viene attribuita alle varie componenti del fitocomplesso: naftodiantroni (ipericina e altre), flavonoidi, oli essenziali, tannini, flobafeni, steroli, triterpeni. Una stessa molecola, l'ipericina viene riconosciuta avere attività le più diverse, da quella di inibizione delle MAO, a quella antivirale, a quella di inibizione della succinoossidasi mitocondriale in caso di fotoattivazione (6, 7).
Un altro esempio può essere il Tripterygium wilfordii (6) dalle cui radici si estrae un composto che contiene vari diterpeni. Tra questi, il triptolide ed il tripdiolide hanno dimostrato attività immunosopressiva di diversa intensità. Altri diterpeni del fitocomplesso (triptofenolide e triptonide) non hanno evidenziato questa attività. Si ritiene che il gruppo epossidico presente nei primi composti sia il responsabile, almeno in parte, della attività immunosopressiva. Uno studio in pazienti con Artrite Reumatoide, che comparava l'efficacia terapeutica del fitocomplesso con quella del solo triptolide, ha evidenziato risultati clinici analoghi, ma nei pazienti trattati col triptolide maggiori effetti collaterali e minore efficacia terapeutica (maggiore permanenza del fattore reumatoide). Sono inoltre rilevanti le capacità antiinfiammatorie del Tripterygium evidenziabili, però, solo a dosaggi maggiori. Questo fa ritenere che questa attività sia riferibile ad altri componenti del fitocomplesso.
Un altro esempio: per l'ipertrofia prostatica viene segnalata l'efficacia della dorga di Pygeum africanum (corteccia). L'effetto farmacologico evidenzia attività specifiche sugli enzimi che controllano l'evoluzione iperplastica della ghiandola (5alfa reduttasi, 3alfa reduttasi, aromatasi, glicosil transferasi, inibizione recettoriale del DHT, recettori nucleari per gli estrogeni). Si indica come principale molecola attiva il beta sitosterolo (della componente sterolica), ma nella droga sono presenti anche altri fitosteroli, triterpeni pentaciclici, alooli, acidi grassi. Inoltre, nella pratica clinica il trattamento della ipertrofia prostatica viene condotto associando al Pygeum anche la Serenoa repens e l'Ortica. Il fitocomplesso somministrato si arricchisce quindi di altri composti, (flavonoidi, lignani, ammine, triterpeni, ac organici silicati, oligoelementi, vitamine, polipectine). L'effetto terapeutico risulta meno netto rispetto al farmaco convenzionale di sintesi (finasteride), ma non ci sono effetti indesiderati sulla libido, nè sulla fertilità.
E' frequente in fitoterapia la prescrizione di più droghe contemporaneamente e quindi dovremmo conoscere le sinergie di vario tipo che si possono realizzare tra le varie droghe per prevedere l'effetto terapeutico del fitocomplesso che prescriviamo (vedi fig. 1).
Sull'interazione tra i componenti delle droghe ci sono frammentarie informazioni.
Le interazioni più direttamente osservabili sono quelle che avvengono ancora nella fase di assunzione - assorbimento.
Un accenno è necessario alle caratteristiche organolettiche delle piante. Sono effetti che influenzano il comportamento della persona ed in particolare la probabilità che una determinata droga venga assunta con continuità nel tempo, o con riferimento ad una particolare condizione. Grande importanza assumono, nelle composizioni delle tisane, le erbe con caratteristiche dolcificanti perché rendono bevibile un estratto altrimenti molto sgradevole. Tra queste droghe ricordiamo la Liquirizia (Gliciyrrhiza glabra) radice. Uno studio (Shiratori K. Watanabe S Takeuchi T. 1986) evidenzia effetti della liquirizia sulla secrezione di secretina e di secreto pancreatico, ad indicare come questi effetti generalmente eupeptici della liquirizia sottendano riflessi e meccanismi d'azione molto complessi. Altri esempi sono costituiti dalle droghe amare (Carciofo, Boldo, Rabarbaro), dalla Menta ecc. Sono droghe che attivano varie funzioni dell'apparato digerente con principi attivi molto vari (dai saponoidi della liquirizia, agli alcaloidi del Boldo, ai tannini del Rabarbaro, ecc.) e meccanismi neuro ormonali ancora poco chiari. In ogni caso, realizzano una interazione con gli altri composti del fitocomplesso i quali verranno assorbiti con diversa velocità ed efficacia.
Interazioni specifiche sull'assorbimento avvengono ad opera delle saponine (come nell'Ippocastano) che aumentano l'assorbimento degli altri componenti del fitocomplesso, pur rimanendo loro stesse poco assorbite (l'Escina dell'Ippocastano viene assorbita per il 5-10 %). I tannini interferiscono con l'attività enzimatica in quanto precipitano le proteine, da cui l'indicazione di assumere le relative droghe lontano dai pasti.
Altro esempio di interazione intestinale tra componenti dei fitocomplessi è costituito dalle mucillagini che oltre allo stimolo della peristalsi con meccanismo meccanico, possono ridurre l'assorbimento di molecole "sequestrandole" (da cui le loro indicatzioni nelle terapie dimagranti).
La numerosità dei composti del fitocomplesso fa immaginare una miriade di interazioni nella loro farmacicinetica. Competizione, attivazione, sinergia, ecc. stimolo al catabolismo, alla diuresi ecc. Ma possiamo anche aspettarci interazioni a livello di catene metaboliche, o di specifici siti di azione. Abbiamo alcune evidenze sperimentali che indicano queste interazioni farmacodinamiche.
Ad esempio nel Rabarbaro (Rheum palmatum) i tannini hanno azione amaro tonica e stomachica e i glucosidi antrachinonici una attività purgativa. Nell'Echinacea la componente polisaccaridica mostra attività immunomodulante, i flavonoidi e le alchilamidi antiinfiammatoria.
Le piante che sono state studiate con accuratezza sono ancora molto poche e proprio lo studio di queste ci presenta una vastità di azioni ed interazioni del fitocomplesso che ci rende coscienti dei limiti delle nostre conoscenze.
La varietà nelle strutture chimiche dei componenti è enorme. Ci sono migliaia di flavonoidi, tannini, cumarine, antociani, cianidine, terpeni e la ricerca continua a scoprire nuove molecole.
Infine, è sempre presente e rilevante il fatto che il fitocomplesso non è il prodotto di una catena produttiva standardizzata, ma della vita di piante che variano la loro biochimica in funzione del clima, delle stagioni, del terreno o di altre variabili incontrollabili (l'areale). A questa variabilità di contenuti del fitocomplesso si è ovviato raccomandando la titolazione di composti ritenuti principali negli estratti di ogni partita di droga.
Nello studio dei farmaci convenzionali il meccanismo d'azione è discretamente certo perché limitato ad uno o pochi principi attivi. Per analogia si cerca di trasferire questa impostazione nella titolazione del fitocomplesso: si semplifica l'analisi del fitocomplesso assumendo l'ipotesi, o accettando l'approssimazione, che la sua attività farmacologica dipenda da un componente identificato come "il" principio attivo. Si tratta di una importante metodica che consente al medico di verificare nella droga il titolo di almeno uno dei componenti ritenuti più importanti nella speranza che gli altri componenti siano ragionevolmente proporzionali al componente titolato. E' una approssimazione accettata per consentire una qualche verifica di qualità delle droghe a livello commerciale. Ma siamo lontani forse secoli dalla comprensione dell'effetto dell'intero fitocomplesso sulla fisiologia umana.
Nella pratica clinica descriviamo ancora il meccanismo d'azione di una droga con la terminologia della erboristeria tradizionale: lassativo, pettorale, depurativo, rilassante, sonnifero, calmante eccitante, tonico, corroborante, ecc.
Si usa anche una terminologia scientifica: colagogo, coleretico, diuretico dell'ansa, antiipertensivo ecc, ma tali termini sono riferibili con precisione solo ad effetti di singoli principi attivi sperimentati per lo più in animali. Tali osservazioni possono quindi essere indicative di un effetto nell'uomo, ma solo con molta cautela e mai con una equivalenza effettivamente scientifica.
L'effetto farmaceutico dell'intero fitocomplesso risulta spesso molto difficile da definire con la terminologia scientifica: possono coesistere azioni su numerosi organi ed apparati, oppure effetti farmacologici opposti (come nelle droghe che possono dare ipertensione nei pazienti ipotesi ed ipotensione in quelli ipertesi), eccitazione o sedazione. È quindi in uso anche una terminologia parascientifica che descrive azioni "drenante", "adattogena", "immunomodulante", "rilassante" le quali fanno riferimento a complesse funzioni fisiopatologiche per descrivere in modo generico le possibili azioni del fitocomplesso.
 
 
4 Come possiamo considerare le antiche indicazioni della fitoterapia cinese alla luce delle moderne nozioni di biochimica, farmacocinetica e farmacodinamica?
Tra le caratteristiche della farmacoterapia cinese spicca:
  1. Il suo utilizzo massiccio da parte di centinaia di milioni di persone e forse più.
  2. Le formule fitoterapiche cinesi sono efficaci e discretamente innocue
  3. Le formulazioni utilizzate sono infusi, decotti, estratti secchi ecc, gli stessi di quelli della fito terapia ed erboristeria occidentale
  4. Le formule fitoterapiche disponibili sono il risultato della sperimentazione empirica condotta con buona continuità per secoli e descritte mediante criteri di conoscenza fisiopatologica che sono rimasti essenzialmente immutati per migliaia di anni.
Davanti a questi fatti non può che sorgere un importante interesse della nostra medicina. Abbiamo a che fare con una imponente mole di "evidenza clinica" e con una medicina che ha potuto verificare e ponderare nei millenni le proprie scoperte!!
I problemi iniziano, però, quando si affronta lo studio di questa immensa cultura fitoterapica: i criteri di studio, e lo stesso linguaggio utilizzati dai cinesi nei millenni della loro medicina sono completamente diversi da quelli che utilizziamo in occidente per la farmacologica, per la fisiopatologia e per la clinica. Il linguaggio della medicina cinese è pressochè incomprensibile, per non dire assurdo, rispetto al linguaggio scientifico della medicina occidentale. In compenso, per noi sembra normale che ogni 15 - 20 anni la nostra letteratura medica riscriva radicalmente i suoi testi, mentre nei testi cinesi più antichi le classificazioni delle erbe sono uguali a quelli attuali.
La terminologia principale è la seguente:
caratteristiche yang, o "natura": calda, tiepida, fresca, fredda
caratteristiche yin, o "sapori": piccante, dolce, acido, amaro e salato
sito di azione: i meridiani energetici, organi e visceri energetici
direzione: verso l'alto, verso il basso, verso l'esterno, verso l'interno
tossicità: intensa o modesta
Erba fredda, o calda, con sapore dolce o piccante…: a noi sembrano poco più che quisquilie gastronomiche, mentre per loro sono entità cliniche fondamentali che si articolano in un complesso e completo quadro di fisiologia, di patologia e di terapia.
Il piccante, ad esempio, indica la qualità farmacologica che "muove il Qi e fa circolare il Xue" traducibile come "muove l'energia e fa circolare il sangue". La traduzione è comunque molto imprecisa in quanto i termini cinesi non sono che vagamente riferibili ai nostri "energia" e "sangue". Il piccante, inoltre, dicono che agisce sul polmone, si dirige al riscaldatore superiore, apre la superficie ed induce sudorazione.
Il dolce si dirige alla milza ed al riscaldatore medio, agisce come armonizzatore, calma i dolori spastici, nutre il Qi, lo Xue, lo yin e lo yang, umidifica la secchezza.
L'acido si dirige al fegato ed ai tendini, astringe riducendo le perdite di liquidi e di Qi.
L'amaro si dirige al cuore ed alle ossa, elimina verso il basso il calore interno, rinfresca il fuoco di cuore, asciuga l'umidità, abbassa il Qi di polmone, abbassa il fuoco del Ming Men
Il salato si dirige al rene ed al sangue, ammorbidisce i ristagni, dissolve gli accumuli.
In sintesi, questa modalità di conoscenza può essere definita una modalità poetica - analogica, antitetica rispetto alla nostra scientifica-logica.
Ad una prima lettura, è' veramente difficile per la nostra cultura medica occidentale considerare queste indicazioni serissime e saggissime Verità, scoperte e verificate per millenni da milioni di medici su miliardi di persone. Ma questa medicina, per noi strana, descrive una immensa mole di evidenze osservazionali che si riferiscono a risultati clinici riproducibili.
E' quindi possibile tentare una comprensione "scientifica" della farmacologia cinese e le ricerche sul Ginseng costituiscono un esempio.
Nel linguaggio della medicina cinese, da millenni questa radice è descritta in questo modo: sapore leggermente acre e dolce, una natura neutra, stimola i meridiani Milza-Pancreas, Polmone e Cuore. Inoltre, tonifica l'energia originale Yuan Qi, tonifica l'elemento terra e metallo, nutre lo spirito Shen e genera i liquidi Jin.
I dati scientifici sul Ginseng sono ormai molto numerosi e descrivono i componenti della droga, i suoi effetti su vari sistemi di laboratorio e gli effetti clinici nell'uomo. Una recente ricerca nelle banche dati ha prodotto un elenco di 1336 lavori scientifici dei quali 319 negli ultimi 3 anni.
I componenti del Ginseng sono principalmente saponine stereodiche (28 ginsenosidi), ma anche saponine triterpeniche, polisaccaridi ad alto peso molecolare detti glicani, o panaxani, steroli, vit. D, composti acetilenici, una sostanza lipolitica, oli essenziali (eremofillene, beta gurjunene, cariofillene, epsilonmurulene, gammapacthoulene, beta farnesene, aromadendrene, alloaromadendrene, betaguajene, gamma elemene, mayurone), 3 pirazine, 4 polliiine. Ma sempre nuove molecole vengono individuate e vengono inventati nuovi metodi di analisi: in un lavoro del giugno 2001 (10) sono individuati nuovi ginsenosidi (F4, Rg3, Rg5, Rg6, Rk1, Rk3, Rs3, Rs4, Rs5)
Numerosi sono i lavori negli animali che descrivono diversi effetti biologici, quali l'aumento della biosintesi dell'RNA e delle proteine, aumento del metabolismo dei carboidrati e dei lipidi.
Ovviamente non sono disponibili sperimentazioni farmacologiche complete di tutti i componenti fin qui noti, ne di tutte le loro interazioni nell'organismo umano. Sembra comunque acquisito che nel fitocomplesso coesistono sostanze con effetti farmacologici opposti: il ginsenoside Rg1 aumenta la pressione arteriosa e stimola il sistema nervoso centrale, mentre il ginsenoside Rb1 abbassa la pressione arteriosa ed ha una azione sedativa sul sistema nervoso centrale (6).
La letteratura dimostra significative differenze nel profilo dei componenti della droga in funzione della provenienza e della modalità di conservazione.
Nell'uomo la sperimentazione ha confermato le indicazioni della farmacoterapia cinese descrivendo effetti significativi di stimolo delle capacità di reazione dell'organismo e della funzione respiratoria.
Ci sono evidenze di svariate possibilità terapeutiche del Ginseng: sul cancro, sulla contrattilità miocardica, sull'immunità, sulla funzione respiratoria, nelle epatiti, sul sistema nervoso centrale, sulla perfusione vascolare, sulla sintesi proteica, sulla secrezione di catecolamine, sull'ACTH ed ormoni corticosteroidei, sulla lipogenesi, sull'aggregazione piastrinica, sulla glicemia ed nei processi antistress.
La sperimentazione rimane comunque parziale e siamo quindi ancora lontani da una completa comprensione logica-scientifica del Ginseng, pur comprendendo ormai alcuni meccanismi di azione. Anche evidente la complessità di questo tipo di studi. Probabilmente saranno necessari dei decenni di ricerca per completare il puzzle di scoperte farmacologiche che spiegano il suo funzionamento.
Nel frattempo, forse vale la pena di tentare di comprendere meglio le spiegazioni che la medicina cinese utilizza da millenni, anche perché se il ginseng attira le intense ricerche dei farmacologi, stessa sorte non godono le migliaia di altre droghe che la farmacoterapia cinese utilizza.
Così, forse, possiamo immaginare che con il termine "piccante" sono raccolte precise azioni fisiologiche descrivibili in chiave biochimica. In ogni caso, questa terminologia a noi tanto estranea ci mostra una medicina "olistica" che sintetizza e supera la nostra frammentazione fisiopatologica attenta a livelli sistemici distinti (apparati, organi, tessuti, cellule, molecole).
Un'altra interessante caratteristica della farmacoterapia cinese è quella di associare droghe diverse in una prescrizione.
Le ricette fitoterapiche cinesi possono contenere 5 - 10, o più droghe, ciascuna con il proprio rigoroso dosaggio. Sono associazioni antiche che derivano da tradizioni plurisecolari.
Le spiegazioni per le singole associazioni sono molto chiare, per i cinesi. Loro infatti individuano nelle ricette il ruolo di ciascuna droga indicandone la funzione e le reciproche interazioni. Ad esempio, una ricetta può essere composta da una droga che è indicata come "imperatore della ricetta", perché assume il ruolo principale nel trattare la causa o i sintomi principali della malattia. Altre droghe della stessa ricetta sono indicate come "consigliere, o ministro" in quanto potenziano l'azione dell'imperatore. Altre sono "aiutanti" perché trattano sintomi secondari, riducono eventuali effetti collaterali. Altre ancora sono indicate come "messaggere, o Ambasciatore" della ricetta in quanto indirizzano l'azione della ricetta verso un dato organo bersaglio, oppure armonizzano e coordinano i vari componenti della ricetta.
Fin dai testi antichi venivano individuate varie forme di interazione tra le droghe:
di rinforzo reciproco
assistenza reciproca
costrizione, o timore reciproco
soppressione reciproca
antagonismo reciproco
incompatibilità reciproca
Le qualità delle droghe, i loro sapori le loro nature e i loro meridiani di azione nelle ricette devono costituire schemi armoniosi. Una droga fredda deve essere mitigata da una calda, un sapore armonizzato con un altro ecc. Ciò che più stupisce il medico occidentale è che questo criterio che assomiglia ad una favola, produce buoni risultati!
Evidentemente, queste associazioni producono una sinergia efficace di principi attivi che agiscono sul, o sui siti biochimici in modo farmacologicamente attivo e terapeutico.
 
 
5 Perché scegliere la fitoterapia nel trattamento dei nostri pazienti?
  1. perché ce lo chiedono
  2. perché funzionano
  3. perché può avere valore educativo
  4. perché si può proporre il consenso informato alla fitoterapia
a) perché ce lo chiedono
I mass media sono interessati a promuovere l'immagine della cura con trattamenti naturali e, tra questi, le erbe. Nella clinica pratica la fitoterapia può essere espressamente richiesta dal paziente al momento della visita.Possiamo speculare se si tratti di un romantico ritorno alla natura, o del fascino della riscoperta delle tradizioni, delle ricette della nonna, o delle vecchie intuizioni terapeutiche. Inoltre, non pochi pazienti si dicono delusi dai limiti della medicina accademica e si convincono che nei trattamenti fitoterapici esiste una possibilità di cura migliore.Ci sono altri pazienti che chiedono terapie fitoterapiche perché già conoscono le proprietà curative delle piante sulla base di conoscenze dirette o per cultura tramandata nel contesto familiare: la marmellata di tamarindo, o i semi di sesamo per la stitichezza, la camomilla per l'insonnia, il caffè per l'attenzione, l'eucalipto per la tosse ecc.Molte persone sono decise ad utilizzare prodotti fitoterapici nella cura dei loro disturbi anche a dispetto dei consigli medici. In questi pazienti può essere comunque opportuno che il medico assista le applicazioni, anziché abbandonarlo alle "cure" improvvisate dei praticoni, o del "fai da te".
 
b) perché funzionano
Le evidenze di funzionamento degli estratti delle piante sono numerose e ormai ampiamente publicizzate. Pur in assenza di sperimentazione scientifica completa, sono numerosi i prontuari di fitoterapia disponibili anche nelle farmacie e nelle erboristerie.
Le indicazioni cliniche sono le più disparate e vanno dal cancro, all'aperitivo.
Sono centinaia e forse più le erbe proposte, ora anche con la possibilità di reperire droghe da tutto il mondo.
Della scuola dell'AIRAS e dalla mia limitata esperienza, mi sembra che un prontuario terapeutico ragionevole possa essere il seguente:
insuff venosa periferica
Centella asiatica, Ippocastano, Rusco, Cipresso
cellulite
Centella, Mirtillo, Fucus
Insufficienza epatica
Tarassaco, Boldo, Carciofo,
dispepsie
angelica
stitichezza
Malva, Piantaggine, Psilio,Lino,
gastrite
Menta, Melissa, Liquirizia,
Colite
Agrimonia, Mirtillo, Lampone, Menta, Finocchio
astenia
Ginseng
Insonnia
Valeriana, Camomila, Biancospino
Ansia
Tiglio, Passiflora, Kava Kava
Depressione
Iperico
artrite
Arpagofito, Spirea Ulmaria, Salice, Ribes N
Osteoporosi
Equiseto
Sdr climaterica
Actea Racemosa
dismenorrea
Angelica, Camomilla
Vertigini
Ginko Biloba
Sdr influenzale
Echinacea, Timo
c) perché può avere valore educativo
le stesse motivazioni che portano le persone a chiedere autonomamente i trattamenti fitoterapici (vedi punto a) consentono al medico di intraprendere con il paziente un processo educativo improntato al miglioramento del rapporto con la natura, all'alimentazione e alla migliore cura della salute.
In ogni situazione clinica, l'equilibrio del paziente può trovare un aiuto anche importante nel rapporto con la natura. Se il medico ha l'opportunità di parlare di fitoterapia, può ricordare al paziente che, se ci si relaziona con l'ambiente in modo corretto, ci sono ricche possibilità di ricevere aiuto dall'ambiente naturale che ci circonda. E' facile ricordare al paziente che ".. sì, il Tarassaco va assunto mediante due tisane al dì lontano, o prima dei pasti per stimolare le funzioni epatiche..ecc.; e il Tarassaco e proprio la stessa pianta che i nostri vecchi chiamavano pissaletto; la stessa che molti anni fa andavamo a raccogliere lungo i fossi in primavera per soffiarne i semi .."; e' facile allargare il dialogo alle proprietà terapeutiche delle varie droghe, dal rosmarino, al carciofo, all'ortica ecc. Molti pazienti ignorano completamente le proprietà curative delle piante, salvo poi ricordare che certamente il caffè stimola, la camomilla rilassa, la prugne sono lassative e la menta calma la tosse. Se il dialogo e l'interesse si allarga possiamo recuperare nella memoria del paziente le usanze di cura dei nonni, gli impiastri, o i suffumigi e mostrare come la farmacoterapia moderna altro non ha fatto se non studiare quelle strategie, cercando di isolare i principi attivi per utilizzarli in modo più sicuro. Sono dialoghi che possono essere molto piacevoli sia per il medico che per il paziente e che permettono di considerare la natura, con le sue forze, un potente alleato della salute.
Abbiamo anche una occasione speciale per parlare di alimentazione, illustrando i valori non solo nutrizionali, ma anche farmacologici dei vegetali del nostro orto: le proprietà anticolesterolo dell'aglio, quelle antiossidanti e capillaro protettrici del mirtillo, quelle colagoche coleretiche del carciofo, ecc.. In generale si può far notare come le piante che vivono nel nostro ambiente hanno potenti caratteristiche biochimiche che le possono rendere a noi amiche o al contrario, anche nemiche se ingerite incautamente.
Infine, la fitoterapia può essere educativa in quanto, se compresa correttamente e applicata con sufficiente soddisfazione (cioè se il paziente verifica significativi miglioramenti nella sua salute), può diventare una semplice, accessibile e gradita forma di auto cura, che spesso può accompagnare il paziente per tutta la vita entrando nel suo stile di vita. Di regola questo comporta una certa auto disciplina nell'assunzione e comunque una abituale migliore attenzione alla salute. Un esempio può essere offerto nella terapia di comuni dolori reumatici: mentre l'assunzione di un FANS toglie rapidamente il dolore, la fitoterapia può proporre periodi ci cura di diverse settimane con droghe "drenanti" ed antireumatiche. Gli effetti non sono mai rapidi ed il paziente è chiamato ad una paziente temporanea sopportazione dei suoi disturbi. Deve costruire la sua salute con convinzione e metodo. I risultati che può ottenere potranno essere molto convincenti, con una stabilizzazione dei disturbi molto maggiore rispetto alle terapie con FANS e soprattutto con la determinazione e l'orgoglio di essere l'artefice della propria salute (pur con gentili alleati: noi!?). Inoltre, può vedere risolti altri disturbi minori correlati al reumatismo, dall'insonnia alla digestione difficile alla cefalea, o altro. Ben diversa storia rispetto all'abitudine di dover oscillare tra effetti farmacologici immediati e loro effetti collaterali di tipo gastrico.
Il paziente impara che può ottenere buoni benefici utilizzando forme di cura che però richiedono disciplina, attiva comprensione del funzionamento della droga, anche nei suoi limiti. Quanto possa inserirsi l'effetto placebo nei risultati clinici ha importanza solo speculativa. Ben venga anche l'effetto placebo se rinforza un convinto programma terapeutico correttamente presentato (vedi consenso informato)
In sintesi, mentre il paziente rimane essenzialmente ignorante e passivo nel ricevere le prescrizioni farmacologiche tradizionali, al contrario, davanti a prescrizioni fitoterapiche possiede una varietà di possibilità di comprensione ed elaborazione culturale che lo possono gratificare e orientare in un processo educativo molto profondo.
d) perché si può proporre il consenso informato alla fitoterapia
La fitoterapia dovrebbe essere una delle opzioni a disposizione del medico al termine della sua diagnosi. Se il medico si orienta verso la prescrizione fitoterapica, come per ogni altro atto terapeutico, dovrebbe ottenere dal paziente il necessario "consenso informato".
Riguardo alla Fitoterapia, quali dovrebbero essere le informazioni fondamentali da comunicare al paziente?
Possiamo distinguere informazioni generali, comuni ad ogni trattamento fitoterapico e informazioni specifiche del caso che si intende curare.
Le informazioni generali sulla fitoterapia riguardano argomenti molto vari ed il paziente potrà avere livelli diversi di interesse a seconda delle sue condizioni culturali e mentali. Si propongono le risposte essenziali che il medico può dare alle domande più comuni:
Domande comuni
Risposte essenziali
cos'è la fitoterapia
È una terapia con estratti di piante; contengono sostanze farmaceuticamente attive e vanno quindi assunte dopo che il medico ha effettuato una diagnosi e si è valutato insieme il bilancio rischi benefici
quali sono le garanzie scientifiche della sua efficacia
Ci sono evidenze di efficacia, non garanzia di efficacia. Sono evidenze segnalate dall'esperienza clinica e da studi preliminari. Non c'è garanzia di efficacia descritta scientificamente per la complessità dei componenti della droga e per la variabilità dei contenuti del fitofarmaco.
quali sono i rischi della fitoterapia
Gli effetti collaterali dei fitofarmaci che si prescrivono sono generalmente molto limitati, salvo l'osservazione di reazioni avverse di tipo gastroenterico, o dermatologico che possono comparire nei primi giorni di terapia. Trattandosi di sostanze dotate di attività farmacologica, cioè attive biochimicamente sulla fisiologia umana, è opportuna la prescrizione ed il controllo medico. Tra le erbe non mancano sostanze velenose e si sconsigliano a pazienti con insufficienza renale, donne gravide e bambini sotto i due anni.
Manca una farmacovigilanza in fitoterapia e la conoscenza chimica della droga è solo parziale, per cui i rischi della fitoterapia non sono valutabili
Quali sono le principali differenze tra la fitoterapia e la farmacoterapia convenzionale
- Il fitoterapico contiene varie sostanze dotate di attività farmacologica parzialmente conosciute sintetizzate e mescolate dalle cellule della pianta di origine, mentre il farmaco convenzionale contiene una o poche molecole ben note e studiate in dettaglio
  • la fitoterapia, in genere, agisce in modo più blando e graduale, ma può dare risultati più generali e minori effetti collaterali
Al paziente sono inoltre dovute informazioni specifiche sul trattamento fitoterapico che proponiamo. Sono informazioni che dovrebbero affrontare il tema del rischio/beneficio del trattamento ed illustrare quali terapie convenzionali potrebbero essere attuate. Si tratta, cioè, di descrivere al paziente le varie possibilità terapeutiche che sono disponibili per il suo caso affinchè lui possa scegliere con la sufficiente cognizione di causa. In linea di massima, le garanzie che la ricerca scientifica offre ai trattamenti convenzionali rende doverosa la raccomandazione di questi trattamenti. Però, iniziano a comparire in letteratura lavori che invertono questa impostazione. Ad esempio l'Actea Racemosa è stata raccomandata come trattamento disturbi vasomotori della menopausa. In queste situazioni si raccomanda di procedere a tappe in modo che, dopo l'utilizzo di placebo, poi si utilizzi la pianta e solo se questa risulta inefficace ricorrere al trattamento con ormoni (8).
E' importante segnalare la possibilità di interazioni del trattamento fitoterapico con quello farmacologico. In genere la fitoterapia può aumentare il catabolismo dei farmaci perché attiva i processi di glicuronoconiugazione epatica, o incrementa la diuresi; vanno inoltre segnalate le possibili interazioni a livello di assorbimento, sia nel senso di un loro potenziamento nel caso di fitoterapici che contengono saponine, sia nel senso di un loro decremento, nel caso di fitoterapici con mucillagini.
Vanno inoltre segnalate le interferenze con i trattamenti chirurgici, recentemente evidenziate in letteratura (9).
In sintesi possiamo adottare anche per la fitoterapia il facsimile del "consenso informato" raccomandato dalla Società Italiana di Agopuntura e dalla FnomCeO, a seguito del dettato degli articoli 31-35 del cap. IV (informazioni e consenso) dell’Appendice B del Codice Deontologico Professionale Medica, approvato dal Consiglio Direttivo dell’Ordine Provinciale di Roma dei Medici Chirurghi ed Odontoiatri, il 10 novembre del 1998 (fig 2).
In generale, il consenso informato alla fitoterapia deve prevedere da parte del paziente una collaborazione attiva al trattamento discretamente maggiore di quella per la farmacoterapia convenzionale. Infatti, gli effetti terapeutici possono essere meno evidenti e specifici nel breve periodo, le somministrazioni quotidiane delle droghe sono sempre numerose e ci sono frequenti accorgimenti dietetici o comportamentali che si associano alla prescrizione. Ne deriva un più profondo rapporto medico - paziente e possono essere utilizzate le potenzialità educative descritte sopra al punto 5 C.
Se prescriviamo fitoterapia ovviamente ci attendiamo effetti terapeutici migliori di quelli ottenuti con la farmacoterapia classica. Sono, in genere miglioramenti più duraturi, con meno effetti collaterali e che riguardano uno spettro più ampio di sintomi.
Ma la mancanza di una base scientifica alle promesse di miglioramento va in qualche modo comunicata al paziente. Possiamo assumere un linguaggio tecnico con cui riportare i lavori osservazionali, o studi di meta analisi o lavori di ricerca in vitro, o su animali ecc. ma non possiamo dimenticare di ricordare, a noi per primi, che se la glicirriza possiede nell'animale il tale effetto, ciò non significa assolutamente che quell'effetto sarà riprodotto identico nel nostro paziente!!
La recente cronaca ci parla di statine che in alcuni pazienti producono rabdomiolisi e forse anche il decesso. Questo ha determinato il ritiro del farmaco dal commercio, un farmaco che risulta molto studiato ed enormemente utilizzato da milioni di pazienti nel mondo.
Lo stesso rigore nei controlli non è garantibile in fitoterapia, per cui, se mancano gli studi scientifici, o se sono parziali, se le informazioni sui possibili effetti collaterali sono incomplete, al momento dell'eventuale prescrizione dobbiamo avvisare il paziente di questa situazione di rischio "non valutabile".
Talvolta, i mass media parlano di fitoterapia con un linguaggio che richiama alla antica tradizione erboristica popolare, o perché no?, a quella ancor più antica e affascinante orientale, o degli indiani d'America ecc.. Nel dialogo medico paziente questi argomenti risultano quantomeno parziali e semplicistici. Gli ambiti culturali a cui possiamo fare riferimento per motivare l'uso della droga che vogliamo prescrivere sono nettamente diversi nello spazio, o nel tempo da quello in cui vive il nostro paziente. Non è quindi corretto questo approccio per giustificare la prescrizione, ma può solo avere il senso di una lontana testimonianza, o di un aneddoto culturale curioso.
Nonostante questi disincantati doveri di informare il paziente, i risultati clinici che vengono riferiti nella Scuola di FITOTERAPIA SCIENTIFICA dell'AIRAS, o che troviamo in letteratura, o che possiamo osservare personalmente, ci stimolano ad utilizzare anche le opportunità terapeutiche offerte dalle piante.
A mio parere, dopo la fase del consenso informato in fitoterapia, il rapporto medico - paziente evolve in modo più personalizzato rispetto a quello che segue una prescrizione di farmacoterapia convenzionale. I risultati attesi, forse, qui vengono osservati e accolti con più consapevolezza, mentre con i farmaci convenzionali è più facile che il paziente assuma un atteggiamento più superficiale, fatalista, o con pretese infantili.
 
6 Considerazioni attorno ai fondamenti della fisiologia vegetale
Ricordando lo studio della biochimica medica, risulta subito evidente che la fitoterapia propone una rosa di molecole completamente diverse da quelle che incontriamo nella fisiologia cellulare, degli organi ed apparati umani. Tannini, flavonoidi, cumarine ecc. sono molecole così dissimili da quelle della fisiologia umana che sorge la curiosità di comprendere per quale motivo le piante possiedono questo patrimonio biochimico completamente estraneo alla biologia animale.
In effetti la biologia vegetale è molto diversa da quella animale; una sintetica rassegna delle differenze può essere la seguente:
a) Non si spostano nell'ambiente
b) Lo sviluppo dei suoi organi è verso l'esterno (non verso l'interno come negli animali): foglie radici, fiori
c) La superficie di contatto con il mondo esterno è grande e in continua crescita: sono organismi "aperti"
d) Il corpo possiede una simmetria radiale in quanto forza di gravità e linee di crescita (verso l'alto) sono sulla stessa direzione. Simmetria bilaterale si trova solo negli organi che presentano i due vettori gravità e crescita ortogonali (foglie).
e) Non sono rare piante con vita secolare, o millenaria
f) Sono fototrofe e quindi non hanno bisogno di assumere nutrimento organico
g) Le cellule vegetali sono osmotrofe, assorbono, cioè, solo sostanze disciolte in acqua, mentre le cellule animali sono anche fagotrofe (possono assorbire anche particelle con la fagocitosi)
h) Le cellule vegetali producono una parete rigida che serve a stabilizzare la pressione interna ed a consolidare definitivamente la posizione della cellula, mentre le cellule animali sono immerse in liquidi isotonici e possono migrare nell'organismo.
i) Le cellule vegetali hanno due organuli interni assenti negli animali: i plastidi ed i vacuoli
I plastidi possono assumere la funzione fotosintetica (cloroplasti), o di immagazzinamento di materiali di riserva (amiloplasti per amido, elaioplasti per olio, proteoplasti per cristalli proteici), o di segnalazione (gerontoplasti) (cromoplasti). Particolarmente numerose sono le forme assunte dai cloroplasti nelle varie piante. Tra i più frequenti sono i cromoplasti globulosi che contengono pigmenti non polari: cromoplasti tubolosi che contengono carotenoidi o xantofille acilate; cromoplasti cristallosi con beta carotene; cromoplasti membranosi con lipidi. In generale nei cloroplasti si realizzano le condizioni per la compartimentazione e l'accumolo di molecole idrofobe.
Il vacuolo, oltre alla funzione di stabilizzatore del "turgore", (l'equilibrio tra pressione osmotica-idrostatica e pressione della parete cellulare), possiede la funzione di raccoglitore di eccedenze metaboliche cellulari temporanee (saccarosio nelle cellule della barbabietola da zucchero, ecc), o definitive (prodotti del metabolismo secondario). Molte sostanze si trovano nei vacuoli in forma di glicosidi. Questo da un lato consente una modulazione delle qualità osmotiche interne della cellula (osmoliti) e dall'altro mantiene segregate sostanze rese idrofile che non possono superare la barriera della membrana del vacuolo. Questo consente alla cellula la segregazione non solo di prodotti del suo catabolismo (le piante non hanno reni), ma anche di sostanze velenose come diversi alcaloidi, tannini.
Il metabolismo secondario delle piante determina gran parte delle molecole responsabili dell'attività farmacologica del fitocomplesso. Sono composti chimicamente eterogenei che hanno la caratteristica di non essere indispensabili al metabolismo fondamentale delle cellule e di possedere, invece, funzioni "ecologicamente attive". Hanno funzioni descritte come "addescanti", "inibenti sugli erbivori", "velenose", antibatteriche ecc.. In estrema sintesi queste molecole derivano dal metabolismi dei fenoli e da quello degli alcaloidi e realizzano un numero enorme di strutture molecolari (almeno 20.000).
Da queste informazioni di fisiologia vegetale possiamo dedurre che i componenti biochimici contenuti nei fitocomplessi clinicamente attivi sono prodotti dalle piante per le loro funzioni specifiche di "comunicazione" con l'ambiente. La loro biologia ha sviluppato strategie comunicative basate su una immensa varietà di molecole, distinte anche chimicamente da quelle coinvolte nel metabolismo primario. Mediante queste molecole hanno assunto prima di tutto la abilità di trasformare l'energia luminosa in quella chimica (la clorofilla). Ma l'organulo cellulare in grado di assicurare la vita autotrofa, il plastidio, assume anche altre importanti specializzazioni nell'uso della luce. Mediante modifiche dei suoi pigmenti, il plastidio riflette la luce all'esterno con diverse lunghezze d'onda e così "parla" con gli animali segnalando con i colori il proprio nettare, o i propri veleni.
Un altro organulo esclusivo della cellula vegetale è il vacuolo. Nelle piante la funzione renale di allontanamento delle scorie non è "centralizzata" in uno specifico organo come negli animali. Ogni cellula possiede quindi il suo compartimento di accumulo di prodotti estranei al metabolismo nel "vacuolo". In esso quindi si possono concentrare prodotti del catabolismo cellulare, ma ritroviamo anche molte molecole del metabolismo secondario con evidenti funzioni "ecologiche", cioè messaggi chimici funzionali alla comunicazione della pianta con l'esterno. Oli essenziali, veleni, ecc..
Il senso di questa vita di relazione delle piante sembra ovvio. Un organismo con la caratteristica dell'immobilità nell'ambiente deve sviluppare strategie di comunicazione adeguate per allontanare i nemici e avvicinare gli amici, o .. fare sesso!!.
Tra le stupefacenti strategie del mondo vegetale notiamo che nella filogenesi delle piante sono comparse per ultime (più o meno contemporaneamente alla comparsa dell'uomo) piante in grado di legare patti di alleanza con gli animali riguardo alla loro sessualità. Mentre le piante più semplici affidano la loro possibilità di riproduzione sessuata al vento, le Angiosperme sviluppano organi specifici che comunicano con gli animali. Ad esempio, dicono "cara ape, se vieni a prendere il mio polline e lo porti al fiore vicino per fecondarlo ti premio con il cibo che preferisci in quantità per te ottimale". Ovviamente, non si tratta di una frase in lingua italiana, o inglese, ma di una comunicazione non verbale che però possiede la sua struttura, la sua informazione ed è recepita dal ricevente che reagisce all'informazione con un comportamento conseguente. In pratica, la pianta struttura il fiore della grandezza adatta per l'insetto interessato, lo fornisce di una quota di cibo che per l'insetto costituisce il premio ottimale e lo avvisa con adeguati colori quando il tutto è pronto. L'insetto, nelle condizioni climatiche ottimali per quel fiore, esplora l'ambiente, percepisce i segnali del fiore, esegue il lavoro dell'impollinazione e intasca il nettare di premio. Per questa comunicazione si selezionano pigmenti e molecole adatte, intere linee metaboliche di sintesi di molecole originali del metabolismo secondario, e si strutturano anche complessi processi di differenziamento tissutale nella pianta. Si adatta quindi anche lo stesso patrimonio genetico. E su queste opportunità di nutrimento regalato dai fiori si evolve l'insetto fissando schemi di comportamento "vincenti".
Una simile "comunicazione" delle piante col regno animale può riguardare la funzione di disperdere nell'ambiente il prodotto del concepimento: l'ovaio o i suoi annessi diventano della forma adatta per essere trasportati dagli animali, o sul loro pelo (Bardana), o nel loro stomaco (Melo). Anche qui, altri animali sviluppano le loro linee evolutive adattando le loro strutture, i loro istinti ed il loro metabolismo a queste offerte di premi nutrizionali offerti dalle piante.
Sono alleanze complesse e perfette che mostrano l'evoluzione filogenetica combinata degli animali e delle piante: i primi che si adeguano alle offerte di cibo delle piante e queste che selezionare messaggi luminosi, o biochimici per attrarre o allontanare rispettivamente impollinatori, o predatori.
Le piante, infatti, ci mostrano una varietà immense di molecole che utilizzano per la loro "comunicazione ecologica. Alcune di queste, come i pigmenti colorati, o gli oli essenziali, o le resine hanno evidenti funzioni di attrazione o repulsione. Ma molte altre modulano segnali biochimici anche complessi agli animali. Conosciamo il significato di una piccolissima percentuale di queste molecole, ma è molto verosimile che le piante non sprechino energia per sintetizzare complesse molecole inutilmente e che quindi ciascuna molecola del metabolismo secondario abbia un significato nell'interazione con l'ambiente e con gli animali (uomo compreso).
Questa interazione per le piante rappresentò nella filogenesi la definizione di linee metaboliche per la sintesi di nuove molecole, anche molto complesse, per nulla necessarie al metabolismo cellulare, ma significative nelle relazioni con gli animali predatori o impollinatori. E' molto suggestivo notare come parallelamente la biologia animale si sia differenziata nella sensibilità a questo o quel veleno vegetale, oppure nella capacità di utilizzare nutrimenti da questa o quella pianta.
Altrettanto modulata può essere stata l'evoluzione della biologia molecolare umana che si è adattata alle piante non solo per un primario bisogno nutrizionale, ma anche per una più ampia complementarietà fisiologica. Troviamo un esempio di questa complementarietà nelle vitamine che la nostra biochimica cellulare non sa sintetizzare, ma che in parte assumiamo mangiando vegetali.
La suggestione di queste osservazioni fa pensare che la nostra sensibilità biochimica ai fitocomplessi vada molto oltre il semplice significato nutrizionale. Possiamo ipotizzare che questa complementarietà biochimica si sia strutturata durante la filogenesi tra l'uomo e le piante anche per altre funzioni: ad esempio, è possibile che i limiti delle nostre capacità immunitarie nei confronti dei microbi si siano definiti anche in funzione delle capacità antimicrobiche che l'uomo può assumere dalle piante disponibili nel suo ambiente. In altre parole, può non essere un caso che la nostra biologia umana risulti sensibile a talune piante e possa quindi da queste essere "curata".
Tale sensibilità e possibilità di cura deve essere stata importante durante la nostra filogenesi durante la quale eravamo costantemente e intimamente a contatto ed in interazione con la variopinta gamma di fitocomplessi presenti nel mondo vegetale. Ed, a proposito di evoluzione della sensibilità, possiamo notare come in nostro organo del gusto e dell'olfatto siano enormemente più potenti nel percepire le caratteristiche delle piante piuttosto che quelle degli animali. I sapori dei cibi animali sono spesso modificati con le droghe, sono per nulla dolci, o amari, o piccanti. Le piante invece ci stimolano un'infinità di sapori e odori; è una evidenza di come per la nostra evoluzione è stato fondamentale disporre di un raffinatissimo laboratorio di analisi chimica per selezionare i fitocomplessi adatti e individuare quelli velenosi.
Certamente l'uomo antico, come ogni altro animale si deve essere reso conto che i cibi vegetali potevano sortire effetti molto diversi. Se per i nostri lontani antenati le carni delle varie prede erano molto simili tra loro in quanto a gusto ed a valore nutritivo, ben più grande varietà avranno sentito tra i cibi vegetali: sapori enormemente vari, da frutti sopraffini, a frutti aspri, radici dolcissime, o amare, cibi vegetali molto nutrienti, oppure solo dissetanti, ecc. Inoltre ogni pianta poteva offrire i suoi frutti migliori solo in una data stagione, piante da mangiare in inverno, altre in primavera ecc. E poi, di una pianta si mangiano solo alcune parti: in alcune le radici, in altre i fiori, o i frutti, o le foglie, o la corteccia… E poi avranno scoperto le piante velenose e quelle curative. I veleni, o i farmaci.
Questa funzione terapeutica delle piante è osservabile anche presso gli animali, con particolarità tipiche per ogni specie animale. Piante che risultano cibo, o terapeutiche per una specie animale possono essere velenose per un'altra.
Una osservazione che si può fare in questo contesto, pur in assenza di alcuna documentazione scientifica, riguarda l'efficace psicoterapica dei fiori.
La floriterapia ha indicazioni interessanti nel campo della psicoterapia ed il fiore è certamente l'organo delle piante che sa parlare agli animali e questa è una "capacità" che noi uomini non abbiamo ancora conquistato: sappiamo "parlare" a malapena con i mammiferi, ma non certo con le piante, che pure sappiamo molto manipolare.
E' molto curioso come l'evoluzione delle piante abbia sviluppato piante con fiori nel periodo in cui dalle scimmie primitive si differenziava l'uomo. Per quelle piante la comunicazione con gli animali impollinatori segnò un balzo evolutivo enorme che le affrancava dal vento, cioè da energie non controllabili alle quali era affidata la loro procreazione. L'interazione con gli animali sviluppò quindi un complesso e variopinto linguaggio fatto di forme e colori, ma anche di incentivi metabolici con i quali le piante premiavano l'alleanza con l'animale amico. Dagli erbivori si sono così potuti evolvere specie di mammiferi che si nutrivano di frutti prodotti dei fiori.
Le personali considerazioni attorno agli elementi generali della botanica sono sembrati allo studente spunti utili alla comprensione dei difficili aspetti della fitoterapia menzionati:
  • la complessità dell'azione farmacologica dei fitocomplesso in tutte le funzioni fisiologiche umane
  • la conoscenza dell'efficacia terapeutica delle piante in ogni cultura anche antichissima, e tracce di questo istinto terapeutico "fitoterapico" negli animali
  • la millenaria cultura orientale che conosce in modo raffinato le proprietà curative delle piante mediante categorie di conoscenza analogiche
  • l'approfondita conoscenza scientifica occidentale che conferma la profondità e complessità dell'attività farmacologica delle piante
 
 
CONCLUSIONE
Le persone a cui proponiamo le conoscenze di fitoterapia pratica generalmente sono molto disponibili a comprendere indicazioni e controindicazioni in nome di una alleanza con le risorse curative della natura che in genere evoca fiducia e fascino. Questa disponibilità talvolta può diventare ignorante creduloneria. Al contrario, sempre meno i pazienti credono che l'ultimo ritrovato farmaceutico che la ricerca produce sia il toccasana tanto atteso, anzi, a dispetto del rigore scientifico della ricerca farmaceutica, si riscontra sempre più diffidenza dei pazienti verso la farmacoterapia convenzionale.
In ogni caso, alle molte persone che si interessano di fitoterapia possiamo proporre la fitoterapia come una terapia gentile sotto diversi aspetti:
Gentilezza nella proposta terapeutica: la proposta di una droga va accettata non con riserva, ma con la consapevolezza che si stà verificando l'effetto dell'interazione tra il proprio organismo umano ed una o più piante e che tale interazione è certamente unica e solo in parte prevedibile. E' quindi una verifica di efficacia che richiede cautela e attenzione da parte anche del paziente. E' importante che il paziente sia gentile con se stesso e chieda di essere assistito da un medico in questo tentativo
Gentilezza nella preparazione della droga: la persona può trovare la droga nel proprio orto, o in una confezione in farmacia, ma in ogni caso deve sapere che la sua possibile efficacia dipende anche dalla cura con cui la pianta viene coltivata, con cui viene scelto il periodo di raccolta, con cui viene preparato l'estratto pronto per l'assunzione. Tutti questi passaggi per certe droghe possono benissimo essere effettuati direttamente nel proprio orto, trovando soddisfazioni molto intense nel piacere di curare sé o i propri cari con questa farmacia naturale. Le mille piccole strategie agricole saranno applicate con un atteggiamento fermo ma attento, continuo ma fiducioso, accurato ma non invasivo, insomma un atteggiamento "gentile" che consentirà un raccolto di piante ricche di preziosi aiuti per la salute.
Gentilezza nella assunzione: un fitofarmaco è un'erba molto simile ad una alimento, ma deve essere assunto come un farmaco normale: attenzioni sul dosaggio, sui rapporti con i pasti, o con il sonno, ecc. Gentilezza quindi nel proporre alle persone questa fonte di conoscenze terapeutiche affinchè le persone assumano una cultura verificabile di persona rispetto alla potenza delle piante, sia in senso terapeutico che nei loro effetti dannosi: le bevande alcooliche, come anche il caffè, possono dare effetti sulla salute negativi, mentre tisane di piantaggine, o di eucalipto possono accompagnare il miglioramento di banali malesseri transitori. Possiamo certamente proporre ai nostri pazienti una gamma di semplici presidi nella gestione di una corretta autocura, o nell'instaurare piani di prevenzione mirati.
Gentilezza dell'effetto delle droghe: gli effetti terapeutici delle droghe sono generalmente lenti nella loro comparsa, con una efficacia che può riguardare non solo le sintomatologia accusata, ma anche altri malesseri minori non apparentemente connessi con la malattia.
Queste "gentilezze" sono ben sintetizzate nelle modalità con cui le varie culture utilizzano le piante dei reciproci territori. Le tradizioni di medicina popolare non spiegano il perché una data erba funziona, ma descrivono in dettaglio "come" una droga si usa e in quale condizione. Queste conoscenze tradizionali oggi possono essere abbondantemente amplificate nelle conoscenze scientifiche che la ricerca inizia a fornire sulle droghe, la FITOTERAPIA SCIENTIFICA.
Ora possiamo disporre di tutte le piante che provengono da tutto il mondo e da moltissime culture e medicine popolari, ma dobbiamo inserire queste opportunità di cura in un corretto approccio sia sul lato scientifico, che culturale che su quello del consenso informato ai pazienti. Possiamo sintetizzare questo lavoro con la "Gentilezza della Fitoterapia Scientifica".
 
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  • SINTESI DEGLI STUDI E ….. CONOSCENZA COMPLETA E CONDIVISA (??)
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  • Figura 2 FAC-SIMILE DI CONSENSO INFORMATO
Studio Medico Dr………………………………………….Via………………………………………………………….Tel………………………………………………………….
Dichiarazione di ricevuta informazione e CONSENSO a prestazione sanitaria di FITOTERAPIA
Sig/Sg.ra……………………………………………………………………………………… Via……………………………………………………………………………………………………
Con la presente scrittura vengono riportati i principali dati relativi allo stato di salute accertato a seguito di visita medica effettuata e si forniscono le informazioni atte ad acquisire, o meno, il consenso delle esecuzioni degli accertamenti diagnostici e/o dei trattamenti terapeutici ritenuti necessari e, comunque, già verbalmente illustrati
    • Situazione obbiettiva riscontrata nella visita: …………………………………………………………………………………………………
    • Descrizione dell’intervento medico ritenuto necessario e possibile con la metodica non convenzionale: ………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………
    • Tecniche e/o materiali impiegati: …………………………………………………………………………………………………………………………….……………
    • Benefici derivanti:…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………
    • Rischi derivanti e possibile andamento terapeutico da segnalare: ……………………………………………………
    • Eventuali complicanze ed esiti: ……………………………………………………………………………………………………………………………………………
Comportamenti da seguire per eventuali complicazioni successive all’atto medico:
…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………
    • Valutazioni del medico circa l’efficacia e tolleranza del metodo sopradescritto:
…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………
    • Interventi alternativi con la medicina tradizionale:
…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………
    • Altre informazioni relative anche alla compatibilità con altri trattamenti convenzionali precedenti o contestuali:
…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………
Il sottoscritto/a…………………………….dichiara di aver ricevuto le informazioni verbali e soprascritte relative al proprio stato di salute e di aver compreso termini e modalità dell’intervento diagnostico/terapeutico proposto dal medico, nonché delle conseguenti indicazioni fornite dal medesimo.
Sulla base di quanto sopra formula pertanto il proprio (1)…………………all’effettuazione delle terapie illustrate ed indicate, con applicazione di quelle previste dalla Medicina non convenzionale
    1. scrivere "consenso" o "diniego".
Città, lì……………………..
(firma del Medico)
(firma del cittadino o di chi ne fa legalmente le veci
nei casi espressamente previsti da legge o
dal Codice di Deontologia)
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10 J Chromatogr A 2001 Jul 6;921(2):335-9 Liquid chromatographic determination of less polar ginsenosides in processed ginseng. Kwon SW, Han SB, Park IH, Kim JM, Park MK, Park JH. Research Institute of Pharmaceutical Science, College of Pharmacy, Seoul National University, South Korea.
 
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